Istruzioni della Direzione centrale del

ISTRUZIONI DELLA

DIREZIONE CENTRALE DEL CENSO

AI GEOMETRI

REALIZZAZIONE E STAMPA Grafiche Antiga spa Crocetta del Montello (TV)

© 2011 Officina Topografica Arzignano (Vicenza)

ISBN 978-88-907119-0-9

ISTRUZIONI DELLA

DIREZIONE CENTRALE DEL CENSO

AI GEOMETRI

INCARICATI DELLA MISURA DEI TERRENI E FORMAZIONE DELLE MAPPE E DEI SOMMARIONI,

IN ESECUZIONE DEL R. DECRETO 13 APRILE 1807

Ristampa anastatica dell’edizione 1811

a cura di Mario Repele, Massimo Rossi ed Eurigio Tonetti

Scegliere, a duecento anni dalla pubblicazione, la rilettura delle “Istruzioni della Direzione Centrale del Censo ai geometri incaricati della misura dei terreni e formazione delle mappe e dei sommarioni, in esecuzione del reale decreto 13 aprile 1807” è la proposta di approfondimento con cui Officina Topografica vuole ampliare il proprio impegno, finora limitato agli in- teressi dei geometri vicentini impegnati nel campo della to- pografia catastale, riordinando e riproponendo quanto negli anni il Collegio dei Geometri e Geometri Laureati di Vicenza

ha già realizzato in tal senso. Per quanto ci riguarda tutto nasce, come spesso avviene, da una ricerca e dal caso. La prima voleva dare significato ad alcune note poste a ridosso delle linee di confine nei fogli delle mappe d’impianto attua- li. Il caso ha voluto che, lungo questo percorso, sia avvenuto l’incontro con Massimo Rossi ed Eurigio Tonetti e come, da una curiosità da soddisfare, abbia preso avvio qualcosa di più preciso: la ricognizione di un testo importante per rico- struire un succedersi di vicende attraverso cui una figura, quella del geometra, trova la sua precisa definizione, dan- do il giusto riconoscimento all’opera, spesso dimenticata, di chi percorrendo le terre venete e lombarde ha dato il via a una fiscalità moderna capace di superare i limiti vistosi di quella d’antico regime, ponendo le basi da cui si è formata, agli inizi dell’unità d’Italia, l’organizzazione catastale oggi operante.

Quando abbiamo deciso di chiamarci Officina Topografica era- vamo all’oscuro che già a fine Settecento questo era stato adot- tato dal padovano Rizzi Zannoni per descrivere la struttura tecnica, da lui diretta, impegnata nella redazione della carto- grafia del Regno delle Due Sicilie. Il nostro è sicuramente un impegno meno ambizioso, volto ora al recupero di tutte quelle forme di cartografia e topografia antica presenti negli archivi esistenti nelle nostre terre grazie alla straordinaria produzione avvenuta nei secoli; patrimonio che attende ora di essere letto non solo dagli storici di mestiere ma anche da chi, in effetti, ne può essere ancora l’utente finale. È un lascito del passato che meglio ci può far rispondere alle domande del presente, una memoria di competenze, gesti e usi, che deve essere sempre più parte integrante della nostra biblioteca. La padronanza

e la conoscenza degli strumenti più moderni siano questi le norme, la documentazione e le metodologie di misura, non sarà mai sufficiente per considerarci professionisti compiuti se a queste non si avrà il coraggio e la capacità di affiancare un sapere che affermi la nostra piena titolarità in questo campo. Questo è quanto le Istruzioni ci trasmettono e qui, ogni giorno, torniamo a “travagliare in campagna e al tavolo”.

Mario Repele per Officina Topografica 1

1. Sotto il cappello di Officina Topografica trovano riparo le passioni che accumunano un gruppo di colleghi sul lavoro ed amici negli interessi. Questa prima pubblicazione non sarebbe stato possibile senza gli efficaci appunti, le giuste critiche e i benefici stimoli di Carlo Carraro, Luca Mu- raro e Federico Sinico a cui vanno i miei personali e sinceri ringraziamenti.

SOMMARIO

Memoria/Biblioteca. Le Istruzioni lette duecento anni dopo Mario Repele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Il nume dei geometri censuari Massimo Rossi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

Le Istruzioni per i geometri e le operazioni in campagna Eurigio Tonetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Il processo catastale. Cronologia

a cura di Massimo Rossi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 Nota al testo

a cura di Eurigio Tonetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 Il decreto napoleonico 13 aprile 1807

e le “Regole” annesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 Istruzioni della Direzione Centrale

del Censo ai geometri - ristampa anastatica . . . . . . . . . . . . . 105

MEMORIA/BIBLIOTECA. LE ISTRUZIONI LETTE DUECENTO ANNI DOPO

Mario Repele

A Uberto, Geometra da sessant’anni, padre affettuoso nella vita

e maestro nel lavoro

Lo sviluppo che la figura del topografo ha vissuto, per co- noscenze e competenze, rincorrendo un sempre più stretto connubio tra quantità dei dati trattati e qualità dei risultati ottenuti, ha prodotto, come effetto non secondario, il conti- nuo aumentare della massiccia documentazione disponibile. Documenti che non esauriscono la propria funzione al mo- mento dello specifico utilizzo per cui sono stati realizzati, ma costituiscono il punto di partenza per ogni successiva opera di aggiornamento. Conoscere i principi di formazione e il suc- cedersi degli stati intermedi si dimostra, giorno dopo giorno, sempre più indispensabile per chi intende impegnarsi in que- sto campo. Quante volte ci siamo sentiti impotenti nell’indivi- duare le giuste informazioni per proseguire nel nostro lavoro? Quante volte le interpretazioni date si sono dimostrate incom- plete solo perché non abbiamo saputo dare il giusto tempo alla ricerca e alla lettura dei documenti utilizzabili? Parte di questa incompiutezza si può ricercare anche nel per- corso di studio seguito e di come, il più delle volte, la scuola non sappia fornire gli strumenti per affrontare la lettura e la comprensione del passato lasciando il tecnico unico interprete di un metodo di ricerca fai da te. È inevitabile, senza la memo- ria costudita della storia, trovarsi inadeguati nelle risposte e vanificare ogni sforzo, perché la ricerca non ha saputo conclu- dere il proprio compito. Queste pagine non hanno la pretesa di colmare questa lacuna, né affrontano una ricerca archivi- stica troppo ampia, vogliono invece raccogliere e ordinare al-

