L Epigravettiano antico di Grotta delle

Studi di Preistoria e Protostoria - 4 - Preistoria e Protostoria della Puglia - 2017

MAURO CALATTINI* - LAURA MORABITO* - CARLO TESSARO*

L’Epigravettiano antico
di Grotta delle Mura (Monopoli, Bari)

RIASSUNTO - L’EPIGRAVETTIANO ANTICO DI GROTTA DELLE MURA, MONOPOLI-BARI. - Si descrive nel presente contributo
l’industria litica relativa alle US 62-74 e 142-144 del sito di Grotta delle Mura. L’analisi tipologica, integrata anche da
dati tipometrici e da analisi spaziali, ha permesso un’attribuzione del livello ad un Epigravettiano antico a cran. L’insieme
litico si caratterizza dal punto di vista tipologico per la presenza di strumenti a cran, seppure non molto numerosi, rapporto
B/G positivo, bassa presenza dei dorsi troncati ed elevata incidenza del substrato. L’ipotesi paletnologica è confermata da
una datazione assoluta (15.860+/80 BP) e dai dati paleocologici raccolti.
SUMMARY - EARLY EPIGRAVETTIAN OF GROTTA DELLE MURA, MONOPOLI-BARI. This paper presents the results of the
typological and typometrical analysis of the lithic industries coming from of Grotta delle Mura (SU 62-64 and 142-144),
with an highlight on spatial analysis in order to better understand the cave organization. The lithic assemblage is
characterized by the presence of cran instruments, low burins/scrapers index, low presence of backed blades and truncations
and high incidence of the substratum. The hypotheses to refer the assemblage to the ancient phase of Epigravettian is also
confirmed by paleo-ecological data and by 14C dating (15.860+/80 BP).

INTRODUZIONE

Il sito di Grotta delle Mura, situato nel centro della cittadina di Monopoli (Bari), è stato oggetto di indagini
archeologiche, seppur in maniera non continuativa, sin
dagli anni cinquanta del secolo scorso; dopo un ventennio circa di interruzione delle ricerche, gli scavi
sono ripresi dalla metà degli anni Ottanta ad opera del
Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università degli Studi di Siena sotto la direzione del
Dott. M. Calattini fino al 2006. Queste ultime campagne di scavo hanno consentito un’indagine approfondita della stratigrafia in due aree contigue e
perpendicolari tra loro denominate A e B, evidenziando
come la frequentazione del sito occupi un arco cronologico comprendente le fasi dal Musteriano all’epoca
olocenica. La stratigrafia dell’area A è composta da
cinque livelli: strato uno, assegnato al locale Neolitico
antico; strato due, assegnato alla fase Sauveterriana del
Mesolitico (8.290 ± 50 BP; 8240 ± 120 BP); strato tre,
attribuibile ad un Epigravettiano Finale di facies romanelliana (10.540 ± 140 BP; 10.850 ± 100 BP); alla
sua base è stato possibile individuare un episodio di
erosione provocato da uno scorrimento di acque ab antiquo, che ha provocato l’asportazione di parte della
stratigrafia. Il successivo livello identificato, lo strato
quattro, risulta assegnabile alle fasi finali dell’Epigra* Dipartimento di Scienze Storiche e Beni Culturali, Università
degli Studi di Siena, Via Roma 56, 53100 Siena; calattini@unisi.it;
morabito6@unisi.it; carlotessaro@gmail.com


vettiano di sottofacies a cran; l’ultimo livello indagato,
lo strato cinque, risulta inquadrabile negli aspetti di un
Musteriano tipico. Per quanto riguarda l’area B, essa
presenta la medesima articolazione stratigrafica appena descritta, con la sola eccezione della presenza
delle unità stratigrafiche attribuibili ai livelli erosi
dell’area A, riferibili ad un Epigravettiano finale preRomanelliano ed all’Epigravettiano evoluto.
L’oggetto di questo contributo è costituito dall’analisi
tipologica dell’industrie litiche provenienti dai livelli
attribuibili all’Epigravettiano antico di entrambe le
aree di scavo. Le US hanno fornito importanti dati per
quanto riguarda la ricostruzione paleoambientale, grazie alle analisi antracologiche ed archeozoologiche 1,
rendendo possibile l’ipotesi di un ambiente tendenzialmente freddo che passa da un momento leggermente
più umido (nella parte inferiore del deposito) ad uno
più arido (nella parte superiore), dalla vegetazione
composta quasi esclusivamente da conifere e popolato
da una fauna che mostra una netta prevalenza di Equidi
(principalmente Equus Caballus), a fronte di una ridotta percentuale di bovidi e carnivori (all’interno dei
quali è da segnalare la presenza di Panthera Leo). I
dati paleoambientali e, come verrà più ampiamente argomentato in fase di analisi, quelli paletnologici sono
supportati da una datazione radiocarbonica (15.860 ±

Le analisi sono attribuibili rispettivamente al prof. G. Fiorentino (Università del Salento) ed al prof. P. Boscato (Università di Siena) (Calattini,
Marconi 2003).

