La Mascalcia di Giordano Ruffo nei piu a

  

La Mascalcia di Giordano Ruffo

nei più antichi manoscritti in volgare conservati a Firenze

  S ANDRO B ERTELLI

  

Université de Lausanne

  Il libro del nobile maniscalco dell’imperatore Federico II di Svevia sull’arte di allevare e di curare i cavalli, scritto molto probabilmente in latino

  1

  subito dopo la morte dello stesso Imperatore (ossia tra il 1250 e il 1256) , può essere a ragione considerato come uno dei primi trattati di arte veterinaria dell’Italia medievale, essendo privo di qualsiasi riferimento a pratiche magi- che o a superstizioni, così come non concede alcuno spazio all’improvvisa-

  2 zione .

  L’opera conobbe un successo tanto immediato quanto straordinario, come si può facilmente dedurre sia dalle numerose traduzioni (per l’area romanza, oltre al volgarizzamento italiano, si ricorda la versione francese, la proven-

1 Il 1256 è l’anno in cui Giordano Ruffo fu fatto prigioniero dalle truppe di Man-

  

fredi e torturato con la privazione della vista. Per la versione latina dell’opera, si ri-

manda a Jordani Ruffi calabrensis Hippiatria, nunc primum edente H. Molin, Patavii

1818: uno strumento – com’è noto – poco affidabile, tra l’altro realizzato sulla base di

un solo ms., il Marciano Lat. VII. 24 (= 3677). Di questo strumento esiste anche una

versione italiana con glossario, per cui si veda Nelle scuderie di Federico II imperato-

re, ovvero L’arte di curare il cavallo di Giordano Ruffo, traduzione e glossario di M.

  2 A. Causati Vanni, Velletri 2002 («Arte, costume, storia»).

  2 Sull’argomento e in qualità di contributi recenti ed aggiornati, si vedano per lo

meno J.-L. Gaulin, Giordano Ruffo e l’arte veterinaria, in Federico II e le scienze, a

cura di P. Toubert – A. Paravicini Bagliani, 1-2, Palermo 1994: 2, 424-435; e R. Be-

nedetti, La ‘Mascalcia’ di Giordano Ruffo di Calabria secondo le prime redazioni

volgari: il caso del frammento 159 dell’Archivio di Stato di Udine, in Lo scaffale del-

la biblioteca scientifica in volgare (secoli XIII-XVI). Atti del Convegno di Matera, 14-

15 ottobre 2004, a cura di R. Librandi – R. Piro, Firenze 2006, 297-308. Sul versante

lessicografico, oltre al contributo di D. Trolli, Studi su antichi trattati di veterinaria,

Parma 1990, si veda da ultimo A. Coco, Il Lessico Etimologico Italiano e i trattati di

ippiatria: alcuni contributi da nuove fonti, in Nuove riflessioni sulla lessicografia.

  

Presente, futuro e dintorni del Lessico Etimologico Italiano. Atti del seminario di

Lecce, 21-22 aprile 2005, a cura di M. Aprile, Galatina (Lecce) 2007, 41-68 (con ras-

segna della bibliografia specialistica).

  

S ANDRO B ERTELLI

  zale, la catalana, la siciliana e quella – di recente acquisizione – galego-porto-

  3

  ghese) , sia dall’ingente numero di manoscritti – talvolta anche molto antichi

  4

  (vale a dire ancora duecenteschi) – finora individuati (oltre 160 unità, ma il numero è destinato certamente ad aumentare qualora si conducesse una veri-

  5 fica puntuale e sistematica dei luoghi di conservazione) .

  3 La versione francese è stata pubblicata da B. Prévot, La science du cheval au

Moyen Âge. Le «Traité d’hippiatria» de Jordanus Rufus, 2, Paris 1991 («Les belles

lettres. Sapience»). L’edizione del volgarizzamento occitanico è stata invece annun-

ciata da Patrizia Arquint, che presso l’Università degli Studi di Siena ha discusso, in

data 4 aprile 2007, una tesi di dottorato dal titolo: Il volgarizzamento occitanico del

«Liber de medicina equorum» di Giordano Ruffo: edizione critica. Alla stessa studio-

sa si deve anche l’edizione dell’Arte veterale sulla cura dei cavalli del napoletano Pi-

gnatelli (cfr. Giovan Battista Pignatelli, L’arte veterale: sopra il medicare et altri se-

creti bellissimi de’ cavalli, a cura di P. Arquint – M. Gennero, Bracciano 2001) e uno

studio sui freni dei cavalli in epoca tardo-medioevale (cfr. P. Arquint, «Poi che ponesti

mano alla predella». Studio sui freni dei cavalli ai tempi di Dante, «Studi di filologia

italiana», 62, 2004, 5-90). Per la versione galego-porteghese, si veda G. Pérez Barca-

la, Apéndice. Proposta de edición, in Tratado de Albeitaria, introdución, transcrición

e glosario de J. L. Pensado Tomé, révisión para a imprenta e edición en apéndice de

