Relativita fenomenologica nella Krisis pdf
Tradizione, rivoluzioni, progresso
Tomo II
Volume pubblicato con il patrocinio morale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Camerino, dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e della
Società Filosofica Italiana – Sezione Salentina.
© Copyright 2012 ABC Tipografia s.r.l.
ISBN 978-88-902492-3-5
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senza espressa autorizzazione dell’Editore e dell’Autore.
Tradizione, rivoluzioni, progresso
Studi in onore di Paolo Pastori
a cura di
Sandro Ciurlia
Tomo II
Edizioni del Poligrafico Fiorentino
Giorgio J. Mastrobisi*
‘Relatività’ fenomenologica nella
‘Krisis’ di Edmund Husserl
È fuor di dubbio che La Crisi delle scienze europee e la Fenomenologia trascendentale1, fatica dell’ultimo Husserl, abbia costituito, per molti suoi allievi e per la
storiografia filosofica contemporanea, la summa teoretica del pensiero e del metodo
fenomenologico “puro” del maestro.
Illustrazione paradigmatica dell’applicazione fenomenologica di una critica
serrata alle scienze esatte, di una vera e propria messa in crisi dei principi e dei
metodi della ricerca matematica e naturalistica, l’opera in questione svela gli intendimenti precisi dell’indagine husserliana sui “fondamenti” che sono alla base
di qualsiasi ricerca scientifica, tracciando una vera e propria filosofia della scienza,
in ogni caso scevra da qualsiasi proposito “fondazionalista”2.
Sulla scia degli studi sulla geometria e basandosi sulle Zeit und Ding-Vorlesungen di Halle, Husserl traccia un percorso teoretico originale ed alternativo che
conduce ad un ripensamento (e quindi ad una “ri-fondazione”) di alcuni concetti
fondamentali sia per la ricerca filosofica sulla scienza sia per la stessa ricerca
fisico-matematica3.
L’opera husserliana di cui in questo breve saggio si vuole seguire l’ordito, alla
luce di questa ermeneutica della scienza, è dunque la “Crisi delle scienze euro-
*
Università del Salento.
EDMUND HUSSERL, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie.
Eine Einleitung in die phänomenologische Philosophie, in “Husserliana” VI, a cura di Walter Biemel, Netherlands: Martinus Nijhoff, The Hague, 1954.
2
Il termine “Fondazione”, insieme con quello di “fondamento”, non fa riferimento qui ad alcuna ipotesi di “fondazionalismo” filosofico di determinati processi, metodi o teorie di natura scientifica. Si farà
riferimento a tale termine filosofico solo in prospettiva di un’interpretazione fenomenologica critica del fatto
scientifico; interpretazione critica o “ermeneutica” teoretico-scientifica che, presentandosi prevalentemente kantiano-husserliana alla luce degli elementi costitutivi dei rispettivi sistemi filosofici, reca inevitabilmente con sé l’idea di una “fondazione” o ri-fondazione critica dei concetti e dei metodi scientifici. Nella
formulazione della teoria della relatività di Einstein, oltre ai concetti di spazio e tempo, vengono utilizzati
diversi concetti della tradizione scientifico-teoretica precedente o contemporanea senza tuttavia le dovute
argomentazioni esplicative che ne giustifichino l’impiego. La mia interpretazione nasce appunto da tale
possibilità di “ri-fondazione” critica dei concetti adoperati da Einstein e colleghi, nella profonda consapevolezza dell’assoluta irriducibilità di teoria scientifica da un lato e terminologia filosofica dall’altro.
3
È compito arduo e storiograficamente insostenibile – oltre che inconseguente al fine di tale studio – cercare di intravedere in tali discussioni circa l’originarietà e la natura del pensiero scientifico l’intenzione
di stabilire preveggenze, primazie o primati che possano compromettere una discussione oggettiva ed
imparziale sul “senso” stesso di un’ermeneutica dei processi e degli esiti teoretici delle teorie scientifiche.
1
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pee...”, che illustra l’insieme dei pensieri e dei saggi husserliani sulla situazione
delle scienze esatte – e non solo – a partire dal 1924 fino al 1935, periodo di tempo
durante il quale si era già consumata la querelle scientifica sulla validità empirica
della Teoria della Relatività e si era già assistito alla comparsa di numerosi studi
sulla fisica quantistica.
In “Krisis”, con la stessa ineludibile perspicuità, si manifesta allo studioso
attento, all’ermeneuta della scienza, una risposta ragionata, per quanto pacata
e distaccata, ad alcuni degli interrogativi che sembravano essere a fondamento
dell’opera scientifica di Albert Einstein, che, come scienziato e filosofo allo stesso
tempo, contribuì parimenti alla “messa in crisi” delle scienze a lui contemporanee,
soprattutto della matematica e della fisica4.
In questo ambiente culturale e filosofico trova posto una rilettura aggiornata
e riveduta fino agli ultimi frammenti inediti della “Krisis” husserliana (1935-37),
che ci consegna nuove chiavi ermeneutiche non solo per una più adeguata interpretazione dei “programmi di ricerca”delle scienze esatte, ma anche per una più
opportuna identificazione semantica dei termini filosofici impiegati da Husserl,
primo fra tutti il controverso impiego di “Lebenswelt” e delle sue implicazioni
filosofiche.
1.
Abbozzo di una ‘Critica’ della ‘Teoria delle molteplicità’ (Mannigfaltigkeits-lehre)
1.1. Se l’indagine kantiana non era andata oltre un primo setaccio logico-matematico dei principi fisici della natura, Husserl intendeva rifondare la logica non
solo nel senso di una logica trascendentale, ma nella prospettiva di rappresentare
una vera e propria “Wissenschaftslehre”5 (dottrina della scienza), ossia come una
“letzte, tiefste und universalste Prinzipien- und Normenlehre aller Wissenschaften”6.
Tutto ciò ci riporta ai corsi husserliani del 1910/11 a Gottinga, integrati ulteriormente nel 1912/13 e 1914/15 sempre a Gottinga ed infine presentati sotto il
titolo di: “Logik und allgemeine Wissenschaftstheorie” nel semestre invernale 1917/18
a Friburgo7. In questi corsi, il compito di una ideale “mathesis universalis” si
esplicava nella “Mannigfaltigkeitslehre” (Teoria o dottrina delle molteplicità) come
“Abschluss” di tutta la conoscenza puramente categoriale8.
Per la “Critica della ragione” kantiana esiste una equiparazione completamente illecita tra discipline aritmetiche con le altre discipline matematiche pure,
con la geometria e la cronologia (intesa come “cronometria”), e la collettiva separazione di entrambe dalla cosiddetta “reinen Naturwissenschaft”“ (scienza pura della
Natura)9.
Tali problemi matematico-formali, con tutte le aporie teoretiche da essi scaturite, il rifiuto di astratti formalismi, furono oggetto di indagine da parte di Husserl
Cfr. la voce Phenomenology, in: “Encyclopaedia Britannica”, New edition, pp. 634-639.
E. HUSSERL, Formale und transzendentale Logik, in: “Husserliana”, XVII, Nijhoff, Den Haag, 1974.
6
Ibid., p. 20/19-21: “... più definitiva, incisiva e universale dottrina dei principi e delle norme di tutte le
scienze”.
7
E. HUSSERL, Logik und allgemeine Wissenschaftstheorie, in: “Husserliana”, XXX, a cura di Ursula Panzer,
Kluwer, Dordrecht-Boston-London, 1996.
8
Ibid., p. 272.
9
Ibid., pp. 234-235.
4
5
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a partire dai suoi studi sull’aritmetica e la geometria di fine ’80010, integrati dalle
“Ricerche logiche” dei primissimi anni del 190011.
Husserl cerca di riflettere innanzitutto sulla ragione più profonda che rende
impossibile di principio una diretta matematizzazione (o un qualcosa di analogo ad
una costruzione approssimativa) delle qualità specificamente sensibili dei corpi.
Anche queste qualità si incontrano secondo certe gradualità e in certo modo inerisce loro, come a tutte le gradualità, la misurazione, la “valutazione”, la temperatura, la ruvidità e la levigatezza, la chiarezza e l’oscurità, ecc. Quando si parla
di misurazione, di misure di grandezza, di metodi misurativi e di grandezze in
generale, si pensa sempre a idealità indicate come esatte dal momento che è assai
gravoso, ma altrettanto necessario, attuare quell’isolamento astrattivo dei plena:
cioè, osservare per tentativi, attraverso un’astrazione universale contrapposta a
quella che ha come risultato il mondo12 delle forme, il mondo corporeo esclusivamente dal punto di vista delle qualità che vanno sotto il titolo di “qualità specifiche
di senso”.
Allora Husserl si chiede esplicitamente che cos’è che produce l’esattezza scientifica? Evidentemente nient’altro di ciò che è stato detto: la misurazione empirica
sempre più precisa e guidata attraverso l’idealizzazione e la costruzione di alcune
idealità di un mondo già preliminarmente obiettivato, cioè da certe compagini
ideali particolari che si aggiungono alle singole scale di misura.
Noi conosciamo – afferma Husserl – soltanto una forma universale del mondo,
un “organismo” vivente simile all’uomo, e non una duplice geometria, disponiamo
di una geometria delle forme ma non di una geometria dei “plena”13.
La struttura del mondo implica certo anche che tutti i corpi abbiano sempre
specifiche qualità sensibili. Ma le configurazioni che sono fondate puramente in
esse non sono analoghe alle forme spazio-temporali, non sono articolate in una
forma del mondo che sia loro propria. Le forme-limite (“Limesgestalten”)14 di queste qualità non sono idealizzabili in senso analogo, le loro misurazioni-valutazioni
non possono essere riferite alle corrispondenti idealità di un mondo costruibile, già
obiettivato nell’idealità. Perciò qui anche il concetto di “approssimazione” non ha
un senso analogo a quello che gli inerisce nella sfera matematizzabile delle forme:
E. HUSSERL, Studien zur Arithmetik und Geometrie. Texte aus dem Nachlass (1886-1901), a cura di Ingeborg Strohmeyer, Netherlands: Martinus Nijhoff, The Hague, 1983; ID., Philosophie der Arithmetik. Psychologische und logische Untersuchungen, Mit ergänzenden Texten (1890-1901), in: “Husserliana”, XII, a cura di
Lothar Eley, 1970.
11
E. HUSSERL, Logische Untersuchungen. Erster Band: Prolegomena zur reinen Logik, Text der 1. und 2.
Auflage, in: “Husserliana”, XVIII, a cura di Elmar Holenstein, 1975; ID., Logische Untersuchungen. Zweiter
Band: Untersuchungen zur Phänomenologie und Theorie der Erkenntnis, in: “Husserliana”, XIX, a cura di Ursula Panzer, 1984.
12
Non ritengo opportuno in questo contesto proporre la traduzione di “universo”, anziché “mondo”,
pur se parzialmente giustificata dai manoscritti pubblicati recentemente nell’aggiunta a “Krisis...” da Smid
nel vol. XXIX dell’“Husserliana”, in cui risalterebbe il vero ruolo della “Welt” e di conseguenza della
“Lebenswelt”, finora sottaciuto, come di una “Welt des Lebens” ossia come “Universum” o “Organismus”,
come qualsiasi corpo fisico, che non è altro che un effettivo complesso (“Komplex”) di elementi fisici. Ciò
che Husserl ci presenta come “physischer Umwelt” [pp. 24-25 della suddetta opera] risulta essere il prodotto
più scontato, ma non per questo trascurabile, della formazione di matrice prevalentemente matematica
del giovane Husserl. Cfr. TERESA DE FRANCO, Critica della Soggettività trascendentale in Kant-Husserl,
Lacaita, Manduria, 2001; ID., Critica dell’“Universo-di-vissuti intersoggettivo” in Edmund Husserl, Lacaita,
Manduria, 2003.