1

70

M. CALATTINI - L. MORABITO - C. TESSARO

80 BP) (Beta 1713539) che risulta essere coerente con
gli aspetti evidenziati.
Lo studio oggetto di questa comunicazione, partendo
dall’analisi degli aspetti tipologici e tipometrici, si è
avvalso inoltre dell’applicazione di analisi statisticospaziali al fine di corroborare le ipotesi interpretative
formulate in corso d’opera, fornendo agli autori una
nuova chiave di lettura dei dati emersi.
LM
L’INDUSTRIA LITICA
L’analisi qui presentata è limitata alla sola componente
ritoccata, uno studio di carattere tecnologico è tuttora

in corso. L’insieme litico risulta composto da un totale
di 836 strumenti ritoccati, 50 elementi con ritocco inframarginale e 14 nuclei. Le misure sono ridotte e la
dimensione massima non supera mai i 4 cm. La materia prima impiegata è quasi esclusivamente selce di ottima qualità, a grana molto fine, più raramente il
calcare (8 casi) e solamente 3 elementi sono in diaspro,
di colore verde, tra i quali vi è un nucleo.
Il numero di frammenti nell’industria è piuttosto elevato (circa il 60%), coinvolge prevalentemente la categoria delle armature, ed ha chiaramente in parte
alterato l’analisi tipometrica. In generale per quanto
concerne l’ambito dimensionale possiamo comunque
affermare che prevalgono i supporti microlitici (16-25
mm - 39,9%) seguiti da quelli di piccole dimensioni
(26-50 mm - 44,96%), ed un buon numero di iper-microliti (12,6%), valore da relazionarsi principalmente
alla categoria tipologica degli erti differenziati, nessun
pezzo supera il limite dimensionale dei 10 cm di dimensione massima. La laminarità generale non è così
spiccata come nei livelli più recenti del giacimento ed
il suo indice è pari allo 0,7 e seppure gran parte dei supporti ha un rapporto di laminarità che si aggira attorno
a 2, la categoria maggiormente rappresentata è quella
delle schegge (33,1%), seguono poi le lame-strette
(22,4%) e le lame (16,3%). La distribuzione dei valori
del carenaggio invece è piuttosto sparsa, indice di una
scarsa omogeneità morfometrica sotto l’aspetto del

profilo trasversale. I valori sono infatti ben distribuiti
all’interno delle varie classi, seppure si delinea una preferenza alla confezione di supporti spessi (58,3%).

mario sono i B5 i più rappresentati seguiti da quelli su
ritocco, B6 (8) e B7 (7). Il rapporto bulini su ritocco e
bulini semplici si colloca intorno all’unità (1,2). Le dimensioni, come quelle del restante dell’industria sono
piccole e variano nei pezzi interi tra 11 e 48 mm. I distacchi per lo più sono corti ed il biseau è prevalentemente rettilineo ed ortogonale alla faccia ventrale. Il
tipo poligonale misto è presente solo in quattro elementi. Da segnalare la presenza di un elemento di incerta attribuzione al limite fra i bulini ed i nuclei
prismatici. Sono presenti tre casi di associazione fra
bulini e grattatoi oppure con altri tipi primari (troncature, denticolati e scagliati).
Grattatoi (39-4,7%)
Famiglia importante e significativa, anche questa mediamente rappresentata come i bulini. Tra le varie
classi è da notare la netta predominanza dei frontali
(25) con al loro interno la prevalenza dei corti (16) sui
lunghi (9), così che il rapporto Gfl/Gfc è pari allo 0,6.
Importante è l’assenza delle forme circolari. I grattatoi
a muso, sia normali che carenati sono rappresentati da
cinque elementi 2. Le dimensioni sono anche qui assai
ridotte collocandosi per la maggiore parte tra 20 e 39
mm di lunghezza. Solo un elemento ha dimensioni