  

G. Pérez Barcala, Santiago de Compostela 2004, 371-414. Su quella in siciliano, con

relativa bibliografia, si veda S. Rapisarda, Breve repertorio bibliografico dei testi in

materia scientifica in volgare siciliano medievale, «SicGymn», n.s. 53, 2000, 461-

481: 477-478. Si segnala, in fine, l’oggetto della tesi di dottorato di Antonio Montina-

ro (in corso d’opera presso l’Università del Salento), ossia l’edizione di un Volgariz-

zamento inedito da Giordano Ruffo: Cola de Jennaro, Della natura de cavallo e sua

nascita (Tunisi, 1479) contenuto nel Vaticano latino 10001, per cui si veda, in questi

stessi Atti, a 471-530.

  4 Basti ricordare, oltre al Laurenziano Strozziano 183 (cfr. Appendice nr. 2), il co-

dice Berlinese del Kupferstichkabinett 78 C 15, anch’esso – come lo Strozziano –

scritto in area pisana verso la fine del sec. XIII.

  5 La stima di 162 unità, tra manoscritti latini e volgari, è stata dichiarata da Ric-

cardo Gualdo in una sua recensione a Giordano Ruffo, Lo libro dele marescalcie dei

cavalli. Trattato veterinario del duecento, a cura di Y. Olrog Hedvall, Stoccolma

1995, «Studi linguistici italiani» 24, 1998, 135-139: 136. Alla base del libro della stu-

diosa svedese, giudicato da Gualdo come «largamente perfettibile», sta proprio il co-

dice berlinese di cui alla nota precendente. Piuttosto critiche anche le recensioni di

Sven Sandvist, rec. a Olrog Hedvall, «Studia Neophilologica» 158, 1996, 269-271; e

di Marcello Aprile, rec. a Olrog Hedvall, «ZRPh» 115, 1999, 376-379. Per quanto ri-

guarda invece la tradizione a stampa, si ricorda che la princeps uscì a Venezia nel

1493, per i tipi di Piero Quarengi, che l’IGI, al nr. 8468, così descrive: Rufus, Jorda-

  L A M ASCALCIA DI G

  IORDANO R UFFO

  Nella cospicua produzione letteraria che ebbe luogo dentro e intorno alla corte federiciana, l’opera di Giordano Ruffo si affianca naturalmente ad altre più celebri trattazioni, che anch’esse avevano avuto come oggetto gli animali: basti ricordare la traduzione di Michele Scoto del De animalibus di Avicenna

  6

  e, ovviamente, il De arte venandi cum avibus dello stesso Imperatore . Tutta- via, com’è noto, risalire ai modelli o alle fonti utilizzate da Giordano rappre- senta un’operazione non facile, anzi, al contrario, piuttosto ardua, poiché il testo è stato scritto in prima persona mettendo in rilievo la lunga esperienza acquisita dall’autore nelle scuderie imperiali e omettendo qualsiasi riferi-

  7

  mento ad eventuali modelli . Nonostante ciò, secondo quanto emerso da studi più o meno recenti, sembra che si possa escludere il contatto con la Mulome-

  

dicina di Vegezio, utilizzata forse per la prima volta dal domenicano Teodori-

  8

  co Borgognoni sullo scorcio del secolo XIII ; molto dubbie sembrano anche

  

nus. Tractatus de morbo et sanitate equorum [in italiano col titolo:] Arte di conoscere

la natura dei cavalli, trad. Gabriele Bruno. Venezia, Piero Quarengi, [1493]. 4°, got.,

ill. (esemplare conservato a Bologna, presso la Biblioteca Comunale dell’Archigin-

nasio). Altra importante edizione veneziana uscì, per i tipi di Melchiorre Serra, nel

1508, col titolo Libro de la natura di cavalli & el modo di rilevarli & domarli & co-

gnoscerli & quali son boni & del modo de farli perfecti & trarli da i vicii... Et de qual

sorte morsi alor si conviene secondo le nature vicii o qualità di quelli... item in simel

modo tratta de la natura di rilevar medicar governar & mantenir spalivieri astori fal-

  4 coni & simili (44 c.: ill.; 4°; segn.: A-L ).

  6 Per una panoramica d’insieme, si veda A. De Stefano, La cultura alla corte di

Federico II imperatore, Bologna 1950 (prima ed. Palermo 1938; successivamente an-

che Parma 1990), 84 e ss. Sulla traduzione di Michele Scoto, si veda A. M. I. Van Op-

penraaij, Michael Scot’s Latin Translation of Avicenna’s Treatise on Animals. Some

Preliminary Remarks on the Future Edition, in Tradition et traduction. Les textes phi-

losophiques et scientifiques grecs au Moyen Age latin. Hommage à Fernand Bossier,

éd. par R. Beyers - J. Brams - D. Sarré - K. Verrycken, Leuven 1999 («Ancient and

Medieval Philosophy. De Wulf-Mansion Centre. Series I», 25), 107-114. L’autore se-

gnala 33 codici (di cui 28 completi): il testimone più affidabile sembra essere il Vati-

cano Chigiano E.VIII.251. Sul De arte venandi cum avibus, si veda la recente edizio-

ne di A. L. Trombetti Budriesi, Federico II di Svevia. De arte venandi cum avibus.