13
E. HUSSERL, Krisis der europäischen Wissenschaften, cit., pp. 32/34-36 e 33/1-16.
14
Cfr. E. HUSSERL, Natur und Geist, cit., p. 182.
10
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il senso di un’operazione obiettiva15. Da ciò nasce la “Relatività” del mondo intuitivo, da Husserl riprodotta nella “qualità” logico-analitica delle “forme-limite”
(Limesgestalten).
L’atteggiamento teoretico e la tematizzazione delle idealità pure e delle costruzioni pure portò alla geometria pura (qui ci occupiamo della matematica
pura delle forme in generale); più tardi – nel comprensibile rivolgimento intervenuto – sorse (come sappiamo) la geometria applicata: cioè l’arte pratica della
misurazione guidata dalle idealità e dalle costruzioni che queste permettevano di
attuare idealmente; e dunque nelle sfere limitate corrispondenti, un’obiettivazione
del mondo dei corpi concreto-causali. Ciò che noi esperiamo nelle cose stesse, nella
vita pre-scientifica, i colori, i suoni, il calore, la gravità, ciò che noi esperiamo causalmente, la radiazione calorica di un corpo che riscalda i corpi circostanti, e simili,
è naturalmente indicato, da un punto di vista “fisicalistico”, da vibrazioni sonore,
da vibrazioni caloriche, ossia da puri eventi del mondo delle forme. Quest’asserzione universale viene assunta oggi come un’ovvietà indiscutibile. È Galileo – per
Husserl – il creatore di quella concezione che rese possibile la fisica: non poteva
essere ovvio ciò che sarebbe diventato tale soltanto attraverso la sua opera. “Selbstverständlich” (evidente per sé) per Galileo era soltanto la matematica pura e il
modo usuale di applicarla16.
“La natura infinita nel suo complesso, in quanto “mondo concreto della causalità” – e ciò era incluso in questa sorprendente concezione galileiana – divenne
una matematica applicata di un genere particolare”17.
“La matematica come regno della conoscenza autentica e obbiettiva (e la
tecnica sotto la sua guida), ciò costituiva per Galileo ed anche per i suoi predecessori, il punto focale dell’interesse che spingeva l’uomo moderno alla conoscenza
filosofica del mondo (“Welterkenntnis”) e ad una prassi razionale. Si devono poter
trovare – aggiunge il Nostro – metodi di misurazione, per tutto ciò che la geometria e la matematica delle forme comprendono nella loro idealità a priori. L’intero
mondo concreto deve dimostrarsi matematizzabile-obbiettivo, se si vuole risalire
ad ogni singola esperienza, e misurare effettivamente tutto ciò che di esse si deve
presupporre subordinato alla geometria applicata, se si elaborano cioè adeguati
metodi di misura”18.
“Evidentemente le formule esprimono connessioni (o nessi) causali generali,
“leggi della natura”, leggi della dipendenza reale sotto forma di dipendenze “funzionali” di numeri. Il loro senso proprio non è dunque quello di pure connessioni
numeriche (come se fossero formule in un senso puramente aritmetico); ma è in
ciò che l’idea galileiana di una fisica universale, con il suo contenuto di senso – che
è estremamente complicato – ha indicato come un compito assegnato all’umanità
scientifica, e che ha generato il processo del suo adempimento nella fisica in fase
ascendente, come processo di costruzione di metodi particolari e, attraverso formule, di ‘teorie matematiche’“19.
15
16
17
18
19
Cfr. E. HUSSERL, Die Krisis..., cit., p. 33/17-28.
Cfr. ibid., p. 35/18-30.
Ibid., p. 36/5-8.
Ibid., p. 37/3-16.
Ibid., p. 40/21-38.
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1.2. Per Husserl, dunque, una volta approdati alle formule, sono già possibili
le revisioni teoreticamente formulate attorno a ciò che ci si può aspettare nella certezza empirica, nel mondo intuitivo della vita effettivamente reale, nell’ambito del
quale la matematica non è che una prassi particolare (“nur eine spezielle Praxis ist
[...]”). Per la vita (del mondo), l’operazione decisiva è dunque la matematizzazione
e le formule grazie ad essa conseguite20.
Allora lo stesso filosofo avverte: “Occorre qui prendere in considerazione
l’ampia ripercussione da un lato provvida e dall’altro negativa, dei segni e del
modo di pensare algebrici che si diffondono nell’epoca moderna a partire da Vieta,
e quindi già prima di Galileo. Nasce cosi un’“aritmetizzazione della geometria”,
un’aritmetizzazione di tutto il regno delle forme pure (delle rette ideali, dei cerchi,
dei triangoli, dei movimenti, dei rapporti di sito, ecc.)”21.
Questa aritmetizzazione della geometria porta da sé, in certo modo, a uno
svuotamento (“Entleerung”) del suo senso. Le idealità effettivamente spazio-temporali, così come si rappresentano originariamente nel pensiero geometrico sotto
il titolo corrente di “intuizioni pure”, si trasformano per cosi dire in pure forme
numeriche, in strutture algebriche. Nel calcolo algebrico, il significato geometrico
passa da sé in secondo piano, anzi cade completamente; si calcola, e soltanto alla
fine ci si ricorda che i numeri stanno a significare grandezze22.
“Questo processo di trasformazione del metodo, che nella prassi teoretica
avviene a un livello istintivo-irriflesso, comincia già all’epoca di Gaileo e, procedendo in un movimento incessante, porta ad un livello più alto e insieme a un eccesso di “aritmetizzazione”, a una “formalizzazione” compiutamente universale.
Ciò avviene appunto attraverso un’ulteriore precisazione ed allargamento della
teoria algebrica dei numeri e delle grandezze, su un’“analisi” puramente formale,
ossia una “teoria della molteplicità”, una logistica”23.
Leibniz intravide per primo, in anticipo sul suo tempo, l’idea universale e in
sé conclusa di un pensiero algebrico altissimo, di una mathesis universalis, come egli
la chiamò, e la pose come un compito per il futuro. Secondo Leibniz, essa non è
altro che una logica formale che deve essere realizzata all’infinito nella sua totalità
propria-essenziale, una scienza delle forme di senso del “qualcosa in generale”,
costruibili attraverso il pensiero puro nella loro vuota-formale generalità, secondo
le leggi formali elementari della non-contraddizione: una scienza primaria del
mondo delle “molteplicità” pensabili in generale24.
Le “molteplicità” sono dunque in sé totalità con-possibili di oggetti in generale,
che vengono pensate come certe soltanto nella generalità formale-vuota, come definite attraverso determinate modalità del qualcosa-in-generale. Nel senso esplicitato,
la “dottrina della molteplicità” è la scienza universale delle molteplicità definite25.
1.3. Ecco che allora Husserl rivolge la sua critica sferzante – non come è stato
affrettatamente affermato – a Galileo ma ai fisici ed ai matematici del suo tempo.
20
21
22
23
24
25
Ibid., p. 42/35-36 e 43/1-9.
Ibid., p. 43/23-39 e 44/1-7.
Cfr. ibid., p. 44/8-16.
Ibid., p. 44/25-37.
Cfr. ibid., p. 45/4-15.
Cfr. ibid., p. 45/15-28.
187
Quali i compiti che spettano ai fisici matematici da un lato e dall’altro ai fisici
sperimentali?
“I fisici matematici, posti nella sfera spazio-temporale aritmetizzata o insieme
nella mathesis universalis formalizzante, trattano le formule matematico-fisicalistiche da loro stessi adoperate come se fossero strutture pure e particolari della
mathesis formale, mantenendo naturalmente invariate le costanti che si presentano
in esse, come costanti delle leggi funzionali della natura fattuale. Considerano
anche tutte le “leggi naturali che già sono state verificate come ipotesi durante
l’indagine”, sulla base dell’intero sistema delle leggi formali di questa mathesis;
essi traggono conseguenze logiche i cui risultati vengono poi assunti dai ricercatori sperimentali, ossia dai fisici tout court. Essi elaborano però anche le singole
possibilità logiche disponibili per nuove ipotesi che devono essere compatibili con
il complesso di quelle che sono già state riconosciute valide26. Essi provvedono
così all’allestimento delle sole forme di ipotesi che sono ancora ammissibili come
possibilità ipotetiche per l’interpretazione delle regole causali, che devono venir
constatate empiricamente attraverso l’osservazione e l’esperimento, in relazione
agli inerenti poli ideali, cioè alle leggi esatte. Ma anche i fisici sperimentali sono
costantemente orientati nel loro lavoro verso poli ideali, verso grandezze numeriche, verso formule generali. In qualsiasi ricerca che rientri tra le scienze naturali,
le formule generali sono dunque al centro dell’interesse. Tutte le scoperte, della
vecchia come della nuova fisica, sono scoperte in quel mondo delle formule annoverato, per così dire, tra la natura”27.
Allora per Husserl “inerisce all’essenza di tutti i metodi la tendenza ad
estrinsecarsi tecnicizzandosi”28. Così il senso delle scienze naturali subisce una
complessa trasformazione; avviene un vero e proprio occultamento di senso. Il
gioco complessivo degli influssi tra la fisica sperimentale e la fisica matematica,
e l’enorme lavoro concettuale che esse compiono realmente si svolge in un “orizzonte di senso trasformato”.
1.4. La “Lebensumwelt”, ossia il mondo dell’esperienza – di cui abbiamo
detto –, risulta intersoggettivamente connesso nella sua spazio-temporalità.
L’uomo che vive in questo mondo, e tra questi anche il fisico, può rivolgere
le sue interrogazioni pratiche e teoretiche soltanto in questo mondo. Qualsiasi
conoscenza di leggi può essere solo una conoscenza delle previsioni, da cogliere
mediante leggi, del decorso dei fenomeni effettivi o possibili dell’esperienza, i
quali, con l’allargamento dell’esperienza, venivano indicati – cioè acquisiscono
senso – solo attraverso le osservazioni e gli esperimenti che penetrano sistematicamente negli orizzonti ignoti e vengono verificati nel mondo dell’induzione29.
Nella matematizzazione geometrica e scientifico-naturale, noi commisuriamo
così al mondo-dei-vissuti – al mondo che ci è effettivamente dato nella nostra vita
di mondo concreta nell’aperta infinità di possibili esperienze – un ben confezionato abito ideale, quello delle cosiddette verità obiettivamente scientifiche. L’abito
ideale, che si chiama “matematica e scienza naturale matematica”, oppure l’abito
simbolico delle teorie simbolico-matematiche, abbraccia e riveste tutto ciò che per
26
27
28
29
Ibid., p. 47/20-35
Ibid., pp. 47/35-39 e 48/1-6.
Ibid., p. 48/7-20.
Cfr. ibid., p. 50/18-35.
188
gli scienziati, in quanto “natura obbiettivamente effettiva e vera”, rappresenta
la “Lebenswelt”. L’abito ideale fa sì che noi prendiamo per vero essere quello che
invece è soltanto un metodo, un metodo che deve servire a migliorare, mediante
le previsioni “scientifiche” in un “progressus in infinitum”, le-previsioni grezze,
uniche possibili nell’ambito di ciò che è effettivamente esperito ed esperibile nel
mondo-di-vissuti; l’abito ideale poté far sì che il senso proprio del metodo, delle
formule, delle “teorie, rimanesse incomprensibile e che durante l’elaborazione”
ingenua del metodo non venisse mai compreso30.
