Storia delle scienze epistemologia ed er

BIANCA

1

“TERZO ISTRUITO”
Collana di Cultura Distribuita
diretta da Mario Castellana
-2-

Ispirandosi al pensiero di Michel Serres, la collana intende presentare testi e monografie
miranti a fare emergere quei processi d’interazione fra prospettive diverse nel tentativo di
costruire dei ‘ponti sottili’ o ‘fragili sintesi’ fra i diversi saperi, fra la cultura umanistica e la
cultura tecno-scientifica; attraverso lo studio critico dei processi di interferenza, di incastro, di distribuzione, di interconnessione fra conoscenze, lo scopo è quello di fornire gli
strumenti per pensare da 'terzo istruito', da menti che facciano interagire e comunicare
saperi molto distanti fra di loro, con funzioni di cerniera e di interfaccia per arrivare a costruire un pur minimo ma necessario patrimonio cognitivo condiviso e per poter far fronte ai sempre più crescenti e complessi problemi dell'attuale società della conoscenza.

2

Hélène METZGER

IL METODO FILOSOFICO NELLA

STORIA DELLE SCIENZE
Testi 1914-1939 raccolti da Gad Freudenthal
introduzione di Mario Castellana
postfazione di Arcangelo Rossi

3

Edizione originale:
La Méthode philosophique en histoire des sciences. Textes 1914-1939, a
cura di Gad Freudenthal, Paris, Fayard, 1987, Corpus des Oeuvres de
Philosphie en langue Française.
Traduzione di Antonella Colletta

© 2007 Proprietà artistico–letteraria:
BARBIERI SELVAGGI EDITORI s.r.l.
Sede: C.da Torre Bianca – 74024 Manduria TA – Italy
email: info@bseditori.com – www.bseditori.com

ISBN 978–88–6187–019–2


4

Il presente volume è pubblicato con il contributo del
Dipartimento di Filologia Classica e di Scienze Filosofiche
dell'Università del Salento.

5

NOTA DELLA TRADUTTRICE
Con la nostra traduzione dal francese del presente volume, abbiamo cercato di
rimanere il più possibile aderenti allo “stile” tipico dell’Autrice, quanto mai lontano
dall’espressione francese moderna “ideale”: semplice, sintetica e lineare, composta
da una proposizione principale e da una, o al massimo due, coordinate e/o subordinate. Il periodo della Metzger è invece estremamente ricco e, non di rado, prosegue ininterrotto per un’intera pagina, in un flusso che incorpora numerose frasi,
numerose idee, spesso soltanto abbozzate, con un effetto che potremmo definire
“a valanga”.
Inoltre, per quanto riguarda la punteggiatura, Hélène Metzger predilige il punto e virgola, che ci sembra veramente il simbolo di un pensiero rapido, che non si
accontenta delle possibilità espressive offerte dalla lingua, e che si approfondisce
per giustapposizione, lasciando al lettore il compito, e la libertà, di coordinare le
idee, subordinandole le une alle altre.
Un’ultima precisazione: savant è stato tradotto ovunque o quasi con “studioso”

e non con “scienziato”. Il termine francese in questione designa di norma gli scienziati del passato che si ritiene abbiano dominato gran parte del sapere della loro
epoca. Per i ricercatori di oggi si impiegherebbe piuttosto scientifìque, termine relativamente recente (1884), che la Metzger - nata, lo ricordiamo, nel 1889, e che
scrive questi articoli e recensioni negli anni ‘20 e ‘30 -, impiega ancora con qualche
remora, fra virgolette, e soltanto nell’intervento consacrato alle “Riflessioni sul Circolo di Vienna”. Peraltro, lo usa con un significato più ristretto: “scientifique”, soprattutto al plurale, e in un sistema di opposizioni (nel nostro caso “scientifiques”/"littéraires"), ha il significato generico di “colui che studia la scienza, che ha
propensione per i metodi scientifici”. Perciò, le rare volte che abbiamo usato in traduzione il sostantivo “scienziato”, non virgolettato, lo abbiamo fatto tenendo conto del contesto (“i filosofi e gli scienziati” e non “i filosofi e gli studiosi”, mentre abbiamo preferito impiegare più diffusamente il sostantivo “studioso”, proprio per
segnalare questa reticenza linguistica dell’Autrice.
Antonella COLLETTA

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Mario CASTELLANA

INTRODUZIONE*

Storia della Scienza, Epistemologia
ed Ermeneutica in Hélène Metzger

Sembrerebbe proprio che lo studio della storia delle
scienze guarisca il filosofo (se la malattia fosse curabile) dalla strana mania di voler formulare a priori o a
posteriori dei concetti definitivi con cui l’animo possa

soddisfare la sua sete di certezze e che potremmo con
giusto titolo definire: concetti di diritto divino.
Hélène Metzger
Il problema dello storico non è semplicemente che i
fatti non parlano da soli, ma che, a differenza dei dati
degli scienziati, parlano in modo estremamente sommesso. Ci vuole tranquillità se si desidera udirli.
Thomas Kuhn

Gli scritti qui tradotti, raccolti meritoriamente da Gad Freudenthal per
l’edizione francese ed inseriti nel «Corpus des oeuvres de philosophie en
langue francaise» diretto da Michel Serres, possono permettere la conoscenza diretta delle tesi storico-epistemologiche di Hélène Metzger
(1899-1944), le cui opere di storia della chimica hanno rappresentato, insieme ad altre, “delle letture del tutto inconsuete” per Thomas Kuhn1; pur
*

I numeri fra parentesi quadre nel testo rimandano alle pagine della presente traduzione.