  

L’arte di cacciare con gli uccelli. Edizione e traduzione italiana del ms. lat. 717 della

Biblioteca Universitaria di Bologna collazionato con il ms. Pal. lat. 1071 della Bi-

blioteca Apostolica Vaticana, prefazione di O. Zecchino, con la collaborazione di V.

  Braidi, Roma-Bari 2000 («Centro europeo di studi normanni. Fonti e studi», 10).

  7 In questo senso anche Gaulin, art. cit., 427-429.

  8 Il Borgognoni (1205-1298) fu autore di un trattato di veterinaria in tre libri, dal

titolo Mulomedicina (oppure Medela equorum), che si conserva, nella veste latina, in

  

S ANDRO B ERTELLI

  le identificazioni a suo tempo proposte di alcune singole nozioni prese a pre-

  9

  stito da Chirone . Sorte non migliore spetta anche agli agronomi latini, Co- lumella, Varrone e Palladio, che al cavallo avevano dedicato alcuni capitoli all’interno delle loro opere. Di contatti, o comunque di similitudini, si è par- lato invece in relazione all’ippiatria bizantina, grazie al confronto con la tra- duzione latina dei due libri di Ierocle dedicati alla cura dei cavalli (Liber E-

  

raclei o De curatione equorum), realizzata da Bartolomeo da Messina alla

  10

  corte di Manfredi (dunque tra il 1258 e il 1266) , e con la traduzione,

  

numerosi manoscritti: i Vaticani Barberiniano lat. 327 (sec. XVI), Reginense lat. 1010

(sec. XIV) e Reginense lat. 1269 (sec. XIV); il ms. Mutin. !.j.5.18 (sec. XIV); il codi-

ce E.VI.4 della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (sec. XIV); il ms. 72 del-

la Biblioteca Universitaria di Pavia (sec. XV); l’Ambrosiano B 91 sup. (sec. XIV); il

Parigino Nouvelles Acquisitions lat. 548 (sec. XIV); il Marciano Lat. VII. 25 (sec.

  

XIV) e il ms. di Vienna Vindobonensis lat. 2414 (sec. XIV). Questo trattato fu tradot-

to anche in lingua catalana, come testimonia il ms. Español 212 della Bibliothèque

Nationale de Paris. Inoltre, agli inizi del Novecento, fu scoperto e pubblicato un suo

riassunto in provenzale, conservato nel ms. Claromont. 218 (cfr. A. Thomas, Traduc-

tion provençale abrégée de la Mulomedicina de Teodorico Borgognoni suivie de re-

cettes pour le vin, «Romania» 40, 1911, 353-370). Sono noti anche dei codici in vol-

gare italiano, come i Parmensi 181 e 4286 (sull’opera di Teodorico e sulla sua tradi-

zione manoscritta, si veda V. Ortoleva, Per uno studio della tradizione indiretta della

«Mulomedicina» di Vegezio: gli «excerpta» di Teodorico da Cervia, «Sileno» 18,

1992, 115-131). Le fonti principali di questo trattato furono il De animalibus di Alber-

to Magno, appunto la Mulomedicina di Publio Vegezio e la Mascalcia di Giordano

Ruffo. Sul Borgognoni, molto noto soprattutto per la sua Cyrurgia seu filia principis

(dedicata al suo confratello Andrea Abalate, vescovo di Valenza dal 1248 al 1276), si

veda per lo meno La tradizione medico-chirurgica lucchese, a cura di U. Ceccarelli,

Pisa 1961, 9-16; e la voce Borgognoni, Teodorico di A. Alecci, in DBI, 12, Roma

1970, 772-773.

  9 Cfr. R. Roth, Die Pferdeheilkunde des Jordanus Ruffus, Inaug.-Diss., Berlin 1928, 58.

  10 La paternità della traduzione di Bartolomeo da Messina del trattato di Ierocle è

però messa in forte discussione da A. Damico, Un’anonima traduzione latina del trat-

tato di veterinaria di Ierocle nel Cod. Vat. Reg. Lat. 1010, «RCCM» 47, 2005, 321-

359. Testimone base di questa versione dal greco è il ms. 1383 della Biblioteca Uni-

versitaria di Bologna. Su Bartolomeo da Messina, si veda la relativa voce curata da S.