Viene da chiedersi se la scienza e il metodo scientifico non somiglino così a
una macchina che produce evidentemente qualcosa di molto utile e di cui quindi ci
si può fidare, una macchina che ciascuno può imparare a manovrare senza comprendere le interne possibilità e la necessità delle sue operazioni31. Una macchina
ed una conoscenza perfetta che Galileo – secondo Husserl – arriva a scoprire,
ma anche ad occultare. Egli scopre la natura matematica, l’idea metodica, ed apre
la strada ad un’infinità di scopritori e di scoperte fisiche. Egli scopre, di fronte
alla causalità universale del mondo intuitivo, ciò che da allora in poi si chiamerà
senz’altro (come sua forma invariante) legge causale, la “forma a priori” del “vero”
mondo (idealizzato e matematico), la “legge della legalità esatta”, secondo la quale
qualsiasi accadimento della “natura” idealizzata deve sottostare a leggi esatte.
Husserl non intende affatto umiliare la scienza definendola una tecnh e abbozzando una critica di principio intesa a mostrare come il senso peculiare, il
senso originario e autentico delle teorie dei fisici sia rimasto, e dovesse rimanere,
occulto anche agli occhi di coloro che tra essi erano i più grandi. Non si tratta di
un senso metafisico, speculativo, ma del senso proprio e peculiare della scienza, un
senso che gode un’evidenza vincolante, il solo reale di fronte al senso dei metodi
(“Methoden-Sinn”) che diventa comprensibile soltanto nell’operare per mezzo di
formule che trovano la loro pratica applicazione nella tecnica.
Ma ciò che finora s’è detto è ancora unilaterale, e non rende giustizia a certi
orizzonti di problemi che introducono in nuove dimensioni, in dimensioni che possono essere dischiuse soltanto dalla riflessione sul mondo della vita e sull’uomo
come suo soggetto, come “individuum”, come cioè, un particolare “sistema” di
riferimento32.
Ma “la natura è nel suo “vero essere in sé” matematicamente questa. Di
questo “in-sé”, la matematica della spazio-temporalità porta a conoscenza uno
strato di leggi in evidenza apodittica in quanto sono incondizionatamente e generalmente valide: ossia coglie immediatamente le leggi elementari assiomatiche
delle costruzioni a priori”33. Esse sono accessibili a posteriori e induttivamente a
partire dalle datità fattuali dell’esperienza. È lecito supporre che esse si distinguono rigorosamente l’una dall’altra: da un lato la matematica a priori delle forme
spazio-temporali, dall’altro la scienza naturale induttiva – che tuttavia applica la
matematica pura. In altre parole la relazione puramente matematica di causa ed
effetto si distingue rigorosamente da quella della causa e dell’effetto reali, cioè da
quella della causalità naturale34.
30
31
32
33
34
Cfr. ibid., p. 52/1-14.
Cfr. ibid., p. 52/24-38.
Cfr. ibid., pp. 53/25-39 e 54/1-9.
Ibid., pp. 54/33-35 e 55/1-2.
Cfr. ibid., p 55/9-18.
189
Rispetto alla conoscenza assoluta che noi attribuiamo ad un Dio creatore,
Husserl afferma, quella della matematica pura ha un unico difetto: quello di essere
non assolutamente evidente ma di esigere un processo sistematico per realizzare
conoscitivamente, come matematica esplicita, tutte le forme esistenti nella forma
spazio-temporale.
Ma l’oscurità si accentuò e si trasformò più tardi con l’elaborazione e con la
regolare applicazione metodica della matematica pura formale. Lo “spazio” si confuse con la “molteplicità euclidea” definita in modo puramente formale; l’assioma
reale, in quanto norma ideale di una validità definitiva colta nell’evidenza del
pensiero puramente geometrico, oppure anche del pensiero aritmetico puramente
logico, si confuse con l’“assioma” improprio – un termine che nella dottrina della
molteplicità in generale non designa giudizi (“proposizioni”), ma forme di proposizioni, elementi costitutivi della definizione di una “molteplicità” che deve essere
costruita senza interne contraddizioni35.
Il metodo elaborato, il progressivo adempimento dei compiti, in quanto metodo, è un’arte (tecnh) che si trasmette ereditariamente ma che non per questo
trasmette il proprio senso36.
2.
Soggettività e ‘Relatività’ nei testi inediti di Husserl
Nell’edizione di Die Krisis der europaischen Wissenschaften..., come “Ergänzungsband” con l’aggiunta di testi “aus dem Nachlass” 1934-193737, Reinhold
Smid fornisce materiale inedito utile alle argomentazioni finora condotte su ciò che
definisco “Relatività” fenomenologica, che oltre che nei concetti di “mondo della
vita”, “teoria delle molteplicità”, “essenza e visione d’essenza”, si presenta anche
in quello di “soggettivo-intersoggettivo”.
In particolare nel manoscritto n. 938 Husserl afferma che: “Il soggettivo pertiene naturalmente al soggetto, ed i fenomeni rinviano a qualcosa di ulteriormente
soggettivo, che appartiene a qualsiasi persona, al dirigersi percettivo del decorso
della percezione, accanto al corpo della persona che per se stesso si ritrova in ogni
presente mondano e possiede i suoi propri modi di apparire, che funzionano cinesteticamente e certamente dall’io”39.
Ma qual è l’atteggiamento del fisico matematico nei confronti della sua stessa
soggettività?
Il fisico nel suo atteggiamento teoretico è in un certo senso tematicamente cieco
per la soggettività che agisce e funge. Quale tipo di scienza si avvicina alla sua
indagine? Andrebbe certamente bene la scienza della personalità, di un io e un noi
agenti (compiente). Risulta chiusa nella sua generalità la scienza dei soggetti agenti
e delle funzioni soggettive che qui lo scienziato della natura (naturalista), il fisico
Cfr. ibid., p. 56/23-34.
Cfr. ibid., pp. 56/35 e 57/1-19.
37
E. HUSSERL, Die Krisis der europaischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie, Ergänzungsband, Texte aus dem Nachlass 1934-1937, in: “Husserliana”, XXIX, a cura di Reinhold N. Smid,
Netherlands: Kluwer Academic Publishers, The Hague, 1992.
38
Il titolo di questo paragrafo è: Der Physiker und die menschlichen Leiber als Körper, e reca la data del 20
novembre 1935.
39
Ibid., p. 91/21-26.
35
36
190
e gli esperti fisicalisti immaginano, mentre essi esercitano il metodo fisicalistico,
secondo tutto ciò che la vita metodicamente fungente individua in essenze e perciò particolarmente si dirigono a ciò che fornisce naturalmente un tema astratto.
Allora è anzitutto chiaro che il naturalista, il fisico esiste solo in un sistema, che
è inseparabilmente connesso alla sua intera vita personale concreta e con la vita
di tutti gli altri fisici, che formano una comunità scientifica, comunicativamente
connessa alla vita di tutti gli uomini mondani in generale40.
Per Husserl, dunque, il “mondo” si costruisce di relazioni intessute a vario
livello, sia psichico che fisico; inoltre afferma che “il mondo sensibile (anschauliche
Welt)” si presenta “come Mondo di oggetti spazio-temporali, sotto cui gli uomini
stessi sono considerati oggetti”41.
Proprio questa unità della natura causale spazio-temporale per Husserl costituisce il campo della scienza della natura matematica, in cui la natura universale,
appare come un mondo per così dire che ha valore per sé: nel mondo spaziotemporale concreto prestabilito la natura non è un mondo effettuale per sé42.
Qui il filosofo si rivolge, dunque, al mondo delle realtà autentiche prestabilite,
al Mondo, che è nella forma continua della spazio-temporalità e con esso al mondo
di oggetti identici che rimangono nel mondo dell’esperienza sensibile, come realtà
nel mutamento dei fenomeni soggettivi come essi stessi esperibili, riconoscibili ed
in sempre maggiore perfezione. Una considerazione teoretica come trattazione del
mondo delle realtà spazio-temporali è anzitutto guidata dall’idea di un mondo
in sé, come un mondo di oggetti come substrati ultimi di qualità, oggetti, che
nell’ambiente della vita si rappresentano soggettivamente in fenomeni e non possono rappresentarsi altrimenti che così, come nel cambiamento dei fenomeni un
singolo e presunto soggetto esperiente e appartengono a tutti i soggetti umani in
un’incondizionata generalità, ed ininterrottamente si rivela la coscienza stessa del
mondo come essente effettuale, come mondo di oggetti essenti in sé, in riferimento
al quale i fenomeni generalmente umani sono un po’ grezze ed un po’ perfette illustrazioni soggettive. Nella vita valgono i fenomeni come cose stesse o, al contrario,
ciò che nell’ambiente umano si offre esso stesso come oggetto d’esperienza, ciò che
si trasforma, se si avrà avuto riguardo della relatività di questo ambiente umano e
di questa divisione tra più perfetti o meno perfetti modi di datità e anche di modi
di conoscenza, nei semplici oggetti fenomenici43.
Discutendo proprio di Ontologie der Lebenswelt (n. 11), Husserl intende dimostrare che “la scienza fondamentale per tutte le scienze del mondo e per i loro corpi
è l’”Ontologia del mondo-della-vita”, che rivela la forma essenziale generale, in cui
il mondo – per noi unanimemente valido nel flusso eracliteo di relatività – conserva
una struttura invariante. Il mondo (sempre così come rappresentabile mediante
un’effettuale e possibile esperienza, è quello sensibile) è da ritenersi il mondo delle
cose concrete”44.
Oltre a ciò si presenta l’essenziale Relatività dell’avvicinamento e allontanamento e del modo di cambiamento dei fenomeni lontani e vicini delle forme spaziali e della loro correzione di validità. L’idealizzazione matematica dello spazio e
40
41
42
43
44
Cfr. ibid., p. 93/11-25.
Ibid., pp. 94/34 e 95/1-2.
Cfr. ibid., p. 95/19-23.
Cfr. ibid., p. 97.
Ibid., p. 140/19-26.
191
le sue forme seguì l’idealizzazione del tempo, che dapprima iniziò come quella dei
corpi rigidi in quiete ed invariabili, e comprese lo spezzettamento idealizzante ed il
co-frazionamento in una realizzazione concettuale all’infinito (in infinitum)45.
In Konkrete Wissenschaft und Physikalismus (8/9-settembre-1934), Husserl aveva
già precisato che il concreto “Welt” (mondo) è nient’altro che il frutto di un’esperienza effettuale e possibile con le sue concrete individualità – è da comprendere
nel suo essere concreto nel metodo fisico matematizzante46.
Sotto le difficoltà dell’oggettivismo e del naturalismo, urge al filosofo di
Proßnitz mettere in risalto quelle delle reali e concrete individualità, e come esse
giocano il proprio ruolo all’interno della geografia, della geologia e dell’astronomia, anche come organiche individualità. Qui bisogna dapprima considerare che
si potrebbero praticare tutte quelle scienze unilateralmente che bilateralmente, sia
fisiche sia spirituali, in un modo che possa conservarle puramente nell’empiria
chiara ed evidente47.
Il fisico può dire: la corporeità intuibile (evidente) è soltanto qualcosa di soggettivo, qualcosa di meramente soggettivo-relativo. Tuttavia, nel mondo inteso come
mondo esperienziale, nel soggettivo-relativo, vive l’uomo con i suoi prossimi. Si
vive in un continuo riconoscere, identificare, dividere, in un continuo indurre da
ciò che si esperisce direttamente a ciò che non si esperisce, ed è, per questo motivo,
sconosciuto ma tuttavia come conoscibile anche esperibile.