maggiori di 40 mm. Da segnalare un caso in cui si ha
una forte tendenza alla denticolatura del fronte ed in
un altro la presenza di una scarpatella naturale sul lato
destro dello strumento.
Becchi (2-0,2%)
Sono presenti due elementi per lo più di difficile lettura
(Bc2) ricavati entrambi sul lato sinistro del supporto
con degli incavi ottenuti attraverso del ritocco erto profondo.
Troncature (29-3,5%)
Tipo primario ben documentato. Quelle a ritocco profondo (17) mostrano una leggera convessità sul disegno della troncatura rispetto a quelle a ritocco
marginale. All’interno delle prime nettissimo è il predominio delle forme ortogonali rispetto a quelle oblique. Presenti alcuni elementi a ritocco parziale. A causa
dell’alto numero di strumenti frammentari la distribuzione della lunghezza delle varie classi è di difficile interpretazione variando tra 10 e 40 mm. Da segnalare
uno strumento multiplo su troncatura opposto a punta
profonda (P2) che supera i 50 mm di lunghezza.

TIPOLOGIA (fig. 1)
Bulini (45-5.4%)
Famiglia mediamente rappresentata. Al suo interno si
nota un certo equilibrio fra le varie classi: i semplici
sono presenti con 13 elementi, quelli su frattura con 16

casi come per i bulini su ritocco. A livello di tipo pri-

Punte a dorso (75-9,0%)
Sono uno dei gruppi più numerosi dell’intero complesso e sicuramente il più consistente della famiglia
dei RAD (sensu Laplace ).Tra i vari tipi quello dei PD4
è il più rappresentato (22) seguito da quello delle
punte a ritocco parziale (PD2) (9), poi pochi elementi

2
I frammenti per i quali non è possibile formulare un preciso inquadramento sono 8. Tutti appartenenti alla classe dei frontali. Il rapporto con

la famiglia dei bulini vede una leggera prevalenza di questi ultimi sui grattatoi (B/G = 1.15).

L’Epigravettiano antico di Grotta delle Mura (Monopoli, Bari)

71

Fig. 1 - Grotta delle Mura (Monopoli): 1-4. bulini, 5-7. grattatoi, 8,9, 11. punte a dorso, 12, 13. lame a dorso, 16, 15, 10. lame a cran,
16, 17. dorsi e troncatura, 18. geometrico, 19. elemento nucleiforme (scagliato), 20. frammento di raschiatoio, 21. punta, 22. scagliato
(scala 1:1) (disegni di F. Caramia).


72

M. CALATTINI - L. MORABITO - C. TESSARO

Tipologia
bulini
B1
B2
B3
B5
B6
B7
B9
grattatoi
fr. G
fr. G1/G3
fr. G2/G4
G1
G2

G3
G4
G7
G8
G9
becchi
BC2
troncature
T1
T2
T3
punte a dorso
PD
PD2/4
PD2
PD3
PD4
PD5
PD6
lama a dorso

LD1
LD2
LD3
fr. pd/ld
dorsi e troncatura
DT
DT1
DT2
DT3
DT4

N.
45
4
4
5
16
8
7
1

39
4
1
1
4
9
9
5
3
2
1
2
2
29
13
14
2
75
3
16
25
1
26
3
1
59
13
42
4
17
44
30
11
5
0
3

%
5,4%

4,7

0,2
3,5

9

7,1

2
5,3

Tipologia
DT5
DT6
DT7
DT8
geometrici
GM1
fr. di dorso
foliati
F4
F10
punte
P1
P2
P3
P4
P5
lame
L1
L2
L3
raschiatoi
R1
R2
R3
R4
R5
fr. plr
erti ind.
A1
A2
denticolati
D1
D2
D4
D5
D6
D7
D8
scagliati
E1
E2
E3

N.
2
0
3
0
3
3
160
3
1
2
25
2
20
1
0
1
84
43
30
1
134
62
58
8
6
0
7
6
2
4
18
4
12
1
1
0
0
1
86
77
4
5

totale

836

%

0,4
19,2
0,4

3

10

16

0,8
0,7

2,2

10,3

Tab. I - Tipologia dell’industria litica.

di PD5 (3) e le PD4 con un unico esemplare. Molto
alto è il numero dei frammenti (39) e si tratta per lo
più della parte apicale. Le dimensioni variano fra i 12
e 51 mm. Da segnalare che gli strumenti di dimensioni più ridotte sono sempre delle doppie punte bilaterali, delle vere e proprio sauveterres. Molto
frequente la presenza di ritocchi complementari. Particolare rilevanza assumono i tre elementi a dorso e
cran adiacente (PD5).

tocco frammentario (LD2), presenti anche se in numero minore le forme a ritocco marginale. Importante
la presenza di dorsi ed elementi a cran (4). Pochi i
pezzi interi la cui dimensione varia fra i 9 e 46 mm
mentre la maggiore parte si concentra fra i 20 e 30
mm. Il dorso è sempre ottenuto con un ritocco erto
diretto e solo in pochissimi esemplari questo è bipolare. Il rapporto con le punte a dorso è superiore all’unità (PD/LD = 1,3).