  

Impellizzeri per il DBI, 6, Roma 1964, 729-730. Sul testo in generale, cfr. G. Björk,

Aspyrtus, Julius Africanus et l’hippiatrique grecque, Uppsala 1944 («Uppsala Univer-

sitets Arrskrift», 4), 37-38. Sugli Hippiatrica, si veda ora A. McCabe, A Byzantine

  L A M ASCALCIA DI G

  IORDANO R UFFO

  anch’essa latina ma mediata da una versione araba, dell’Epitome del veterina- rio Ippocrate, eseguita da Mosè da Palermo su richiesta di Carlo I d’Angiò

  11

  intorno al 1277 . Emerge quindi chiaramente che le traduzioni latine di que- ste due opere sono posteriori alla Mascalcia di Giordano Ruffo, che potrebbe così qualificarsi come il testo che, se non introdusse, per lo meno favorì la conoscenza del sapere ippiatrico nell’Italia meridionale.

  1. Struttura dell’opera Il programma dell’opera, fornito dallo stesso autore alla fine del prologo, annuncia un trattato diviso in sei parti: la prima è dedicata alla fase di ripro- duzione del cavallo; la seconda e la terza trattano invece rispettivamente dell’addestramento del puledro e di quella che di fatto costituisce la ‘manu- tenzione’ del cavallo; la quarta parte è dedicata al riconoscimento delle quali- tà e dei difetti dell’animale; mentre la quinta e la sesta sono indirizzate rispet- tivamente alle malattie e alle cure consigliate per debellarle. In realtà, come già nei modelli arabi, le due parti che trattano delle malattie del cavallo costi- tuiscono il nucleo essenziale, sostanziale dell’opera di Giordano, che assume così i connotati di un vero e proprio trattato di medicina veterinaria (di ippia- trìa).

  Ma di quale genere di cavallo si occupa Giordano Ruffo? Certamente non si interessa del cavallo da tiro o da lavoro, che non viene mai menzionato all’interno della trattazione, così come non sono mai chiamati in causa gli a- sini, i muli o i bardotti, che invece, di quando in quando, emergevano nella

  

12

  trattatistica antica, in specie bizantina . Dunque, l’animale che si trova al centro dell’attenzione nel libro di Giordano è senza dubbio alcuno il ‘cavallo nobile’, ad uso cioè di «coloro ke si dilectano di venire ad honore di cavalla-

  

Encyclopaedia of Horse Medicine. The Sources, Compilation, and Transmission of the

Hippiatrica, Oxford 2007 («Oxford Studies in Byzantium»).

  11 Per l’ed. del volgarizzamento, cfr. Trattati di mascalcia attribuiti ad Ippocrate,

tradotti dall’arabo in latino da Maestro Moisè da Palermo, volgarizzati nel secolo

  

XIII, messi in luce per cura di P. Delprato, corredati di due posteriori compilazioni in

latino e in toscano e di note filologiche per cura di L. Barbieri, Bologna 1865 («Col-

lezione di opere inedite o rare»), 203 e sgg. Cfr. G. Björk, Griechische Pferdeheilkun-

de in arabischer Überlieferung, «Le Monde oriental» 30, 1936, 1-12; Id., Aspyrtus...,

op. cit., 38-40; e A.-M. Doyen, The «Hippiatrica» and Byzantine Veterinary Medici-

ne, «DOP» 38, 1983, 111-120: 117-118.

  12 Cfr. A.-M. Doyen, L’accouplement et la reproduction des équidés dans les tex- tes hippiatriques grecs, «Histoire de la médicine vétérinaire» 125, 1981, 533-556.

  

S ANDRO B ERTELLI

  13

  ria (e) di battaglia (e) assidua bontade cum delectatione» . Così come risulta altrettanto evidente che questa nobiltà del cavallo corrisponde nella sostanza a quella di coloro che lo utilizzano. Insomma, l’animale che Giordano Ruffo di Calabria conosce, sa allevare, accudire e sopratutto curare è chiaramente un mezzo di distinzione sociale. Infatti, all’inizio del prologo, si legge: «Cumciò sia cosa ché intra tutti li animali dal Som[m]o Operatore creati ma- nifestamente a l’uso del’humana generatione ... neuno animale sia più nobile che cavello, che per lo quale li Principi (e) li Baroni (e) cavalieri dal minori [alcuni codici leggono anche villani o nemici] sono congnosciuti», cioè sono

  14 distinti .

  Ma l’opera fu scritta anche per l’«utilitade di coloro che continuamente [i

  15 codici leggono anche cotidianamente o quotidianamente] usano li cavali» .

  E questo spiega, almeno in parte, l’eccezionale diffusione del testo e delle numerose traduzioni che ben presto se ne fecero nelle più diverse lingue ro- manze. Proprio a causa di questa sua funzione essenzialmente pratica, la Ma-

  

scalcia di Giordano Ruffo presenta non pochi problemi a livello interpreta-

  tivo e soprattutto di inquadramento filologico. Infatti, come accennato, l’opera si propagò molto rapidamente, nel tempo e nello spazio, grazie ap- punto ai varî volgarizzamenti che, se da una parte ebbero l’indiscusso merito di rendere il testo più facilmente accessibile a dei fruitori spesso tutt’altro che colti, dall’altra contribuirono a generare all’interno dell’opera stessa un certo disordine, poiché i copisti (che nella maggioranza dei casi coincidevano con gli stessi fruitori del testo) non esitavano ad aggiungervi trattatelli, delle vere e proprie ‘regole’ per conoscere i varî accidenti in cui i cavalli incorrevano, rimedî ed altre ricette. Così facendo, il processo eversivo provocato dalla stratificazione delle copie ha talvolta prodotto delle alterazioni sostanziali del testo originario, tanto che in certi casi risulta davvero di difficile individua- zione.