Questo mondo, per Husserl, è il mondo dell’esperienza possibile ed effettuale.
Nelle reciproche relazioni si comunica anche se dapprima in modo ristretto
riguardo allo stesso mondo spazio-temporale, alle stesse cose, uomini, animali,
azioni, ecc. prima e senza ogni scienza e perfino fisica.
“L’idealizzazione geometrica e quindi la scienza fisico-chimica ha nel suo
metodo e nei suoi risultati la possibilità di considerare ogni dato come approssimazione, che si può esprimere esattamente come approssimazione e che si può calcolare nei nessi di natura. L’intero naturale della natura nel suo ideale in-sé costituisce
una molteplicità matematica. L’organismo come ogni corpo è proprio un complesso
effettuale di elementi fisici. Infine, per questi elementi supposti, attraverso tutte le
relatività, per un’ideale identificazione è da assumere una ideale determinabilità
stessa nelle sue proprietà e modificazioni nello spazio-tempo idealizzato secondo
leggi matematiche esatte, cioè un’ipotesi che si dimostri metodica dell’approssimazione in continua applicazione e con accresciuta perfezione”48.
In “Einströmen”- Sommer 1935, Husserl afferma che bisogna intendere il mondo
(mundus) nel senso generale, che proprio nella naività trascendentale conserva il
senso trascendentale come mondo costituito trascendentalmente dall’intersoggettività trascendentale, ossia dal soggetto mondano come senso di mondanizzazione, il suo atto eguale di mondanizzare il trascendentale atto eguale. “La natura
è natura costituita trascendentalmente, il suo correlato fisico-mondano costituisce
mondanizzazioni del trascendentale. Tuttavia, la natura, l’intero mondo, anche
come intera soggettività mondana e la sua intera vita psichica insieme al suo contenuto intenzionale è qualcosa di trascendentale, mondanizzato”49.
45
46
47
48
49
Cfr. ibid., p. 149.
Cfr. ibid., p. 19.
Cfr. ibid., pp. 20-22.
Ibid., pp. 24/33-39 e 25/1-15.
Ibid., pp. 77/18-30 e 78/1-8.
192
Husserl avverte però: “Anche una psicologia scientifica è possibile nella struttura mondo-della-vita ed in una sempre salda interdipendenza con la fisica. Ma mentre la matematica pura e la scienza esatta della fattività della natura rimangono
invariate nelle loro verità teoretiche, ciò può non aver luogo per ciò che riguarda
lo psichico del mondo.
Il mondo stesso si trasforma. Non solo perché esso sia cambiantesi in un mondo,
anche se nel cambiamento le realtà rimangono ferme, ma anche come questo mondo
cambia mutevolemente, esso stesso, il suo essere rimane fermo e saldo, oppure, detto
con altre parole, come esso si trasforma attraverso una secolarizzazione del trascendentale, tutto ciò pertanto in tale trasformazione sarà accettato totalmente in sé”50.
6.
La ‘Relatività’ fenomenologica di ‘Krisis...’
Sempre in Krisis51, Husserl parla della scienza come di una realizzazione
dello spirito umano, la quale, storicamente, presuppone un punto di partenza costituito dal mondo intuitivo della vita a tutti già dato, ma che insieme, presuppone
questo mondo circostante il quale è costantemente dato per ogni scienziato52.
Per il fisico, per es., è il mondo in cui egli vede i suoi strumenti di misura, in cui
sente le pulsazioni, in cui valuta le grandezze viste, ecc., in cui oltretutto, egli sa di
essere incluso insieme con tutte le sue azioni e con il suo pensiero teoretico.
Se la scienza pone certi problemi e li risolve, si tratta di problemi che si
pongono sul terreno di questo mondo, che investono la compagine del mondo
già dato, in cui rientra la prassi scientifica come qualsiasi altra prassi vitale. In
quest’ambito non è facile attingere la chiarezza, stabilire chiaramente quali siano i
compiti propriamente scientifici e quindi universali, che vanno posti sotto il titolo
di “mondo-della-vita”, e in quale misura possa sorgere in questo modo qualcosa
di filosoficamente significativo53.
“Il mondo-della-vita c’è sempre stato, prima di qualsiasi scienza, qualunque
sia il modo d’essere che esso assume nell’epoca della scienza. Si può quindi porre
il problema del modo d’essere del mondo-della-vita in sé e per sé; ci si può porre
completamente sul terreno di questo mondo direttamente intuitivo, mettendo
fuori gioco tutte le opinioni e le nozioni della scienza obiettiva”54.
Il primum reale è l’intuizione “meramente soggettivo-relativa” della vita prescientifica nel mondo. Certo per noi il “meramente” ha una sfumatura di spregio
che esprime la diffidenza tradizionale per la doxa. Ma nella vita pre-scientifica
stessa questa sfumatura scompare; qui il “meramente” sta ad indicare una sicura
verificazione, un complesso di conoscenze predicative controllate e di verità
precisamente definite secondo le esigenze imposte dai progetti pratici della vita,
i quali ne determinano il senso. Lo spregio con cui tutto ciò che è “meramente
soggettivo-relativo” viene trattato dagli scienziati moderni al servizio di un ideale
di obiettività non cambia assolutamente nulla al suo modo d’essere, come del resto
Ibid., p. 79/9-24.
E. HUSSERL, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie. Eine Einleitung in die phänomenologische Philosophie, in: “Husserliana”, VI, cit.
52
Cfr. ibid., p. 123.
53
Cfr. ibid., p. 124.
54
Ibid., p. 125.
50
51
193
non cambia nulla il fatto che agli scienziati stessi questo elemento deve essere di
comodo, visto che vi ricorrono tanto spesso e inevitabilmente55.
Continua Husserl: “Le scienze si costruiscono sopra l’ovvietà del mondo-dellavita, se ne servono attingendo ad esso tutto ciò che volta per volta è necessario ai
loro scopi. Ma usare in questo modo il mondo-della-vita non significa conoscerlo
scientificamente nel suo modo d’essere. Einstein, per es., sfrutta gli esperimenti di
Michelson e le verificazioni compiute da altri studiosi mediante apparecchi che
sono copie di quelli di Michelson, con tutte le misure, le constatazioni di coincidenze, ecc. che vi ineriscono. È indubbio che tutto quanto entra in azione, le persone, l’apparecchiatura, la sede delle ricerche, ecc. possono diventare a sua volta
e nel senso usuale, tema di una problematica obiettiva, della problematica delle
scienze positive. Ma era impossibile che Einstein elaborasse una costruzione teoretica, psicologica-psicofisica dell’essere obiettivo di Michelson; egli poteva soltanto
servirsi dell’uomo accessibile a lui come a chiunque altro, nel modo pre-scientifico,
quale oggetto immediato d’esperienza; l’esistenza di quest’uomo, la sua vita, le sue
attività e i risultati che egli ottiene nel mondo della vita comune sono il presupposto di tutti i problemi, i progetti, delle operazioni scientifico-obiettive di Einstein riguardanti gli esperimenti di Michelson. Si tratta naturalmente, del mondo, comune
a tutti, quello cioè dell’esperienza, in cui anche Einstein, come qualsiasi scienziato,
si sa incluso, in quanto uomo, anche durante le sue operazioni scientifiche. Ma
proprio questo mondo e tutti gli eventi rientranti in esso, che, a seconda del bisogno, vengono adoperati per scopi scientifici o di altro genere, reca per qualsiasi
scienziato nell’atteggiamento tematico orientato verso la “verità obiettiva”, il marchio “meramente soggettivo-relativo”. Proprio questo contrasto, come abbiamo
già detto, definisce il senso dei compiti “obiettivi”. Questo elemento “soggettivorelativo” deve essere superato, ad esso si può e si deve assegnare un “essere-in-sé”
ipotetico, ritenerlo un substrato di “verità in sé” logico-matematiche, alle quali
ci si può avvicinare mediante sempre nuove e sempre migliori configurazioni
ipotetiche costantemente verificate nell’esperienza. Questo è uno degli aspetti
del problema. Ma mentre lo scienziato è occupato ed interessato in questo modo
obiettivamente, d’altra parte, l’elemento soggettivo-relativo funge per lui, non
in quanto semplice tramite irrilevante bensì in quanto ultimo elemento fondante
della validità d’essere di qualsiasi verifica obiettiva, e quindi quale sorgente di
evidenza, come sorgente di verificazione. Le misure viste, i trattini, ecc. sono usati
in quanto realmente essenti e non in quanto illusioni: quindi ciò che è realmente e
che è valido nel mondo della vita costituisce una premessa”56.
Per Husserl, dunque, il contrasto che si viene a creare tra “obiettività” e “soggettività” del “Mondo-della-vita” è uno degli elementi determinanti del senso fondamentale della scientificità obiettiva. Lo scienziato spesso si è dimostrato sprezzante nei confronti della definizione di “mondo-della-vita”, anzi si è sbarazzato di
essa come se fosse un problema appartenente alla mera sfera della psicologia.
Sgombrando il campo da ulteriori malintesi, Husserl afferma che il contrasto tra l’elemento soggettivo del mondo-della-vita e del mondo obiettivo, “vero”
sta semplicemente in ciò: che quest’ultimo è una sustruzione teoretico-logica, la
sustruzione di qualche cosa che di principio non è percettibile, di principio non
55
56
Cfr. ibid., pp. 127-128.
Ibid., pp. 128-129.
194
esperibile nel suo essere proprio, mentre l’elemento soggettivo del mondo-dellavita si distingue ovunque ed in qualsiasi cosa proprio per la sua esperibilità. Allora
il mondo-della-vita è un regno di evidenze originarie. Ciò che è dato in modo evidente è, a seconda dei casi, esso stesso dato nella percezione e cioè esperito nella
sua presenza immediata, oppure è ricordato nella memoria. Tutti gli altri modi di
intuizione sono presentificazioni di questo “esso stesso”57.
Per il Nostro, dunque, “questa relatività rimane nascosta nel normale decorso
della vita. Essa è perciò caratterizzata come normale poiché ciascuno che vive attentamente secondo il proprio interesse nel suo attuale orizzonte spazio-temporale
si rappresenta gli oggetti che incontra (con i quali si scontra) nello scambio (Wechsel) della propria Relatività senza nient’altro che questo – solo ovviamente secondo
il posizionamento per essi sempre diverso.
La vita normale col mutare di questo soggettivo, nelle condizioni di orientamento che in essa stessa trascorrono, è una vita nella naturalità dell’unanimità, in
cui si realizza l’unità dell’oggetto e del mondo oggettuale apparente in generale
e così nello scambio del ritorno al sé reca con sé l’unità dell’auto-certezza (Seinsgewissheit). In questa continua coscienza di questi e quegli oggetti del mondo da
cui gli stessi sono scaturiti, io sono il soggetto coscienziale nel semplice possesso
umano, con me stesso come garante unico di armoniose “stessità” (ipseità). Allo
stesso modo, nella vita collettiva io sono moderatamente coscienzioso nella semplice, normale connessione con altri io; nei loro modi di apparire, nei loro orientamenti, nelle loro concezioni in coscienza condivisa (empatia), secondo contenuto e
valore, rimane e si mostra il semplice esserci degli oggetti nell’orizzonte insieme
spazio-temporale della vita e dell’oggetto58.