1

T. KUHN, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, trad. it., Torino, Einaudi 1975,
p.8.


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INTRODUZIONE

Mario CASTELLANA

essendo saggi, articoli e recensioni, essi offrono un quadro organico del
pensiero dell’autrice che, insieme ad altri epistemologi e storici della scienza francesi degli anni ‘30, non ha ancora ricevuto un’adeguata considerazione critica. In tali saggi, scritti per lo più contemporaneamente alle opere
di natura storiografica più conosciute, si trovano interessanti contributi di
natura metodologica che possono arricchire il patrimonio teoretico della
cosiddetta “costellazione di credenze” a cui filosofi e storici della scienza in
questi ultimi anni si stanno sempre più attenendo.
Ma per poter comprendere l’originalità degli approcci al continente “scienza” e alla sua storia elaborati dalla Metzger, che ancora oggi appaiono “attuali,
provocanti e ambiziosi”2, occorre tenere presente il livello raggiunto in Francia
negli anni ‘20 dalla letteratura filosofico-scientifica che, dai dibattiti postpositivistici e attraverso quel contraddittorio movimento che fu il convenzionalismo
o la “critique des sciences”, era pervenuta, autonomamente e contemporaneamente alla cosiddetta Received View dell’empirismo logico, alla necessità della
fondazione di un nuovo sapere che avesse come oggetto specifico di indagine
la conoscenza scientifica da indagare iuxta propria principia. Emile Meyerson,
Léon Brunschvicg, Abel Rey e Gaston Bachelard dopo, infatti, avevano tracciato, sin dai primi anni del Novecento, diversi percorsi di natura epistemologica

con l’obiettivo di superare definitivamente le teorie della scienza di stampo positivistico da un lato e dall’altro les impasses dello stesso movimento convenzionalista, la cui “rivoluzione concettuale”, pur apportando importanti contributi
di natura metodologica, non era pervenuta a cogliere alcuni aspetti essenziali
impliciti nelle strutture e nelle dinamiche dei processi conoscitivi. Le loro rispettive epistemologie, pur all’interno di vari orientamenti, si erano confrontate con gli sviluppi in atto nelle scienze, dalle geometrie non euclidee alle teorie
fisico-matematiche del primo Novecento, scienze che richiedevano nuovi strumenti concettuali in grado di comprendere i loro percorsi di revisione dei fondamenti e degli stessi principi di base.
Per Federigo Enriques era in pieno svolgimento “il rinascimento filosofico nella scienza contemporanea”3, a cui stavano contribuendo in maniera
non più episodica scienziati come Mach, Boltzmann, Frege, Hilbert, Rus2

Cfr. G. FREUDENTHAL, Introcluction a AA.VV., Etudes sur / Studies on Hélène Metzger, in
«Corpus. Revue de philosophie», 8/9, 1988; M. BERETTA, Recensione a H. Metzger, La
méthode philosophique en histoire des sciences, in «Nuncius»,V, 1990,1, pp. 296-98; P.
ZAMBELLI, Fenomenologia, sociologia e storia delle idee in A. Koyré, in AA.VV., L’avventura intellettuale di A. Koyré, a cura di Carlo Vinti, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane,
1994, p. 56; A. ROSSI, Postfazione alla presente traduzione.

3

F. ENRIQUES, Il Risorgimento filosofico nella scienza contemporanea, (1907), ora in
F. ENRIQUES, Per la scienza. Scritti editi e inediti, a cura di R. Simili, Napoli, Bibliopolis, 2000, pp. 85-89.

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Mario CASTELLANA

INTRODUZIONE

sell, Poincaré e Duhem con le loro esigenze di natura storico-epistemologica rivolte ad una comprensione critica delle istanze conoscitive delle proprie discipline; stava nascendo, appunto, quel nuovo sapere, la “Filosofia
della scienza” o “la critica gnoseologica” contemporaneamente in vari paesi
con l’obiettivo di costruire “una nuova coscienza filosofica” da un lato
orientata alla “legittimazione scientifica” dei concetti e dall’altra rivolta “ad
approfondire l’aspetto storico dei problemi”4. In Francia, inoltre, grazie anche all’apporto decisivo e al ruolo giocato da alcune importanti riviste come
la «Revue de Métaphysique e de Morale» e la «Revue philosophique de la
France et de l’étranger», il dibattito, oltre ai fondamenti delle scienze fisico-matematiche, si estendeva allo statuto epistemico delle scienze umane
(antropologia, sociologia, psicologia sperimentale, economia, linguistica
comparata, ecc.): appaiono, ad esempio, in quegli anni i lavori di Lucien
Lévy-Bruhl (Les fonctions mentales dans les sociétes inférieures, 1910) e di
Emile Durkheim (Les formes élémentaires de la vie religieuse, 1912) che segnano delle svolte in sociologia e antropologia e che, com’è noto, avranno
importanti ripercussioni in altri ambiti di indagine. Tutti questi lavori erano
però accomunati dalla necessità teorica di elaborare una metodologia specifica per ogni sapere e nello stesso tempo di superare la rigida metodologia di stampo positivistico, ritenuta non in grado di affrontare la complessità crescente dei singoli oggetti delle varie scienze; lo stesso “movimento
convenzionalista” solo in parte aveva risposto a tali esigenze di rinnovamento metodologico con l’accento posto sul ruolo del teorico e per l’importanza accordata alla ricerca del rigore.
Infatti, dopo pur l’importante lavoro di Pierre Duhem su La théorie physique (1906) e i fondamentali lavori di natura epistemologica di Henri Poincaré, apparvero due opere rilevanti per la filosofia della scienza d’oltralpe,
Identité et Réalité (1908) di Emile Meyerson e Les étapes de la philosophie

mathématique (1912) di Léon Brunschvicg. Queste opere, pur di orientamento diverso, avviarono un progetto di teoria della conoscenza antipositivistico e contro un certo convenzionalismo, come dirà più tardi Koyré5, introdussero nel dibattito epistemologico l’idea di “verità” per comprendere il
4

Ivi, p. 88 e F. ENRIQUES, I Problemi della scienza, (1906), Bologna, Zanichelli, 1985,
p. XI. Ai fini di una ricostruzione critica della storia dell’epistemologia del primo
Novecento, è importante sottolineare la concomitanza della fondazione della rivista «Scientia» in Italia da parte di Enriques insieme con le attività di quello che sarà
chiamato “il primo Circolo di Vienna”.

5

Cfr, G. JORLAND, La science clans la philosophie. Les recherches épistémologiques d’A.
Koyré, Paris, Gallimard, 1981, p. 63 e A. Koyré, Etudes d’histoire de la pensée scientifique, Paris, Gallimard, 1973, p. 112.