10 cuni spunti di riflessione per contribuire allo sviluppo di un

pensiero che trovi, in un nuovo “rinascimento” d’interessi, i fondamentali per riprendere consuetudine con questo com- plesso di memorie. L’invito è rivolto a tutti: ai più giovani, che potranno in questo trovare diverse opportunità di crescita e ai meno giovani che ponendo a disposizione il proprio sapere, senza il velo d’inopportune gelosie, potranno assicurarne la giusta continuità. Essere topografo, anzi un topografo catastale, significa acqui- sire la padronanza di molteplici conoscenze e tra queste quel- la del passato non è minore rispetto alle altre, per quanto può trasmettere. Parallelamente, nel caso dei sistemi topografici catastali come oggi sono intesi, il percorso da riscoprire non è molto lungo e il contenuto delle Istruzioni ci sarà familiare perché qui ha preso avvio la storia moderna della nostra pro- fessione, spinta in questo senso da un nuovo illuminato inten- dere. Napoleone Bonaparte, durante il cui regno sono state emanate queste istruzioni, nel discorso tenuto in occasione della propria incoronazione a Re d’Italia, ne fa espresso rife- rimento: “Il cadastro esistente è pieno di imperfezioni che si manifestano tutti i giorni. Per recarvi rimedio vincerò quegli ostacoli che oppone a siffatte operazioni molto più l’interesse personale, che non la natura delle cose. Non dispero per altro di giungere a dei risultati tali che facciano evitare l’inconve- niente di accrescere un’imposta fino a quel punto a cui deve arrivare”. Prende avvio da queste parole una diversa e moderna filo- sofia, che individua nello strumento cartografico, geometrico

e particellare, i fondamenti della propria efficacia e soprav- vivenza. Ma, come meglio racconteranno Rossi e Tonetti nei loro contributi, per raggiungere questo obbiettivo non bastò solo misurare e tracciare su carta l’intero territorio ma, anche, definire gli strumenti indispensabili affinché l’operazione censuaria avesse carattere universale; fu quindi necessario, comune per comune, raccogliere e studiare le condizioni ge- nerali ambientali, le pratiche agricole per le colture più in uso, le tipologie dei contratti agrari, i sistemi di misura e gli usi

11 mercantili riunendo il tutto nelle Nozioni generali territoriali e

Nozioni agrarie di dettaglio 1 . Indicazioni ancora tutte disponibili

e in parte inesplorate, il cui studio, messo in relazione con la padronanza dello strumento cartografico, potrebbe d’un trat- to dimostrarsi non solo irrinunciabile mezzo di conoscenza ma, anche, opportunità da non escludere dai nostri obiettivi professionali. Per riannodare i legami tra i rami di questo sapere la lettura delle Istruzioni (essenziale guida operativa fin dalle dimensio- ni fisiche del volume, mantenute in questa edizione), in cui ri- troviamo tutti gli aspetti che meglio identificano il geometra/ topografo, si rivela, pagina dopo pagina, indispensabile. Per quanto il progredire delle tecnologie abbia consentito a que- sta professione il fine ultimo non è mai cambiato: osservare un territorio, raccogliere, interpretandoli, i segni impressi dal tempo e dall’opera dell’uomo, misurare e trascrivere, con un segno sulla carta e un’annotazione sul registro, ogni luogo. Negli ultimi tempi abbiamo invece tutti forse commesso l’er- rore di affidare in via esclusiva alla tecnologia il compito di dare le risposte a ogni nostro interrogativo, convincendoci che ogni risultato ottenuto sia per questo, e solo per questo, corretto e indiscutibile. Ma la realtà è diversa e la capacità di lavorare con numeri, formule e simboli non deve farci sentire titolari di un sapere riservato a pochi, i cui riti, più sono oscu- ri, più conferiscono prestigio. È invece fondamentale essere consapevoli di quanto il credito di fiducia riposto nelle nostre azioni possa trovare conferma quanto più le stesse saranno fruibili da una platea sempre più ampia. Riconsiderare i risul- tati, porre in discussione le proprie convinzioni, non è segno di debolezza, semmai di forza, di capacità di analisi e di co- raggio: all’opposto del cannocchiale ci deve sempre essere un tecnico preparato, capace di correggere e rettificare la mira su quanto osservato. Se tutto ciò non avverrà il pericolo di tra-

1. Nel vicentino furono necessarie tre campagne censuarie, compiute tra il 1826 ed il 1828, per completare l’opera che coinvolse 262 comuni censu- ari. Nelle zone in cui erano piantati, considerata la particolare redditività, fu necessario un censimento dei gelsi e degli ulivi.

12 sformare il geometra/topografo in altro da ciò che dovrebbe

essere sarà ineludibile. La topografia è la descrizione di un territorio condivisa con la convinzione che non sarà mai rea- lizzata la cartografia perfetta. Non esiste migliore ed esaustiva rappresentazione del territorio che non sia il territorio stes- so; ogni documento topo-cartografico deve saper convivere con questa realtà e tentare di rappresentare al meglio ciò che è richiesto conoscere, il tecnico, in una lettura la più corretta possibile, ne deve essere, aiutato dalla propria preparazione, l’attento meditatore. Chi voglia adottare questo intendere non deve limitarsi ad attraversare il territorio, ma interpretarlo in ogni aspetto. Si- gnificando ciò come ogni campagna di rilievo, ogni indagine, non debba limitarsi a una superficiale descrizione ma saperne cogliere ogni aspetto in una raccolta d’indizi che, solo se com- pleta, ordinata e interpretata, può assicurare le giuste rispo- ste. Considerare l’andamento delle coltivazioni, la presenza di opere idrauliche, le evidenze di un’erosione o le linee di frat- tura del terreno, la toponomastica annotata sui fogli di map- pa o tramessa oralmente da chi quei luoghi li vive, sono tutti elementi essenziali per comprendere le trasformazioni subite dall’ambiente. Dobbiamo solo farlo più spesso, sempre, con il coraggio della curiosità che non ci può mai mancare. Essere in relazione con il passato è quindi fondamentale nel proseguire in ciò: oggi, diversamente da chi ci ha precedu- to, non si è più i realizzatori di un nuovo, ma i manutentori di quanto già prodotto. Funzione importante perché, diver- samente dalla cartografia catastale attuale, non più capace di conservare i segni del passato, anche il più immediato, né pro- pensa a farlo, quella di ieri, realizzata, in parte, su queste Istru- zioni, è un grande foglio di carta assorbente che, trattenendo tutto quanto si è sovrapposto, ne può raccontare il percorso. Conoscere gli strumenti per avere confidenza con quanto ne

ha guidato la formazione è il primo passo da compiere; è que- sto il contributo di questa lettura, nella convinzione che ciò non esaurisca la propria sostanza nella topografia, ma sia il necessario strumento, fin dalla più semplice pianificazione