Lame a dorso (59-7,0%)
Sono rappresentati quasi esclusivamente dal tipo a ri-

Dorsi e troncatura (44-5,3%)
Oltre il 50% dei pezzi si trova (30) si trova allo stato

L’Epigravettiano antico di Grotta delle Mura (Monopoli, Bari)

frammentario e quindi manca di una precisa classificazione. Tra i tipi primari riconoscibili i DT1 (11)
sono i più numerosi seguiti dai DT2 (5) e dai DT4 (3).
Da segnalare la presenza di due punte a dorso con
troncatura normale (DT7). Le dimensioni nei pezzi
interi variano tra i 12 ed i 37 mm ma al di sopra dei
20 mm è presente un solo elemento.
Geometrici (3-0,4%)
Sono rappresentati da tre strumenti, tutti riferibili al
tipo primario Gm1. La presenza di un ritocco complementare sul lato rettilineo di uno di essi crea il dubbio se attribuire lo stesso alle punte a dorso. Le
dimensioni non superano i 10 mm di lunghezza.
Frammenti di dorso generici (160-19,2%)
I frammenti di dorso che a causa del loro stato non
sono attribuibili con precisione ad un tipo primario
sono ben 160. Si tratta nella quasi totalità di frammenti mediani di dimensioni oramai ridotte.
Il ritocco, sempre erto profondo è ottenuto prevalentemente da un lato, abbastanza rari i casi di ritocchi
bilaterali.
Foliati (3-0,36%)
Presenti con tre elementi, un’ ogiva foliata e due raschiatoi. Il ritocco piatto, nei raschiatoi è assai parziale e limitato ad un solo lato. Un poco più accurato
quello dell’ogiva anche se limitato alla sola parte distale rotondeggiante dello strumento.
Punte (25-3,0%)
È presente quasi esclusivamente la punta dritta a ritocco profondo (20). Consistente il numero dei frammenti (7) (apici). I quattro tipi rimanenti sono due
punte a ritocco marginale, una punta dejété ed una
punta carenata. Da segnalare la tendenza della punta
dejété alla punta a dorso ed un elemento opposto ad
una troncatura dalla fattura assai accurata. Le dimensioni variano nei pezzi interi fra i 10 e 55 mm con un
solo elemento sotto i 25 mm. La laminarità è assai
bassa.
Lame-raschiatoio (84-10,0%)
Gruppo mediamente rappresentato all’interno della
famiglia del substrato (sensu Laplace). Dei tipi previsti il più numeroso è quello ottenuto con ritocco
marginale (43) segue il tipo a ritocco profondo (30)
mentre il tipo carenato annovera un solo elemento. A
questi vanno sommati sei supporti le cui dimensioni
non ci danno una risposta certa, ma la cui morfologia
lascia chiaramente intendere che sono dei frammenti
di lama (quattro sono a ritocco profondo e due s ritocco marginale). Le dimensioni dei pezzi interi variano fra 8 e 50 mm fa eccezione un supporto per di
più frammentario che misura 55 mm.
Raschiatoi (134-16,0%)
Sono di gran lunga il tipo primario più rappresentato,