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INTRODUZIONE

Mario CASTELLANA

valore della conoscenza scientifica. In campo più propriamente epistemologico, dopo la “svolta” convenzionalistica in filosofia della scienza per usare la nota espressione di Moritz Schlick, stava emergendo una visione “costruttivistica” in senso realista da parte di Meyerson e in senso neorazionalista da parte di Brunschvicg per il ruolo da essi assegnato al pensiero matematico nello sviluppo delle teorie, attraverso anche una ripresa della problematica kantiana. Queste diverse strategie, debitrici entrambe della

“svolta antropologica” apportata da Lévy-Bruhl, erano interessate a porre a
base della riflessione filosofica il “contenuto di verità” delle teorie scientifiche e per questo autonomamente pervennero ad una visione storica della
scienza, anche grazie ai lavori pioneristici di Pierre Duhem, Gaston Milhaud
e Paul Tannery.
Sin dall’inizio, infatti, la tradizione epistemologica francese nel suo
complesso pose al centro dei propri interessi il rapporto fra “filosofìa della
scienza” e “storia della scienza” per l’importanza accordata ai contenuti teorici e per questo pervenne alla necessità, sulla base dello stesso sviluppo del
pensiero scientifico, di elaborare una teoria della scienza, come dirà più
tardi Koyré, «non infettata dal virus dell’epistemologia empirista e positivista»6. Le prime “epistemologie storiche”7, sorte in Francia grazie ai lavori di
Meyerson, Rey, Brunschvicg nel primo quindicennio del ‘900, costituirono
alcuni punti di riferimento per le ricerche storiografiche intraprese da Hélène Metzger-Bruhl8 nella seconda decade del Novecento sotto la guida di
Lévy-Bruhl e grazie all’incoraggiamento di Gaston Milhaud che giudicò
molto interessante il suo manoscritto sulla storia della cristallografia e la
6

A. Koyré, op. cit., p. 359.

7

Possiamo parlare di due fasi dell’epistemologia storica francese; la prima fase postconvenzionalistica è più orientata con Meyerson e Brunschvicg verso questioni

generali di teoria della conoscenza e una seconda degli anni ‘30 con Gaston Bachelard più orientata verso la filosofia della fisica e la filosofia della matematica. Fra i
due periodi negli anni ‘20 venne ad inserirsi l’opera storico-epistemologica di Federigo Enriques in ambito francese. Cfr. il ns. Alle origini della ‘nuova epistemologia’. Il Congrès Descartes del 1937, Lecce, Il Protagora, 1992.

8

Hélène Metzger (1889-1944), di origine ebraica, fu nipote e collaboratrice di Lucien Lévi-Bruhl. Dopo gli studi in mineralogia (1912) e la morte del marito Paul
Metzger, col cui cognome si farà in seguito sempre chiamare, nel primo anno di
guerra nel 1914, si dedicò agli studi di storia della scienza fuori dall’ambito universitario. Per comprendere meglio il suo itinerario intellettuale è bene seguire l’epistolario con George Sarton che va dal 1921 all’ultimo anno della sua vita. Le lettere rivelano lo spirito di indipendenza della Metzger nei confronti di Meyerson,
Brunschvicg, Lévi-Bruhl e altri; vengono ribaditi i debiti e nello stesso tempo l’autonomia e le distanze concettuali. Cfr. H. METZGER, Extraits de lettres, 1921-1944,
a cura di G. Freudenthal, in «Corpus», cit., pp. 247-68.

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Mario CASTELLANA

INTRODUZIONE

invitò a continuare «sulla strada della storia filosofica delle scienze»9.
Come si evince dall’intenso epistolario con George Sarton, la Metzger,
sin dal suo primo lavoro La Genèse de la science des cristaux del 191810, è cosciente dell’autonomia e della specificità del suo modo di fare filosofia e

storia della scienza; in esso è già intrapresa “la strada della storia filosofica
delle scienze” tesa a comprendere quello che Federigo Enriques negli stessi
anni riteneva importante preliminarmente per ogni analisi epistemologica,
«il significato della storia del pensiero scientifico»11.
I risultati raggiunti sul terreno teoretico, da quella che si avviava a diventare la tradizione storico-epistemologica francese degli anni ‘30 grazie
all’opera di Gaston Bachelard anche attraverso il ruolo decisivo avuto da
Federigo Enriques, costituirono la base dell’intero percorso della Metzger
che, utilizzandoli in maniera originale sul terreno specifico della storia della chimica, pervenne ad elaborare una teoria del pensiero umano e della
sua storia; e per comprendere la formazione e il «ruolo del pensiero umano» [p. 46], era necessario analizzare le teorie scientifiche del passato e gli
sforzi creativi messi in atto in altre epoche per costruire visioni del mondo
in grado di dare strumenti interpretativi della realtà. Occorreva per fare
questo liberarsi dal pregiudizio positivista circa il non valore assegnato al
passato della scienza e dare di conseguenza importanza epistemica al pensiero scientifico nel suo complesso; e la Metzger sin dal suo primo lavoro
mette in evidenza lo stretto rapporto fra teoria della conoscenza scientifica
e il modo di concepire la storia della scienza: un positivista guarda essenzialmente al presente scientifico e fa pertanto una storia cronachistica di
essa che giustifica il presente e la sua superiorità (l’approccio “Whiggish”
secondo la terminologia anglosassone).
Hélène Metzger eredita dalla tradizione epistemologica francese la tesi
del ruolo importante del teorico, oggi più nota come tesi della sottodeterminazione di Duhem-Quine, ed si impegna così ad analizzare i momenti inventivi che stanno a base delle dottrine, “les ressorts profonds” e le “attitudini mentali” [p. 116] degli scienziati, categoria questa presa in prestito dai
lavori dello zio Lévy-Bruhl e che in seguito sarà presente in maniera sistematica nei lavori storiografici di Alexandre Koyré. Per questo motivo essa
stessa inserisce coscientemente sin dal primo momento i suoi lavori non
9

Dal 1914, la Metzger incominciò a lavorare sulla storia della cristallografia; nel
1918 lo presentò al suo professore di cristallografia che lo giudicò “privo di interesse per chiunque”; cfr. Lettera a G. Sarton del 20 giugno 1922, cit., pp. 249-50.

10 Paris Alcan, 1918.
11 Cfr. F. ENRIQUES, Scienza e razionalismo, Bologna, Zanichelli, 1912 e ID., Per la storia della logica, Bologna Zanichelli, 1922.

