Autori redazioni trasmissioni ricezione.

  

ArNoS

ARCHIVIO NORMANNO-SVEVO

  Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII

  del Centro Europeo di Studi Normanni

  Texts and Studies in Euro-Mediterranean World during XIth-XIIIth Centuries

  of Centro Europeo di Studi Normanni

  2 2009

  Miscellanea Giovanni Orlandi Autori, redazioni, trasmissioni, ricezione.

  I problemi editoriali delle raccolte di

  dictamina di epoca sveva

   e dell'epistolario di Pier della Vigna

  F ULVIO D ELLE D ONNE

  Estratto

  ArNoS

  ARCHIVIO NORMANNO-SVEVO Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII

  del Centro Europeo di Studi Normanni

  COMITATO SCIENTIFICO

  G. Arnaldi, Th. Asbridge, P. Bouet, M. Caravale, G. Coppola, M. D’Onofrio,

  H. Enzensberger, S. Fodale, C.D. Fonseca, J. France, G. Galasso, V. Gazeau, E.C. van Houts, Th. Kölzer, C. Leonardi (†), O. Limone, G.A. Loud, J.M. Martin, E. Mazzarese Fardella, F. Neveux, M. Oldoni, A. Paravicini Bagliani,

  A. Romano, V. Sivo, W. Stürner, A.L. Trombetti, H. Takayama, S. Tramontana REDAZIONE L. Russo, T. De Angelis COMITATO DI DIREZIONE

  A. Cernigliaro, E. Cuozzo, E. D’Angelo, O. Zecchino Editrice Il Girasole Napoli

  info@editriceilgirasole.it ArNoS 2 (2009)

  Finito di stampare nel dicembre 2010 AUTORI, REDAZIONI, TRASMISSIONI, RICEZIONE.

  I PROBLEMI EDITORIALI DELLE RACCOLTE DI DICTAMINA DI EPOCA SVEVA E DELL’EPISTOLARIO DI PIER DELLA VIGNA

  F ULVIO D ELLE D ONNE Tra le fonti relative all’età di Federico II di Svevia e dei suoi successori al trono del Regno di Sicilia, un ruolo di preminente importanza va attri- buito, senz’alcun dubbio, all’epistolario di Pier della Vigna, in quanto per- mette di approfondire la conoscenza e la comprensione di quell’epoca non solo dal punto di vista istituzionale, amministrativo o politico-ideologico, ma anche da quello culturale e letterario. Tuttavia, le conoscenze che si pos- sono rica vare dai testi che esso contiene sono rese piuttosto problematiche dalla loro stessa natura, ovvero dal fatto che, concepiti originariamente come epistolae di tipo ufficiale o privato, sono stati successivamente tra- sformati in dicta mina, ovvero in modelli esemplificativi di tipo retorico- formale o argomen tativo-politico, e quindi decontestualizzati e spesso privati degli iniziali rife rimenti più contingenti. Infatti, l’epistolario di Pier della Vigna, o meglio il cosiddetto epistolario di Pier della Vigna contiene circa 550 dictamina tra manifesti, mandati, epistole e documenti di vario ge- nere risalenti al periodo che va dal 1198 al 1264 e oltre: molti di essi, dun- que, sicuramente non po tettero essere scritti dal dictator capuano, che dovette entrare a far parte della cancelleria federiciana intorno al 1220 e 1 morì all’inizio del 1249 . L’epistolario è tramandato, innanzitutto, da circa 125 codici che, in vario 1 modo, raccolgono il materiale in maniera sistematica, nonché da altri 30, al-

  UILLARD RÉHOLLES

Sulla sua vita cfr. soprattutto J.L.A. H -B , Vie et correspondance

  CHALLER

de Pierre de la Vigne , Paris 1865; H.M. S , Della Vigna Pietro, in Dizio-

  ELLE nario Biografico degli Italiani , XXXVII, Roma 1989, pp. 776-784; F. D

  ONNE

D , Nobiltà minore e amministrazione nel Regno di Federico II. Sulle origini

e sui genitori di Pier della Vigna , «Archivio Storico per le Province Napoletane» 116, 1998, pp. 1-9. l’incirca, che hanno la forma di frammenti e florilegi estratti da raccolte or- dinate. Accanto a questo tipo di tradizione si pone quella non sistematica (o, più semplicemente, “stravagante”), attestata da un’altra trentina di mano - scritti, nonché da altri 80, circa, che riportano lettere singole spesso non comprese nelle raccolte sistematiche. Altri 50 manoscritti, circa, sono infine 2 andati dispersi o distrutti in epoca moderna . Il motivo per cui le lettere di Pier della Vigna abbiano goduto, antica - 3 mente, di tanta fortuna, non solo manoscritta ma anche a stampa , risiede non solo nel loro significato politico e quindi storico, ma anche e soprattutto nel loro particolare rilievo retorico. Non sappiamo, tuttavia, né quando, né dove l’epistolario sia stato riunito e redatto. I testi in esso contenuti presen - tano caratteristiche troppo varie per pensare che possano essere stati raccolti da destinatari, anch’essi, del resto, troppo numerosi. Le lettere, quindi, dove vano essere già inserite in registri o in quaderni, oppure dovettero es- sere riu nite da uno o più funzionari della cancelleria sveva, che, forse, di- sponevano di quel materiale per uso personale.