57
58
Cfr. ibid., p. 129.
Cfr. E. HUSSERL, Aufsätze und Vorträge, cit., pp. 231-233.
195
Tomo II
Volume pubblicato con il patrocinio morale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Camerino, dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e della
Società Filosofica Italiana – Sezione Salentina.
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Tradizione, rivoluzioni, progresso
Studi in onore di Paolo Pastori
a cura di
Sandro Ciurlia
Tomo II
Edizioni del Poligrafico Fiorentino
Giorgio J. Mastrobisi*
‘Relatività’ fenomenologica nella
‘Krisis’ di Edmund Husserl
È fuor di dubbio che La Crisi delle scienze europee e la Fenomenologia trascendentale1, fatica dell’ultimo Husserl, abbia costituito, per molti suoi allievi e per la
storiografia filosofica contemporanea, la summa teoretica del pensiero e del metodo
fenomenologico “puro” del maestro.
Illustrazione paradigmatica dell’applicazione fenomenologica di una critica
serrata alle scienze esatte, di una vera e propria messa in crisi dei principi e dei
metodi della ricerca matematica e naturalistica, l’opera in questione svela gli intendimenti precisi dell’indagine husserliana sui “fondamenti” che sono alla base
di qualsiasi ricerca scientifica, tracciando una vera e propria filosofia della scienza,
in ogni caso scevra da qualsiasi proposito “fondazionalista”2.
Sulla scia degli studi sulla geometria e basandosi sulle Zeit und Ding-Vorlesungen di Halle, Husserl traccia un percorso teoretico originale ed alternativo che
conduce ad un ripensamento (e quindi ad una “ri-fondazione”) di alcuni concetti
fondamentali sia per la ricerca filosofica sulla scienza sia per la stessa ricerca
fisico-matematica3.
L’opera husserliana di cui in questo breve saggio si vuole seguire l’ordito, alla
luce di questa ermeneutica della scienza, è dunque la “Crisi delle scienze euro-
*
Università del Salento.
EDMUND HUSSERL, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie.
Eine Einleitung in die phänomenologische Philosophie, in “Husserliana” VI, a cura di Walter Biemel, Netherlands: Martinus Nijhoff, The Hague, 1954.
2
Il termine “Fondazione”, insieme con quello di “fondamento”, non fa riferimento qui ad alcuna ipotesi di “fondazionalismo” filosofico di determinati processi, metodi o teorie di natura scientifica. Si farà
riferimento a tale termine filosofico solo in prospettiva di un’interpretazione fenomenologica critica del fatto
scientifico; interpretazione critica o “ermeneutica” teoretico-scientifica che, presentandosi prevalentemente kantiano-husserliana alla luce degli elementi costitutivi dei rispettivi sistemi filosofici, reca inevitabilmente con sé l’idea di una “fondazione” o ri-fondazione critica dei concetti e dei metodi scientifici. Nella
formulazione della teoria della relatività di Einstein, oltre ai concetti di spazio e tempo, vengono utilizzati
diversi concetti della tradizione scientifico-teoretica precedente o contemporanea senza tuttavia le dovute
argomentazioni esplicative che ne giustifichino l’impiego. La mia interpretazione nasce appunto da tale
possibilità di “ri-fondazione” critica dei concetti adoperati da Einstein e colleghi, nella profonda consapevolezza dell’assoluta irriducibilità di teoria scientifica da un lato e terminologia filosofica dall’altro.
3
È compito arduo e storiograficamente insostenibile – oltre che inconseguente al fine di tale studio – cercare di intravedere in tali discussioni circa l’originarietà e la natura del pensiero scientifico l’intenzione
di stabilire preveggenze, primazie o primati che possano compromettere una discussione oggettiva ed
imparziale sul “senso” stesso di un’ermeneutica dei processi e degli esiti teoretici delle teorie scientifiche.
1
183
pee...”, che illustra l’insieme dei pensieri e dei saggi husserliani sulla situazione
delle scienze esatte – e non solo – a partire dal 1924 fino al 1935, periodo di tempo
durante il quale si era già consumata la querelle scientifica sulla validità empirica
della Teoria della Relatività e si era già assistito alla comparsa di numerosi studi
sulla fisica quantistica.
In “Krisis”, con la stessa ineludibile perspicuità, si manifesta allo studioso
attento, all’ermeneuta della scienza, una risposta ragionata, per quanto pacata
e distaccata, ad alcuni degli interrogativi che sembravano essere a fondamento
dell’opera scientifica di Albert Einstein, che, come scienziato e filosofo allo stesso
tempo, contribuì parimenti alla “messa in crisi” delle scienze a lui contemporanee,
soprattutto della matematica e della fisica4.
In questo ambiente culturale e filosofico trova posto una rilettura aggiornata
e riveduta fino agli ultimi frammenti inediti della “Krisis” husserliana (1935-37),
che ci consegna nuove chiavi ermeneutiche non solo per una più adeguata interpretazione dei “programmi di ricerca”delle scienze esatte, ma anche per una più
opportuna identificazione semantica dei termini filosofici impiegati da Husserl,
primo fra tutti il controverso impiego di “Lebenswelt” e delle sue implicazioni
filosofiche.
1.
Abbozzo di una ‘Critica’ della ‘Teoria delle molteplicità’ (Mannigfaltigkeits-lehre)
1.1. Se l’indagine kantiana non era andata oltre un primo setaccio logico-matematico dei principi fisici della natura, Husserl intendeva rifondare la logica non
solo nel senso di una logica trascendentale, ma nella prospettiva di rappresentare
una vera e propria “Wissenschaftslehre”5 (dottrina della scienza), ossia come una
“letzte, tiefste und universalste Prinzipien- und Normenlehre aller Wissenschaften”6.
Tutto ciò ci riporta ai corsi husserliani del 1910/11 a Gottinga, integrati ulteriormente nel 1912/13 e 1914/15 sempre a Gottinga ed infine presentati sotto il
titolo di: “Logik und allgemeine Wissenschaftstheorie” nel semestre invernale 1917/18
a Friburgo7. In questi corsi, il compito di una ideale “mathesis universalis” si
esplicava nella “Mannigfaltigkeitslehre” (Teoria o dottrina delle molteplicità) come
“Abschluss” di tutta la conoscenza puramente categoriale8.
Per la “Critica della ragione” kantiana esiste una equiparazione completamente illecita tra discipline aritmetiche con le altre discipline matematiche pure,
con la geometria e la cronologia (intesa come “cronometria”), e la collettiva separazione di entrambe dalla cosiddetta “reinen Naturwissenschaft”“ (scienza pura della
Natura)9.
Tali problemi matematico-formali, con tutte le aporie teoretiche da essi scaturite, il rifiuto di astratti formalismi, furono oggetto di indagine da parte di Husserl
Cfr. la voce Phenomenology, in: “Encyclopaedia Britannica”, New edition, pp. 634-639.
E. HUSSERL, Formale und transzendentale Logik, in: “Husserliana”, XVII, Nijhoff, Den Haag, 1974.
6
Ibid., p. 20/19-21: “... più definitiva, incisiva e universale dottrina dei principi e delle norme di tutte le
scienze”.
7
E. HUSSERL, Logik und allgemeine Wissenschaftstheorie, in: “Husserliana”, XXX, a cura di Ursula Panzer,
Kluwer, Dordrecht-Boston-London, 1996.
8
Ibid., p. 272.
9
Ibid., pp. 234-235.
4
5
184
a partire dai suoi studi sull’aritmetica e la geometria di fine ’80010, integrati dalle
“Ricerche logiche” dei primissimi anni del 190011.
Husserl cerca di riflettere innanzitutto sulla ragione più profonda che rende
impossibile di principio una diretta matematizzazione (o un qualcosa di analogo ad
una costruzione approssimativa) delle qualità specificamente sensibili dei corpi.
Anche queste qualità si incontrano secondo certe gradualità e in certo modo inerisce loro, come a tutte le gradualità, la misurazione, la “valutazione”, la temperatura, la ruvidità e la levigatezza, la chiarezza e l’oscurità, ecc. Quando si parla
di misurazione, di misure di grandezza, di metodi misurativi e di grandezze in
generale, si pensa sempre a idealità indicate come esatte dal momento che è assai
gravoso, ma altrettanto necessario, attuare quell’isolamento astrattivo dei plena:
cioè, osservare per tentativi, attraverso un’astrazione universale contrapposta a
quella che ha come risultato il mondo12 delle forme, il mondo corporeo esclusivamente dal punto di vista delle qualità che vanno sotto il titolo di “qualità specifiche
di senso”.
Allora Husserl si chiede esplicitamente che cos’è che produce l’esattezza scientifica? Evidentemente nient’altro di ciò che è stato detto: la misurazione empirica
sempre più precisa e guidata attraverso l’idealizzazione e la costruzione di alcune
idealità di un mondo già preliminarmente obiettivato, cioè da certe compagini
ideali particolari che si aggiungono alle singole scale di misura.
Noi conosciamo – afferma Husserl – soltanto una forma universale del mondo,
un “organismo” vivente simile all’uomo, e non una duplice geometria, disponiamo
di una geometria delle forme ma non di una geometria dei “plena”13.
La struttura del mondo implica certo anche che tutti i corpi abbiano sempre
specifiche qualità sensibili. Ma le configurazioni che sono fondate puramente in
esse non sono analoghe alle forme spazio-temporali, non sono articolate in una
forma del mondo che sia loro propria. Le forme-limite (“Limesgestalten”)14 di queste qualità non sono idealizzabili in senso analogo, le loro misurazioni-valutazioni
non possono essere riferite alle corrispondenti idealità di un mondo costruibile, già
obiettivato nell’idealità. Perciò qui anche il concetto di “approssimazione” non ha
un senso analogo a quello che gli inerisce nella sfera matematizzabile delle forme:
E. HUSSERL, Studien zur Arithmetik und Geometrie. Texte aus dem Nachlass (1886-1901), a cura di Ingeborg Strohmeyer, Netherlands: Martinus Nijhoff, The Hague, 1983; ID., Philosophie der Arithmetik. Psychologische und logische Untersuchungen, Mit ergänzenden Texten (1890-1901), in: “Husserliana”, XII, a cura di
Lothar Eley, 1970.
11
E. HUSSERL, Logische Untersuchungen. Erster Band: Prolegomena zur reinen Logik, Text der 1. und 2.
Auflage, in: “Husserliana”, XVIII, a cura di Elmar Holenstein, 1975; ID., Logische Untersuchungen. Zweiter
Band: Untersuchungen zur Phänomenologie und Theorie der Erkenntnis, in: “Husserliana”, XIX, a cura di Ursula Panzer, 1984.
12
Non ritengo opportuno in questo contesto proporre la traduzione di “universo”, anziché “mondo”,
pur se parzialmente giustificata dai manoscritti pubblicati recentemente nell’aggiunta a “Krisis...” da Smid
nel vol. XXIX dell’“Husserliana”, in cui risalterebbe il vero ruolo della “Welt” e di conseguenza della
“Lebenswelt”, finora sottaciuto, come di una “Welt des Lebens” ossia come “Universum” o “Organismus”,
come qualsiasi corpo fisico, che non è altro che un effettivo complesso (“Komplex”) di elementi fisici. Ciò
che Husserl ci presenta come “physischer Umwelt” [pp. 24-25 della suddetta opera] risulta essere il prodotto
più scontato, ma non per questo trascurabile, della formazione di matrice prevalentemente matematica
del giovane Husserl. Cfr. TERESA DE FRANCO, Critica della Soggettività trascendentale in Kant-Husserl,
Lacaita, Manduria, 2001; ID., Critica dell’“Universo-di-vissuti intersoggettivo” in Edmund Husserl, Lacaita,
Manduria, 2003.