73

sia all’interno del substrato, sia dell’intero complesso.
Al loro interno il tipo a ritocco marginale è il più consistente (44) seguito da vicino da tipo a ritocco profondo laterale (35).
Le forme a ritocco trasversale e latero-trasversale
sono relativamente scarse, solo 6 elementi. I frammenti ammontano a trentasette. A questi vanno aggiunti dieci pezzi di incerta attribuzione la lunghezza
varia, nei supporti interi, fra i 14 e 47 mm. Sono presenti alcuni pezzi in cui la larghezza supera la lunghezza.
Erti indifferenziati (6-0,7%)
Le schegge che presentano un ritocco erto sono sette.
Sei a ritocco profondo ed un solo elemento con ritocco marginale. In tutti i casi il ritocco è sempre parziale.
Denticolati (18-2,2%)
Tipo scarsamente documentato. Il tipo primario più
rappresentato è quello dei raschiatoi – denticolati
(12), seguono le enchoches semplici (4), gli altri tipi
sono presenti con un solo elemento sono un grattatoio-denticolato, un incavo carenoide ed un grattatoio
denticolato carenato. L’encoche carenata è ottenuta
su un frammento di lastrina di calcare le cui dimensioni variano tra i 11 ed i 35 mm.
Scagliati (86-10,3%)
Tipologia di strumenti non prevista originariamente
dalla lista tipologica utilizzata (Laplace 1964), ma codificata successivamente (Cremilleux, Livache 1976).
Il ritocco sempre profondo è insistito e risulta molto
spesso bifacciale. La collocazione sul supporto è di
preferenza bi-trasversale ma può essere anche bilaterale. In alcuni strumenti (18) si osserva ad una oppure
ad ambedue le estremità dei distacchi più lunghi che
hanno l’aspetto di un colpo di bulino. Questa morfologia è conosciuta da tempo, soprattutto in Puglia, ed
avrà la sua massima diffusione nelle ultime fasi dell’Epigravettiano locale. In due casi la scagliatura, essendo esattamente contrapposta ad una estremità
funzionale del supporto, potrebbe essere interpretata
come una conseguenza di uso. La lunghezza varia fra
i 12 ed i 48 mm.
Strumenti a ritocco inframarginale
Gli strumenti a ritocco inframarginale, non conteggiati tra i tipi sopradescritti sono cinquanta. Si distribuiscono tra i raschiatoi (23), le lame-raschiatoio (21)
e le troncature (6). MC
ANALISI SPAZIALI
L’analisi spaziale è sviluppata attraverso due modelli
distinti di indagine: uno iniziale con lo scopo unico
di identificare dei modelli distributivi (patterns), ed
un secondo dedicato all’indagine della struttura interna di questi. Le proprietà generali dell’analisi sono

74
Q
I32
I33
I34
L31
L32
L33
L34
I35
L35
L36
M35
M36
M37
N36
N37
!

M. CALATTINI - L. MORABITO - C. TESSARO

!
19
81
62
5
66
212
33
20
28
19
27
47
31
8
5
663

m"
0.03
0.53
0.52
0.03
0.29
0.56
0.52
0.59
0.61
0.07
0.90
0.98
0.46
0.54
0.49
7.12

D. m"
NC
152.8
119.23
227.58
378.6
63.46
33.9
45.9
30.0
48.0
67.4
14.8
10.2
-

!f (|ogni 2 u.)

!f dens. (| ogni 4)

||||||||||

-

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-

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-

-

Tab.!II - Distribuzione degli strumenti ritoccati per quadrati (Q), frequenze assolute (∑) e densità (D.m²).

basate unicamente su una distribuzione per celle quadrangolari, relative ai quadrati dello scavo archeologico (larghezza 1m²) (Hodder, Orton 1976). La distribuzione generale della componente litica ritoccata
manifesta una modello per addensamenti (cluster),
all’interno di entrambe le aree, identificata dai valori
molto alti sia delle frequenze che della densità (per
m²) nelle celle I33, L31 e L32 ed M36 (tab. II e III).
Questa visione è anche ben supportata dall’indice elevato del rapporto tra la varianza e la media aritmetica,
pari a 44,2 3. Di particolare interesse è l’approfondimento del modello distributivo per classi tipologiche,
il quale denota dei clusters di specifiche categorie di
strumenti. Un primo riferimento alla struttura essenziale (Laplace 1964) delinea un andamento omogeneo
delle due principali famiglie, quella del substrato e
dei RAD, i quali hanno una distribuzione piuttosto
omogenea in tutte le celle accompagnando le maggiori o minori frequenze dell’intera popolazione, ad
esclusione dei quadrati M35, L35 ed I35 dell’area B,
dove la tendenza distributiva registra una variazione
nell’andamento degli erti differenziati. Il substrato
continua qui infatti ad avere una frequenza relativa
paragonabile a quella delle altre celle dell’area B,
mentre i RAD subiscono un netto incremento, rappresentando solamente in questa area più del 60% dell’intera frequenza relativa all’area B. Gli assetti delle
strutture tipologiche a confronto, quindi tra l’area
delle celle I-L35 e l’esterno, manifestano alterazioni
strutturali alquanto consistenti non solo di tipo quantitativo, ma anche tipologico. Questa realtà non era
affatto descritta all’interno dei tre cluster identificati
3
In presenza di una distribuzione a cluster il valore espresso dall’indice
tende ad aumentare in modo esponenziale rispetto ad una distribuzione
di reperti a maglia regolare; il calcolo è infatti espresso dal rapporto del
valore di un range di dispersione (σ²) e la misura della tendenza centrale
(η). In un contesto dove la distribuzione è random, l’indice esprimerà un
valore compreso tra 0 e 1.