  Tale processo si verifica già all’interno di quella che rappresenta la fase più alta, più antica della produzione e diffusione manoscritta dell’opera nella sua veste volgare. E per fase più antica sarà da intendere quella che com- prende un arco cronologico che va dalla seconda metà del Duecento alla pri- ma del Trecento, poiché già a partire dalla seconda metà del secolo XIV (e

  13 Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 184 (cfr. Appendice nr. 3), f. 1rA ll.

  19-22.

  14 Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 183 (cfr. Appendice nr. 2), f. 1rA ll. 3- 14.

  15 Ivi, f. 1rA ll. 17-19.

  L A M ASCALCIA DI G

  IORDANO R UFFO

  soprattutto nel corso del Quattrocento) la filiazione dell’opera di Giordano

  16 aumenta in maniera consistente e più o meno incontrollata .

  2. I più antichi testimoni fiorentini La Mascalcia di Giordano Ruffo si presenta quindi come un tipico testo di natura pratica particolarmente predisposto alla corruttela, che agisce sulla struttura dell’opera mediante meccanismi di alterazione e di infiltrazione di altro materiale. Questo comportamento è parzialmente seguibile e verificabile anche all’interno di un gruppetto di 6 codici, molto antichi, conservati a Fi- renze: 3 appartengono alla Biblioteca Medicea Laurenziana e 3 alla Biblio- teca Nazionale Centrale.

  I tre codici Laurenziani sono: il Gaddiano reliqui 202 (cfr. Appendice nr. 1), databile al primo quarto del secolo XIV, di probabile origine centro-meri- dionale; e gli Strozziani 183 e 184 (cfr. Appendice nr. 2 e nr. 3), rispettiva- mente databili, il primo alla fine del secolo XIII, di provenienza pisana, men- tre il secondo è ascrivibile al primo decennio del Trecento, appartenente in- vece ad area linguistica fiorentina.

  a

  I tre codici Nazionali sono: il Magliabechiano classe XV codice nr. 180 (cfr. Appendice nr. 4), datato all’anno 1319 e proveniente da area aretina; il manoscritto Nuove Accessioni 424 (cfr. Appendice nr. 5), sottoscritto, datato all’anno 1337 e proveniente da Orvieto; e, in fine, il Palatino 744 (cfr. Appen-

  

dice nr. 6), databile al secondo quarto del Trecento, anch’esso di origine pi-

sana.

  Le tavole sotto riportate mostrano il comportamento dei 6 testimoni sia nell’organizzazione della macrostruttura testuale (relativa alla parte ippia- trica), sia nel microcosmo del capitolo che introduce alla cura delle malattie del cavallo (ossia nel De verme):

  

BML BML BML

Gaddiano 202, ff. 11r-12v Strozzi 183, ff. 8vA-9rA Strozzi 184, ff. 7vB-8rA

  Nr. Rubrica Nr. Rubrica Nr. Rubrica cap. cap. cap.

  1 De verme de lo capo

  1 Del verme

  1 Del verme

  16 Tra i codici fiorentini in volgare, oltre a quelli studiati e descritti in Appendice,

sono stati individuati e consultati: i Laurenziani Ashburnham 652 (sec. XV prima me-

tà) e 1464 (sec. XV seconda metà); il Biscioni 27 (sec. XV ex.-XVI in.); e il Mediceo-

Palatino 58 (sec. XIV seconda metà); per la Biblioteca Nazionale Centrale, il

II.III.303 (sec. XVI); i Landau Finaly 127 (sec. XV metà) e 270 (sec. XIV seconda metà); i Magliabechiani XV.12 (sec. XV) e XV.31 (sec. XIV ex.); e i Palatini 450 (sec.

  

XV prima metà), 569 (sec. XV), 660 (sec. XV seconda metà) e 673 (scritto a Recanati

e datato 13 novembre 1455).

