Ostia V Le Terme del Nuotatore. Cronolog

Parte III
La decorazIone, La scuLtura
e I boLLI LaterIzI

1. La decorazione in stucco del soffitto del tepidario, A 18

Laquearia sunt quae cameram subtegunt et ornant,
quae et lacunaria dicuntur, quod lacus quosdam quadratos
vel rotundos ligno, vel gypso, vel coloribus habeat pictos
cum signis intermicantibus( Isidori, Etymologiae, XIX,12)
Il completamento del lavoro di restauro degli
stucchi della volta del tepidarium, A 18, viene a coincidere con la definitiva edizione dell’intero complesso
termale 1. Trattandosi di materiale proveniente da un
contesto di sicura datazione esso costituisce un importante punto di riferimento, a più ampio raggio,
per la cronologia di tutti gli altri complessi in stucco
provenienti da Ostia, oggetto di un progetto di studio
e recupero, che ha già portato a evidenziare le caratteristiche di una produzione che risulta strettamente
legata a quella della capitale sin dall’età augustea 2.
L’intervento compiuto a cura dell’ex Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia è consistito nel
restauro e nella ricomposizione, in parte realizzata
concretamente, in parte graficamente, degli stucchi

della volta, recuperati in due fasi, nel 1968 e nel 1992.

1.1. Dalla parte dell’archeologo
Come si evince dall’esame generale del complesso, la sala, A 18, a pianta rettangolare (7,30 x 4,26 m) 3,
faceva parte integrante del percorso originario delle
terme. Posto sull’asse della zona riscaldata è stato interpretato come tepidarium, dotato contestualmente
o poco dopo la sua costruzione, della decorazione a
stucco sul soffitto e di un allestimento parietale.
Sebbene sia stato compreso nel contesto di uno
scavo stratigrafico, non ne fu possibile un esame puntuale, a causa della presenza di due poderosi nuclei
della volta, in opera cementizia, crollati sul vano e ivi
rimasti perché la loro rimozione avrebbe comportato costi troppo elevati. Pertanto, al momento, il recupero di ampie parti della decorazione consente di
identificare la tipologia di base del soffitto, ma non è
possibile entrare nel merito dell’allestimento pittorico
delle pareti, di cui restano pochi frammenti di intonaco. La stessa ricostruzione del soffitto, inoltre, risente
dell’incompletezza dello scavo, che una volta ripreso,
potrà chiarire molti aspetti rimasti insoluti circa una
maggiore articolazione delle componenti decorative,
di cui oggi esistono solo labili indizi.
Le vicende del ritrovamento sono riportate nel


giornale di scavo a partire dal 6 settembre 1968 e illustrate contestualmente dalla documentazione fotografica (figg. 3.1-3.3): del tutto imprevista fu la scoperta
degli stucchi della volta a botte in opera cementizia,
spezzatasi in due tronconi, slittati sull’ambiente nel
corso del crollo 4. La volta, la parte visibile delle murature in laterizio e la terra, mostravano evidenti tracce
di bruciato, ben apprezzabili nel corso del restauro, a
testimonianza di un evento traumatico, probabilmente
successivo alla distruzione dell’edificio.
La recente sistemazione del materiale su nuovi
supporti, l’assemblaggio su unico pannello di alcuni
frammenti contigui, la raccolta e l’esame di quanto
rinvenuto nel 1968 e nel 1992 consentono oggi una
buona lettura di insieme dello schema compositivo del
soffitto. Raccogliendo tutti i dati in nostro possesso, a
partire dalla documentazione di scavo eseguita a cura
della Cattedra di Archeologia Classica dell’Università
La Sapienza di Roma, fino a quella di recente approntata dall’ex Soprintendenza ai Beni Archeologici di Ostia
in occasione del restauro, si è oggi in grado di proporre
una ricostruzione di massima dell’allestimento del tepidario, A 18 (fig. 4). Si è trattato di un’operazione di
restauro lunga e laboriosa, di cui si darà conto nella seconda parte del contributo, che si è avvalsa di numerosi

collaboratori, operanti sulla base di un attento coordinamento, che ha permesso di superare le non poche
difficoltà che un lavoro, ripreso dopo tanto tempo e da
nuovi tecnici, ovviamente comporta6.
Lo schema decorativo di base del soffitto, che
si trovava nell’intradosso della volta a botte 7, era costituito da lacunari contigui, campiti da una rosetta
a cinque petali, alternativamente bilobati o appuntiti
come in molte attestazioni coeve realizzate sia in marmo che in stucco. Ai lacunari, delimitati da cornici
plurime con ovoli e listelli, ad imitazione dei cassettoni marmorei, si alternavano i campi figurati, presumibilmente sei 8. Le scene all’interno di questi spazi
dovevano presentare una certa complessità con figure
poste su piani diversi, come risulta dai pannelli conservati (figg. 3.5 a-b, 3.6). Questi campi avevano dimensioni maggiori rispetto a quella dei cassettoni anche se la loro lacunosità non consente di definirne la
forma geometrica, quasi certamente rettangolare. E’
certo però, in base al frammento recuperato nel 1992
(fig. 5 a-b) che i campi più grandi fossero separati, in
senso verticale, da una sola fila di lacunari. La cornice

1

Panella, Medri 1985.
Bedello Tata 2004.
La misura dell’ambiente corrisponde

a circa 25 x 14 piedi (1 piede = 0,2965 m).
4
Ostia I, p. 8.
5
Sulle diverse fasi del lavoro di restauro, si veda il contributo di L. Spada, in
questa stessa sede.
6
A quanti hanno collaborato, nel
tempo, al recupero di questo materiale e
che, interni ed esterni alla Soprintendenza di Ostia, vengono citati nelle in calce al
contributo che segue, ognuno per il suo
prezioso apporto tecnico scientifico, va il
ringraziamento della Direzione Lavori, rappresentato da chi scrive e dalla restauratrice
Sig.ra Laura Spada.
7
La probabile altezza della volta è di
4.76 m al culmine, vedi parte I, capitolo
3, fig. 1.34.
8
Bedello Tata 2004.