13
E. HUSSERL, Krisis der europäischen Wissenschaften, cit., pp. 32/34-36 e 33/1-16.
14
Cfr. E. HUSSERL, Natur und Geist, cit., p. 182.
10
185
il senso di un’operazione obiettiva15. Da ciò nasce la “Relatività” del mondo intuitivo, da Husserl riprodotta nella “qualità” logico-analitica delle “forme-limite”
(Limesgestalten).
L’atteggiamento teoretico e la tematizzazione delle idealità pure e delle costruzioni pure portò alla geometria pura (qui ci occupiamo della matematica
pura delle forme in generale); più tardi – nel comprensibile rivolgimento intervenuto – sorse (come sappiamo) la geometria applicata: cioè l’arte pratica della
misurazione guidata dalle idealità e dalle costruzioni che queste permettevano di
attuare idealmente; e dunque nelle sfere limitate corrispondenti, un’obiettivazione
del mondo dei corpi concreto-causali. Ciò che noi esperiamo nelle cose stesse, nella
vita pre-scientifica, i colori, i suoni, il calore, la gravità, ciò che noi esperiamo causalmente, la radiazione calorica di un corpo che riscalda i corpi circostanti, e simili,
è naturalmente indicato, da un punto di vista “fisicalistico”, da vibrazioni sonore,
da vibrazioni caloriche, ossia da puri eventi del mondo delle forme. Quest’asserzione universale viene assunta oggi come un’ovvietà indiscutibile. È Galileo – per
Husserl – il creatore di quella concezione che rese possibile la fisica: non poteva
essere ovvio ciò che sarebbe diventato tale soltanto attraverso la sua opera. “Selbstverständlich” (evidente per sé) per Galileo era soltanto la matematica pura e il
modo usuale di applicarla16.
“La natura infinita nel suo complesso, in quanto “mondo concreto della causalità” – e ciò era incluso in questa sorprendente concezione galileiana – divenne
una matematica applicata di un genere particolare”17.
“La matematica come regno della conoscenza autentica e obbiettiva (e la
tecnica sotto la sua guida), ciò costituiva per Galileo ed anche per i suoi predecessori, il punto focale dell’interesse che spingeva l’uomo moderno alla conoscenza
filosofica del mondo (“Welterkenntnis”) e ad una prassi razionale. Si devono poter
trovare – aggiunge il Nostro – metodi di misurazione, per tutto ciò che la geometria e la matematica delle forme comprendono nella loro idealità a priori. L’intero
mondo concreto deve dimostrarsi matematizzabile-obbiettivo, se si vuole risalire
ad ogni singola esperienza, e misurare effettivamente tutto ciò che di esse si deve
presupporre subordinato alla geometria applicata, se si elaborano cioè adeguati
metodi di misura”18.
“Evidentemente le formule esprimono connessioni (o nessi) causali generali,
“leggi della natura”, leggi della dipendenza reale sotto forma di dipendenze “funzionali” di numeri. Il loro senso proprio non è dunque quello di pure connessioni
numeriche (come se fossero formule in un senso puramente aritmetico); ma è in
ciò che l’idea galileiana di una fisica universale, con il suo contenuto di senso – che
è estremamente complicato – ha indicato come un compito assegnato all’umanità
scientifica, e che ha generato il processo del suo adempimento nella fisica in fase
ascendente, come processo di costruzione di metodi particolari e, attraverso formule, di ‘teorie matematiche’“19.
15
16
17
18
19
Cfr. E. HUSSERL, Die Krisis..., cit., p. 33/17-28.
Cfr. ibid., p. 35/18-30.
Ibid., p. 36/5-8.
Ibid., p. 37/3-16.
Ibid., p. 40/21-38.
186
1.2. Per Husserl, dunque, una volta approdati alle formule, sono già possibili
le revisioni teoreticamente formulate attorno a ciò che ci si può aspettare nella certezza empirica, nel mondo intuitivo della vita effettivamente reale, nell’ambito del
quale la matematica non è che una prassi particolare (“nur eine spezielle Praxis ist
[...]”). Per la vita (del mondo), l’operazione decisiva è dunque la matematizzazione
e le formule grazie ad essa conseguite20.
Allora lo stesso filosofo avverte: “Occorre qui prendere in considerazione
l’ampia ripercussione da un lato provvida e dall’altro negativa, dei segni e del
modo di pensare algebrici che si diffondono nell’epoca moderna a partire da Vieta,
e quindi già prima di Galileo. Nasce cosi un’“aritmetizzazione della geometria”,
un’aritmetizzazione di tutto il regno delle forme pure (delle rette ideali, dei cerchi,
dei triangoli, dei movimenti, dei rapporti di sito, ecc.)”21.
Questa aritmetizzazione della geometria porta da sé, in certo modo, a uno
svuotamento (“Entleerung”) del suo senso. Le idealità effettivamente spazio-temporali, così come si rappresentano originariamente nel pensiero geometrico sotto
il titolo corrente di “intuizioni pure”, si trasformano per cosi dire in pure forme
numeriche, in strutture algebriche. Nel calcolo algebrico, il significato geometrico
passa da sé in secondo piano, anzi cade completamente; si calcola, e soltanto alla
fine ci si ricorda che i numeri stanno a significare grandezze22.
“Questo processo di trasformazione del metodo, che nella prassi teoretica
avviene a un livello istintivo-irriflesso, comincia già all’epoca di Gaileo e, procedendo in un movimento incessante, porta ad un livello più alto e insieme a un eccesso di “aritmetizzazione”, a una “formalizzazione” compiutamente universale.
Ciò avviene appunto attraverso un’ulteriore precisazione ed allargamento della
teoria algebrica dei numeri e delle grandezze, su un’“analisi” puramente formale,
ossia una “teoria della molteplicità”, una logistica”23.
Leibniz intravide per primo, in anticipo sul suo tempo, l’idea universale e in
sé conclusa di un pensiero algebrico altissimo, di una mathesis universalis, come egli
la chiamò, e la pose come un compito per il futuro. Secondo Leibniz, essa non è
altro che una logica formale che deve essere realizzata all’infinito nella sua totalità
propria-essenziale, una scienza delle forme di senso del “qualcosa in generale”,
costruibili attraverso il pensiero puro nella loro vuota-formale generalità, secondo
le leggi formali elementari della non-contraddizione: una scienza primaria del
mondo delle “molteplicità” pensabili in generale24.
Le “molteplicità” sono dunque in sé totalità con-possibili di oggetti in generale,
che vengono pensate come certe soltanto nella generalità formale-vuota, come definite attraverso determinate modalità del qualcosa-in-generale. Nel senso esplicitato,
la “dottrina della molteplicità” è la scienza universale delle molteplicità definite25.
1.3. Ecco che allora Husserl rivolge la sua critica sferzante – non come è stato
affrettatamente affermato – a Galileo ma ai fisici ed ai matematici del suo tempo.
20
21
22
23
24
25
Ibid., p. 42/35-36 e 43/1-9.
Ibid., p. 43/23-39 e 44/1-7.
Cfr. ibid., p. 44/8-16.
Ibid., p. 44/25-37.
Cfr. ibid., p. 45/4-15.
Cfr. ibid., p. 45/15-28.
187
Quali i compiti che spettano ai fisici matematici da un lato e dall’altro ai fisici
sperimentali?
“I fisici matematici, posti nella sfera spazio-temporale aritmetizzata o insieme
nella mathesis universalis formalizzante, trattano le formule matematico-fisicalistiche da loro stessi adoperate come se fossero strutture pure e particolari della
mathesis formale, mantenendo naturalmente invariate le costanti che si presentano
in esse, come costanti delle leggi funzionali della natura fattuale. Considerano
anche tutte le “leggi naturali che già sono state verificate come ipotesi durante
l’indagine”, sulla base dell’intero sistema delle leggi formali di questa mathesis;
essi traggono conseguenze logiche i cui risultati vengono poi assunti dai ricercatori sperimentali, ossia dai fisici tout court. Essi elaborano però anche le singole
possibilità logiche disponibili per nuove ipotesi che devono essere compatibili con
il complesso di quelle che sono già state riconosciute valide26. Essi provvedono
così all’allestimento delle sole forme di ipotesi che sono ancora ammissibili come
possibilità ipotetiche per l’interpretazione delle regole causali, che devono venir
constatate empiricamente attraverso l’osservazione e l’esperimento, in relazione
agli inerenti poli ideali, cioè alle leggi esatte. Ma anche i fisici sperimentali sono
costantemente orientati nel loro lavoro verso poli ideali, verso grandezze numeriche, verso formule generali. In qualsiasi ricerca che rientri tra le scienze naturali,
le formule generali sono dunque al centro dell’interesse. Tutte le scoperte, della
vecchia come della nuova fisica, sono scoperte in quel mondo delle formule annoverato, per così dire, tra la natura”27.
Allora per Husserl “inerisce all’essenza di tutti i metodi la tendenza ad
estrinsecarsi tecnicizzandosi”28. Così il senso delle scienze naturali subisce una
complessa trasformazione; avviene un vero e proprio occultamento di senso. Il
gioco complessivo degli influssi tra la fisica sperimentale e la fisica matematica,
e l’enorme lavoro concettuale che esse compiono realmente si svolge in un “orizzonte di senso trasformato”.
1.4. La “Lebensumwelt”, ossia il mondo dell’esperienza – di cui abbiamo
detto –, risulta intersoggettivamente connesso nella sua spazio-temporalità.
L’uomo che vive in questo mondo, e tra questi anche il fisico, può rivolgere
le sue interrogazioni pratiche e teoretiche soltanto in questo mondo. Qualsiasi
conoscenza di leggi può essere solo una conoscenza delle previsioni, da cogliere
mediante leggi, del decorso dei fenomeni effettivi o possibili dell’esperienza, i
quali, con l’allargamento dell’esperienza, venivano indicati – cioè acquisiscono
senso – solo attraverso le osservazioni e gli esperimenti che penetrano sistematicamente negli orizzonti ignoti e vengono verificati nel mondo dell’induzione29.
Nella matematizzazione geometrica e scientifico-naturale, noi commisuriamo
così al mondo-dei-vissuti – al mondo che ci è effettivamente dato nella nostra vita
di mondo concreta nell’aperta infinità di possibili esperienze – un ben confezionato abito ideale, quello delle cosiddette verità obiettivamente scientifiche. L’abito
ideale, che si chiama “matematica e scienza naturale matematica”, oppure l’abito
simbolico delle teorie simbolico-matematiche, abbraccia e riveste tutto ciò che per
26
27
28
29
Ibid., p. 47/20-35
Ibid., pp. 47/35-39 e 48/1-6.
Ibid., p. 48/7-20.
Cfr. ibid., p. 50/18-35.
188
gli scienziati, in quanto “natura obbiettivamente effettiva e vera”, rappresenta
la “Lebenswelt”. L’abito ideale fa sì che noi prendiamo per vero essere quello che
invece è soltanto un metodo, un metodo che deve servire a migliorare, mediante
le previsioni “scientifiche” in un “progressus in infinitum”, le-previsioni grezze,
uniche possibili nell’ambito di ciò che è effettivamente esperito ed esperibile nel
mondo-di-vissuti; l’abito ideale poté far sì che il senso proprio del metodo, delle
formule, delle “teorie, rimanesse incomprensibile e che durante l’elaborazione”
ingenua del metodo non venisse mai compreso30.