  

S ANDRO B ERTELLI

  21 Delle omne lisione de dossu

  23 Del corno

  23 Di nectare lo pol- mone

  23 De polmone in illu dossu

  22 Di tutte le lesioni (e) magagne del dosso

  22 Del cornuni

  22 De cornu ke nasce i nelle costi de lu ca- vallu

  21 De le lesioni de la lingua

  21 Di tucti li mali del dosso

  20 De le malattie in- trade

  24 De lo ispallato

  20 Dello male de la lingua

  20 Della lesione de lengua

  19 Delle ’nfermità delli ochi

  19 De la male de la boccha

  19 Della infirmitate dentro i nella boca

  18 De lo infreddato

  18 De la infirmitate de li occhi

  18 Della infirmitate dellu oculu

  17 De la cimorra

  24 De spallaçe

  24 Del polpone voltato

  17 Dello renfruduto

  28 Del male ke si fiere ne li lombi

  31 Del gravamento del pecto

  31 De male de gamme

  30 Della lesione delle spalle

  30 Delle lessione de la fauce

  30 De gravascone de pectu

  29 De lo verone anche

  29 De le lessione de la spalla

  29 De male de spalle

  28 De le lessione dell’anche

  25 De garmasi et de scrofole

  28 De male d’anque

  27 Della scabbia (e) del collo, overo al tron- cho de la coda

  27 De lo feruto nei lonbi male

  27 Delli mali feruti i nilli lummi

  26 Del barroli overo karboncoli

  26 De la rongna del collo (e) de coda

  26 De ronnia prodore et de gractare

  25 Delli spallaccii

  25 De li baroni (e) scarbonchi

  17 De lo infregdato

  16 De lo adrabbattato

  2 Dellu verme vola- tivo

  5 De le vivole

  8 Del dolore per troppo mangiare

  8 De dolore de troppo mançare

  7 Del dolore per ven- tositade

  7 Del dolore per ventositate

  7 De dolore et de ven- tu

  6 Del dolore (e) trop- po sangue

  6 Del dolore per troppo sangue

  6 De dolore et sangue superclu

  5 De le viole

  9 De dolore et retene- mento de urina plù ke non deve

  5 Delli vivuli

  4 Dello strangulione

  4 De lo strangui- glione

  4 Dello strangolone

  3 Dell’antichuore

  3 De l’anti cuore

  3 Dello anticore

  2 Del verme volatile

  2 Del verme volatile

  8 Del dolore per trop- po mangiare

  9 Del dolore per troppo tenere l’urina

  16 De lo cimoro

  13 De lo infustito

  16 Della çamora

  15 De lo discato dentro

  15 De lo arrachiato

  15 Dellu arraiatu

  14 De lo scalmato

  14 De lo iscalmato dentro

  14 Dellu accalmatu et dilu siccatu da intro

  13 De lo infustito

  13 Dellu infustatu

  9 Del dolore di non pisciare

  12 Del pulcivo

  12 Del bolso

  12 Dellu pulçivu

  11 De lo rinfuso

  11 De lo rinsuso

  11 Dellu cavallu infun- dutu

  10 Dell’enfiamento de’ coglioni

  10 De la infiaççone del collione

  10 De li cullui inflati

  31 De la lesione elefan- çie, cioè le gotta L A M ASCALCIA DI G

  IORDANO R UFFO

  48 De li enpacci contra- rii

  51 De incluvatura ke tocca lu [...]

  50 De la seta

  50 De la infirmitate dell’unghie

  50 De superposta i nel- la corolla dell’ongia

  49 Del male pigçanese

  49 Del male pinsa- nese

  49 De ongia

  48 De la fistula

  51 Di tutte le lesioni dell’unghie

  48 De omne infirmitate

  47 De la forma

  47 Del cancero

  47 De seta

  46 De la gamba intrante

  46 De la crepassia per traverso

  46 De male polçonese

  51 De la setula (e) di tucte le infiassione dell’unghie

  52 De incluvatura ke no

  45 De la forma

  55 Del fico di sucto suolo del piede

  58 Del disolare l’unghie

  57 De la corona

  57 De le sobucciture sopto lo suolo del piede

  56 De le chiavature

  56 De la sputatura dell’unghie

  56 Della mutatione de l’ongia

  55 De le chiavature, le quali non tochano

  55 De dessolare l’ongia

  52 De la inchiavatura che toccano lo vivo dell’unghia

  54 Del vivo dell’unghia

  54 De la corona del piedi

  54 De spontatura dell’ongia

  53 Del chiavature ke tochano

  53 De le inchiavatura che rompe

  53 De incluvatura ke rompe pe la corona dell’ongla de fico sopto allu pede

  52 De la sopraposta ne la corona

  45 Della spina overo del troncho del le- gno

  45 De fistula

  32 De gerda i nellu garbectu

  35 De supre ossu

  37 Dei soprossi

  37 De galle

  36 De la curva

  36 De la spina

  36 De cavallu actentu

  35 De li spavarii

  35 De la curva

  34 De la gerda in gar- retta

  38 De crepaçi

  34 De lo sparaventi

  34 De corna

  33 De le lesioni de le gambe

  33 De la giarda nel garecto

  33 De spavanu

  32 Del’infermità del pecto

  32 De lessione delle gambe

  37 Della spinula

  38 Del crinone (e) atrinto

  44 Di tucte le ’nfiaçoni de le gambe

  42 De spinu or de linu (?) k’è intrante

  44 De la spina che intra in de le gam- be

  44 De cancru

  43 Della stortilglatura

  43 Di tucte le infias- sione de le gambe

  43 De crepaça traversa

  42 De’ crepati

  42 De lo storcigliato

  41 De le grappe

  38 De li soprossi

  41 De li crepassi

  41 De forma

  40 De le galle

  40 De la greppia

  40 De inflammatione de gamme

  39 Dell’accintone

  39 De galle

  39 De scurcillatu

  58 De la fica, la quale è socto la piantta del

  