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INTRODUZIONE

Mario CASTELLANA

nella storia delle scienze propriamente detta, ma «nella storia del pensiero
scientifico» [p. 80] intendendo con questa espressione tutto quel complesso insieme di idee, valori, che vanno individuati e contestualizzati per «penetrare nel pensiero creativo di un tempo» [p. 82].
Già il suo primo lavoro storiografico è teso a chiarire lo statuto epistemico
della cristallografia, ne analizza il lento, ma tortuoso cammino che l’ha portata
ad emergere come scienza specifica ed autonoma, grazie alla particolarità del
suo oggetto di indagine, nel corso dei secoli XVI e XVII «liberandosi dalla mineralogia e dalla fisica» e diventando «un capitolo indipendente dalla fisica generale». Così la Metzger enuclea il suo programma di ricerca:
Per conoscere in maniera veritiera come una scienza così precisamente delimitata come la cristallografia si è formata grazie alle acquisizioni successive dello spirito umano in tutti i suoi domini, non basta accontentarsi di
esaminarla nel giorno della sua elaborazione definitiva; su un terreno sino
allora sconosciuto, l’incontro inatteso di nozioni, in apparenza disparate,
farà sorgere un monumento a tutti visibile, ma che nessuno avrà previsto.
Tali costruzioni che sembrano emergere all’improvviso, là dove non si vedeva niente, erano in realtà sul cantiere grazie al lavoro di alcuni operai
modesti e senza una guida apparente che hanno portato i materiali che serviranno più tardi a portare a termine l’edificio.
Saremo dunque portati a ricercare l’origine della scienza dei cristalli in
quel gran groviglio di curiosità scientifica che venne a realizzarsi verso la
metà del XVII secolo12.

Infatti, mentre i cristallografi suoi contemporanei facevano iniziare la
storia della loro disciplina con i lavori di Haùy, la Metzger considera questo
scienziato il punto di arrivo di una lunga evoluzione, in quanto «l’unico ruolo che ha potuto giocare è stato nel precisare, nel generalizzare e nel verificare le nozioni reali che egli ha trovato allo stadio di ipotesi, spesso ripetute
da parte di coloro che hanno cercato di indovinare la struttura dei cristalli
salini». Con Haüy «la cristallografia entra in una fase matematica e diventa
una scienza assolutamente formale» e diventa così punto di partenza del
suo insegnamento in quanto i suoi lavori, frutto «della vittoria dello spirito
preciso, geometrico, astratto e osservatore», ne delimitano l’ambito e ne
cambiano i connotati epistemici in quanto da «esplicativa e deduttiva» diventa «classificatrice e descrittiva»13. Ma per comprendere questo processo
teso all’emersione di una disciplina come la cristallografia che entra così a
far parte delle «acquisizioni definitive dello spirito umano»14, è necessario
individuare il contesto culturale più generale, il “caos” e la molteplicità del12 H. METZGER, La Genèse des sciences des cristaux, cit., p. 5 e pp. 15-16.
13 Ivi, pp. 83-84 e p. 196.
14 Ivi, p. 208

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Mario CASTELLANA

INTRODUZIONE

le filosofie speculative, i tentativi abbozzati e poi abbandonati, che hanno
circondato le ricerche di Haüy. La Metzger si sofferma in particolar modo
sul ruolo della propagazione e della diffusione presso un pubblico più vasto, il cosiddetto “pubblico degli amatori”, delle scienze naturali nel XVII
secolo; senza questo contorno di «dilettanti sociali che occupavano il loro
tempo libero studiando le scienze della natura» non si può comprendere
appieno il cambiamento concettuale apportato da Haüy, dovuto non tanto
ai risultati ottenuti quanto al modo nuovo di organizzare il lavoro scientifico che portò appunto, attraverso la matematizzazione della classificazione,
la cristallografia a diventare una scienza per specialisti. La Metzger è cosciente del suo nuovo approccio sin dal primo lavoro di storia della scienza:
L’evoluzione della scienza è dunque in ultima analisi determinata parallelamente dalle condizioni umane del suo proprio sviluppo; essa non saprebbe né seguire la via rigida del metodo pedagogico, né i sentieri tortuosi o le
contraddizioni dove la guiderebbero le fantasie che nascono per caso in un
cervello isolato.
Poche teorie arrivano al successo sociale e i lavori si sviluppano nel loro insieme sotto la ruota ove le spinge l’andamento della società; e nello stesso
tempo le opinioni e i metodi, opposti o marginali all’interno della tendenza
attuale del pensiero, sono definitivamente o provvisoriamente votati all’oblio15.

Tale visione sociale della storia della scienza permette alla Metzger di
superare le concezioni individualistiche e psicologiche dell’attività scientifica, di inserire la cristallografia fra le varie forme storicamente determinatesi del pensiero umano, le cui rotte sono da indagare con strumenti concettuali unici senza imporre fratture al suo interno. Sin dall’inizio il suo intento è di comprendere, sulla scia delle tesi di Meyerson, les “cheminements
de la pensée humaine” e lo strumento indispensabile per tale ricerca è la
storia delle scienze, ritenuto sapere del tutto particolare che ci dà gli elementi fondamentali per elaborare «una teoria unitaria dello spirito umano»
di cui la «scienza ci dà l’armatura» [p. 175]; le prime epistemologie storiche
d’oltralpe di Brunschvicg e Meyerson le danno gli strumenti concettuali per
poter cogliere la dimensione teoretica della scienza e la necessità di comprendere sul terreno storico l’unità del pensiero umano insieme all’importanza del fatto che «la storia delle scienze possa far luce sulla complessità
della scienza» [p. 64]. Sin dall’inizio, il suo proposito teoretico è concentrato sullo sforzo di considerare la scienza un fenomeno essenzialmente storico e per fare questo il suo engagement viene a situarsi all’interno di una dimensione del tutto particolare che prende criticamente in esame la “prei15 Ivi, p. 224.