2
3

Margherita Bedello Tata

204

9

Iacopi 1999, passim.
Baldassarre, Pontrandolfo, Rouveret,
Salvadori 2006, p. 307.
11
Moreno 1995, p. 289 ss.
12
Ronczewski 1903, pp.4-5, tav. I;
Rotili 1972, fig. 21, tavv. XX, XXI.
10

intorno ad essi, ispirata a prototipi architettonici, era

articolata in listelli, file di ovoli e fascia campita da
mensole alternate a elementi circolari. Una treccia a
due capi dipinta in rosso ed in azzurro, su fondo rosso,
divideva i lacunari e i campi figurati, secondo una trama regolare, come evidenzia il montaggio su supporto
dei vari frammenti (figg. 3.7-3.10).
Altri consistenti frammenti di diversa tipologia,
rinvenuti tra il 1968 e il 1992, restaurati e ricomposti recentemente, possono essere attribuiti a cornici
e fasce marcapiano dipinte con la stessa, vivace policromia che contraddistingueva la volta (fig. 11). I colori sono ancor oggi apprezzabili, nonostante i danni
causati dall’antico incendio che dovette interessare
l’ambiente lasciando ampie tracce di bruciato, più o
meno intenso e profondo. Là ove è stato possibile,
indagini di laboratorio hanno confermato quanto si
evince dall’esame autoptico: i lacunari presentavano
una base dipinta in rosso, giallo e blu, alternati in senso obliquo, dalla quale emergevano le rosette in stucco bianco. Analoga cromia distingueva anche il fondo
dei pannelli figurati, i capi e il fondo della treccia e
le fasce marcapiano. Il bianco delle parti in aggetto,
dunque, serviva a mitigare l’impatto delle tinte vivaci
e ad abbassarne i toni, come in altri complessi decorati
a rilievo e pittura, ove l’uso di colori squillanti esaltava
il bianco dello stucco. L’effetto, graficamente ipotizzato (fig. 12), doveva risultare particolarmente efficace

negli ambienti sotterranei o poco illuminati, destinati
ad essere, in tal modo, vivacizzati. Mutatis mutandis,
riferimenti possono trovarsi nella Domus Aurea 9 e in
ambienti ipogei come quello della Tomba dei Pancrazi
sulla via Latina, ove effetti di luce si ottenevano grazie
al contrasto tra colore acceso e bianco10. Può considerarsi degna di attenzione la verifica della presenza di
pigmenti costosi, come il rosso cinabro ed il blu egizio.
Delle due scene figurate, purtroppo lacunose, recuperate rispettivamente nel 1968 (fig. 13) e nel 1992
(fig. 5 a), quella più completa è dominata da un personaggio maschile barbato ad alto rilievo circondato da
figure la cui gestualità è resa praticamente illeggibile
dallo stato di conservazione del pannello e dalla perdita quasi totale delle aggettanze (fig. 6). La postura ed
il portamento della figura dominante dal nudo corpo
atletico e dalla fronte lievemente aggrottata rimandano a prototipi scultorei 11. Le figure ai lati, conservate
parzialmente e riunite, non senza qualche incongruità
nel corso dei primi restauri, non sono di grande aiuto:
alla sinistra del nudo virile emerge il volto di una figura di tre quarti, con corpo reso a basso rilievo e velo
con tracce di colore giallo (ocra) sul capo; alla destra
restano quattro figure, una delle quali, accostata al
personaggio barbato e resa con lo stesso rilievo, tocca
la spalla di un personaggio accucciato, di cui si conservano la sagoma ed il braccio sinistro. Nell’insieme

le figure sembrano porsi su due piani, in un gioco di
basso ed alto rilievo, creando l’illusione di una presenza
umana articolata nello spazio.
La lacunosità con cui è pervenuto il manufatto,
per alcuni versi più leggibile al momento della scoperta

(fig. 13), ma poco documentato per quanto concerne
il recupero dei vari frammenti ad esso pertinenti, rende impossibile, oggi, risalire alla scenografia di riferimento, per la cui ricomposizione si è fatto ricorso ad
una serie di proposte grafiche, basate sui dati di scavo
(fig. 15). L’ipotesi che il personaggio barbato, l’unico conservato quasi per intero, sia legato ad un tema
marino, appare plausibile, sia perché in linea con la
funzione termale dell’edificio, sia per via della sua
conformazione fisica, atletica ed imponente, ma non
aggressiva e l’aspetto della barba divisa in ciocche allungate, come fossero bagnate (fig. 14). La figura che
lo accosta alla sua destra ha perso, forse nel corso dello
stacco, un elemento distintivo del vestiario, che sembrerebbe una manica con orlo sfrangiato.
Purtroppo la ancor più vistosa lacunosità dell’altra scena recuperata nel 1992 (fig. 5 a-b) impedisce
di trovare un collegamento ideale tra i due episodi,
che, a rigor di logica, dovevano far capo ad un organico programma, forse ispirato al mito o a temi della
letteratura, comunque non in contrasto con la destinazione del complesso e i dettami della committenza.

Nella scena in oggetto due figure, delle quali una in
marcia verso sinistra a inseguimento di un’altra, di cui
restano solo elementi del panneggio, hanno perduto
ogni utile elemento di aggetto, conservandosi di esse
solo l’incavo per l’applicazione dell’amalgama in stucco
per plasmarne i corpi.
Tralasciando gli irrisolvibili problemi di interpretazione relativi alle due scene figurate superstiti,
pare comunque chiaro che tutti i frammenti descritti
si riferiscono ad un tipo di soffitto, ispirato, con poche varianti, alla decorazione dell’intradosso di archi
monumentali coevi, come quelli di Tito a Roma e di
Traiano a Benevento,che presentano, pur su un piano
di diversa monumentalità, un’analoga sintassi decorativa costituita da cassettoni definiti da cornici e trecce,
campiti da rosette ed interrotti da un campo decorativo
più esteso12.
Il contatto con le pareti doveva essere contrassegnato dalla presenza di un elemento marcapiano. Il
ritrovamento e la successiva ricomposizione, da frammenti, per circa 1,12 m, di un elemento aggettante con
retro piatto, ha costituito uno dei successi del recente
restauro (fig. 11 a-b). Lo stato di frammentazione dei
pezzi è tale da lasciare incertezze circa la loro precisa
collocazione, anche se essi sembrano potersi ricondurre