S ANDRO B ERTELLI

17 BNCF

  11 Et fundito cioè rin- fuso

  8 De la ventositade

  8 Del dolore per troppo mangiare

  8 Et dolore per troppo mangiare

  9 Del dolore per l’urina

  9 Del dolore per troppo ritenere del ventre

  9 Et dolore per troppo tenere l’orina quan- do non può stallare

  10 De l’onfiamento de’ coglioni

  10 De le infiatione de’ colglioni

  10 Et l’afiatugine de li collioni

  11 De lo rinfuso

  11 De lo infondito

  12 Del pulsivo

  12 Del pulçino

  7 Del dolore per ventosità

  12 Et lo male del bolso

  13 De lo infustito

  13 De lo infostito

  13 Et fustico cioè in- fiato

  14 De lo scalmato (e) de seccato dentro

  14 De lo scalmato overo di seccato dentro

  14 Et lo male de lo scalmato uvero di- seccato dentro

  15 De lo adrabattato

  15 De l’araggiato

  15 Et lo male de lo af-

  

po una prima enumerazione (qui di seguito trascritta), il copista riprende l’elenco dalla

rubrica «De la infermità del verme» (numerata LXI, al f. 7vA l. 4), a cui segue «Del

verme volatile» (numerata invece I), e prosegue poi con la ripetizione di tutte le altre

rubriche (con qualche aggiunta ed errore di numerazione).

  7 Et dolore per vento- sità

  7 Del troppo mangiare

  piede 59 [D]i mutare l’unghie

  1 De lo male del ver- me

  59 De le sputature dell’unghie

  60 Del sobatuto sotto l’unghia del piede

  61 Del disodamento dell’unghie

  62 Del mutamento dell’unghia

  BNCF Magl. XV.180, f. 7rA-vB

  

N.A. 424, ff. 1v-2v

BNCF Pal. 744, ff. 11rA-12rA Nr.

  cap.

  Rubrica Nr. cap.

  Rubrica Nr. cap.

  Rubrica

  1 Del verme prima

  1 Del verme

  2 Del verme volatilo

  6 Et dolor per troppo sangue

  2 Del verme vola- tivo

  2 Et verme volatile

  3 De l’anticuore

  3 De l’anticuore

  3 Et anticore

  4 De lo stranguglione

  4 De lo strangul- glione

  4 Et strangulione

  5 De le vivole

  5 De le vivole

  5 Et lo male delle vi- vole

  6 Del soperchio san- gue

  6 Del dolore e su- perfluo sangue

17 In questo manoscritto la Tavola delle rubriche viene ripetuta per due volte: do-

  L A M ASCALCIA DI G

  31 Et giarda in del ga- repto

  33 Et curba

  33 De la giarda nel garetto

  33 De la giarda in gar- retta

  32 Et sparavanis

  32 De le offensioni de le gambe

  32 De le lesioni de le gambe

  31 De l’agravemento del petto

  34 De li spavani

  31 Del gravamento del pecto

  30 Et lo male de le gambe

  30 De la offensione de la falze

  30 De la lesione de la falce

  29 Et agraviassione del pecto

  29 De la offensione de la spalla

  29 De lesioni de le spalle

  34 De li spavari

  34 Et spina uvero trun- co

  28 De la offensione dell’ancha

  38 De l’atinçone e ar- cinto

  40 De le grappe

  40 De le grappe

  39 Et crepaccie cioè crepature

  39 De le galle

  39 De le galle

  38 Et lo male de li grappi

  38 De l’atinto

  37 Et lo male de le gal- le

  35 De la curva

  37 De soprossi

  37 De li soprossi

  36 Et antisione (e) ac- tinto

  36 De la spina

  36 De la spinula

  35 Et soprosi

  35 De la curba

  28 Et lesione de la fac- cie

  28 De verrone anche

  IORDANO R UFFO

  18 De la infermità delgli ochi

  20 Et lo male del corno

  20 De la offensione de la lingua

  20 De le lesioni de la lingua

  19 Et lo male de la spalla in suso lo dosso del trego

  19 De le infermità dentro a la bocha

  19 De le malatie d’intorno la bocha

  18 Et lo male de la lin- gua

  18 De le infermità de gli ochi

  21 De la offensione del dosso

  17 Et la infermitade dentro da la bocca

  17 De la infreddato

  17 De lo rafreddato

  16 Et le infermetade de li ochi

  16 De la cymonica o vero ciamurra

  16 De la cimerra

  fredito

  21 De tucte le lesioni del dosso

  21 Et lo male del po- mone del trego che ce infiatugine de la spalla

  27 Et leçione de la spal- la

  25 Del barroli o car- boncoli

  27 Del mal feruto ne’ lombi

  27 Del male ke si dae ne’ lombi

  26 Et lesione dell’ancha

  26 De la scabbia e del piezicore al collo e al tronco

  26 De la schabbia e punto a la coda

  25 Et lo male feruto in lumbis

  25 De le barrule ove- ro carbunculi

  24 Et la rongna (e) la prudura del collo e de la coda

  22 Del corno

  24 De li spallacci

  24 De li spacci

  23 Et barulis uvero circa buculi

  23 Del polmone del dosso

  23 Del polmone volto

  22 Et spallasu che in- fiatu in su la spalla

  22 Del corno

  40 Et lo male de lo stortigliato

  