  Il tentativo, o meglio i tentativi di raccogliere quei documenti in ma- niera più o meno sistematica, comunque, non dovettero necessariamente avere luogo nella cancelleria del regno. Anzi, in base agli studi condotti da Hans-Martin Schaller, l’ipotesi più probabile è proprio quella che un primo lavoro di redazione e codificazione sistematica sia stato compiuto negli ul- 4 timi de cenni del Duecento presso la curia papale , e non tanto per studiare e disinnescare le armi della propaganda politica avversa, quanto per il loro alto valore retorico, se è vero, come sembra, che in quell’ambiente furono, con temporaneamente, raccolti anche altri epistolari di eminenti dictatores. Presso la curia papale, però, quel lavoro di redazione e di codificazione si - 2 stematica non dovette essere condotto in maniera univoca e definitiva, dal

  CHALLER

Cfr. H.M. S , Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Pe-

trus de Vinea , «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters» 12, 1956, pp.

  

114-159 (ristampato in H.M.S., Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, Hannover 1993,

CHALLER pp. 225-270); H.M. S , L’epistolario di Pier della Vigna, in Politica e cul-

tura nell’Italia di Federico II , cur. S. Gensini, Pisa 1986, pp. 95-111 (ristampato in

CHALLER CHALLER

  

tedesco in S , Stauferzeit, pp. 463-478). H.M. S , Handschriften-

verzeichnis zur Briefsammlung des Petrus de Vinea , Hannover 2002, descrive, in

3 totale, 246 manoscritti.

  

La prima edizione (contenente solo 33 lettere del libro I) venne stampata a Ha-

genau nel 1529, ed. Johannes Setzer (Secerius). Altre edizioni, complete, furono

stampate a Basilea nel 1566, stampatore Paul Queck (Paulus Quecus), editore

Simon Schard (Schardius); ad Amberg nel 1609, stampatore Johannes Schönfeld,

editore (probabilmente) Melchior Goldast; a Basilea nel 1740, editore Johann Ru-

dolf Iselin (Iselius; ristampa anastatica con introduzione di H. M. Schaller, Hilde-

4 sheim 1991).

  CHALLER CHALLER

Cfr. S , Zur Entstehung, passim; S , L’epistolario, pp. 103-105. momento che l’epistolario è giunto secondo quattro tipologie di redazione sistematica ben distinte: la «grande in sei libri» (M6), tramandata da 11 co- 5 dici, che contiene un numero massimo di 477 lettere ; la «piccola in sei libri» (P6), che ha goduto della maggiore diffusione in quanto tramandata 6 da circa 95 codici e che riporta in genere 366 lettere ; la «grande in cinque 7 libri» (M5), tramandata da 7 codici, che accoglie in genere 279 lettere ; la

  «piccola in cinque libri» (P5), tramandata da 3 codici, che riunisce in genere 8 133 lettere . Tutti questi gruppi sono naturalmente legati tra loro, ma non è ancora chiaro il modo in cui essi si vennero a formare. Hans-Martin Schal- ler ha avanzato con cautela l’ipotesi che le redazioni in cinque libri siano le più antiche, e che la redazione “grande in sei libri” sia quella più recente, for matasi come un ampliamento della redazione “piccola in sei libri”, pur 9 senza escludere del tutto il percorso inverso .

  Nelle raccolte in sei libri, le lettere di Pier della Vigna sono divise se- condo la seguente tipologie generale: Libro I: lettere e manifesti di protesta e di polemica scritte in occasione dello scontro con il papato; Libro II: lettere di narrazione di battaglie e di vittorie; Libro III: lettere sulla nascita dei figli dell’imperatore; commercio epi- stolare, di argomento privato, tra Pier della Vigna e l’arcivescovo di Capua; elogi di Federico e di Pier della Vigna; lettere sullo Studium di Napoli; esor- tazioni alla fedeltà verso l’imperatore;

  Libro IV: lettere consolatorie; Libro V: lettere e mandati relativi a problemi amministrativi; Libro VI: privilegi ed esordi di privilegi.

  In quest’organizzazione, spicca il fatto che il quarto libro è dedicato alle

  

consolationes , così come nell’epistolario di Tommaso di Capua, a cui quello

  di Pier della Vigna, come vedremo ancora, è strettamente legato. Per cui si può ipotizzare che l’epistolario di Pier della Vigna fosse stato strutturato ini zialmente in cinque libri, e che poi, su imitazione di quello di Tommaso di Capua, siano state scorporate dal terzo libro e, con l’aggiunta di altre let- 5 tere, sia stato creato un libro specificamente dedicato a quel tipo di testi,

  CHALLER

Per i caratteri e per la composizione di questa redazione cfr. S , Zur Ent-

  CHALLER

stehung , pp. 121-123, con l’elenco dei manoscritti; S , L’epistolario, p.

  

109, dice che i codici che contengono la raccolta grande in sei libri sono 12, senza

però elencarli. 6 CHALLER 7 S , Zur Entstehung, pp. 129-131.

  CHALLER 8 S , Zur Entstehung, pp. 130-132, CHALLER

  

S , Zur Entstehung, p. 134. Per questa redazione, come anche per le altre,

i manoscritti variano il contenuto in maniera più o meno sensibile, o per lacune mec-

9

caniche, o per interventi attribuibili al copista o all’organizzatore della raccolta.