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INTRODUZIONE

Mario CASTELLANA

storia” della scienza, campo di indagine considerato sino allora privo di rilevanza conoscitivo-veritativa e di dignità epistemica. In questo modo la
Metzger prende le dovute distanze dalla stessa epistemologia storica francese, in quanto tale tradizione soprattutto con Gaston Bachelard, pur dando giusto rilievo alla dimensione veritativa e conoscitiva della scienza, considerava la sua storicità come fondamento dell’attività epistemologica, ma
funzionale alla comprensione del presente scientifico. La storia delle scienze era subordinata ad esempio in Brunschvicg alla comprensione delle tappe e delle “ages de l’intelligence”, per illustrare il dinamismo della ragione
scientifica nei confronti della complessità del reale.
Ma la Metzger, per poter fare emergere la sua specifica strada storico-epistemologica, ha dovuto fare i conti già negli anni ‘20 con una situazione culturale nel suo complesso ancora lontana dal poter recepire la necessità di una storia della scienza condotta iuxta propria principia, in quanto ancora la stessa dimensione storica della scienza soltanto in alcuni contesti, come quello francese e in Italia solo con Federigo Enriques, stava lentamente emergendo come fatto teorico di una certa rilevanza insieme con
la sua dimensione teoretica, mentre il contemporaneo affermarsi della tendenza neopositivista stava facendo emergere altre diverse e importanti dimensioni. Ma ancora molto lontana era l’idea di una teoria dell’unità dello
spirito umano per il persistente dibattito sul dualismo scienze dello spirito-scienze della natura, sulla diversità dei loro metodi ritenuti irriducibili
l’uno all’altro (comprensione/spiegazione); la Metzger affronta tale complessa e cruciale questione utilizzando all’interno delle sue ricerche i risultati raggiunti dallo zio Lévy-Bruhl in campo antropologico16. Ella trova nel
“laboratorio antropologico” dello zio strumenti indispensabili per affrontare sul terreno storico i momenti creativi del pensiero e l’analisi di questi
momenti, ritenuti importanti sul terreno epistemologico per la costituzione
di una teoria unitaria della conoscenza, la conduce a sottolineare «la debolezza della distinzione fra scienze naturali e scienze dell’uomo»17 in quanto
16 Infatti, dopo essersi fatta seguire nelle sue prime opere storiografiche, ella redige
gli indici analitici delle opere dello zio: L’âme primitive (1927), Le surnaturel et la
nature (1931), L’expérience mystique et les symboles (1938).
17 H. METZGER, Les concepts scientifiques, Paris, Alcan, 1926, p. 16. In questo volume
c’è l’eco delle animate discussioni negli incontri settimanali in casa Meyerson a Parigi a partire dal 1920, a cui la Metzger partecipava con Lévi-Bruhl, Brunschvicg,
Koyré, Bachelard e poi Enriques per discutere l’impatto dei lavori sociologici e antropologici di Durkheim, di Lévi-Bruhl e di Boas sulla cultura dell’epoca. Inoltre è
da tenere presente il suo ruolo di trait-d’union tenuto in quegli anni fra la rivista di
storia della scienza di stampo positivistico «Archeion», il «Centre de Synthèses», di
cui era stata uno dei fondatori, e Alexandre Koyré impegnato nel lavoro di tesi su

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Mario CASTELLANA

INTRODUZIONE

al loro interno emergono gli stessi processi che portano alla conoscenza.
In Les concepts scientifiques (1926) la Metzger elabora una vera propria strategia teoretica tesa a comprendere i meccanismi che portano alla formazione dei concetti, una «epistemologia della scoperta scientifica»18, che deve partire dagli elementi soggettivi impliciti in ogni atto cognitivo. Per questo sottolinea sempre che i suoi lavori, pur essendo di
natura storiografica, hanno come obiettivo la comprensione del modo
come il pensiero umano si concretizza nelle varie discipline e il suo “metodo filosofico nella storia delle scienze” è in realtà un «metodo storico
in filosofia delle scienze»19. Per elaborare tale metodo, è necessario per
la Metzger esaminare sulla scia dei lavori antropologici di Lévy-Bruhl,
prima dei cambiamenti scientifici veri e propri, le condizioni di base, più
universali che permettono di passare dal «pensiero spontaneo, pre-logico, pre-scientifico»20 ai sistemi concettuali; ma queste condizioni di base vanno affrontate sul terreno specificatamente storico attraverso una
metodologia intrinseca alla storia del pensiero scientifico, concetto questo che la Metgzer prenderà a prestito da Federigo Enriques21 e che
estenderà al suo programma di ricerca. Non basta individuare il prelogico all’interno di un sapere nascente, ma occorre inserirlo in una ben precisa ricostruzione cercando di ricondurlo alla Weltanschauung di base o
Böme che risente degli studi della Metzger su Paracelso e gli scienziati-mistici. Su
questo cfr. P. ZAMBELLI, cit., p. 54. Negli stessi anni la Metzger inizia a collaborare
con la rivista «Isis» su invito di George Sarton con saggi su Stahl e gli alchimisti.
18 G. FREUDENTHAL, Epistémologie des sciences de la nature et herméneutique de l’histoire des sciences selon H. Metzger, in «Corpus», cit., p. 160.
19 G. JORLAND, Koyré phénoménologue?, in AA.VV., L’avventura intellettuale di A. Koyré, cit., p. 121.
20 H. METZGER, Les concepts scientifiques, cit., p. 17. Sono, inoltre, da tenere presente i
grandi dibattiti in Francia sul concetto di “storia”, sulla “nouvelle histoire” con
Marc Bloch e Lucien Febvre, sulla “histoire-sciences”; questi dibattiti spinsero la
Metzger ad approfondire le questioni di metodo nella storia e su questo cfr. E.
CASTELLI GATTINARA, Epistemologia e storia, Milano, F. Angeli, 1996, capp. III e IV.
21 Enriques incominciò dal 1923 a partecipare ad alcuni incontri in casa Meyerson; è
da sottolineare la diffusione delle sue opere in Francia grazie a varie traduzioni.
Cfr. ad esempio I Problemi della scienza furono tradotti in due volumi: Les problèmes de la science et de la logique (1909) e Les concepts fondamentaux de la science
(1912). Cfr. anche la sua conferenza presso la Societé Francaise de Philosophie nel
1921, La théorie des jugements a priori par rapport au développement historique de
la science contemporaine. Furono tradotti anche Per la storia della logica (L’évolution de la logique, 1925) e L’evoluzione delle idee geometriche nel pensiero greco (L’évolution des idées géométriques dans la pensée grecque, 1927).