Viene da chiedersi se la scienza e il metodo scientifico non somiglino così a
una macchina che produce evidentemente qualcosa di molto utile e di cui quindi ci
si può fidare, una macchina che ciascuno può imparare a manovrare senza comprendere le interne possibilità e la necessità delle sue operazioni31. Una macchina
ed una conoscenza perfetta che Galileo – secondo Husserl – arriva a scoprire,
ma anche ad occultare. Egli scopre la natura matematica, l’idea metodica, ed apre
la strada ad un’infinità di scopritori e di scoperte fisiche. Egli scopre, di fronte
alla causalità universale del mondo intuitivo, ciò che da allora in poi si chiamerà
senz’altro (come sua forma invariante) legge causale, la “forma a priori” del “vero”
mondo (idealizzato e matematico), la “legge della legalità esatta”, secondo la quale
qualsiasi accadimento della “natura” idealizzata deve sottostare a leggi esatte.
Husserl non intende affatto umiliare la scienza definendola una tecnh e abbozzando una critica di principio intesa a mostrare come il senso peculiare, il
senso originario e autentico delle teorie dei fisici sia rimasto, e dovesse rimanere,
occulto anche agli occhi di coloro che tra essi erano i più grandi. Non si tratta di
un senso metafisico, speculativo, ma del senso proprio e peculiare della scienza, un
senso che gode un’evidenza vincolante, il solo reale di fronte al senso dei metodi
(“Methoden-Sinn”) che diventa comprensibile soltanto nell’operare per mezzo di
formule che trovano la loro pratica applicazione nella tecnica.
Ma ciò che finora s’è detto è ancora unilaterale, e non rende giustizia a certi
orizzonti di problemi che introducono in nuove dimensioni, in dimensioni che possono essere dischiuse soltanto dalla riflessione sul mondo della vita e sull’uomo
come suo soggetto, come “individuum”, come cioè, un particolare “sistema” di
riferimento32.
Ma “la natura è nel suo “vero essere in sé” matematicamente questa. Di
questo “in-sé”, la matematica della spazio-temporalità porta a conoscenza uno
strato di leggi in evidenza apodittica in quanto sono incondizionatamente e generalmente valide: ossia coglie immediatamente le leggi elementari assiomatiche
delle costruzioni a priori”33. Esse sono accessibili a posteriori e induttivamente a
partire dalle datità fattuali dell’esperienza. È lecito supporre che esse si distinguono rigorosamente l’una dall’altra: da un lato la matematica a priori delle forme
spazio-temporali, dall’altro la scienza naturale induttiva – che tuttavia applica la
matematica pura. In altre parole la relazione puramente matematica di causa ed
effetto si distingue rigorosamente da quella della causa e dell’effetto reali, cioè da
quella della causalità naturale34.
30
31
32
33
34
Cfr. ibid., p. 52/1-14.
Cfr. ibid., p. 52/24-38.
Cfr. ibid., pp. 53/25-39 e 54/1-9.
Ibid., pp. 54/33-35 e 55/1-2.
Cfr. ibid., p 55/9-18.
189
Rispetto alla conoscenza assoluta che noi attribuiamo ad un Dio creatore,
Husserl afferma, quella della matematica pura ha un unico difetto: quello di essere
non assolutamente evidente ma di esigere un processo sistematico per realizzare
conoscitivamente, come matematica esplicita, tutte le forme esistenti nella forma
spazio-temporale.
Ma l’oscurità si accentuò e si trasformò più tardi con l’elaborazione e con la
regolare applicazione metodica della matematica pura formale. Lo “spazio” si confuse con la “molteplicità euclidea” definita in modo puramente formale; l’assioma
reale, in quanto norma ideale di una validità definitiva colta nell’evidenza del
pensiero puramente geometrico, oppure anche del pensiero aritmetico puramente
logico, si confuse con l’“assioma” improprio – un termine che nella dottrina della
molteplicità in generale non designa giudizi (“proposizioni”), ma forme di proposizioni, elementi costitutivi della definizione di una “molteplicità” che deve essere
costruita senza interne contraddizioni35.
Il metodo elaborato, il progressivo adempimento dei compiti, in quanto metodo, è un’arte (tecnh) che si trasmette ereditariamente ma che non per questo
trasmette il proprio senso36.
2.
Soggettività e ‘Relatività’ nei testi inediti di Husserl
Nell’edizione di Die Krisis der europaischen Wissenschaften..., come “Ergänzungsband” con l’aggiunta di testi “aus dem Nachlass” 1934-193737, Reinhold
Smid fornisce materiale inedito utile alle argomentazioni finora condotte su ciò che
definisco “Relatività” fenomenologica, che oltre che nei concetti di “mondo della
vita”, “teoria delle molteplicità”, “essenza e visione d’essenza”, si presenta anche
in quello di “soggettivo-intersoggettivo”.
In particolare nel manoscritto n. 938 Husserl afferma che: “Il soggettivo pertiene naturalmente al soggetto, ed i fenomeni rinviano a qualcosa di ulteriormente
soggettivo, che appartiene a qualsiasi persona, al dirigersi percettivo del decorso
della percezione, accanto al corpo della persona che per se stesso si ritrova in ogni
presente mondano e possiede i suoi propri modi di apparire, che funzionano cinesteticamente e certamente dall’io”39.
Ma qual è l’atteggiamento del fisico matematico nei confronti della sua stessa
soggettività?
Il fisico nel suo atteggiamento teoretico è in un certo senso tematicamente cieco
per la soggettività che agisce e funge. Quale tipo di scienza si avvicina alla sua
indagine? Andrebbe certamente bene la scienza della personalità, di un io e un noi
agenti (compiente). Risulta chiusa nella sua generalità la scienza dei soggetti agenti
e delle funzioni soggettive che qui lo scienziato della natura (naturalista), il fisico
Cfr. ibid., p. 56/23-34.
Cfr. ibid., pp. 56/35 e 57/1-19.
37
E. HUSSERL, Die Krisis der europaischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie, Ergänzungsband, Texte aus dem Nachlass 1934-1937, in: “Husserliana”, XXIX, a cura di Reinhold N. Smid,
Netherlands: Kluwer Academic Publishers, The Hague, 1992.
38
Il titolo di questo paragrafo è: Der Physiker und die menschlichen Leiber als Körper, e reca la data del 20
novembre 1935.
39
Ibid., p. 91/21-26.
35
36
190
e gli esperti fisicalisti immaginano, mentre essi esercitano il metodo fisicalistico,
secondo tutto ciò che la vita metodicamente fungente individua in essenze e perciò particolarmente si dirigono a ciò che fornisce naturalmente un tema astratto.
Allora è anzitutto chiaro che il naturalista, il fisico esiste solo in un sistema, che
è inseparabilmente connesso alla sua intera vita personale concreta e con la vita
di tutti gli altri fisici, che formano una comunità scientifica, comunicativamente
connessa alla vita di tutti gli uomini mondani in generale40.
Per Husserl, dunque, il “mondo” si costruisce di relazioni intessute a vario
livello, sia psichico che fisico; inoltre afferma che “il mondo sensibile (anschauliche
Welt)” si presenta “come Mondo di oggetti spazio-temporali, sotto cui gli uomini
stessi sono considerati oggetti”41.
Proprio questa unità della natura causale spazio-temporale per Husserl costituisce il campo della scienza della natura matematica, in cui la natura universale,
appare come un mondo per così dire che ha valore per sé: nel mondo spaziotemporale concreto prestabilito la natura non è un mondo effettuale per sé42.
Qui il filosofo si rivolge, dunque, al mondo delle realtà autentiche prestabilite,
al Mondo, che è nella forma continua della spazio-temporalità e con esso al mondo
di oggetti identici che rimangono nel mondo dell’esperienza sensibile, come realtà
nel mutamento dei fenomeni soggettivi come essi stessi esperibili, riconoscibili ed
in sempre maggiore perfezione. Una considerazione teoretica come trattazione del
mondo delle realtà spazio-temporali è anzitutto guidata dall’idea di un mondo
in sé, come un mondo di oggetti come substrati ultimi di qualità, oggetti, che
nell’ambiente della vita si rappresentano soggettivamente in fenomeni e non possono rappresentarsi altrimenti che così, come nel cambiamento dei fenomeni un
singolo e presunto soggetto esperiente e appartengono a tutti i soggetti umani in
un’incondizionata generalità, ed ininterrottamente si rivela la coscienza stessa del
mondo come essente effettuale, come mondo di oggetti essenti in sé, in riferimento
al quale i fenomeni generalmente umani sono un po’ grezze ed un po’ perfette illustrazioni soggettive. Nella vita valgono i fenomeni come cose stesse o, al contrario,
ciò che nell’ambiente umano si offre esso stesso come oggetto d’esperienza, ciò che
si trasforma, se si avrà avuto riguardo della relatività di questo ambiente umano e
di questa divisione tra più perfetti o meno perfetti modi di datità e anche di modi
di conoscenza, nei semplici oggetti fenomenici43.
Discutendo proprio di Ontologie der Lebenswelt (n. 11), Husserl intende dimostrare che “la scienza fondamentale per tutte le scienze del mondo e per i loro corpi
è l’”Ontologia del mondo-della-vita”, che rivela la forma essenziale generale, in cui
il mondo – per noi unanimemente valido nel flusso eracliteo di relatività – conserva
una struttura invariante. Il mondo (sempre così come rappresentabile mediante
un’effettuale e possibile esperienza, è quello sensibile) è da ritenersi il mondo delle
cose concrete”44.
Oltre a ciò si presenta l’essenziale Relatività dell’avvicinamento e allontanamento e del modo di cambiamento dei fenomeni lontani e vicini delle forme spaziali e della loro correzione di validità. L’idealizzazione matematica dello spazio e
40
41
42
43
44
Cfr. ibid., p. 93/11-25.
Ibid., pp. 94/34 e 95/1-2.
Cfr. ibid., p. 95/19-23.
Cfr. ibid., p. 97.
Ibid., p. 140/19-26.
191
le sue forme seguì l’idealizzazione del tempo, che dapprima iniziò come quella dei
corpi rigidi in quiete ed invariabili, e comprese lo spezzettamento idealizzante ed il
co-frazionamento in una realizzazione concettuale all’infinito (in infinitum)45.
In Konkrete Wissenschaft und Physikalismus (8/9-settembre-1934), Husserl aveva
già precisato che il concreto “Welt” (mondo) è nient’altro che il frutto di un’esperienza effettuale e possibile con le sue concrete individualità – è da comprendere
nel suo essere concreto nel metodo fisico matematizzante46.
Sotto le difficoltà dell’oggettivismo e del naturalismo, urge al filosofo di
Proßnitz mettere in risalto quelle delle reali e concrete individualità, e come esse
giocano il proprio ruolo all’interno della geografia, della geologia e dell’astronomia, anche come organiche individualità. Qui bisogna dapprima considerare che
si potrebbero praticare tutte quelle scienze unilateralmente che bilateralmente, sia
fisiche sia spirituali, in un modo che possa conservarle puramente nell’empiria
chiara ed evidente47.
Il fisico può dire: la corporeità intuibile (evidente) è soltanto qualcosa di soggettivo, qualcosa di meramente soggettivo-relativo. Tuttavia, nel mondo inteso come
mondo esperienziale, nel soggettivo-relativo, vive l’uomo con i suoi prossimi. Si
vive in un continuo riconoscere, identificare, dividere, in un continuo indurre da
ciò che si esperisce direttamente a ciò che non si esperisce, ed è, per questo motivo,
sconosciuto ma tuttavia come conoscibile anche esperibile.