13 territoriale, l’analisi e la ricomposizione di realtà sociali ed

economiche disperse, il recupero di un edificio minore che può non avere segnato la storia. E chi, meglio di chi ha contri- buito alla realizzazione di questi strumenti, il geometra/topo- grafo, può assicurarne la cura sapiente e, perché no, amorosa? La nostra professione non può, coscientemente, rinunciare a questo; chi vorrà e saprà utilizzare tutti gli avvenimenti che ne hanno scritto la storia avrà a disposizione i mezzi per dare al proprio impegno la possibilità di essere una buona opera tecnica. All’interno delle Istruzioni si rinveniranno a fatica riferimenti alla metodologia del rilievo: l’organizzazione dei tecnici di- scende direttamente da altre già collaudate e l’uso degli stru- menti di misura, la tavola pretoriana, è consolidato da tem- po, mentre grande attenzione è riservata agli aspetti, grafici

e testuali, per redigere una documentazione precisa e pronta

a raccogliere ogni mutamento. Chi ha potuto addentrarsi nel- la storia della Topographisch-geometrische Kriegskarte von dem Herzogtum Venedig 2 , di poco precedente alle Istruzioni, accom- pagnato dagli studi di Massimo Rossi, non può evitare di ri- trovarvi, sebbene le finalità siano evidentemente diverse, lo stesso rigore, le medesime qualità e quantità di nozioni. Qui la struttura dell’organizzazione militare e la programmazio- ne assumono valore assoluto, la scelta delle rappresentazio- ni e la scala adottata sono diverse da quelle a noi famigliari, la carta è un risultato topografico-geometrico (la diversità è sostanziale: il primo termine assicura la precisione geodeti-

ca, nel secondo assume valore la descrizione dei particolari) a uso militare, ma il territorio da rilevare rimane lo stesso nella morfologia, negli impedimenti, nella sostanza. Rossi ricorda un’affermazione di Karl von Clausewitz secondo il quale “tra una cartografia e il suo lettore s’instaura una relazione empa- tica capace di favorire la costruzione di un’immagine interiore

2. Massimo Rossi (a cura di), Kriegskarte von Zach 1798-1805. Carta del Ducato di Venezia, Fondazione Benetton Studi Ricerche, Grafiche V. Ber- nardi, Pieve di Soligo 2005.

14 del territorio, per cogliere il senso del luogo”. Una descrizione

dettata da un uomo di guerra, che però fissa, non solo il senso del luogo, ma anche quello di una missione a noi ben nota. Un metodo, quello descritto nelle Istruzioni, che non possia- mo ritenere sia sempre stato adottato in eguale misura. Gli esempi non mancano e in qualche caso, la rappresentazione di alcuni interni di edifici e la disposizione dei giardini di ville

e palazzi, espressamente vietate, pena il mancato pagamen- to, appaiono più come licenze concesse a cartografi legati a una scuola di antico regime, che la disattesa osservanza delle norme prescritte. Licenza cui anche il soldato von Zach, come

ricorda ancora Rossi in L’Officina della Kriegskarte 3 , non seppe rinunciare individuando un edificio con il toponimo “Chimi- neli” in omaggio alla casa di Vincenzo Chiminello, astronomo vicentino responsabile dell’Osservatorio di Padova, artefice della determinazione del meridiano ivi passante e base di ogni altra successiva misura. Quando questo non è avvenuto, l’uniforme qualità degli ela- borati deve farci comprendere come il geometra sia riuscito, ricercando le soluzioni migliori, a mediare e ricondurre tutto entro i limiti fissati dalle norme. Questa è la caratteristica che meglio fa intendere cosa sia, o a cosa dovrebbe tendere ad es- sere, un buon geometra: artigiano nel proprio lavoro. Il geometra/topografo è sempre stato, fin dall’inizio, l’ar- tigiano del proprio sapere, capace di progettarsi e costruir- si in bottega gli strumenti del proprio lavorare, adattandosi alla realtà, perfezionando le tecniche e i metodi, mantenendo inalterata la qualità. Bottega artigiana, anche se preferisco la più attenta menzione di studio artigiano, perché è qui, e non in altro luogo, che la precisione e l’attenzione dei particolari possono trovare l’ambiente e le abilità necessarie perché ciò maturi. È in questo ambiente che si trova il terreno più fertile per dar modo alle energie di svilupparsi, trovando prospetti-

3. Massimo Rossi, L’officina della Kriegskarte. Cartografie degli Stati veneti dalle campagne d’Italia al trattato di Presburgo (1796-1805), Fondazione Benet- ton Studi Ricerche-Grafiche V. Bernardi, Pieve di Soligo 2007.