  CHALLER CHALLER

S , Zur Entstehung, pp. 130-131; S , L’epistolario, pp. 108-109.

  10

  molto importanti per i dictatores dell’epoca ; infine, che a quel nuovo libro sia stato attribuito, per omologia con il modello o per comodità di ricerca delle epistole che interessavano, lo stesso numero d’ordine che aveva nel- 11 l’epistolario di Tommaso di Capua . L’operazione di costituzione di questi epistolari dovette, in ogni caso, du rare diversi decenni, e c’è da credere che essi arrivarono alla loro più ampia diffusione solo quando vennero impiegati come strumenti finalizzati all’insegnamento e alla trasmissione delle tecniche retoriche: quindi in un’epoca anche molto successiva a quella in cui vissero gli autori a cui le lettere venivano attribuite. Questa circostanza, per un verso, spiega il fatto che la tradizione dell’epistolario di Pier della Vigna si confonde e si inter - seca con quella degli epistolari di altri dictatores, come Tommaso di Capua, oppure Trasmondo, Pietro di Blois, Riccardo da Pofi e Nicola da Rocca: non di rado, infatti, le epistole di uno si trovano nell’epistolario dell’altro. Ma, per un altro verso, rende plausibile l’ipotesi che tutti quegli epistolari furono raccolti nello stesso luogo e forse anche dalla stessa persona: come già detto, non è possibile pensare che siano state raccolte dai destinatari let- tere tanto varie e scritte nell’arco di molti decenni; e non possono essere state raccolte, ovviamente, nemmeno dai mittenti, perché non avrebbero confuso le proprie lettere con quelle scritte da altri. Molto probabilmente quel luogo – come già detto – fu la curia papale. Schaller propone l’ipotesi che a compiere quel la voro di raccolta sia stato Nicola da Rocca, dal mo- mento che, dopo aver lavo rato presso la cancelleria sveva, fino a pochi anni fa si riteneva che negli anni successivi al 1266 avesse offerto i propri ser- 12 vigi presso la curia pa pale . La lettura completa e approfondita delle lettere 13 di Nicola da Rocca, tuttavia, ha permesso di correggere quell’ipotesi . In- fatti, ci furono due Nicola da Rocca (zio e nipote) e non fu Nicola da Rocca

  

senior , notaio della cancelleria sveva, a operare presso la curia papale, ma

10 il suo omonimo ni pote, che è attestato come cappellano del cardinale Si- ELLE ONNE

  

Sulle consolationes mi si consenta il rimando a F. D D , Le consolatio-

11

nes del IV libro dell’epistolario di Pier della Vigna , «Vichiana» 4, 1993, pp. 268-290.

  CHALLER CHALLER

Cfr. S , L’epistolario, p. 107, H.M. S , Einführung alla ristampa

anastatica (Hildesheim 1991) dell’edizione Iselin (Iselius) dell’epistolario di Pier

della Vigna (Basilea 1740), p. X, dove si ipotizza che la divisione in sei libri possa

rimandare allo schema di organizzazione del Corpus iuris canonici (cinque libri di

Decretales e Liber sextus). 12 CHALLER CHALLER

Cfr. S , Zur Entstehung, p. 147; S , L’epistolario, pp. 103-105.

  RÉVIN

L’ipotesi è ricordata e ampiamente ridiscussa anche in B. G , Rhétorique du

pouvoir médiéval. Les Lettres de Pierre de la Vigne et la formation du langage po-

e e 13 litique européen XIII -XIV siècle , Roma 2008, pp. 65-120.

  ICOLA DA OCCA

Cfr. N R , Epistolae, ed. F. Delle Donne, Firenze 2003, pp. LXXX-

  ELLE ONNE

LXXXII; F. D D , Una costellazione di epistolari del XIII secolo: Tom-

maso di Capua, Pier della Vigna, Nicola da Rocca , «Filologia Mediolatina» 11, 2004, pp. 143-159. mone Paltinerio di Monselice e che dovette lavorare anche al servizio del 14 cardinale Giordano di Terracina . Il cardinale Giordano di Terracina fu un influente vicencancelliere della curia pontificia e fu anche un illustre dic- 15

  

tator . Inol tre, Giordano di Terracina appare essere il presumibile racco-

16

  glitore delle lettere di Tommaso di Capua . A questo punto, non appare del tutto pere grina l’idea che sia stato sempre Giordano di Terracina a organiz- zare la rac colta anche delle lettere di Pier della Vigna, che magari gli erano state date da Nicola da Rocca senior o dal suo omonimo nipote: questo po- trebbe spiegare non solo la confusione tra le tradizioni degli epistolari di Pier della Vigna e di Tommaso di Capua, ma anche il fatto che alcune let- tere di Nicola da Rocca siano confluite tanto nell’epistolario di Tommaso di Capua, quanto in quello di Pier della Vigna. In ogni caso, il raccoglitore delle lettere di Pier della Vigna – come già visto – non dovette riuscire a ul- timare in maniera de finitiva il suo lavoro, dato che di quell’epistolario esi- stono ben quattro rac colte sistematiche di tipo diverso. E questo potrebbe forse essere dovuto alla morte del cardinale Giordano di Terracina, avvenuta 17 il 9 ottobre del 1269 : circostanza che permetterebbe anche di datare, in 18 maniera più o meno ap prossimativa, una primitiva organizzazione reda- 19 14 zionale . Ma non è da escludere, tuttavia, che alcune riorganizzazioni del-

  ICOLA DA OCCA 15 Cfr. N R , Epistolae, p. XX, e le lettere 57, 76, 77, 83 e 84.