con la prima analisi, dove l’unica differenza era correlata alle frequenze assolute. Provando ad assimilare
le strutture ad insiemi codificati di classi, è misurabile
il loro grado di omogeneità nel codice ancora prima
di delineare l’informazione in essi contenuta. Il dato
statistico ottenuto in questo caso è libero da errori selettivi. Un insieme strutturale può essere specificato
da tre termini; la ricchezza(s) delle classi tipologiche
(Jones et alii 1983), l’omogeneità (E) della popolazione e l’eterogeneità dell’insieme (Whittaker 1972).
Il primo termine si risolve nel totale delle classi, il secondo rappresenta l’equilibrio di distribuzione degli
oggetti di ciascun tipo, mentre la terza definizione
comprende l’integrazione delle due misure (tab. II).
La diversità tra gli insiemi è stata calcolata con un
modello di analisi legato alla ricchezza ed al tempo
stesso all’omogeneità dell’assemblaggio litico. La valutazione quantitativa di questi caratteri è qui basata
sui valori derivati dalla formula di Brillouin 4 e di
Shannon -Wheaver 5 (Pielou 1966). I dati dell’analisi
delineano un alto grado di specializzazione tipologica
per l’area delle celle I-L35, accompagnata da una
bassa omogeneità del campione statistico. La misurazione calcolata con l’equazione di Brillouin nel
primo caso ha riportato un valore molto basso pari a
0,33 e 0,643, relativamente il primo per la struttura
elementare, il secondo per la struttura essenziale;
mentre l’equazione di Shannon e Wheaver applicata
esclusivamente all’insieme litico rimanente ha dato
valori più elevati, di 0,447 per la struttura essenziale
e 1,0323 per la struttura elementare. Questo aspetto
quantitativo delinea un carattere di iperspecificità
4

$
' n è il numero di elementi; da applicare in presenza di
&" s # ni!)
!1
% i!s
( popolazioni chiuse, dove ogni elemento è conteggiato
!
E = log
n
[ni!] (Pielou op cit.).

5 !

s

E = " pilogpi !
i!1

per insiemi infiniti o non determinati, dove il conteggio
esatto della popolazione non è stato possibile (Pielou op. cit).

75

L’Epigravettiano antico di Grotta delle Mura (Monopoli, Bari)

Gr.

!*

!* |=2u

!est

!est |=2u

Fam

!*

!* |=5u

!est

!est |= 5u!

||||||||||||||||||||||||
|
|||||||||!
B
1
|
39
B
1
39
||||||||||||||
||
|||||!
G
9
||||
25
G
9
25
||||||||||||||||||
T
-!
29
!
|!
Bc
-!
1
!
|||||||||||||||||||||||||||||||||!
PD
3
|
66
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||!
||||||||||||||||||||||||!
RAD
56 ||||||||||||
301
LD
6
|||
43
|||||||||||||||||||!
DT
8
|||||
33
|!
Gm
-!
3
!
||||||||||||||||| 126 |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
"
39
|!
|!
!
F
-!
3
F
-!
3
!
||||||||||||
P
2
|
21
|||||||||||||||||||||||||||||||||||!
L
7
|||
58
R
3
|
125 |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||!
||!!
SUB
12 ||
307
PLR
|
5
|!
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3
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D
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17
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E
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78
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665! !
78! !
665!
!
!
Tab. III - Distribuzione della struttura essenziale ed elementare all’interno dell’area delle celle I-M35 (*), e nelle celle esterne (est.)