15 ve sempre nuove, lungo il solco di una tradizione. Di questo,

nel nostro campo, è andato smarrito il significato, giungendo alla convinzione che ogni documento oggi utilizzato sia il pro- dotto di una tecnica comunque possibile anche senza l’impe- gno del geometra e negando, come la lettura delle Istruzioni invece dimostrerà, come tutto sia la naturale eredità di chi ci

ha preceduto, e quanto sia storia e fondamento della nostra professione. Rivalutare questo lascito e la lungimiranza delle organizza- zioni (la francese, l’austriaca e l’italiana) capaci di dare con- tinuità alle operazioni di misura, proseguendo l’azione con la stessa organizzazione, gli stessi organici, le stesse regole, sovrapponendo i risultati in un unico progetto, può farci com- prendere come sia improduttivo, se non nocivo, escludere il passato dalle nostre conoscenze e dalle opportunità che si vogliono riservare al progresso della nostra professione. Nel dare attenzione a quanto le Istruzioni ci trasmettono si può tornare all’ascolto di quanto il territorio, sia questo uno spazio libero o una città, può narrare solo vi si voglia accordare un po’ di attenzione. Prestando cura al passato, le possibilità per recuperarne la memoria saranno maggiori e questo aiuterà

a comprenderne più compiutamente la sostanza, fornendo i mezzi senza i quali ogni sua interpretazione non può avere il successo sperato. Perché questo avvenga è opportuno rior- dinare ogni vincolo storico, evitando il pericolo di utilizzare ogni singola informazione disgiunta dal complesso di norme

e operazioni che ne hanno consentito la genesi. Tutti abbiamo conoscenza delle mappe d’impianto del vigen- te catasto, ma dimentichiamo spesso come queste sono state realizzate. Nell’ovest vicentino, zona da cui si scrive, le opera- zioni annotano un inizio nel maggio 1893 e un collaudo defi- nitivo nello stesso mese dell’anno successivo. Lo stato di posa in conservazione avviene all’incirca nel 1936. In questo non breve intervallo è utilizzato ancora lo strumento precedente o, nei migliori dei casi, le due strutture catastali, l’austriaca

e l’italiana, agiscono affiancate confermando come una sia la prosecuzione della precedente.

16 Continuità che ritroviamo in Angelo Messedaglia, (Villafran-

ca Veronese 1820 - Roma 1901), e nella legge 1 marzo 1886, che porta il suo nome e da cui prende avvio la formazione del catasto unitario, geometrico particellare. È evidente come e quanto abbia influito, nello sviluppo della formazione cultu- rale del Messedaglia, la naturale familiarità, per comune ori- gine storica e geografica, con queste Istruzioni e con i principi del catasto austriaco tanto da salvaguardarle, speculativa- mente e intelligentemente, utilizzandone gli aspetti migliori perché ritenuti moderni, razionali e utili. Luigi Einaudi, ri- cordando la discussione parlamentare avvenuta in occasione dell’approvazione di questa legge, pose giustamente l’accento su come questa s’ispirasse al pensiero dei “sapienti economi- sti settecenteschi” e quindi, di riflesso, al catasto delle nostre Istruzioni. Il corretto utilizzo dello stadio finale di tutto ciò, il nostro stru- mento di lavoro, non può avvenire senza considerare queste premesse e queste conoscenze. La cartografia d’impianto è la matrice su cui si è sviluppata quella di visura, proponendo in alcuni casi in toto quanto realizzato durante la dominazione austriaca, la sovrapposizione, anche fisica, dei fogli dimostra, ancor più, quanto esista una continuità mai interrotta, anche negli aspetti minori, tra un documento e l’altro. A conferma dell’esattezza delle informazioni allora riportate, alcune cam- pagne di studio condotte alla ricerca sul terreno di particola- ri ormai presenti solo nei fogli d’impianto: utilizzando in ciò la cartografia austriaca, porzioni di territorio profondamente trasformate hanno comunque restituito impronte inequivoca- bilmente riconducibili al passato fin nel più piccolo particola- re rappresentabile alla scala utilizzata. Nelle Istruzioni tutto è considerato e normato fin negli aspet- ti meno importanti, per consentire al geometra di operare al meglio nel rilievo delle diverse realtà, svolgendo direttamente sul campo non solo le operazioni di rilievo e misura, com’è naturale, ma anche la trasposizione su carta di tutto quanto registrato, la raccolta dei dati da trasferire sui sommarioni, risolvendo le discordanze e i dubbi in un tentativo, allora av-

17 venuto, di costituire un catasto probatorio, poi non realizza-

to. È anche il racconto di un mestiere che non si può inizia- re se si disconosce il significato della fatica di un impegno. Il geometra di oggi deve riscoprire e riaffermare il senso del proprio lavoro pretendendo il riconoscimento della propria professionalità, in relazione ad una lunga tradizione storica. Il geometra misura, traccia, calcola, quantifica e classifica ogni porzione distinta del territorio. Quando saremo certi di avere percorso ogni linea e ogni curva e risolto ogni dubbio, solo allora potremo ritenere concluso il nostro lavoro nel migliore dei modi.

I ferri del mestiere, a distanza di anni, sono sempre gli stessi: solo l’antenna del gps ha sostituito la tavola pretoriana, ma le matite, le righe, i fogli e i metodi di calcolo sono di ieri, come di oggi, in una solida continuità. A questo punto ogni informazione raccolta, qualunque possa essere la sua natura, si dimostrerà fondamentale nel risolvere i quesiti, che sono la migliore palestra del nostro successo, perché impongono nella risposta una mente allenata. Senza dubbi e curiosità da soddisfare, non possiamo avere la pretesa e la sicurezza di in- crociare la giusta via di questo percorso; apprendere, con la mente e gli occhi, è una capacità che dobbiamo sentire sempre più indispensabile. Ascoltare il territorio prevedendo un qualsiasi intervento è un’esigenza sempre più necessaria al professionista e, tra questi, dimostrerà maggiore attenzione chi saprà raccogliere anche il racconto di chi vive quei luoghi. La storia e la leggen-

da si mescolano sempre in questi casi e gli indizi, che entram-

be possono trasmettere, sono i fondamentali mattoni della comprensione. Ascoltando i documenti del passato, più ricchi d’informazioni di quanto il presente trattiene, avremo modo di annotare segni e informazioni andate perdute, toponimi che, se conosciuti, ci forniranno spunti e risposte per ricer- che anche diverse. Potremo ricercare, aiutati questa volta dal connubio tra le carte del passato e le tecnologie più moderne, il tracciato di un’antica via, l’orma di una transumanza, ritro- vare e identificare un edificio da cui ha preso il via una storia.