  AMBIN

Cfr. soprattutto P. S , Un certame dettatorio tra due notai pontifici, Roma

  ICOLA DA OCCA

1955; ma si vedano anche le lettere edite in N R , Epistolae, nn. 203

e 214, e in Una silloge epistolare della seconda metà del XIII secolo. I dictamina

provenienti dall’Italia meridionale del ms. Paris , Bibl. Nat., Lat. 8567, ed. F. Delle

16 Donne, Firenze 2007, n. 182.

  ELLER

Cfr. E. H , Die Ars dictandi des Thomas von Capua, «Sitzungsberichte der

Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Phil.-hist. Kl.», 1929, pp. 7-8; H.M.

  CHALLER

S , Studien zur Briefsammlung des Kardinals Thomas von Capua, «Deut-

17 sches Archiv für Erforschung des Mittelalters» 21, 1965 , pp. 407-410.

  ARAVICINI AGLIANI

Cfr. A. P B , I testamenti dei cardinali del Duecento, Roma

18 1980, p. 17.

  ADNER

G.B. L , Formularbehelfe in der Kanzlei Kaiser Friedrichs II. und die

  

‘Briefe des Petrus de Vinea’ , «Mitteilungen des Instituts für Österreichische Ge-

schichtsforschung. Ergänzungsband» 12, 1933, pp. 92-198: 150-153, parla di una

collezione primitiva («Ur-Petrus de Vinea») ricavata sostanzialmente dai registri di

cancelleria. Non è da escludere che alcune lettere abbiano quella origine, ma ri-

  CHALLER 19 sultano valide le obiezioni di S , Zur Entstehung, pp. 118-120.

  

Va considerato, a questo proposito, che la notizia più antica relativa a un mano -

scritto contenente l’epistolario di Pier della Vigna è contenuta in un inventario dei

codici posseduti da Pietro Peregrosso, camerario della Chiesa romana, morto nel

  ILLIMAN

1295: cfr. D. W , Bibliothèques ecclésiastiques au temps de la papauté

d’Avignon , I, Inventaire de bibliothèques et mentions de livres dans les Archives du

  ENNI

Vatican (1287-1420) , Paris 1980, p. 105; F. C , Il valore del libro ‘vecchio’ a

Siena nel XIII secolo: alcuni esempi e prime considerazioni , in Liber/Libra. Il mer - l’epistolario siano state approntate anche in altri luoghi, diversi dalla curia papale, e forse anche in ambito universitario, dove a quanto pare furono 20 esemplati alcuni manoscritti secondo la tecnica della pecia .

  Comprendere il modo in cui tali raccolte si andarono formando costitui - sce la premessa necessaria alla preparazione di un’edizione critica, che è lo strumento imprescindibile per ogni studio che tenti di esaminare non solo la lingua e lo stile di uno dei rappresentanti più illustri dello stile epistolare del XIII secolo, ma che voglia anche comprendere meglio lo svolgersi degli eventi di quel periodo. Si possono, infatti, riscontrare in ogni lettera del- l’epistolario di Pier della Vigna – allo stesso modo di altre raccolte di dic-

  

tamina attribuite ai dictatores più famosi – differenze anche molto evi denti,

  di cui, spesso, non si può venire a capo ricostruendo uno stemma codi cum di tipo tradizionale.

  A parte il fatto che, comunque, nel caso di testi dalla tradizione molto va - ria e mobile, come quelli contenuti nelle raccolte di dictamina, risulta, di fatto, impossibile ricostruire uno stemma codicum vero e proprio. E che, se pure si riuscisse a delineare le principali linee di trasmissione del testo, ci si troverebbe a un bivio in cui, se si seguisse una strada, solo con grande diffi coltà si riuscirebbe a ricongiungerla con l’altra. Ovvero, si dovrebbe deci dere se seguire la linea che fa capo all’originale inteso nel senso tradi- zionale del termine, oppure quella che fa capo alla ricezione del testo, cioè al testo che è stato generalmente letto, citato, imitato e riusato. Insomma, si do vrebbe decidere se attribuire al testo prevalentemente il significato di fonte letteraria oppure quello di fonte storica. Il problema, però, consiste nel capire e nello spiegare le differenze che ci si trova ad affrontare, quando si analizza la tradizione di un testo. E per fare questo – data la natura e il con- tenuto dei documenti – bisogna riuscire a fondere insieme gli strumenti della ricerca filologica con quelli della ricerca storica, e incrociare i dati che ne risultano. Qualche esempio tratto dall’edizione dei documenti rela-

  

cato del libro manoscritto nel medioevo italiano , cur. C. Tristano - F. Cenni, Roma

RÉVIN

2005, pp. 31-61, qui 53; inoltre, G , Rhétorique du pouvoir, pp. 108 e 555-556.