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INTRODUZIONE

Mario CASTELLANA

a quelle che Karl Mannheim negli stessi anni chiamava «costellazioni, i
retroterra intellettuali»22.
Così ella esprime il suo impegno teorico, cercando di chiarire i tortuosi
percorsi che hanno portato alla concettualizzazione:
Si tratta di ricercare, sia nella genesi delle scienze, sia anche nella formazione di questo insieme non analizzato di nozioni imprecise, di affermazioni vaghe, di teorie per lo più oscure, di pregiudizi, di intuizioni che sono le
caratteristiche del senso comune di un’epoca, l’orìgine dei concetti che
vanno in seguito ad organizzarsi in un elegante tableau. Tale concettualizzazione, d’altronde, noi la prenderemo nel momento in cui essa non è ancora posta, quando essa è ancora sotto forma di interrogazione, quando
aspira a conoscere e non nello stato conoscitivo...23.

Quasi in termini popperiani, continua:
E tuttavia, dal momento che tenta di cogliere le cose, la nostra intelligenza
trova in loro una certa resistenza non in grado però di annientare il suo
sforzo, ma che perviene a deviare in maniera consistente il percorso. Come
l’intelletto umano ha primitivamente reagito a questo choc contro la natura? Ci basta descrivere la successione dei nostri propri pensieri a contatto
con la varietà delle cose e che ci urtano continuamente, per stabilire se non
il reale significato quanto il senso comune e come le scienze in formazione
si offrono già fatte ai nostri occhi, o almeno quali sono le regole empiriche
che presiedono alla loro nascente organizzazione24.

Ma la Metzger, dopo aver riconosciuto il debito nei confronti di Lévi-Bruhl e della psico-storia avanzata da Meyerson oltre ad alcune ricerche
sulla psicologia dell’apprendimento, elabora “una teoria della genesi delle
concettualizzazioni” sul terreno delle teorie chimiche, andando ad analizzare errori, «idee metafisiche, sistemi bizzarri che ci sembrano piuttosto
delle fantasie immaginative, delle rèveries che delle certezze scientifiche e
che hanno però esercitato su generazioni di scienziati una influenza duratura e incontestata»25.
22 K. MANNHEIM, Il problema di una sociologia della conoscenza, (1924) in Saggi sulla
sociologia della conoscenza, trad. it., Bari, Laterza, 1974, p. 154. Molte affermazioni di Mannheim sembrano quasi coincidere con quelle della Metzger a proposito
delle “costellazioni” e dei “retroterra culturali”. È importante, per una storia delle
dottrine epistemologiche sorte in contesti culturali diversi, sottolineare queste
concomitanze temporali e concettuali perché sono indici di una comunanza di intenti e obiettivi. Ricordiamo che sono gli stessi anni in cui compaiono le opere di
Max Weber Wirtschaft und Gesellschaft (1925), di Max Scheler Die Wissensformen
und die Gesellschaft (1926).
23 H. METZGER, Les concepts scientifiques, cit., pp. 1-2.
24 Ivi, pp. 2-3.
25 Ivi, p. 8.

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Con questo spirito ella analizza l’evoluzione dei vari concetti chimici,
come ad esempio il concetto di metallo, a partire dalle teorie pre-meccanicistiche di cui mette in evidenza la diversità nelle varie fasi dalle idee alchemiche alla dottrina di Paracelso sui principi chimici e alle teorie iatrochimiche di Van Helmont; molte dottrine avanzate da scienziati-mistici del Rinascimento rivelano certe strutture, “quadri teorici” particolari che si possono
indagare attraverso un’indagine di tipo antropologico, cioè a livello più
profondo. Per questo motivo anche queste dottrine, di cui vanno cercati gli
elementi portanti, acquistano il loro vero senso storico e dignità storiografica se vengono interpellati alla luce di certi a priori della conoscenza umana: “le attitudini mentali”, il “pensiero spontaneo”, “l’intelligenza totale”
che fanno da supporto alle varie manifestazioni intellettuali di un’epoca.
Les concepts scientifiques chiariscono il ruolo-chiave di queste strutture
mentali all’interno del pensiero chimico rinascimentale; nel pensiero di Paracelso sono centrali «i concetti fondati sulla rassomiglianza che racchiudono anche i principi di analogia»26. La Metzger analizza l’azione del pensiero analogico che vede operante in tre forme strettamente intrecciate nelle
dottrine rinascimentali: “virtuale”, “formale”, “agente”. In Paracelso come
negli scienziati-mistici prevalgono l’analogia fra regioni celesti e terrestri,
fra macrocosmo dell’universo e microcosmo del corpo, la corrispondenza
astrologica fra i metalli e i pianeti, le leggi di partecipazione descritte da
Lévy-Bruhl per i popoli primitivi:
Contrariamente alla Saggezza delle Nazioni, questi scienziati ammirano
che una comparazione era una ragione, e per estendere la loro scienza
moltiplicarono in modo straordinario le analogie ipotetiche27.

In ogni stadio del pensiero da quello prescientifico a quello contemporaneo, il ragionamento per analogìa ha un ruolo euristico notevole nel connettere insieme aspetti della realtà distanti fra di loro e nel cercare di riportare al noto l’ignoto; di fronte ad un aspetto nuovo della realtà è necessario
comprendere “il pensiero spontaneo” che ha avuto un ruolo fondamentale
sull’evoluzione della dottrina chimica sino all’epoca newtoniana e che va
studiato globalmente senza scindere i contenuti dall’aspetto formale. La
Metzger dà importanza epistemica a questo pensiero spontaneo, spesso
messo da parte dal pensiero logico, dalla “critica logica” che è un grande
strumento di progresso per la stessa struttura dello spirito umano nella sua
tendenza alla rigorosità, ma non sufficiente per comprendere la complessità del processo scientifico:
26 Ivi, p. 13.
27 H. METZGER, La Chimie, Paris, Boccard, 1930, p. 20.

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Questa critica logica..., rende alla scienza dei grandi, inestimabili servigi...;
eppure, noi riteniamo che da sola non basterebbe a creare la filosofia e la
scienza; che l’intelligenza umana ha sempre trovato nell’impulso fornito
dal pensiero spontaneo, che Lévi-Bruhl chiama a torto mentalità primitiva,
l’ispirazione prima delle sue scoperte migliori, delle sue invenzioni più ammirevoli...
Se il pensiero logico può spesso essere studiato formalmente e indipendentemente dal suo contenuto..., il pensiero spontaneo... non può essere scisso
in due; la forma sembra assurda, se lo si separa dal fondo...
Lungi da noi l’idea di incoraggiare, in nome della storia, l’incoerenza e la
contraddizione; quello che vorremmo dimostrare è che il pensiero chiaro,
limpido e logico non ci è stato gentilmente offerto e non potrebbe produrre
i suoi frutti sulla sua stessa pianta. Ha bisogno di essere innestato per diventare davvero produttivo [pp. 126-127].