18 Ed è alla cultura dell’ambiente che si può alla fine tornare per

ricordare a tutti noi come il nostro comportamento possa es- sere fondamentale nel ricostruire una memoria del paesaggio

e degli ambienti che accolgono le nostre misure. Una memoria che sia soprattutto consapevole dei valori da proteggere, del corretto approccio al rilievo nel rispetto di ogni retroterra. Il tutto tornando a essere geometri/topografi come lo eravamo in passato, indossando i comodi panni di una professione se- colare dall’importanza innegabile. Capaci di rilevare i segni del passato e tracciare gli sviluppi del presente costruendo gli strumenti per agevolare la conoscenza del territorio, per- ché, senza vergogna e con umiltà, abbiamo saputo indagarlo amando il nostro lavoro, senza nascondere le scarpe impol- verate alla fine della giornata, perché solo questo e il migliore testimone del nostro camminare. Allora saremo consapevoli del valore del nostro ” travagliare”.

19 Per tornare brevemente alle licenze adottate nella stesura del-

le mappe vogliamo riportare il particolare, posto in un Foglio d’Avviso conservato presso la Sezione di Archivio di Stato di

Bassano del Grappa, inserito alla base dell’ago indicatore 4 . L’originale, conosciuto grazie alle ricerche del professor An- gelo Chemin e di Lucia Marta Fiorita, ha un diametro di 11 mm e rappresenta sicuramente la faccia della Luna: la presen- za dell’evidente falce d’ombra aiuta, assieme alle note riporta- te sul foglio, a confermare l’osservazione nell’estate del 1810.

4. Sezione di Archivio di Stato di Bassano , Catasto napoleonico, map- pa d’avviso, comune censuario di Enego, 1810, particolare. Su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali – Sezione di Archivio di Stato di Bassano, atto n. 1 del 24/02/2012, prot. n. 717/28.13.07/1.

Fig. 1. B. Salomoni, G. B. Gagliardo, Treviso città centrale del Dipartimento Tagliamento, 1:1.000, 1811, originale in Archivio di Stato di Venezia. Par- ticolare del centro storico con in evidenza le architetture interne delle chiese e il parterre dei giardini. Su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali – Archivio di Stato di Venezia, atto n. 15/2012.

IL NUME DEI GEOMETRI CENSUARI

Massimo Rossi

La pubblicazione di questo libretto consente una interessante opportunità per riflettere su alcune questioni che emergono

ad una più attenta lettura. Ciò che apparentemente sembra solo un articolato elenco di istruzioni, di comportamenti da adottare per risolvere al meglio un compito di natura tecnica, in realtà si rivela un testo denso di sfaccettature per nulla ov- vie e in grado di aprire, a più riprese, sguardi su un mondo in rapido cambiamento, quello tra Ancien Régime e la stagione rivoluzionaria e napoleonica. L’edizione che qui proponiamo è quella del 1811, sostanzial- mente ripresa nel 1819, ma anticipata da una princeps nel 1810;

ed è proprio il confronto con quest’ultima ad attivare una ri- visitazione critica. Oltre all’evidente scarto cronologico di do- dici mesi - la prima pubblicata il 31 marzo 1810, la seconda il 1º aprile 1811 - l’anno trascorso riflette un intenso processo di revisione, visibile nella maggiore strutturazione ed enumera- zione dei paragrafi, in un loro incremento numerico, nonché in una diversa stesura delle “module” allegate. Vorrei iniziare la breve disamina proprio da una modula, quella che nel 1810 viene numerata “IV”, il Diario delle opera- zioni eseguite dal geometra censuario, e che nel 1811 assume l’identificativo “F”. Mentre nella princeps l’esempio - questo il senso delle module - appare come una sorta di prestampato rigido, da compilare con i dati corretti al posto dei puntini di sospensione: “Diario

22 delle operazioni eseguite dal sottoscritto Geometra N.N. […]

Mi recai la sera in …………… luogo della mia assegnazione […] Mi presentai alla Municipalità, che mi destinò l’alloggio in Casa ……………”; nella seconda edizione il tono si ammor- bidisce e diventa maggiormente colloquiale, meno algido e dunque più coinvolgente, presentandosi come una narrazio- ne di eventi, con nomi di luoghi e persone, al fine di rendere la lettura più partecipata. Sorprende allora che il compilatore della modula “F”, il geo- metra Giovanni Castoro (nome reale o di fantasia non impor- ta), nativo di Milano e domiciliato in Bergamo, il 4 maggio 1811, insieme al suo aiutante, si rechi a Bosisio (Lecco) e si presenti al sindaco del suddetto comune il quale gli destina l’alloggio “in casa del signor abate Giuseppe Parini” (p. 78). Il celebre letterato e abate lombardo, era nato a Bosisio il 23 maggio 1729, ma essendo deceduto a Milano nel 1799, non poteva ospitare il nostro geometra. Possiamo allora pensare all’utilizzo del nome di Parini per un altro scopo, magari per un fine eminentemente rievocativo delle virtù poetiche e civili dell’insigne letterato, una sorta di dotta citazione con il com- pito di richiamare alla memoria del lettore la fede pariniana nel progetto riformistico per l’utile dell’uomo, per la pubblica

e privata felicità, contro l’oppressione politica e religiosa, la

superstizione e il fanatismo 1 .

La metafora dell’accoglimento del geometra censuario nella casa del poeta illuminato, può dunque rappresentare un elo- quente e al contempo sommesso viatico con il quale inaugura- re la grandiosa operazione statale di revisione fiscale personi- ficata dall’umile e sistematico lavoro del geometra censuario

e, in seconda battuta, un simbolico accompagnamento della nuova edizione delle Istruzioni. Interpretare secondo questa ottica la pubblicazione di un lon- tano libretto destinato al lavoro di centinaia di anonimi tecni- ci significa porsi nella condizione di una rilettura dei minimi accadimenti della storia sociale secondo una modalità più at-