  

I manoscritti datati di cui si ha attestazione sembrano, del resto, rimandare alla

curia papale: Paris, BNF, lat. 4042, contenente la redazione M6 e databile, almeno

per una sua parte (pur se non quella contenente l’epistolario di Pier della Vigna),

  CHALLER

al 1294 (cfr. S , Handschriftenverzeichnis, n. 155, p. 233); Sankt Gallen,

Stadtbibl., Vadian. Samml. 299, contenente la redazione M5 ed esemplato nel 1303

  CHALLER

dallo scriptor papale Nicola Campellensis de Fractis (cfr. S ,

Handschriftenver zeichnis , n. 196, pp. 329-330); Paris, BNF, lat. 8563, contenente

  CHALLER

la redazione P6 e databile anteriormente al 1318 (cfr. S , Handschriften-

  RÉVIN 20 verzeichnis , n. 158, p. 237-238; G , Rhétorique du pouvoir, pp. 510 ss.).

CHALLER CHALLER

  

Cfr. S , Zur Entstehung, pp. 124-129; S , L’epistolario, pp. 109-

110, dove viene avanzata l’ipotesi che la raccolta grande in sei libri sia stata

ELLE organiz zata presso l’università di Parigi. Su tale ipotesi, tuttavia, cfr. F. D

  21

  tivi alle vicende dello Studium di Napoli in epoca sveva può, probabil- mente, rendere questo assunto più evidente e chiaro.

  Nel cosiddetto epistolario di Pier della Vigna è conservata, come ema- nata da Federico II di Svevia, una lettera (la nr. 67 del III libro) che annun- cia ai maestri dello Studium di Bologna l’invio della traduzione latina di alcuni trattati logici e matematici di Aristotele e di altri autori scritti in greco e in arabo. Tale lettera è riportata solo dalla redazione piccola in sei libri (P6) dell’epistolario di Pier della Vigna, quella che ebbe maggiore diffu- sione, e quindi fu quella che venne maggiormente letta e usata; e secondo questa re dazione la lettera fu prodotta dalla cancelleria di Federico II e scritta da Pier della Vigna, dato che è inserita nel suo epistolario. Tuttavia, questa lettera è riportata anche da un manoscritto “stravagante” rispetto alla tradizione che organizza l’epistolario in maniera sistematica. Secondo que- sto codice, con servato a Parigi (Bibliothèque Nationale Lat. 8567, che pos- siamo siglare P), a far scrivere quella lettera non fu Federico II, ma suo figlio Manfredi, e de stinataria fu non l’università di Bologna, ma quella di 22 Parigi . E qui nascono i problemi. Quale delle due tradizioni, quella che fa capo alla redazione si stematica o quella “stravagante”, riporta le informa- zioni corrette? Per com prenderlo, bisogna esaminare attentamente tutto il manoscritto P, che attri buisce la lettera a Manfredi. Facendo questa opera- zione ci si rende conto che questo manoscritto stravagante spesso offre le- zioni più convincenti: ma potrebbe trattarsi di un’impressione. Tuttavia, spesso, questo manoscritto fa conoscere anche il nome dell’autore delle let- tere che riporta: nome che non sempre coincide con quello della tradizione sistematica, ma che risulta cor retto incrociando informazioni prosopogra- 23 fiche e diplomatico-documenta rie . E questo attribuisce un valore premi- nente al codice parigino.

  ONNE

D , Un’inedita epistola sulla morte di Guglielmo de Luna, maestro presso lo

Studium di Napoli , e le traduzioni prodotte alla corte di Manfredi di Svevia, «Re-

21

cherches de Théologie et Philosophie Médiévales» 74, 2007, pp. 225-245, qui 239.

ELLE ONNE

F. D D , «Per scientiarum haustum et seminarium doctrinarum»: edi-

  

zione e studio dei documenti relativi allo Studium di Napoli in età sveva , «Bullettino

dell’Istituto storico italiano per il Medioevo» 111, 2009, pp. 101-225, ri pubblicato

in volume col titolo «Per scientiarum haustum et seminarium doctrina rum». Sulla

  RNALDI

storia dello Studium di Napoli in età sveva, Bari 2010, si veda anche G. A ,

Fondazione e rifondazioni dello studio di Napoli in età sveva , in Università e società

nei secoli XII-XVI , Pistoia 1982, pp. 81-105 (ristampato in Il Pragmatismo degli in-

tellettuali. Origini e primi sviluppi dell’istituzione universitaria , cur. R. Greci, To-

  IOLANTE

rino 1996, pp. 109-23); F. V , Federico II e la fondazione dello ‘Studium’

  RNALDI

napoletano , «Quaderni Medievali» 54 2002, pp. 29-33; G. A , Studio di Na-

22 poli , in Federico II. Enciclopedia fridericiana, II, Roma 2005, pp. 803-808.