proprio ad una cornice di raccordo, modanata aggettante con fascia delimitata da ovoli con sottostante fascia
ad archetti ribassati (luce di 0, 37 m) sormontati da listelli e linguette. In un solo caso è possibile rimontare,
nel punto di incontro tra due archetti contigui, un capitello, segno probabile della presenza di una colonnina,
che, in via di ipotesi, poteva dirigersi verso la sottostante
decorazione parietale. L’elemento descritto conserva
consistenti tracce di pigmento rosso nell’intradosso
degli archetti.
Riconnettibile alla cornice descritta è una fascia azzurra delimitata da cornice (listello e ovoli su fondo
rosso), campita con girali e piccole figure in stucco

1. La decorazione in stucco del soffitto del tepidario, A 18

bianco. Una proposta per la ricostruzione dell’intero
partito architettonico è possibile solo in via ipotetica e
su base grafica (fig. 16).
Tra il restante materiale in stucco non ricomponibile, infine, sono alcuni frammenti, tra cui vale la pena
di citare, per la sua possibile pertinenza ad una delle
scene figurate, uno scudo(?), posto di tre quarti, con
tracce di colore giallo in superficie e decorazioni ovali
impresse in circolo.

Agli elementi del cassettonato e alle cornici marcapiano si possono ricondurre numerosi frammenti
minori: listelli, trecce divisorie, mensole, baccellature,
conservati dopo opportuna pulitura e consolidamento in cassette numerate e inventariate presso i magazzini ostiensi 13 Numericamente troppo esiguo per trarne delle conclusioni è un piccolo gruppo di frammenti
non riconducibili alle categorie individuate, benché
sembrino ad esse compatibili, come una serie di ovoli,
una mensola di dimensioni maggiori rispetto a quelle
attestate nelle cornici dei lacunari e dei campi figurati: sono tutti elementi che costituiscono l’indizio della
presenza di particolari architettonici o decorativi a noi
ignoti, forse anche una lunetta, la cui localizzazione
potrà trovare risposta solo dopo una eventuale ripresa
dello scavo e la conseguente raccolta esaustiva di tutto
il materiale pertinente il soffitto. Non è escluso che il
quadro proposto possa infatti complicarsi per la presenza di elementi più articolati rispetto a quelli finora
recuperati, come insegna la documentazione coeva 14.
Dalla raccolta di superficie del 1992 provengono infine frammenti pertinenti presumibilmente alla
decorazione parietale dell’ambiente, anch’essi divisi
e conservati per gruppi omogenei nei magazzini 15. Si
tratta di intonaci di colore giallo ocra omogeneo, con
fascia rossa, fascette policrome e decorazioni floreali e
di frammenti di intonaco di colore rosso con fascette
bianche, gialle e righe sottili gialle. Alcuni di essi, rossi, forse pertinenti alla zoccolatura, recano le tracce
della risalita dell’umidità. Tra i rari esemplari con elementi decorativi più definiti, si segnala un frammento
a fascette verdi, bianche e rosse, su fondo nero.
Mentre la lacunosità delle scene figurate presenti
nel soffitto e l’assenza di dati utili alla loro definizione,
non consentono al momento di individuare il programma decorativo di riferimento, la datazione del complesso
risulta più chiara, poichè trae conforto dalla cronologia
tardoflavia del primo impianto delle Terme del Nuotatore e dai numerosi confronti con altro materiale in stucco
proveniente per lo più da Roma.
Per quanto riguarda il primo punto, il tepidario,
A 18, è stato sempre parte integrante del percorso
termale e nulla osta a considerare la data di impianto
dell’edificio come l’immediato terminus post quem per
l’allestimento decorativo del vano. D’altra parte, valide conferme vengono dai confronti che fanno risalire
all’età neroniano-flavia i principali motivi di ispirazione, sia per l’opera nel suo insieme, che per le singole
componenti. Il confronto più diretto, anche per analogia con il materiale usato, è istituibile con il cassettonato in stucco che riveste il fornice dell’ arco quadrifronte

205

di Ercolano attribuito ad età tardoneroniana16. Nell’intradosso si dispiega tutto quel repertorio di cornici, mensole, trecce, rosette, analogamente declinato sul soffitto
ostiense. La scena centrale figurata, anche ad Ercolano
fortemente lacunosa, si inserisce in uno spazio quadrato,
delimitato da tre lacunari per lato.
Il ripetersi di trecce, mensole, cornici con ovoli e
listelli collega il soffitto di Ostia con altre attestazioni
dello stesso periodo: ad età neroniana è attribuito il
cassettonato a stucco di una tomba sulla via Nomentana, tagliato dai costoloni della crociera 17. La cornice
dei riquadri figurati trova puntuali confronti in cornici della Domus Aurea con mensole, listelli e ovoli18.
Plastica più disegnativa e sintassi più ariosa, ma analoga,
presentano gli stucchi della Domus Tiberiana, ove listelli,
file di ovoli e linguette, mensole alternate a elementi a
bottone ricorrono in cornici semplici o doppie con uso
diffuso del colore, giallo e rosso, sul fondo delle scene
figurate, dei pannelli e dei lacunari 19. Anche gli stucchi
che ornano l’intradosso dei tre fornici dell’ingresso nord
del Colosseo si ispirano al repertorio architettonico con
costolature, mensole di sostegno e di raccordo 20.
In area più prossima ad Ostia si può infine citare
la decorazione in stucco più articolata di una villa di
Castel Porziano, datata ad età neroniana 21 cui si fa riferimento per il ricorrere di analoghe cornici costituite da mensole e bottoni separatori, listelli e linguette.
Paralleli per la definizione ad archetti della fascia
marcapiano vengono da vari edifici di Pompei. Valga
quale esempio la cornice in stucco dell’edicola del larario della Casa dei Vettii (VI, 15, 1), con archetti sorretti
da mensoline 22, che documenta il successo di un motivo presente, anche successivamente, nella più tarda
decorazione della tomba dei Pancrazi sulla via Latina23.
Nell’opera di uno stuccatore pompeiano, attivo
su più cantieri, forse anche su quello del Sacello Iliaco (I, 6, 4), troviamo confronti per la sottostante fascia piana a sfondo azzurro campita da piccole figure
bianche 24.
Anche le testimonianze citate, dunque, confermano
la datazione proposta, che verrebbe a coincidere con il
primo impianto delle terme, attribuite ad età tardoflavia e con il contestuale allestimento dell’ambiente,
che sarebbe rimasto in funzione fino alla distruzione
per incendio.