1. W. Binni, Settecento maggiore, Garzanti, Milano 1978, pp. 161-320.

23 tenta ai contesti e maggiormente propensa a destrutturarne le

convenzioni. Stesura e pubblicazione delle Istruzioni devono infatti essere contestualizzati in un più largo dibattito culturale che coinvol- se tecnici di differenti generazioni: quelli nati e formatisi sotto l’Ancien Régime e quelli appartenenti alla stagione rivoluziona- ria e napoleonica. Gli ingegneri des Ponts et Chaussées, del Ge- nio e gli Ingegneri Geografi, in una parola i tecnici delle armi dotte, approfondirono e ampliarono notevolmente nel corso delle guerre napoleoniche un importante dibattito teorico in seno alla natura delle rispettive discipline. Nel caso degli inge- gneri geografi venne edita una specifica rivista - Il “Mémorial

topographique et militaire” 2 - stampato a Parigi, presso il Dépôt

de la Guerre, in sette tomi dal 1802 al 1810, che rappresentò non solo un punto di riferimento unanimemente riconosciu- to in merito alla diffusione e al dibattito tecnico-scientifico sui temi propri delle armi savantes, ma altresì una risposta attiva alle grandi tensioni al contempo umanistiche e razionalistiche che attraversarono il tessuto sociale europeo contemporaneo. Anche durante la breve vita della Repubblica Italiana (1802- 1805) si ebbe la creazione di un “Giornale” in piena sintonia con il “Mémorial”, intimamente legato alla fondazione di un’Accademia Militare, la cui produzione fu di breve durata

(1802-1803), così come la vita dell’Accademia 3 . Nel quinto tomo del “Mémorial”, edito nel settembre 1803, venne pubblicato il Procès verbal des Conférences de la Commis-

2. “Giornale dell’Accademia Militare della Repubblica Italiana”, anno II, luglio-dicembre, pp. 221-227, Milano 1802, Biblioteca Universitaria di Bologna. Mémorial topographique et militaire, Dépôt de la Guerre, tomi I-VII, Paris 1802-1810, riedito da Piquet a Parigi in 2 voll. 1829-1831.

3. La produzione del “Giornale dell’Accademia della Repubblica ita- liana” consiste in tre tomi in ottavo, il primo comprendente i numeri di luglio-settembre 1802, il secondo quelli ottobre-dicembre 1802, mentre il terzo e ultimo del gennaio-giugno 1803, fu pubblicato nel successivo ago- sto, in concomitanza con le dimissioni del fondatore, il comandante di origine svedese Gustav Tibell. Il ritorno in patria di Tibell decretò anche la fine dell’Accademia che sopravvisse solo come biblioteca, almeno fino al 1805.

24 sion chargée par les différents services publics intéressés à la perfec-

tion de la Topographie, de simplifier et de rendre uniformes les signes et les conventions en usage dans les cartes, les Plans et les Dessins

topographiques 4 , che costituì un punto nevralgico di straordi- nario interesse in merito alla nuova concezione del disegno topografico. La portata scientifica e culturale del lavoro della “Commission” di esperti riunitasi a Parigi dal 15 settembre al

15 novembre del 1802 fu di grande importanza per la codifica- zione e l’affermazione della scienza topografica. L’esito dei lavori riguardò cinque temi: l’adozione del sistema metrico; l’adozione esclusiva dell’orientamento a Nord; l’a- dozione della quota a partire dal livello del mare; il rifiuto di mescolare tipologie di rappresentazione differenti (in piano e in prospettiva) e la conseguente adozione di un sistema di om- breggiature normalizzate in proiezione orizzontale (a eccezio- ne delle carte marine che avrebbero conservato la possibilità di mescolare rappresentazioni in piano e in prospettiva); la nor- malizzazione delle scritture con la proposta di sistemi di segni convenzionali adattati alla scala e ai bisogni degli utilizzatori. Anche se parte delle disposizioni della “Commission” rima- sero inattuate, il dibattito scientifico ebbe ricadute sulle nostre Istruzioni, la cui elaborazione teorica deve essere cronologica- mente anticipata almeno a partire dal 1807, epoca del decreto napoleonico e di soli quattro anni posteriore alla pubblicazio- ne del Procés verbal. Possiamo dunque trovare gli “effetti” nei vari paragrafi che prescrivono l’orientamento della mappa “in vera tramonta- na”, l’osservanza del sistema metrico e, implicitamente, l’ap- plicazione della proiezione orizzontale. Tuttavia nelle mappe

4. “Processo verbale delle riunioni della Commissione incaricata dei vari servizi pubblici interessati al perfezionamento della Topografia, alla semplificazione e uniformazione dei segni e delle convenzioni in uso nelle mappe, piante e disegni topografici”; cfr. M.A. Corvisier de Villèle, C. Bousquet-Bressolier, A la naissance de la cartographie moderne: la commission topographique de 1802, in Evolution et representation du paysage de 1750 a nos jours, Festival d’histoire de Montbrison, 28 septembre-6 octobre 1996, pp. 393-405.

25 catastali degli anni tra il 1810 e il 1814, si avverte talvolta una

modalità operativa non uniforme e in alcuni casi si coglie una sorta di quella che potremmo definire “resistenza culturale”

da parte di chi non rinunciò a pratiche lavorative legate a una necessità di maggiore cura dei dettagli. Certo, le norme codificarono una restituzione in scala degli og- getti geografici, naturali e artificiali, in giusta proporzione e a colori: “il rosso per la sola parte [degli edifici] che resta coperta

a tetto […] il verde per gli orti e giardini […] il color d’acqua per i laghi, i fiumi, i canali e simili […] in colore di fuliggine chiaro le strade nazionali, le comunali e le consorziali” (§54). Ma è nel confronto tra l’anagrafe dei tecnici e i loro esiti grafici che possiamo cogliere gli episodi di “resistenza”. Prendiamo

ad esempio la mappa catastale di Treviso redatta dagli ingegne- ri Bernardo Salomoni e Giovanni Battista Gagliardo nel 1811 5 . Il fascicolo d’archivio relativo a Salomoni riporta la sua no- mina a pubblico perito agrimensore il primo settembre 1795, secondo le disposizioni della Magistratura veneziana sopra i Beni Comunali e accenna alla sua formazione alla scuola del noto e apprezzato pubblico perito e notaio trevigiano Angelo Prati (1723-1809), culturalmente in sintonia con le convenzio-

ni grafiche Ancien Régime 6 . Salomoni nacque presumibilmente una ventina di anni prima della nomina ufficiale e lo ritrove- remo ancora attivo nel 1826, quando pubblicherà il secondo

stato della pianta a stampa di Treviso 7 .