ELLE ONNE

23 Cfr. D D , Per scientiarum haustum, n. 21, p. 203.

  ICOLA DA OCCA

Cfr. l’introduzione a N R , Epistolae, e a Una silloge epistolare. Ma nel caso della lettera relativa alle traduzioni, il ms. parigino P non ri - porta il nome dell’autore. Insomma, la lettera fu scritta da Pier della Vigna per conto di Federico II, quindi in un’epoca anteriore al 1249 (come si ri- cava dalla tradizione sistematica), oppure (come afferma il ms. parigino) fu scritta da un ignoto dictator per conto di Manfredi, probabilmente in- 24 torno 1263 , quando Manfredi riuscì a ricostituire lo studium di Napoli, centro in cui fu rono fatte le traduzioni? La questione non è di secondaria im- portanza, so prattutto per chi si occupa di filosofia medievale e dell’influenza che ebbero le traduzioni dei commenti aristotelici; i quindici anni di diffe- renza che, come minimo, intercorrono tra le due possibili datazioni pos- sono sembrare pochi, ma costituiscono un discrimine imprescindibile, tanto che qualche anno fa padre René-Antoine Gauthier ha dedicato alla que- 25 stione un saggio specifico che continua a essere considerato fondamentale ; 26 e ancora adesso la questione suscita notevole interesse . Ora, come si spiega tale divergenza di informazioni tra i manoscritti che riportano la redazione P6 dell’epistolario di Pier della Vigna, che attribui- sce la lettera a Federico II, e il codice parigino che attribuisce la lettera a Man fredi? Si tratta di differenti redazioni, di successive riutilizzazioni del- l’epistola, o addirittura di falsificazioni coscienti mirate ad alterare il testo originale, così come ha supposto padre Gauthier? La risposta a tali que- stioni non è semplice, ma è possibile. Però bisogna fare un piccolo passo in- dietro e prendere in considerazione quello che accade nella trasmissione anche di al tre lettere del cosiddetto epistolario di Pier della Vigna. Per con- tiguità tema tica è opportuno soffermersi su tre lettere che riguardano lo Stu- dium fondato a Napoli da Federico II nel 1224.

  Questi tre documenti sono trasmessi da manoscritti che riportano il co - siddetto epistolario di Pier della Vigna. Più specificamente, due sono conte - nuti in manoscritti che trasmettono, rispettivamente, ciascuna delle quattro redazioni dell’epistolario organizzato in maniera sistematica, nonché da altri manoscritti che lo trasmettono organizzato in maniera non sistematica (tra questi, per il primo c’è anche il ms. P, lo stesso che riporta la lettera sulle tra- 27 24 duzioni ): si tratta delle lettere III 12 e III 10 dell’edizione a stampa del-

  ÖHMER

  ICKER

  INKELMANN

Su tale ipotesi di datazione cfr. J.F. B - J. F - E. W , Die

  

Regesten des Kaiserreichs unter Philipp , Otto IV., Friedrich II., Heinrich (VII.),

Conrad IV. , Heinrich Raspe, Wilhelm und Richard 1198-1272, in Regesta Imperii,

ELLE ONNE

  

V, 1-3, Innsbruck 1881-1901, 4750, nonché D D , Per scientiarum haus-

25 tum , p. 202, nota 1.

  AUTHIER

Cfr. R.A. G , Notes sur les débuts (1225-1240) du premier “Averroïsme”,

26 «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques» 66, 1982, pp. 321-374.

ELLE ONNE

27 Su tale questione cfr. D D , Guglielmo de Luna, pp. 225-245.

  

Il primo documento (III 12) è riportato anche da altri mss. che non contengono

redazioni sistematiche, ma che sono con esse strettamente legati, come può risul-

  28

  l’epistolario . Mentre il terzo documento è trasmesso solo da quattro mano - 29 scritti che tramandano l’epistolario organizzato in maniera non siste matica .

  Per quanto riguarda quest’ultimo documento, tutti i manoscritti – che, va ribadito, contengono l’epistolario organizzato in maniera non sistematica

  • – fanno riferimento a Salerno come sede dello Studium che è stato rifor-
  • 30 31 mato, ovvero riorganizzato ; due manoscritti , poi, ricordano nella rubrica che il mittente dell’epistola fu Corrado, mentre gli altri codici ne omettono 32 il nome . Dunque, da questa lettera si viene a sapere che Corrado riformò lo Studium e lo spostò a Salerno: e questo è un primo dato di fatto.

      

    tare evidente leggendo gli apparati all’edizione contenuta in D ELLE D ONNE , Per

    scientiarum haustum , n. 13, pp. 186-188. Anche il secondo documento (III 10) è ri-

    portato da un certo numero di mss. che non contengono redazioni sistematiche, ma

    per evitare elenchi (che qui risulterebbero inutili) e confusioni, si farà riferimento

    a due soli di essi: Wroclaw (Breslavia), Biblioteka Uniwersytecka, R 342, che è an-

    dato perso, ma di cui, per il documento in questione possediamo la trascrizione di

    P. S CHIRRMACHER , Die letzten Hohenstaufen, Göttingen 1871, pp. 590-591 (lo si-

    gleremo R); e Città del Vaticano, Vat. Lat. 4957 (S). Per questo documento si veda

    28

    anche l’edizione in D ELLE D ONNE , Per scientiarum haustum, n. 15, pp. 190-194.

      

    Per l’edizione a stampa dell’epistolario di Pier della Vigna si fa riferimento a

    quella curata da Johann Rudolf Iselin (Iselius), Basilea nel 1740. Queste lettere

    sono state edite anche in D ELLE D ONNE , Per scientiarum haustum, come indicato

    29 nella nota precedente.