1.1.1. Catalogo
A - Soffitto
Lo schema del soffitto 25 che certamente decorava una volta a botte, la cui altezza, dal pavimento al
culmine, è possibile calcolare in circa 4,76 m, è costituito da cassettoni quadrati di 0,47 m di lato, a fondo
alternativamente rosso, giallo e azzurro, delimitati da
cornici plurime (linguette e ovoli definiti da listelli),
campiti da rosetta a cinque petali cuoriformi o appuntiti. I cassettoni sono separati da una treccia a due capi,
dipinta in rosso e azzurro, su fondo rosso. La rete dei
lacunari è interrotta da pannelli figurati (sei?) che occupano lo spazio di almeno tre cassettoni in senso verticale

13
Si tratta di frammenti di stucco pertinenti la decorazione del soffitto e delle
cornici marcapiano, non ricomponibili, raccolti tra il 1968 e il 1992, riuniti in cassette
per gruppi omogenei: trecce correnti (Cassette 6, 13, 14, 15 a,b); parti di cassettonato
(Cassette 7, 12, 13, 16); elementi di cornice:
listelli e baccellature di diverse dimensioni;
mensole, appartenenti a cornici di diversa
grandezza (Cassetta 17); elementi figurati
non riconoscibili (Cassetta 9); frammenti
combusti (Cassette 10,19, 21).
14
Iacopi 1999, p. 73 sgg.
15
Anch’essi sono riposti in cassette
e suddivisi in sottogruppi, conservati nei
magazzini (Cassette 1, 2, 3, 4, 5, 22).
16
Mielsch 1975, taf. 32, 2, p.133.
17
Mari 1985.
18
Baldassarre, Pontrandolfo, Rouveret,
Salvadori 2006, pp. 219, 221.
19
Tomei 1996, taf. 59, 2-60, 3.
20
Dacos 1962, pp. 334- 355; Paparatti
1988.
21
Mielsch 1975, taf. 25, p.128.
22
PPP, V, p. 571, 167.
23
Mielsch 1975, taf. 82, 2.
24
Blanc 1995, figg. 1, 2, 4.
25
Il materiale più significativo relativo alla decorazione in stucco, che conserva
elementi utili alla definizione del soffitto,
recuperato e restaurato tra il 1968 e il 1992,
è stato inventariato e, all฀’ occorrenza, montato su nuovi supporti. Quando possibile
più frammenti sono stati assemblati in unico
pannello, conservando ciascuno il suo vecchio numero di inventario, se già presente.
Il restante materiale frammentario è stato
riunito per gruppi omogenei e sistemato in
cassette, con modalità presentate alle note
13 e 15. Le cassette sono depositate nel magazzino stucchi ad Ostia antica. Il materiale
montato su supporto è attualmente depositato in parte ad Ostia (1, 2, 4, 6 del catalogo),
in parte presso il Museo Nazionale dell฀’Alto
medioevo (3, 5).

Margherita Bedello Tata

206

per lato. La cornice di questi ultimi è costituita da doppio listello, fascia a mensole e bottoni, file di ovoli.
1) Su pannello in aerolam (2,04 x 2,79 m) sono
stati assemblati 3 frammenti, inv. 48304+48305+48303,
costituenti un’ampia porzione di soffitto, con fila di lacunari campiti da rosette (quattro più leggibili, tre parzialmente conservati e tre ipotizzabili da residui della
stessa cornice plurima: listello, ovoli, listello, linguette,
listello). Alle estremità del pannello si inseriscono due
campi più grandi (cornice a doppio listello e fila di ovoli tra listelli), di cui uno conserva traccia di rilievi figurati su fondo rosso. Una treccia a due capi, di colore
rosso e azzurro su fondo rosso, corre intorno ai campi.
L’aggetto delle rosette, di cui rimane l’impronta circolare per l’applicazione della forma plastica , è saltato,
mettendo in vista, in quattro casi, chiodi di sostegno in
ferro (fig. 7). Scavo anno 1968.
2) Su pannello in aerolam (1,46 x 1,17 m) è montato un frammento, inv. 48302, comprendente due lacunari contigui con residui di cornice (file di linguette,
ovoli, listelli) e di treccia corrente. Delle rosette centrali, su fondo giallo e azzurro, rimane l’impronta circolare
per l’applicazione della forma plastica. Sulla superficie
sono visibili le tracce delle ripartizioni geometriche del
cassettonato (fig. 8 a, b). Scavo anno 1968.
3) Su pannello in aerolam (0,59 x 0,76 m) è montato un frammento, inv. P 2547, comprendente un
lacunare a fondo rosso, che conserva parzialmente
la cornice, tre petali allungati della rosetta centrale e
della treccia divisoria su fondo rosso. Lacunoso, ben
conservata la patina originaria. Assenti i segni di bruciato
(fig. 9 a, b). Scavo anno 1968.
4) Su pannello in aerolam (1,18 x 0,88 m) è montato un frammento, inv. P 2540, comprendente due
lacunari contigui, molto lacunosi. Uno di essi, a fondo giallo, conserva la rosetta centrale con quattro dei
cinque petali bilobati e bottone inciso. L’altro, con
tracce di azzurro combusto sul fondo, conserva elementi pertinenti alla cornice mutila (fila di ovoli e di
linguette tra listelli). Tra i due lacunari resta traccia
dell’applicazione della treccia a due capi, conservata
per tre girali (fig. 10 a, b). Scavo anno 1968.
5) Su pannello in aerolam (1,85 x 1,56 m) è montato un grande frammento, inv. P 2541 con bordi
frastagliati, incompleto, comprendente due lacunari
contigui, molto lacunosi, di cui uno con impronta della rosetta, la treccia divisoria e l’attacco di due campi
più grandi di cui uno sicuramente figurato. Questo
conserva sul fondo tracce di preparazione grigia
propedeutica alla stesura di un colore (rosso?). Dal
fondo si staccava una figura di cui resta l’impronta,
gradiente o in corsa con braccio sinistro sollevato a
sostenere un elemento indistinto. È panneggiata con
mantello svolazzante. Davanti ha un’altra figura di cui
resta parte del mantello. Tracce di colore rosso e della preparazione grigia al colore di fondo campiscono
l’altro pannello figurato di cui resta parte minima del
campo. Tracce di colore rosso e azzurro restano sulla
treccia che posa su fondo rosso residuo (fig. 5 b). Scavo
anno 1992.