Storicamente si è verificato che tante ipotesi, idee di natura metafisica
sono state messe da parte per la loro incoerenza e perché non soddisfacevano in pieno le esigenze e dalla critica logica sia di impronta razionalistica
che empiristica, come ad esempio le prime teorie di ispirazione vitalistica,
poi rinate in altri contesti. Per la Metzger è importante analizzare con strumenti ricavati dalla stessa indagine storica i momenti creativi impliciti nel
pensiero spontaneo che presenta una varietà di posizioni difficilmente inquadrabili in uno schema rigido ed unitario. In tale contesto acquista senso, all’interno della sua tesi sulla formazione dei concetti, il momento della
scoperta da collegare sempre alla proliferazione dei contenuti delle dottrine e alle loro articolazioni che la “critica logica” (momento della giustificazione) deve in un secondo momento sottoporre a verifica, sempre sul terreno specifico della storia attraverso l’approfondimento di alcune nozioni di
origine antropologica che hanno avuto nel suo percorso storico-epistemologico una particolare valenza euristica. Sempre in tal modo viene affrontata in Les concepts scientifiques la formazione del concetto di evoluzione attraverso l’analisi del concetto di “analogie agissante” e l’introduzione del
concetto di “quadri mentali” che negli scritti successivi, dedicati in maniera
particolare all’approfondimento metodologico della storia delle scienze, saranno chiamati “a priori storici”; il concetto di evoluzione è stato sempre
presente nella storia del pensiero filosofico e scientifico dando origine a diverse manifestazioni cognitive, diventati così veri e propri “quadri teorici”
di riferimento, all’interno dei quali scienziati e filosofi hanno potuto elaborare diverse interpretazioni.
In Les concepts scientifiques la Metzger da un lato utilizza più frequentemente la nozione di “storia del pensiero filosofico e scientifico”, di cui troverà una appropriata riflessione nelle opere di Federigo Enriques, in quan18

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to in tale storia il concetto di evoluzione trova la sua articolazione storico-teoretica difficilmente rilevabile se i due ambiti fossero tenuti metodologicamente separati; dall’altro lato, attraverso il concetto di “quadro teorico”, introduce sempre più la categoria di “interpretazione” di tali quadri, l’idea della loro “produzione storica” e della loro “incompatibilità” teorica all’interno dei vari sistemi concettuali che sono in grado di avanzare28:
Così, attraverso procedimenti diversi, filosofi e scienziati, ubbidendo ad un
istinto permanente dello spirito umano, hanno cercato di stabilire una corrispondenza fra l’evoluzione finalista che tende verso un fine e l’evoluzione
ciclica per natura stessa eterna; per gli antichi il movimento in linea diritta
corrispondeva, attraverso l’analogia “agissante” che si cercava di ridurla in
analogia formale, al movimento circolare più perfetto. Per i moderni, il
problema infinitamente più complesso può essere racchiuso negli stessi
quadri.
Tali quadri, prodotti dalle concezioni evoluzionistiche, contengono “in potenza” un gran numero di soluzioni proposte dalla scienza o dalla filosofia
sulle questioni generali o speciali, che scienziati e filosofi hanno ritrovato
nel loro cammino. Senza dubbio se ne possono aggiungere degli altri che
provengono dalla loro deformazione, dalla loro unione e dalla loro sovrapposizione con le interpretazioni dei sistemi di concetti29.

I vari modi di concettualizzazione e di organizzazione del “pensiero
spontaneo” rendono dunque interessanti gli aspetti rimasti nell’ombra, che
una storia della scienza di impronta positivistica ritiene “defunti” e che al
contrario acquistano tutto il loro senso storico all’interno del “pensiero
scientifico e filosofico” nel suo complesso; così lo stesso concetto di meccanicismo, come quello successivo di nominalismo che Metzger studia sino a
Mach e Duhem, sono sempre presupposti, quadri mentali e teorici entro cui
i vari scienziati situano le loro procedure cognitive. Il ruolo propulsivo avuto da questi quadri mentali nella nascita della scienza moderna è fondamentale per comprendere il ruolo anticipatorio dell’elemento teorico che,
attraverso il ragionamento analogico “agissant” con rappresentazioni o
modelli raffigurativi, organizza le osservazioni. Da questo punto di vista,
dando senso epistemico ai quadri mentali, diventa necessario per la Metzger
studiare il passato scientifico che sembra diversamente lontano e incomprensibile, a condizione che si riescono a fare emergere le motivazioni e le
problematiche sottese; come del resto, è altresì necessario dare importanza
al momento nascente delle teorie e non al momento del loro consolidamen28 Cfr. H. METZGER, Les concepts scientifiques, cit. IV parte. Sulla vicinanza del concetto di
“incompatibilità” della Metzger con quello di T. Kuhn, cfr. E. MELHADO, Metzger, Kuhn
and eighteenth-Century disciplinary history e M. CARRIER, Some aspects of H. Metzger’s
philosophy of science, in «Corpus», cit., pp. 111-134 e pp.
29 Ivi, p. 124.