L’elaborazione della mappa catastale impegnò Salomoni e

5. B. Salomoni, G. B. Gagliardo, Treviso città centrale del Dipartimento Tagliamento, disegno acquerellato, mm 1776 x 2382, ASV, Catasto, Mappe napoleoniche, 1066. Ministero per i beni culturali e ambientali - Archivio di Stato di Venezia, Catasto napoleonico. Mappa della città di Venezia, Venezia, Marsilio, 1988.

6. Archivio di Stato di Treviso, Prefettura, b. 2350, cc. n.n., fascicolo di “Bernardo Salomoni”, cfr M. Rossi, Atlante Trevigiano. Cartografie di città e territorio dal XV al XX secolo, Fondazione Benetton Studi Ricerche, Antiga, Treviso 2011, p. 36, nota 71.

7. B. Salomoni, Pianta della Regia Città di Treviso, acquaforte, mm 647 x 908, foglio sciolto, Treviso 1826; cfr. M. Rossi, Atlante Trevigiano, 2011, pp. 36-39; G. Netto, Le piante di Treviso dell’età napoleonica (1790-1826), Canova, Treviso 1975.

26 Gagliardo (tecnici necessariamente “foresti”, da Valdobbiade-

ne il primo, da Este il secondo) dal 6 maggio al 3 settembre del 1811 e, sulla scorta delle Istruzioni pubblicate nell’aprile precedente, i due procedettero al minuzioso lavoro, coadiu- vati dagli inservienti comunali. Ma contrariamente a quanto prescritto nel paragrafo 38 delle Istruzioni:

nelle mappe tanto delle città che dei villaggi il geometra ometterà di delineare le parti dell’interna architettura dei palazzi, delle chiese, dei teatri ed altri edifici 8

Salomoni e Gagliardo inserirono le architetture interne degli edifici religiosi e i parterres dei pochi giardini intra moenia 9 (fig. 1). La formazione culturale, così come abbiamo documentato dai curricula dei tecnici che nel novembre 1805 presentarono la domanda per esercitare la professione, non permise a Salo- moni di assecondare norme che gli avrebbero certamente con- sentito di risparmiare tempo e fatiche, a scapito tuttavia di un risultato culturalmente non condiviso. Le Istruzioni rappresentano già un deciso passo verso la “mo- dernità”, imbrigliata da regole e protocolli e l’opera del geo- metra da esse codificato non sarà mai più quella di un perito Ancien Régime. Nessuna convenzione sociale o committenza ri- chiederà di personalizzare con abbellimenti fuori tempo l’ope- ra grafica, ombreggiando edifici e oggetti naturali in prospet-

8. Ivi, paragrafo 38, p. 12. 9. Quest’ultima disposizione, che fa esplicito riferimento ad una pre- cedente del 20 aprile 1808, recita: “Il geometra non è obbligato a levare, o disegnare nella sua pianta i dettagli dei archi e giardini circondati da siepi, muri, o fossi. Sotto la denominazione di dettaglj di luoghi di piacere, si in- tendono i parterres, o ajole a spartimenti, i terreni coperti di piante, le terre

a verdure, le viottole fatte con ghiaja, i fossi, i boschetti, le grotte, i ruscelli artificiali, i ponti ed altri oggetti di abbellimento; ma si debbono distingue- re le fabbriche di abitazione, o rurali, che vi esistono”, è contenuta nella Raccolta metodica delle leggi decreti regolamenti istruzioni e decisioni concernenti il catasto della Francia adottata per la formazione dl catasto dei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla, tipografia Bettoni e figli, Portogruaro 1831, pp. 49-50; vedi anche M. Rossi, Il topografo in giardino, «Silis. Annali di civiltà dell’ac- qua», 2-3, 2002, p. 27.

Fig. 2. Geometri censuari, Mappa catastale di Treviso, 1:1.000, 1841, origina- le in Archivio di Stato di Treviso. Su concessione del Ministero per i beni

e le attività culturali – Archivio di Stato di Treviso, atto n. 4/2012.

tiva con luce da ponente, poiché il tecnico diverrà un pubblico ufficiale (“Il geometra dovrà esattamente eseguire quanto re- sta generalmente ordinato di sopra, e quanto viene partico- larmente ingiunto nelle seguenti istruzioni”, paragrafo 119) e “terminata la mappa” dovrà consegnarla all’ispettore riceven- do “dal medesimo un’altra destinazione” (paragrafo 165). Le successive mappe del Censo stabile attivato, meglio cono- sciuto come “Catasto austriaco”, mostreranno l’avvenuta nor- malizzazione perché apparterranno ad una nuova generazio- ne di tecnici. Nell’esempio di Treviso, datato 1841, è evidente sia la trascrizione maggiormente semplificata degli oggetti sia una visione più standardizzata (perdita di colori, nessuna ar-

Fig. 3. Agenzia del territorio, Ufficio provinciale di Treviso, Mappa cata- stale di Treviso, 1:1.000, 2006.

chitettura interna degli edifici, nessun parterre). Verrà dunque meno la personale trascrizione degli oggetti e scomparirà la firma in calce al disegno, segno autoreferenziale testimone di una visione soggettiva, poiché la responsabilità del geometra sarà assorbita dall’ente - la Direzione del Censo - che avocherà

a sé ogni diritto sul suo lavoro (fig. 2) 10 . Ma allo stesso tempo le Istruzioni contengono le ultime trac-

ce di presenza individuale. Ovviamente non ci riferiamo alle

10. Nella fig. 3 un particolare dell’attuale mappa catastale di Treviso, a dimostrazione dell’inarrestabile processo di sterilizzazione dell’immagine cartografica.

29 abilità e capacità tecniche per lungo tempo ancora totalmente

manuali e decisive per la realizzazione degli elaborati, ma agli aspetti “letterari” per poco tempo ancora parti integranti del lavoro in campagna e che accompagnarono per secoli, sotto forma di relazioni, diari e descrizioni, gli elaborati grafici. L’o- pera di revisione/aggiornamento delle mappe dei geometri del Censo stabile non prevederà la compilazione di diari, nes- suna modula “F” conterrà la narrazione seppur succinta delle giornate di lavoro e si perderà memoria di luoghi e persone anche marginalmente citati. È per questo che l’evocazione fuori tempo della casa e della persona dell’abate Giuseppe Parini non deve apparire né un accidentale caso di omonimia, né un vezzo o peggio una in- consapevole citazione, ma dovrebbe essere colta come un ul- timo segno di resistenza culturale contro il corso inarrestabile degli eventi. Ricordiamo che nella prima stesura del 1810 il riferimento non compare, e ci piace pensare a un apparente- mente distratto ma consapevole suggerimento da parte di un “geometra umanista”, conscio di affidare a un degno nume tutelare la defatigante utopia di mettere in pianta e descrivere tutti gli oggetti del mondo.