6) Su pannello in aerolam (1,80 x 1,17 m) è
montata una scena figurata, inv. 48301, derivante
dall’assemblaggio di più frammenti. Dei sei personaggi conservati, il più leggibile è un personaggio virile
con drappo sulla piega del braccio sinistro. Ha corpo,
nudo e atletico, reso ad alto rilievo, gravitante sulla
gamba sinistra. I capelli sono ricci e gonfi, la fronte è
aggrottata, la barba presenta ciocche ondulate quasi
incollate. Alla sua sinistra si distingue un personaggio
con mantello chiuso sotto il mento, in basso rilievo,
il volto emerge di tre quarti, con riccioli sulla fronte
e velo su cui restano tracce di colore giallo. Alla sua
destra gli si accosta con lo stesso rilievo, il braccio sinistro di un personaggio, manicato, che lambisce la
spalla di una figura sottostante accovacciata, la cui
sagoma si desume dal disegno delle gambe, graffite
sul fondo e dalla posizione del braccio sinistro ad alto
rilievo. Tra i due personaggi in piedi sembra leggersi un’altra figura. Una piccola testa è stata montata in
alto, alla destra del personaggio barbato: il suo posizionamento è discutibile e dovuto al primo intervento di
restauro. La fragilità del frammento ne ha sconsigliato lo
spostamento ed una ricollocazione, che sarebbe peraltro
incerta (figg. 3.6, 3.14, 3.16). Scavo anno 1968.
7) Frammento (0,38 x 0,30 m; spessore 0,185 m
ca) pertinente la volta rivestita e decorata a stucco, inv.
P 2542. Resta parte del supporto murario che ingloba
spezzoni di tufo, malta cementizia e strati di preparazione alla stesura dello stucco in graniglia grossa. In
superficie restano residui della decorazione: girali della
treccia a due capi e una piccola porzione della cornice
di uno dei campi più grandi. Scavo anno 1992.
8) Frammento della volta con parte del supporto murario, inv. P 2543, che include spezzoni di tufo,
malta cementizia e strati preparatori alla stesura dello
stucco. Della decorazione resta parte angolare di lacunare a fondo giallo con cornice plurima, un petalo
bilobato della rosetta centrale e residui di rosso alla
base della treccia, perduta. Scavo anno 1992.
9) Frammento, inv. P 2544, con parte di crollo del
soffitto (0,23 x 0,145 m; spessore da 0,14 a 0,16 m), collocabile all’inizio di una superficie curva, composto da
due parti che si sovrappongono. Sull’ultimo strato di
stucco restano tracce di un graffito per l’applicazione
di un elemento circolare. Scavo anno 1992.
10) Frammento, inv. P 2545, di un elemento figurato (0,155 x 0,10 m), forse uno scudo, pertinente
ad una delle scene figurate a rilievo, rappresentato
di scorcio. Dipinto originariamente di giallo, forse
per simulare il metallo, reca impressioni ovali lungo
il bordo ed al centro un elemento centrale rilevato,
forse una testa . Scavo anno 1992.

B - Cornici marcapiano
1) Parte di cornice marcapiano, inv. P 2539, in
parte ricomponibile da frammenti (0,17 x 1,125 m).
Definita da fila di ovoli con sottostanti archetti pensili
ribassati con bordo a listello e linguette. Resta l’attacco di un capitello o mensola all’imposta di due archetti
contigui. Tracce di pigmento rosso nel sottarco (fig. 11).

1. La decorazione in stucco del soffitto del tepidario, A 18

Forse a questa cornice si può riconnettere un ulteriore
frammento ad andatura angolare (cassetta 11 a). Scavo
anno 1992.
2) Parte di fascia ricomponibile da frammenti,
inv. P 2546. Compresa tra un listello dipinto in rosso
ed una fila di ovoli definiti da listelli, presenta colore
azzurro di fondo su cui è una decorazione a girali e
silhouettes dipinte (fig. 3.17). Forse alla stessa fascia
appartengono alcuni frammenti a fondo grigio-azzurro, campito con animaletti a rilievo in stucco bianco
(figg. 3.18, 3.20). Non è improbabile un collegamento
con la cornice marcapiano precedente. Scavo anno
1992.