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to logico e sperimentale. In questo modo anche il pensiero scientifico, reso
oggetto di studio storico, non differisce da altre elaborazioni concettuali,
anche se la sua specificità sta nel fare emergere il ruolo del teorico come
strumento cognitivo; i quadri mentali (le agassiane “metafisiche cognitive”) fungono da a priori cognitivi, frutto a loro volta di trasformazioni concettuali e sempre prodotti storicamente in base ai continui urti col reale, così come Meyerson aveva teorizzato sul piano puramente gnoselogico.
La teoria della formazione dei concetti per la Metzger da un lato trova la
sua ragion d’essere nell’analisi del momento in cui le teorie si abbozzano e
questo momento viene colto nella sua unicità e irripetibilità perché i processi cognitivi ivi messi in atto sono ancorati ad un preciso universo storico-culturale con quadri mentali di riferimento diversi e all’interno di un
particolare stadio di discussione e di problematizzazione. Dall’altro lato, oltre a questo ancoraggio, essa fa risaltare il ruolo euristico dei quadri mentali che una storiografia di stampo positivistico tralascia non riuscendo a capire il ruolo che anche in sé stessa viene a giocare una determinata scelta
teorica frutto dell’adesione ad un idea di conoscenza. Attraverso l’analisi
delle prime dottrine chimiche la Metzger arriva in maniera autonoma alla
tesi della “teoreticità dell’osservazione” (theory ladenness) dopo aver criticato la concezione cumulativa e lineare della scienza, dopo aver dato il giusto rilievo al momento della scoperta e della formazione dei concetti, dopo
aver esaminato l’ancoraggio ad una “costellazione di credenze” e al “pensiero spontaneo”:
Come lo spirito che avrebbe fatto veramente tabula rasa di tutte le nozioni
preliminarmente conosciute, di ogni idea preconcetta, saprebbe scegliere il
fatto da osservare, interessante, importante nell’esperienza che contempla in
mezzo ai fatti eterogenei che sempre e dappertutto l’accompagnano?30.
La chimica di Lavoisier, per esempio, che noi abbiamo citato più volte e che
la maggior parte degli storici della scienza salutano come uno sforzo del
puro empirismo sensualista, è piena di affermazioni molte nette sulla concezione sostanzialistica di tutti i corpi della natura...
Se il meccanicismo è l’espressione di una metafisica che ha sedotto spesso
fisici e filosofi, non è solo questo, però; per certi versi lo possiamo considerare un postulato metodologico, uno strumento intellettuale con l’aiuto del
quale lo spirito umano arriva a penetrare almeno parzialmente nel reale...
Il solo lavoro intellettuale che certi scienziati e filosofi credono di fornire
nel distribuire un grande numero di dati apparentemente indipendenti
consisterebbe unicamente nell’attribuire ad ogni gruppo di cose uno stesso
30 H. METZGER, Newton, Stahl, Boerhaave et la doctrine chimique, Paris, Alcan, 1930,
p. 89.

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nome generico; questi pensatori credono, attraverso la libera attività del
loro spirito, di inventare dei sistemi di concetti “nominalisti”, semplici artifizi linguistici senza contatto col reale che ci rimane impenetrabile. È vero,
come si è spesso preteso, che queste generalità, queste definizioni, queste
leggi tramite le quali ogni dottrina scientifica si riduce “ad una lingua ben
fatta”, non derivano da una concezione realista, che non presuppongono
delle ipotesi metafisiche? Non sarei così certa come invece sostengono
molti scienziati che proclamano con forza che i lavori sperimentali e l’osservazione sensibile sono i soli materiali della scienza, che deve riguardarsi
da ogni sistematizzazione teorica occultando gli elementi a priori...
Così, senza dubbio, molti appartenenti all’empirismo pretendono che si
snaturi il loro pensiero, assicurando che esso tende a scavare un fossato invalicabile fra il concetto che ci serve per descrivere il reale e la realtà stessa
contro la quale noi urtiamo e che resta al di fuori della scienza. Ma il fine
che perseguono certi empiristi non è certamente quello di approfondire la
natura dell’empirismo, di trarne le conseguenze logiche, di penetrarne il significato; ma piuttosto questi scienziati, avendo a priori tale convinzione
filosofica o dottrinale, si fanno dell’empirismo un’arma che permetterà loro
di colpire le teorie dell’avversario che attaccheranno, sia in nome dell’esperienza, sia in nome di un buon senso dogmatico31.

I concetti scientifici sono dunque frutto dello sforzo intellettivo umano
sugli aspetti eterogenei della realtà e, per comprendere la loro genesi, per
la Metzger è necessario non «separare gli elementi empirici dagli elementi
a priori che hanno contribuito alla loro formazione»32. Ma quest’analisi va
condotta caso per caso sui singoli concetti che hanno preso consistenza e
valenza cognitiva nei percorsi delle singole discipline, senza mettere da
parte il problema gnoseologico di fondo, il rapporto fra scienza e realtà che,
se non correttamente posto, dà adito a interpretazioni filosofiche spesso ricorrenti (“la reazione idealistica contro la scienza” e la conseguente svalutazione della sua dimensione teoretica e storico-culturale), che mettono in
evidenza il presunto impoverimento della realtà da parte dell’attività scientifica. Les concepts scientifìques terminano con questa problematica, cruciale
per la filosofia della conoscenza, che già Federigo Enriques aveva posto al
centro dei suoi interessi filosofici e che lo stesso Einstein riteneva necessario affrontare, anche se era molto difficile dare una risposta credibile:
Un simile errore di metodo non sarebbe stato commesso dai filosofi che
hanno rimproverato alla teoria scientifica di impoverire sistematicamente
la realtà sulla quale essa lavora allontanandosi indefinitivamente da questa
stessa realtà? Abbiamo già affrontato questo problema che la teoria della
formazione dei concetti nel suo sviluppo è stata portata a porre a questi filosofi; ma la risposta che essi vorranno dare è al di là del campo che questa
31 H. METZGER, Les concepts scientifiques, cit., pp. 160-61, 152, 158, 166.
32 Ivi, p. 168.

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teoria cerca di decifrare, in quanto fa parte integrante del problema più vasto del valore della conoscenza.
È che la teoria della formazione dei concetti, che costringe continuamente
a porre questo grave problema, deve per sua natura fermarsi alla soglia
della metafisica; non potrebbe tentare di risolverlo e non ha anche veste
per tentare una sintesi armoniosa dei materiali che ha pazientemente raccolto; potrebbe tuttavia rendere un servizio al pensatore che ricerca ardentemente il vero significato della scienza umana33.

Il “metodo storico nella filosofìa della scienza” che la Metzger elabora in Les
Concepts scientifìques deve inserire anche questa problematica all’interno dei
suoi obiettivi, ne deve vagliare la portata epistemologica ma sempre sul terreno storico per evitare da un lato ricadute di impronta scettica e dall’altro punti
di vista scientistici, non in grado di comprendere le varie dimensioni della
complessità scientifica. Porre correttamente il cruciale problema dei rapporti
fra scienza e realtà significa trovarne i vari tipi di problematizzazione e di articolazione innanzitutto all’interno degli itinerari realmente elaborati; e questo
permette di cogliere da angolature particolari il problema della teoreticità dell’osservazione, l’idea di costruzione dell’oggetto scientifico, lo stretto legame
fra a priori e l’empirico.