      

    Si tratta dei seguenti codici: Berlin, Staatsbibliothek, Lat. fol. 188 (B); Cam-

    bridge, University Library, Add. 3040 (C); Leipzig, Univ.-Bibilothek, 1268 (L);

    Wien, Österreichische Nationalbibliothek, 526 (V). I primi tre manoscritti risul-

    tano strettamente connessi tra loro. Si veda anche l’apparato all’edizione in D ELLE

    30 D ONNE , Per scientiarum haustum, n. 14, pp. 189-190.

      

    Così si dice: «cumque noster animus secum ipse disceptarit interdum, ubi studium

    fundare predictum et eius sedem statuere deberemus, fidelem civitatem nostram

    Salerni amenitate situs, fertilitate rerum et habilitate loci singulariter refulgentem

    gimnasiorum hospitium, immo propriam domum eligimus ad eorum stabilem in-

    colatum, ubi doctores et discipulos universaliter singulos et singulariter universos

    omni gaudere volumus privilegio libertatis, qua dudum per dominum augustum

    clare memorie dominum patrem nostrum in Neapolitano et Salernitano studio ute-

    batur, preter illud quod eis favorem nostrum, honorem et gratiam pollicimur»:

    D ELLE D ONNE , Per scientiarum haustum, n. 14, p. 189. In corsivo sono state se-

    gnalate le parti che fanno riferimento alla città e al sovrano che ha emanato il do-

    cumento. Sulle riorganizzazioni dello Studium in epoca sveva cfr. D ELLE D ONNE ,

    31 Per scientiarum haustum , pp. 109-111.

      

    Sono quelli che nella nota 29 abbiamo siglato B e C. La loro rubrica è la se-

    32 guente: «invitat rex Conradus studentes ad scolas quas statuerat in Salerno».

      

    Il ms. che nella nota 29 abbiamo siglato L scrive: «Invitat rex studentes ut vadant

    ad scolas quas statuerat in Salerno», omettendo solo il nome di Corrado; il ms. V, invece, non riporta alcuna la rubrica. Per i primi due documenti, invece, la situazione è più complessa, sia per il numero dei testimoni che li trasmettono, sia per la loro differente carat- terizzazione. Infatti, alcuni dei manoscritti che contengono l’epistolario di Pier della Vigna organizzato in maniera non sistematica, ma non tutti, fanno riferimento a Salerno come sede dello Studium riformato, e a Corrado come mittente; mentre gli altri testimoni parlano di Napoli come sede e di Fede- 33 rico II come mittente . Ci si trova, insomma, nella stessa situazione della lettera relativa all’in- vio delle traduzioni dal greco e dall’arabo dei trattati logici e matematici. E anche a questo proposito la questione, naturalmente, assume un significato preponderante per la storia istituzionale del Regno di Sicilia, per quella delle università medievali, per quella della cultura dell’epoca, etc. Perché dalla soluzione di questo problema ne dipendono altri, relativi non solo alle vicende amministrative del Regno o alla ideologia politico-culturale sveva, ma anche alla struttura organizzativa dello Studium, alle materie che vi ve- nivano insegnate, alla presenza o meno di scuole locali, alla sopravvivenza della scuola medica salernitana, e così via.

      Dunque, il problema può e deve essere risolto. E, attraverso l’esame del contenuto delle lettere, si deve concludere che i due documenti non potet- tero certamente essere scritti per conto di Federico II, perché in essi il mit- tente dice di voler seguire l’esempio dei progenitori nella gestione dello 34 Studium , e si richiama al tempo in cui regnava il padre, che viene definito 35 anche divus Augustus . Dunque, se si fa riferimento a un predecessore nella gestione dello Studium, colui che emanò il documento non può certamente essere Federico II, che fondò lo Studium e quindi non ebbe predecessori. Per 33 cui, per riconoscere il mittente e le lezioni “corrette”, bisogna affidarsi sen-

    ELLE ONNE

      

    Cfr. gli apparati in D D , Per scientiarum haustum, n. 13, pp. 186-188,

    e nr. 15, pp. 190-194. I mss. che menzionano Salerno e Corrado sono P per il primo

    documento; e quelli che nella nota 30 abbiamo siglato R e S per il secondo docu-

    mento. Come già detto, tali documenti sono riportati anche da altri mss. che con-

    34

    tengono l’epistolario di Pier della Vigna organizzato in maniera non sistematica.

      

    Nel primo documento (III 12) si dice: «ad quod licet progenitorum nostrorum nos

    ELLE ONNE

      

    clara prioritas invitet exemplis [...]» (cfr. D D , Per scientiarum haustum,

    n. 13, p. 187); e nel secondo (III 10): «ad quod, etsi progenitorum nostrorum nos

    ELLE ONNE

      

    memoranda prioritas invitet exemplis [...]» (cfr. D D , Per scientiarum

    35 haustum , n. 15, p. 191).

      

    Nel secondo documento (III 10), «te igitur, quem antique fidei prescripta since-

    ritas et prestita dudum felicis memorie domino patri nostro grata servitia nobis ef-

    ficaciter recommendant [...]», scrivono concordemente tutti i mss. che qui abbiamo

    ELLE ONNE

      

    preso in esame (cfr. D D , Per scientiarum haustum, n. 15, p. 193). Nel

    primo documento (III 12), invece, si dice: «ad hoc igitur tam salubre convivium ma- z’altro a quei testimoni “stravaganti” che riportano come mittente un so- vrano diverso da Federico II, e cioè Corrado IV.