1.2. Dalla parte del restauratore
Ridare capacità conoscitiva ed emotiva a frammenti
di varie dimensioni, e in parte illeggibili, è il momento
più intrigante del nostro mestiere di restauratore. L’operazione di ricostruzione diventa più articolata e complessa se non si dispone, come nel caso degli stucchi delle
Terme del Nuotatore, di una precedente ed esaustiva
documentazione sia grafica che fotografica.
I frammenti in stucco relativi alla volta a botte del
tepidario, A 18, furono recuperati in diversi momenti.
Il primo risale allo scavo eseguito nel 1968 dall’Istituto di Archeologia dell’Università di Roma La Sapienza, quando dei lacerti di stucco attaccati al frammento
di un volta in posizione di crollo (figg. 3.1, 3.2, 3.3,
3.13, 3.17) furono rimossi con ardue operazioni di
stacco. Queste furono necessarie per la messa in sicurezza delle opere, ma furono poco documentate a causa degli esigui spazi e del breve tempo a disposizione.
Dell’insieme della decorazione allora recuperata
facevano parte:
quattro frammenti 26 di grandi dimensioni (forse
in partenza un unico frammento suddiviso per
necessità tecniche durante lo stacco), con lacunari quadrati attribuibili alla volta, contornati
da cornici molto aggettanti con al centro una
rosetta e separati da una treccia;
un grande frammento con una scena figurata
(fig. 3.13);
tre frammenti di formato medio con parti di
decorazioni geometriche (lacunari) e altri di dimensioni minori all’epoca non inventariati.
Quasi tutti i frammenti recuperati presentavano
danni da combustione, causata sicuramente da un incendio che aveva danneggiato l’edificio. Gli stucchi
di grandi dimensioni furono posizionati, con tempi e
metodologie diverse, su supporti in vetroresina artigianali (fig. 3.21), tranne il frammento figurato, che,
unico recuperato con l’accenno della curvatura, fu
montato su un supporto autoportante di tipo industriale. Gli altri di formato medio e piccolo rimasero
inglobati nelle controforme in gesso usate per lo stacco e lasciati in depositi ricavati nel portico anulare del
teatro e solo recentemente montati su supporto. Gli
stucchi, in seguito alle operazioni di stacco, risultavano

fortemente degradati. Presentavano fenditure e sovrapposizioni di strati e molte zone illeggibili. Alcuni
frammenti con i lacunari completamente aggrediti dal
fuoco, si presentavano poco leggibili e molto lacunosi.
La parte di finitura finale antica non era più distinguibile
a causa dello spesso strato creato dai prodotti di combustione depositatisi sulle superfici degradate e usurate 27.
Le cornici aggettanti che contornavano i lacunari erano
per lo più mancanti, come la decorazione con rosette al
centro. Uno dei frammenti mancava completamente dello strato di finitura così da mostrare le tracce della lavorazione sottostante che definiva la partitura geometrica,
realizzata tramite battitura dei fili e incisione diretta. In
questo caso la superficie in stucco non presentava residui di depositi carboniosi, ma tracce di colore giallo su
parte del lacunare emergente. Nel frammento figurato
con personaggio virile molto aggettante affiancato da
una personaggio, forse femminile, a bassorilievo, le figure, lacunose, presentavano tracce di combustione più
leggere oltre a numerose fratture e abrasioni. Rimontato
nel 1978, vi si osservavano incongruenze nel posizionamento e nell’assemblaggio dei singoli frammenti che le
componevano (arti, parti di panneggio, frammenti di
decorazione), risultato del restauro seguito alle difficili
operazioni di stacco. Molte delle stuccature e ridipinture, eseguite dai restauratori obliteravano attacchi inesatti
delle residue parti del fondo della scena (fig. 3.19). In
generale pochi erano inoltre i lacerti di colore conservati
sia sulle superfici abrase e combuste dei lacunari e delle
decorazioni (trecce), che sul fondo delle scene figurate.
Sebbene molto difficile da individuare attraverso la semplice osservazione, la policromia degli stucchi fu confermata dalle successive analisi chimico-fisiche28. Erano visibili al centro sia dei lacunari che dei lacerti, attribuibili
a teste dei diversi personaggi, alcuni chiodi in ferro.
Il laboratorio di restauro della Soprintendenza
Archeologica di Ostia nel 1992, nell’ambito di una più
ampia attività di conservazione e restauro degli stucchi ostiensi, inserì questi frammenti in un programma
di revisione e manutenzione già avviato 29. In tale fase,
attraverso le sole operazioni di pulitura e consolidamento, si cercò di dare una prima lettura unitaria ai
pezzi eliminando lo spesso strato di nerofumo che
copriva le superfici degradate, i residui di colle e le
materie sovramesse. Inoltre i frammenti inglobati nel
gesso, furono staccati dalle vecchie controforme e
sottoposti a consolidamento e pulitura. Uno dei frammenti, facente parte di un lacunare, fu usato come modello in un progetto didattico 30, svolto in parallelo dallo
stesso laboratorio di restauro con il fine di illustrare e
ripercorrere le fasi della lavorazione dello stucco antico e le sue tecniche conservative. In questo contesto il
frammento fu montato su supporto autoportante a nido
d’ape (Aereolam) mentre la copia in stucco (fig. 3.5 a-b.,
3.17) fu utilizzata per approfondire la conoscenza dei
tempi e dei modi della lavorazione antica.
Sono di questi anni la prima completa documentazione fotografica31, le prime indagini sulla tecnica
esecutiva attraverso sezioni stratigrafiche, le analisi chimico-fisiche, la documentazione grafica puntuale dei

207

26
I frammenti, dopo le operazioni di
conservazione seguiti allo stacco furono
inventariati e montati su supporti, vedi il
precedente contributo di Margherita Bedello Tata.
27
Il fuoco si sviluppò durante o dopo
la fase di distruzione, come dimostrano i
depositi carboniosi presenti all’interno di
fenditure, lacune e mancanze preesistenti.
28
Analisi eseguite dal laboratorio
Arte Lab. srl di Lidia Vero Barcellona.
La campionatura è stata prescelta per individuare i pigmenti, la stratigrafia degli
stucchi e l฀’uso di possibili sostanze organiche. In relazione ai pigmenti, sono stati
riconosciuti, nei seguenti frammenti: inv.
48303 nero fumo, azzurrite, tracce di ocra
gialla, tracce di terra verde, calce carbonatata; inv. 48302 ocra gialla, nero fumo calce
carbonatata; inv. 48301 arsenito di rame,
azzurrite, smalto, calce carbonatata; inv.
48301 ocra gialla, tracce di malachite, nero
di combustione, calce carbonatata. Dalle
analisi non sono emerse tracce di sostanze organiche usate come legante mentre
la presenza dell’arsenito di rame, colore
moderno, conferma con certezza un intervento di ridipintura moderna.
29
Bedello Tata, Spada 1988.
30
Laboratorio stucchi, organizzato
dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia (M. Bedello Tata, L. Spada, C.
Belfiore, A. Duranti) con il settore cultura
del Centro Socioculturale del Ministero
per i Beni culturali, 1992.
31
La documentazione fotografica è
stata eseguita negli anni da: Alfio Pittiglio,
Ferdinando Provera, Laura Spada della
Soprintendenza per i Beni Archeologici di
Ostia e Paola Conti per la Ditta Tecnicon.