strutturale che investe l’area delle celle I-L35, la
quale si traduce a livello tipologico nel netto incremento della famiglia dei RAD ed un impoverimento
del grado di eterogeneità della ricchezza tipologica,
strutturata essenzialmente su alcuni tipi prevalenti; un
aspetto che svanisce in gran parte osservando le strutture dell’area esterna ove si percepisce invece uno
sviluppo tipologico più generico, una ricchezza maggiore ed una distribuzione più ampia dei singoli tipi.
Se la prima analisi aveva portato ad una semplice
identificazione di alcuni cluster, i quali però non conservavano alcuna differenza strutturale e sembravano
accostarsi piuttosto che ad una conseguenza artificiale
della gestione dello spazio al corollario di una maggiore densità, dovuta all’estensione ed all’ispessimento della stratificazione; il secondo metodo ha
descritto invece un’alterazione della realtà distributiva più netta e di valore. Se interpretiamo l’evidenza
strutturale di un complesso litico come una composizione determinata da molteplici fattori antropici (Broglio 2005) allora nell’assetto tipologico dell’area
I-L35, sussiste un chiaro rapporto di funzionalità tra
attività svolte nel sito e tipologia dello strumentario,
il quale si riflette nelle strutture e nelle relazioni tra
le frequenze delle varie classi tipologiche (tab. III).
In questo particolare caso l’assenza d’equilibrio strutturale tra le due aree sembra da imputarsi in gran parte
ad una diversa frequenza dei RAD, molto più elevata
all’interno delle tre celle dell’area A, contrapposto ad
un aumento maggiore del substrato ed a seguire dei
bulini nel resto della distribuzione. È comunque all’interno della variazione strutturale impostata tra gli
erti differenziati ed il substrato che si descrive la
prima causa di eterogeneità tra le industrie. La ricchezza è l’altra variabile che subisce una netta variazione all’interno delle due strutture; la sua relazione
con l’omogeneità delinea una chiara povertà tipologica nei tre quadrati dell’area A, sviluppata essenzialmente su tre unici gruppi tipologici dei RAD e

dall’alto numero di frammenti generici di dorso, mentre per l’altro insieme litico l’omogeneità degli elementi acquista senz’altro ampiezza, formando una
struttura più omogenea, quindi più generica. CT
CONCLUSIONI
L’orizzonte archeologico comprendente l’insieme
delle unità stratigrafiche 62-75 e 142-144 è da
considerarsi come un aspetto culturale omogeneo
riferibile ad un Epigravettiano antico a crans. La
struttura tipologica si caratterizza per le frequenze
relativamente simili dei RAD (47,8%) e del substrato
(41,5) e per i valori più bassi dei bulini e dei grattatoi.
Ad un grado maggiore di dettaglio gli aspetti più
salienti possono essere così riassunti: bulini su ritocco
predominanti sulle forme semplici (Br/Bs 1,33),
tendenza all’equità all’interno dei grattatoi tra forme
lunghe e corte (Gfl/Gfc 11,07), rapporto B/G pari a
1,33, valore non troppo elevato dell’indice ristretto
delle troncature (IrT 7,4) e dei dorsi troncati (IrDT
13,1), frequenza dei crans molto bassa (IrCrans 2,5)
e rari pezzi foliati (3,21%).
Il quadro tipologico generale, nonostante alcune lievi
divergenze non si distacca molto da quanto fu già
pubblicato in una precedente nota da uno degli
scriventi (Calattini, Marconi 2003). Questi caratteri,
suffragati anche da una datazione radiocarbonica
(15.860 +/- 80 BP) paiono senza difficoltà inserirsi
all’interno dell’Epigravettiano antico. Se rapportiamo
la presente struttura tipologica con i dati provenienti
dagli orizzonti superiori riferibili all’Epigravettiano
finale (Calattini 2005), ben notiamo come vi siano
delle chiare discrepanze strutturali tra i due insiemi
litici. Il rapporto delle frequenze fra i bulini ed i
grattatoi si inverte (B/G 0,8-0,6-0,3), le forme corte
dei grattatoi si fanno molto più numerose (Gfl/Gfc 0,30,3-0,2), sono presenti i tipi circolari, l’indice ristretto

76

M. CALATTINI - L. MORABITO - C. TESSARO

Indici

Mura Ep.
Ant

Mura Ep. Mura Ep. Mura Ep.
Fin (12-23) Fin (3-11) Fin. (1-2)

G. Cip. 4

Pagl. 14

Pagl. 13 a Pagl. 13 b Pagl. 12

Bulini

5,2

6,5

4,5

3,5

11,8

9,17

4,7

5,96

3,43

Br/Bs

0,87

0,7

0,9

0,5

2,8

0,6

0,7

1

0,3

Grattatoi

4,6

8,2

7,8

10,6

3,2

5,7

5,9

6,5

7,6

Gfl/Gfc

0,61

0,3

0,3

0,2

0,5

3,6

2,1

3,1

2,1

B/G

1,12

0,8

0,6

0,3

3,7

1,6

0,8

0,9

0,45

IR Crans

2,5

-

-

-

8,1

7,5

4,6

3,6

2,01

Ir DT

13,1

14,6

15,6

12,5

8

8,7

8,7

8,5

13,7

RAD

47,6

40,3

48,7

49,3

34,24

56,6

62,5

64,0

61,5

Substrato

41,5

36,2

38,6

44,8

49,3

24,5

24

20,7

25,1

Tab.
! IV - Principali indici tipologici.