Questo mondo, per Husserl, è il mondo dell’esperienza possibile ed effettuale.
Nelle reciproche relazioni si comunica anche se dapprima in modo ristretto
riguardo allo stesso mondo spazio-temporale, alle stesse cose, uomini, animali,
azioni, ecc. prima e senza ogni scienza e perfino fisica.
“L’idealizzazione geometrica e quindi la scienza fisico-chimica ha nel suo
metodo e nei suoi risultati la possibilità di considerare ogni dato come approssimazione, che si può esprimere esattamente come approssimazione e che si può calcolare nei nessi di natura. L’intero naturale della natura nel suo ideale in-sé costituisce
una molteplicità matematica. L’organismo come ogni corpo è proprio un complesso
effettuale di elementi fisici. Infine, per questi elementi supposti, attraverso tutte le
relatività, per un’ideale identificazione è da assumere una ideale determinabilità
stessa nelle sue proprietà e modificazioni nello spazio-tempo idealizzato secondo
leggi matematiche esatte, cioè un’ipotesi che si dimostri metodica dell’approssimazione in continua applicazione e con accresciuta perfezione”48.
In “Einströmen”- Sommer 1935, Husserl afferma che bisogna intendere il mondo
(mundus) nel senso generale, che proprio nella naività trascendentale conserva il
senso trascendentale come mondo costituito trascendentalmente dall’intersoggettività trascendentale, ossia dal soggetto mondano come senso di mondanizzazione, il suo atto eguale di mondanizzare il trascendentale atto eguale. “La natura
è natura costituita trascendentalmente, il suo correlato fisico-mondano costituisce
mondanizzazioni del trascendentale. Tuttavia, la natura, l’intero mondo, anche
come intera soggettività mondana e la sua intera vita psichica insieme al suo contenuto intenzionale è qualcosa di trascendentale, mondanizzato”49.
45
46
47
48
49
Cfr. ibid., p. 149.
Cfr. ibid., p. 19.
Cfr. ibid., pp. 20-22.
Ibid., pp. 24/33-39 e 25/1-15.
Ibid., pp. 77/18-30 e 78/1-8.
192
Husserl avverte però: “Anche una psicologia scientifica è possibile nella struttura mondo-della-vita ed in una sempre salda interdipendenza con la fisica. Ma mentre la matematica pura e la scienza esatta della fattività della natura rimangono
invariate nelle loro verità teoretiche, ciò può non aver luogo per ciò che riguarda
lo psichico del mondo.
Il mondo stesso si trasforma. Non solo perché esso sia cambiantesi in un mondo,
anche se nel cambiamento le realtà rimangono ferme, ma anche come questo mondo
cambia mutevolemente, esso stesso, il suo essere rimane fermo e saldo, oppure, detto
con altre parole, come esso si trasforma attraverso una secolarizzazione del trascendentale, tutto ciò pertanto in tale trasformazione sarà accettato totalmente in sé”50.
6.
La ‘Relatività’ fenomenologica di ‘Krisis...’
Sempre in Krisis51, Husserl parla della scienza come di una realizzazione
dello spirito umano, la quale, storicamente, presuppone un punto di partenza costituito dal mondo intuitivo della vita a tutti già dato, ma che insieme, presuppone
questo mondo circostante il quale è costantemente dato per ogni scienziato52.
Per il fisico, per es., è il mondo in cui egli vede i suoi strumenti di misura, in cui
sente le pulsazioni, in cui valuta le grandezze viste, ecc., in cui oltretutto, egli sa di
essere incluso insieme con tutte le sue azioni e con il suo pensiero teoretico.
Se la scienza pone certi problemi e li risolve, si tratta di problemi che si
pongono sul terreno di questo mondo, che investono la compagine del mondo
già dato, in cui rientra la prassi scientifica come qualsiasi altra prassi vitale. In
quest’ambito non è facile attingere la chiarezza, stabilire chiaramente quali siano i
compiti propriamente scientifici e quindi universali, che vanno posti sotto il titolo
di “mondo-della-vita”, e in quale misura possa sorgere in questo modo qualcosa
di filosoficamente significativo53.
“Il mondo-della-vita c’è sempre stato, prima di qualsiasi scienza, qualunque
sia il modo d’essere che esso assume nell’epoca della scienza. Si può quindi porre
il problema del modo d’essere del mondo-della-vita in sé e per sé; ci si può porre
completamente sul terreno di questo mondo direttamente intuitivo, mettendo
fuori gioco tutte le opinioni e le nozioni della scienza obiettiva”54.
Il primum reale è l’intuizione “meramente soggettivo-relativa” della vita prescientifica nel mondo. Certo per noi il “meramente” ha una sfumatura di spregio
che esprime la diffidenza tradizionale per la doxa. Ma nella vita pre-scientifica
stessa questa sfumatura scompare; qui il “meramente” sta ad indicare una sicura
verificazione, un complesso di conoscenze predicative controllate e di verità
precisamente definite secondo le esigenze imposte dai progetti pratici della vita,
i quali ne determinano il senso. Lo spregio con cui tutto ciò che è “meramente
soggettivo-relativo” viene trattato dagli scienziati moderni al servizio di un ideale
di obiettività non cambia assolutamente nulla al suo modo d’essere, come del resto
Ibid., p. 79/9-24.
E. HUSSERL, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie. Eine Einleitung in die phänomenologische Philosophie, in: “Husserliana”, VI, cit.
52
Cfr. ibid., p. 123.
53
Cfr. ibid., p. 124.
54
Ibid., p. 125.
50
51
193
non cambia nulla il fatto che agli scienziati stessi questo elemento deve essere di
comodo, visto che vi ricorrono tanto spesso e inevitabilmente55.
Continua Husserl: “Le scienze si costruiscono sopra l’ovvietà del mondo-dellavita, se ne servono attingendo ad esso tutto ciò che volta per volta è necessario ai
loro scopi. Ma usare in questo modo il mondo-della-vita non significa conoscerlo
scientificamente nel suo modo d’essere. Einstein, per es., sfrutta gli esperimenti di
Michelson e le verificazioni compiute da altri studiosi mediante apparecchi che
sono copie di quelli di Michelson, con tutte le misure, le constatazioni di coincidenze, ecc. che vi ineriscono. È indubbio che tutto quanto entra in azione, le persone, l’apparecchiatura, la sede delle ricerche, ecc. possono diventare a sua volta
e nel senso usuale, tema di una problematica obiettiva, della problematica delle
scienze positive. Ma era impossibile che Einstein elaborasse una costruzione teoretica, psicologica-psicofisica dell’essere obiettivo di Michelson; egli poteva soltanto
servirsi dell’uomo accessibile a lui come a chiunque altro, nel modo pre-scientifico,
quale oggetto immediato d’esperienza; l’esistenza di quest’uomo, la sua vita, le sue
attività e i risultati che egli ottiene nel mondo della vita comune sono il presupposto di tutti i problemi, i progetti, delle operazioni scientifico-obiettive di Einstein riguardanti gli esperimenti di Michelson. Si tratta naturalmente, del mondo, comune
a tutti, quello cioè dell’esperienza, in cui anche Einstein, come qualsiasi scienziato,
si sa incluso, in quanto uomo, anche durante le sue operazioni scientifiche. Ma
proprio questo mondo e tutti gli eventi rientranti in esso, che, a seconda del bisogno, vengono adoperati per scopi scientifici o di altro genere, reca per qualsiasi
scienziato nell’atteggiamento tematico orientato verso la “verità obiettiva”, il marchio “meramente soggettivo-relativo”. Proprio questo contrasto, come abbiamo
già detto, definisce il senso dei compiti “obiettivi”. Questo elemento “soggettivorelativo” deve essere superato, ad esso si può e si deve assegnare un “essere-in-sé”
ipotetico, ritenerlo un substrato di “verità in sé” logico-matematiche, alle quali
ci si può avvicinare mediante sempre nuove e sempre migliori configurazioni
ipotetiche costantemente verificate nell’esperienza. Questo è uno degli aspetti
del problema. Ma mentre lo scienziato è occupato ed interessato in questo modo
obiettivamente, d’altra parte, l’elemento soggettivo-relativo funge per lui, non
in quanto semplice tramite irrilevante bensì in quanto ultimo elemento fondante
della validità d’essere di qualsiasi verifica obiettiva, e quindi quale sorgente di
evidenza, come sorgente di verificazione. Le misure viste, i trattini, ecc. sono usati
in quanto realmente essenti e non in quanto illusioni: quindi ciò che è realmente e
che è valido nel mondo della vita costituisce una premessa”56.
Per Husserl, dunque, il contrasto che si viene a creare tra “obiettività” e “soggettività” del “Mondo-della-vita” è uno degli elementi determinanti del senso fondamentale della scientificità obiettiva. Lo scienziato spesso si è dimostrato sprezzante nei confronti della definizione di “mondo-della-vita”, anzi si è sbarazzato di
essa come se fosse un problema appartenente alla mera sfera della psicologia.
Sgombrando il campo da ulteriori malintesi, Husserl afferma che il contrasto tra l’elemento soggettivo del mondo-della-vita e del mondo obiettivo, “vero”
sta semplicemente in ciò: che quest’ultimo è una sustruzione teoretico-logica, la
sustruzione di qualche cosa che di principio non è percettibile, di principio non
55
56
Cfr. ibid., pp. 127-128.
Ibid., pp. 128-129.
194
esperibile nel suo essere proprio, mentre l’elemento soggettivo del mondo-dellavita si distingue ovunque ed in qualsiasi cosa proprio per la sua esperibilità. Allora
il mondo-della-vita è un regno di evidenze originarie. Ciò che è dato in modo evidente è, a seconda dei casi, esso stesso dato nella percezione e cioè esperito nella
sua presenza immediata, oppure è ricordato nella memoria. Tutti gli altri modi di
intuizione sono presentificazioni di questo “esso stesso”57.
Per il Nostro, dunque, “questa relatività rimane nascosta nel normale decorso
della vita. Essa è perciò caratterizzata come normale poiché ciascuno che vive attentamente secondo il proprio interesse nel suo attuale orizzonte spazio-temporale
si rappresenta gli oggetti che incontra (con i quali si scontra) nello scambio (Wechsel) della propria Relatività senza nient’altro che questo – solo ovviamente secondo
il posizionamento per essi sempre diverso.
La vita normale col mutare di questo soggettivo, nelle condizioni di orientamento che in essa stessa trascorrono, è una vita nella naturalità dell’unanimità, in
cui si realizza l’unità dell’oggetto e del mondo oggettuale apparente in generale
e così nello scambio del ritorno al sé reca con sé l’unità dell’auto-certezza (Seinsgewissheit). In questa continua coscienza di questi e quegli oggetti del mondo da
cui gli stessi sono scaturiti, io sono il soggetto coscienziale nel semplice possesso
umano, con me stesso come garante unico di armoniose “stessità” (ipseità). Allo
stesso modo, nella vita collettiva io sono moderatamente coscienzioso nella semplice, normale connessione con altri io; nei loro modi di apparire, nei loro orientamenti, nelle loro concezioni in coscienza condivisa (empatia), secondo contenuto e
valore, rimane e si mostra il semplice esserci degli oggetti nell’orizzonte insieme
spazio-temporale della vita e dell’oggetto58.
57
58
Cfr. ibid., p. 129.
Cfr. E. HUSSERL, Aufsätze und Vorträge, cit., pp. 231-233.
195