Laura Spada

208

32
La documentazione grafica in questa
fase è stata effettuata dallo studio Treerre di
Giuseppe Tilia.
33
Il lavoro diretto da Margherita Bedello Tata per l’aspetto archeologico e da
chi scrive per il restauro, si è avvalso della
collaborazione assidua e attenta sia in laboratorio che sullo scavo di Chiara Belfiore e
Antonella Duranti.
34
Vedi il precedente contributo di
Margherita Bedello Tata.
35
Vedi, ibidem.
36
Realizzato dalla Ditta Franco Rigamonti s.a.s.
37
Ditta di restauro Enrico Leoni.
38
Le campiture rimaste sono la preparazione alla stesura di pigmenti particolari quali: l฀’azzurrite o lo smalto in piccole
quantità sono state individuate nelle analisi
campione 3 dal frammento inv. 48301. La
campitura di base era costituita da nero
fumo e calce carbonatata. Tra i neri descritti da Vitruvio è il nero fumo o Atramentum
che si otteneva bruciando della resina in
una fornace. Bruciando, la resina, affumicava le pareti e di seguito se ne raccoglieva
il fumo. La sua tonalità ha una tendenza
all฀’azzurro, mescolata con i bianchi dà grigi
freddi e utili per certe tinte grigiastre.
39
Restauro eseguito dalla ditta Tecnicon
40
Disegni eseguiti dallo Studio Arch.
Mariateresa Serafini.
41
Questo tipo di selezione preliminare in base al soggetto e l’inventariazione
di tutti i manufatti, formulando già in partenza l’฀ipotesi sulla loro possibile collocazione attraverso uno schema grafico, è stata
già messa in atto per ricomporre il soffitto
delle Terme dei Cisiarii con ottimi risultati,
Bedello Tata 2010.
42
Aereolam: pannello in nido d’ape
di alluminio con finitura in vetroresina di
vario spessore.
43
Le scialbature, una costante degli
stucchi antichi, sono la dimostrazione della pratica di mantenere le superfici protette e pulite. Spesso la scialbatura è stata
data come finitura a pennello ed è individuabile solo nelle parti salvate dal degrado. Vitruvio dice che dealbare฀ significa
imbianchire con uno strato di calce liquida, che costituisce l’฀intonaco più semplice
e corrente.
44
Da sempre le lacune hanno un loro
significato e un loro valore, appartengono
alla storia del manufatto e non necessariamente debbono essere integrate.

pezzi, in collaborazione con il disegnatore32, e i tentativi di ridare forma e collocazione agli stessi con ipotesi
ricostruttive della volta e delle sue possibili ripartizioni.
In seguito a ulteriori sopralluoghi, effettuati sempre nel tepidario, A 18, dal nostro gruppo di lavoro33,
volti a verificare l’ipotesi ricostruttiva del complesso in
stucco, si rinvennero e recuperarono altri materiali che
andarono ad aggiungersi a quelli dello scavo del 1968:
un grande frammento con lacunari e parte di
scena figurata, recuperato in aderenza ad una
delle grandi porzioni di crollo della volta, ancora sul posto ed in parte interrato (figg. 3.5a,
3.27);
frammenti di dimensioni minori con tipologie
di decorazioni diverse da quelle recuperate nel
precedente scavo del 1968 (archetti, cornici,
ovoli, mensole, listelli etc.) immagazzinati in 18
cassette34;
frammenti di pittura murale con decorazioni e
campiture colorate di varie tipologie e di piccole
dimensioni raccolti in 6 cassette35.
Il frammento più grande venne velato (fig. 3.20),
staccato e prontamente consolidato, all’interno di
controforme per mantenerne la curvatura originaria
e recuperare, così, questo dato fondamentale per la
ricostruzione. Di seguito fu approntato un supporto
provvisorio costituito da tele e resine acriliche in soluzione acquosa, sostituito, nei primi anni 2000, da
un supporto autoportante in fibra di carbonio 36. A
questa operazione seguirono, sotto la direzione della
Soprintendenza, la pulitura, il consolidamento della
struttura, la ricomposizione e il recupero estetico attraverso un attento lavoro filologico 37. Le operazioni
sono state ampiamente documentate sia graficamente
che fotograficamente in previsione del reinserimento di
questo e degli altri frammenti in un quadro più ampio
di ricostruzione dell’insieme decorativo.
Il grande frammento di stucco citato presentava lo
stesso degrado già osservato sui grandi frammenti recuperati nello scavo del 1968. Solo la zona relativa alla
decorazione geometrica era coperta da prodotti di combustione. La porzione di scena figurata era costituita dalle sole impronte di personaggi e panneggi nello stucco
di finitura. Lo stucco di fondo delle scene era preparato
con campiture grigie-azzurre38. Tracce di colore rosso erano distinguibili sulle trecce intorno ai lacunari.
Tutti gli altri frammenti, recuperati in questa seconda
fase, apportano molti elementi di novità anche perché
appartenenti ad altre parti della struttura. Tra questi, i
frammenti di una grande cornice sostenuta da archetti,
con tracce di combustione e superficie decoesa, conservavano resti evidenti di colore rosso vivo nella fascia sottostante gli archetti (fig. 3.11). Sono ancora da citare altri
due frammenti di decorazione con parte della stratigrafia
degli intonaci della volta e piccoli frammenti molto degradati (forse parte di una fascia) con residui di colore
azzurro su una preparazione grigia con tracce di piccoli
animali in stucco bianco.
L’individuazione di tutti i piccoli e grandi segni
presenti sulla superficie degli stucchi ha permesso di