dei dorsi troncati tende ad aumentare, presenza dei
geometrici (IrGm 16,3-3,6-6,8) e si assiste al crollo
quantitativo del substrato (44,8%-38,6%-36,2%).
I confronti possono essere estesi ai contesti più o meno
coevi dell’area basso adriatico, come il Riparo delle
Cipolliane (Gambassini 1971), Taurisano (Laplace
1966) e Grotta Paglicci (str. 16-13) (Palma di Cesnola,
Bietti 1983) .
Stando ai dati della cronologia assoluta ed a quelli
paletnologici i siti salentini sarebbero relativi ad una
fase tarda dell’Epigravettiano antico a cavallo tra il
Dryas recente ed il Lascaux, mentre a Paglicci è
presente una sequenza suddivisa in più orizzonti
correlabile ad un momento iniziale della fase a cran
terminante con leggero anticipo rispetto ai primi due,
nel pieno dell’interstadio del Lascaux. La sequenza
di Paglicci rimane comunque la più completa seppure
non sufficentemente estesa per l’intero periodo in
analisi. I dati tipologici principali si possono così
riassumere: frequenza dei bulini e dei grattatoi
piuttosto alte, rapporto B/G sempre maggiore all’unità,
predominio delle forme lunghe dei grattoi, valori del
substrato piuttosto bassi, frequenza dei dorsi troncati
ridotta ed indice ristretto dei cran con valori medi che
tendono a diminuire verso i livelli più tardi. La
divergenza maggiore con il sito garganico è legata
prevalentemente alla struttura essenziale, per un
aspetto quantitativo ridotto del substrato, contrapposto
alla maggiore incidenza dei RAD. Altre convergenze
strutturali sono indentificabili pure con il sito salentino
del Riparo delle Cipolliane (str. 4), il quale possiede
una struttura essenziale quasi sovrapponibile, unica
differenza un incremento non molto maggiore dei
bulini, ma un valore dell’indice ristretto dei crans un
poco più spiccato e laminarità dei grattatoi piuttosto
ridotta. Ci asteniamo al momento da un confronto di
dettaglio con Taurisiano causa le spiccate divergenze
tipologiche che marcano le frequenze di alcuni gruppi
tipologici, relative in particolare modo all’elevato
indice ristretto degli strumenti a cran. Se condideriamo
come aspetto paletnologico generale il degradare
dell’indice ristretto dei cran come un carattere
dell’evoluzione dell’ Epigravettiano antico allora

Grotta delle Mura ne rappresenta uno stadio
certamente tardo. La datazione al radiocarbonio è
perfettamente coerente (15,860 +/- 80), così com’è
quella relativa allo strato 3 (Epigravettiano evoluto)
delle Cipolliane (livello direttamente sovrapposto allo
strato 4), con valori che oscillano tra i 15.300 ed i
15.000 B.P. Se ai dati paletnologici affianchiamo
l’informazioni paleoambientali, la possibilità di una
fase recente, contemporanea o addirittura di poco
successiva dello strato 4 delle Cipolliane si concretizza.
I dati antracologici e faunistici documentano a Grotta
delle Mura un’oscillazione climatica verso un clima
freddo arido, con vegetazione formata da conifere e
prevalenza degli equidi (60%) sul bove (20%). Aspetti
presenti appunto anche nel giacimento salentino.
L’aspetto paletnologico compreso nei livelli di Grotta
delle Mura si delinea in un arco cronologico molto
ristretto, relativo agli inizi del Dryas I, una fase oramai
terminale della cultura dell’Epigravettiano antico,
dove si manifesta un calo degli strumenti con cran, a
favore di un’altra tipologia di strumentario, predispondendo in parte l’evoluzione strutturale della fase
successiva evoluta/finale che vede all’interno della
famiglia degli erti differenziati il forte incremento dei
dorsi troncati e delle punte/lame a dorso, geometrici,
e dei grattatoi, in particolare delle forme frontali corte
e circolari sui bulini, nonche della scomparsa dei pochi
strumenti confezionati attraverso del ritocco piatto; in
generale di molti di quegli aspetti che legano le
industrie litiche tardiglaciali alla cultura gravettiana
(Tab. IV).
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