S ANDRO B ERTELLI

  54 Et lo male del sob- battuto sopto lo suo- lo del piede

  51 De tutte le lesioni de l’unghie

  51 De le offensioni dell’unghie

  51 Et le chiavature che rompepeno la co- rona del piede

  52 De le sopraposte de le corna

  52 De le sopraposte ne la corona

  52 Et lo male del fico che roppe sopto lo suolo del piede

  53 De le chiavature che toccano

  53 De le inchiavature che toccano il vivo dell’unghia

  53 Et le psontature dell’unghie

  54 De la chiavatura che rompe la corona

  54 De le inchiavature che non toccano il vivo

  55 De la fica sopra il suo piede

  50 De la setola

  55 De le inchiavature che rompono la corona

  55 Et disolassione dell’unghie

  56 De le spontature de l’unghie

  56 Del fico sotto la suola del piede

  56 Et li mutamenti dell’unghie

  57 Del sobattuto sotto l’unghia del piede

  57 De le spuntature

  58 Del disolamento de l’unghie

  58 De le sobbatiture sotto la suola del piede

  59 Del mutamento de l’unghie

  59 De le dissolature dell’unghie

  50 E le chiavature che non toccano lo vivo dell’unghie

  50 De la seta

  41 De li crepacci

  45 De la gamba intrante

  41 De crepacci

  41 Et tutte le infias- sione de le gambe

  42 De la startilgliatura

  42 De la sterliatura

  42 Et trunco del lengno u de la spina che entrano in de le gambe et in di piedi

  43 De tucte le ’nfiationi de le gambe

  43 Di tutte le infer- mitadi de le gam- be

  43 Et forma in de la corona del piede

  44 De la spina overo lo troncho

  44 De la spina overo tronco de lengno intrato ne la gam- ba

  44 Et lo male de lo granco

  45 De la forma

  49 Et le inchiavature che toccano lo vivo dell’unghie

  45 Et lo male de la fi- stula

  46 De la forma

  46 De la creppaccia traversia

  46 Et lo male piçanese

  47 De li crepacci con- trarii

  47 Del cancro

  47 Et le infermitade dell’unghie

  48 Del cancro

  48 De la fistola

  48 Et lo male de la se- tula

  49 Del male del fistolo pigmase

  49 De lo mal pisa- nese

  60 De la mutatione dell’unghie L A M ASCALCIA DI G

  IORDANO R UFFO

  Si noterà, anzi tutto, che il numero complessivo dei capitoli non soltanto è in generale disomogeneo, ma differisce, nel caso del Gaddiano (56 capitoli) e del codice Palatino (62 capitoli), di ben 6 unità. Tale indicazione potrebbe naturalmente rivelarsi, alla luce di un’indagine estesa ad un maggior numero di testimoni, come un elemento molto utile per stabilire le parentele tra i co- dici, tanto fra quelli volgari, quanto fra quelli latini (sebbene l’elenco delle rubriche sia spesso molto mosso e di fatto variabile praticamente di testimone in testimone)

  18

  . Sembra comunque abbastanza chiaro che il numero comples- sivo dei capitoli si attesti intorno alle sei decine di unità (e non solo tra i co- dici più antichi), sulle quali intervengono – come si può facilmente verificare dalla tavola – molteplici forme di corruttela (soprattutto spostamenti, ma an- che omissioni, aggiunte o accorpamenti).

  Non molto diversa appare anche la situazione a livello microtestuale, co- me dimostra il seguente confronto:

  BML Gaddiano 202, f. 12v

BML

Strozzi 183, f. 9rA

  BML Strozzi 184, f. 8vA De verme. Cap. I° L’accidentale infi[r]mita- te ène la quale se clama lu verme, commensase in illu pectu dellu cavallu, or inter le cosse adtornu alli culluni, et poi descende alle gamme per la vena, et aducili inflativi naturale- mente in elle gamme li fa plage, sì ke llu verme se cria de honori callidi su- percli longo tempu adu- nati et poi convertuti in una landura, la quale à lu cavallu naturalemente in illu pectu appressu allu core...

  Del verme

Accidentale infirmitate sì

è la quale si chiama in

volgare verme, lo quale si

comincia in del pecto del

cavallo, uvero intra le co-

scie presso a li coglioni,

discendendo a le gambe,

faciendo infiassone pertu-

zando le ganbe di male et