      Questi testimoni, costituiti da manoscritti che contengono il cosiddetto epistolario di Pier della Vigna organizzato in maniera non sistematica, oltre a farci sapere questo, ci dicono anche che la sede dello Studium riformato 36 era, in quell’occasione, Salerno e non Napoli , e, in un caso, fanno sapere anche il tempo e il luogo in cui il documento fu emanato, ovvero «in obsi- 37 dione Neapolis» : dato omesso dagli altri codici. Se a tali manoscritti bi- sogna necessariamente concedere la preferenza per quanto riguarda il nome del mittente, logica vuole che lo stesso criterio spinga anche a pensare che il nome corretto della città sia quello di Salerno, e che esso sia stato modi- ficato in Napoli nelle redazioni sistematicamente organizzate dell’epistola- rio di Pier della Vigna. Del resto, si sa da una fonte normativa che Corrado

      IV ebbe effettivamente l’intenzione di spostare da Napoli a Salerno la sede 38 dello studium . Quindi, incrociando dati filologici e storici, si può conclu- dere che la lettera scritta «in obsidione Neapolis» risalga al periodo com- preso tra il maggio e l’ottobre del 1253, quando Corrado, appunto, assediò 39 Napoli, dopo che si era ribellata . E che le altre scritte in suo nome risal- gano a quello stesso periodo: per inciso, il 21 maggio 1254 Corrado muore.

      Come si spiegano queste differenze così notevoli tra diversi manoscritti e diverse tradizioni? Lo si vedrà tra poco, dopo essere tornati alla lettera da cui siamo partiti, quella relativa alle traduzioni dal greco e dall’arabo.

      

    gistros quoslibet et scolares hilariter invitamus, fidelitati tue mandantes quatenus

    presens beneplacitum nostrum per iurisdictionem tuam solemniter studeas publi-

    care, firmam singulis fiduciam oblaturus, quod immunitates et libertates omnes,

    quibus olim tempore divi Augusti tam in Neapolitano quam Salernitano studio uti

    et gaudere sunt soliti, faciemus universis et singulis illuc ire volentibus inviolabi-

    liter observari», dove, comunque, «tempore divi Augusti» viene riportato solo da

      ELLE ONNE 36 P (cfr. D D , Per scientiarum haustum, n. 13, p. 188).

      

    Nel primo documento (III 12), seguendo il ms. P si arriva a questa edizione: «vo-

    lentes itaque super hoc antiquorum gratam renovare temperiem, et regni nostri fa-

    stigia tripudialibus novitatis nostre primitiis augmentare, universale studium in

    civitate nostra Salerni, consulta nuper deliberatione, providimus reformandum»

      ELLE ONNE

    (cfr. D D , Per scientiarum haustum, n. 13, p. 188). Nel secondo (III 10),

    seguendo R e S, si può leggere: «civitatem Salerni [...], generale studium in civi-

      ELLE ONNE

    tate ipsa mandavimus reformari [...]» (cfr. D D , Per scientiarum hau-

    37 stum , n. 15, pp. 192-193).

      ELLE Si tratta dell’epistola III 10, dove la data è fornita dai mss. R e S: cfr. D

      ONNE 38 D , Per scientiarum haustum, n. 15, p. 194.

      

    Nella Curia di Foggia del febbraio 1252 viene deliberato «quod studium, quod

    APASSO

    regebatur apud Neapolim, regatur in Salerno»: cfr. B. C , Historia diploma-

    39 tica Regni Siciliae inde ab anno 1250 ad annum 1266 , Neapoli 1874, p. 28.

      ELLE ONNE Cfr. D D , Per scientiarum haustum, p. 190, nota 1. Seguendo il criterio esposto riguardo alle lettere relative allo Studium di Salerno, si può concludere che anche la lettera relativa alle traduzioni venne inviata da Manfredi e non da Federico II, e che la versione del testo più vi cina all’originale, come nel caso delle lettere relative a Salerno, sia quella trasmessa dal manoscritto che tramanda una raccolta di dictamina organiz zata non sistematicamente (P). Innanzitutto, come si è appena visto, anche altrove P riporta in maniera corretta il nome del mittente. Inoltre, congruen temente con l’attribuzione a Manfredi o a Federico, nel finale della lettera, il ms. che trasmette la raccolta non organizzata sistematicamente (P) invita i maestri e gli studenti parigini ad accogliere con gratitudine il dono inviato dall’amicus rex («libros ipsos tamquam amici regis enxenium gratanter acci pite»), mentre nei manoscritti che trasmettono l’epistolario di Pier della Vigna organizzato in maniera sistematica si parla dei Bolognesi e del dono offerto dall’amicus cesar, con un appellativo, cesare, che si 40 adatta a un impe ratore e non a un “semplice” re . Quindi, attribuendola a

      Manfredi, la lettera in questione si può datare al 1263, circa, in una fase in cui Manfredi inter venne per ristrutturare lo Studium, che frattanto era tor- 41 nato da Salerno a Napoli .

      Ma se questa è la situazione che caratterizza la tradizione di queste let - tere, è necessario capire perché essa si è verificata. E bisogna tornare alla domanda che è stata posta prima: tali divergenze che appaiono macroscopi - che quando si tratta di nomi, ma che riguardano anche lezioni apparente - mente meno significative, costituiscono la spia di differenti redazioni, di successive riutilizzazioni, di falsificazioni coscienti?