LE ISTRUZIONI PER I GEOMETRI E LE OPERAZIONI IN CAMPAGNA

Eurigio Tonetti

L’operazione catastale che Napoleone aveva avviato nel Re- gno d’Italia con il decreto sulle finanze per il 1807, sottoscritto

il 12 gennaio 1807 1 nel remoto “quartier generale imperiale di Varsavia”, dovette ben presto rivelarsi ai sudditi come gran- diosa, se non addirittura ciclopica. Erano bastati sette articoli, 174 parole in tutto, compresa la rubrica, per mettere in moto la macchina che avrebbe per la prima volta consegnato a va- ste regioni della penisola, tra le quali il Veneto, un catasto di tipo moderno. In capo a soli tre mesi, il 13 aprile successivo, il figliastro Eugenio, viceré d’Italia, tracciava in un proprio de-

creto 2 le linee essenziali dell’impresa. Ai nove succinti articoli di questo secondo provvedimento si trovavano annesse delle “Regole da osservarsi generalmente per la misura de’ terre- ni, formazione delle mappe e de’ sommarioni”, 40 articoli per complessive otto pagine del Bollettino delle leggi, in due ca- pitoli, destinati rispettivamente alla “misura de’ terreni e […] formazione delle mappe” (26 articoli) e alla “formazione del

sommarione” (i restanti 14) 3 .

Queste “Regole” rappresentano la prima versione, in forma ridotta e grezza, delle future, e ben più complete ed elaborate,

1. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia (d’ora in avanti = Bollettino), Mi- lano, dalla Reale Stamperia, 1807, pp. 25-34. 2. Ibidem, pp. 193-205. 3. Il decreto 13 aprile 1807 e le “Regole” annesse sono ripubblicate in

questo stesso volume alle pp. 87-101.

32 Istruzioni per i geometri, edite nel 1810 e poi ancora, ulterior-

mente perfezionate e integrate, nel 1811, nel testo definitivo che viene qui riproposto, a due secoli esatti di distanza. Espressione di un’amministrazione dalla spiccata vocazione verticistica, abituata a pretendere sollecita e puntuale esecuzio- ne degli ordini impartiti dall’alto e diramati lungo la pirami-

de gerarchica, il complesso delle Istruzioni doveva normare in modo uniforme e universalmente valido una materia complessa

e irta di difficoltà, per lo più derivanti dalle diffuse particolarità locali. Si trattava di realizzare, infatti, un “catastro generale del Regno”, un regno frutto dell’annessione di territori con storie, ordinamenti giuridici, amministrativi e fiscali i più disparati. Ma si trattava anche di irreggimentare un vero e proprio eserci- to di operatori censuari: a cominciare dagli ingegneri ispettori

a capo degli uffici dipartimentali (ossia provinciali), arrivando fino all’ultimo degli “inservienti alla misura” o “canneggiato- ri”, passando per i geometri (veri artefici dell’impresa) e i loro aiutanti e per gli assistenti e indicatori comunali. Tecnici che non solo s’erano formati in scuole diverse, ma, soprattutto, che avevano appreso il mestiere di misurare e rappresentare assieme a quello di abbellire, come due aspetti inseparabili di un unico sapere, e per i quali, dunque, il disegno di un terre- no o di un edificio, come la realizzazione di un “catastico”, non costituiva solo e squisitamente un’operazione di natura geometrica, rispondente alle regole impersonali di esattezza matematica, ma anche, sia pure forse non prevalentemente, occasione di sfoggio della propria abilità artistica nel colorare la mappa con sapiente scelta e accostamento di colori, nell’ab- bellirla con cornici elaborate, nell’inserirvi legende, rose dei venti e linee d’orientamento al meridiano terrestre entro raf- figurazioni fantasiose, bizzarre, spesso produzioni figurative raffinatissime. Uomini che avrebbero manifestato una sorta di resistenza culturale verso nuovi modi di lavorare, imposti

dall’alto e tanto diversi da quelli appresi negli anni giovanili 4 .

4. Vedi, in questo stesso volume, il saggio di Massimo Rossi, Il nume dei geometri censuari.

33 Non ci stupisce più che tanto, perciò, se di un giardino li ve-

diamo disegnare e colorare nella mappa catastale fin l’ordito delle aiuole, in palese violazione del regolamento, che impo- neva una semplice passata d’inchiostro verde; o se scopriamo che, nello stupefacente e maestoso ambiente naturale del Can- siglio, non lasciarono la loro mappa semplicemente bianca, ma la coprirono col disegno di migliaia di alberi, quasi a voler

rendere l’osservatore partecipe delle loro emozioni 5 . L’impianto di un catasto moderno comporta essenzialmente due operazioni, nell’ordine: la misura e la stima. La misura comprende il rilievo sistematico del territorio secondo un cri- terio geometrico-particellare e la sua trasposizione in mappe

a scala ampia, con il contestuale accertamento dei possessori degli appezzamenti di terreno e degli edifici. Quest’ultime informazioni confluivano in un sommarione descrittivo della mappa, contenente i riferimenti al numero progressivo delle particelle, al possessore, al toponimo, alla qualità del terreno o dell’edificio censito e alla sua superficie. È noto come l’am- ministrazione napoleonica nei territori veneti e friulani – che in questa sede teniamo a riferimento costante, senza tuttavia dimenticare che le operazioni catastali si svolsero anche in molte altre province del Regno italico ancora sprovviste di ca- tasto, a cominciare dalla Lombardia ex veneta, ossia Bergamo

e Brescia – tra il 1807 e il 1813 riuscì a portare a compimento gran parte della misura, opera che “non può non provocare la nostra ammirazione e rappresenta uno dei maggiori meri-