indirizzare le indagini diagnostiche per l’individuazione delle cause del degrado, la tecnica e, di seguito, la
metodologia più opportuna d’intervento. Pertanto nel
2008 con fondi ordinari si è finalmente realizzato, attraverso la stesura di un progetto, il restauro 39 di tutti i
frammenti, elaborato tenendo conto degli importanti
dati emersi negli ultimi ritrovamenti. Per questo è stato necessario radunare in un unico ambiente tutto il
materiale, il che ha permesso una valutazione attenta
dello stato di conservazione con l’ausilio della corposa documentazione grafica e fotografica effettuata
nel corso degli anni. Tale valutazione ha richiesto la
produzione di ulteriore documentazione grafica di
raccordo 40 finalizzata alla definizione del restauro,
alla possibile ricomposizione del soffitto e alla formulazione di ipotesi più puntuali di restituzione.
Per realizzare la ricostruzione che si presenta in
questa sede è stato necessario procedere, sulla base
delle prime ipotesi grafiche (fig. 3.12), alla suddivisione dei frammenti in nuclei tipologicamente individuati (colori, parti di panneggi, perlinature, ovoli, tralci)
e in aree tematiche (soffitto, scene con figure, fascia,
cornice marcapiano, pareti) 41. La suddivisione degli
insiemi ha permesso di meglio organizzare la materia
e di meglio comprendere i motivi decorativi, agevolando il lavoro del restauratore, dell’archeologo e del
disegnatore nel riconoscimento e riposizionamento
dei frammenti, così da pervenire all’ipotesi ricostruttiva presentata in precedenza.
Come si evince dalle riproposizioni grafiche e
dalla documentazione, la frammentarietà dei ritrovamenti, insufficienti per una ricostruzione compiuta
della decorazione, non permette di stabilire con certezza il numero dei riquadri che componevano il soffitto. L’unica ricomposizione possibile, su base grafica
poggia su alcuni frammenti, con lacunari e parti di
scena, staccati nel 1968 che conservavano attacchi evidenti. L’intervento recente ha permesso di collocare
questi frammenti dallo scavo 1968, su unico supporto
autoportante in vetroresina (fig. 3.21). I frammenti,
precedentemente rimossi dai vecchi supporti ormai
fatiscenti e sostenuti dal solo «strato di intervento»
costituito da tela di canapa e caseato di calce, sono
stati posizionati sulla superficie del pannello precedentemente preparato (Aerolam) 42. La loro esatta posizione è stata definita sulla base delle misure modulari
dei lacunari e delle scene. I frammenti sono stati allettati con malta composta da inerti, grassello di calce e
resine acriliche in emulsione. Prima di restituire unità
di lettura agli stucchi è stato necessario effettuare una
ulteriore e più attenta pulitura delle superfici con tamponi e impacchi di soluzioni leggermente basiche, con
tempi di contatto nell’ordine di minuti al fine di non
indebolire uno strato molto abraso e fragile. La pulitura, così condotta ha permesso di leggere i residui di
policromia non alterati dalla combustione e di verificare l’esistenza di scialbature 43 sulla stessa superficie.
Le lacune 44 sono state stuccate in sottolivello
con uno strato di malta simile come aspetto a quella
già utilizzata per il grande frammento posizionato su

1. La decorazione in stucco del soffitto del tepidario, A 18

supporto nel restauro del 2000. La finalità del restauro estetico così realizzato è stata quella di riconferire
all’insieme compattezza attraverso l’uso di leggere
velature, stese su tutte le zone abrase, limitando le integrazioni all’interno di zone più complete e leggibili.
I frammenti con lacunari non inseribili nella ricomposizione sono stati posizionati su supporti autoportanti in Aerolam, con la stessa tecnica sopra descritta
(figg. 3.8-3.10). Contestualmente è stata risolta anche
la parte restante dell’apparato decorativo non meno
importante e direttamente collegata ad una nuova lettura degli stucchi. Non pochi problemi ha causato la
scena figurata mal assemblata al tempo dello stacco.
Dopo un attento studio da parte del restauratore, essa
è stata in parte distaccata dal supporto e risistemata
correttamente per quanto possibile con l’uso di perni
in plexiglas (personaggio centrale, braccio del personaggio seduto e braccio del personaggio stante) sulla
base di un’attenta documentazione grafica di supporto (rilievo su acetato e la mappatura per punti). Il pannello di supporto, a suo tempo realizzato, non è stato
sostituito perché ancora funzionale, ma solo modificato
e ingrandito con inserti di Aereolam secondo le nuove
misure 45 scaturite dalla ricostruzione grafica (fig. 3.6).
Anche in questo caso la pulitura ha messo in evidenza
tracce di policromia sul manto del personaggio seduto
(azzurrite) e sul personaggio velato (giallo) che affianca la figura centrale. La cornice marcapiano, costituita
da modanature baccellature e archetti, è stata pulita e
consolidata. I vari frammenti, dove possibile, sono stati
riassemblati e, mediante un ridotto attacco, collegati ai
frammenti di una fascia sottostante costituita da una
cornice lievemente aggettante rossa chiusa da una linea
bianca e parte di decorazione incisa su un fondo grigio
con lacerti di azzurro combusto, di cui rimangono pochi resti molto degradati. Rari frammenti raffiguranti
piccoli animali, analoghi come preparazione (grigia46
con tracce di azzurro) alla fascia sopra descritta, definiti
da una doppia modanatura sottile, sono stati consolidati in attesa di trovare una connessione con le fasce
individuate, impossibile allo stato attuale. I frammenti
non ricomponibili, distribuiti per aree tematiche, sono
stati sistemati in cassette e schedati.

1.2.1. Alcune note sulla tecnica di esecuzione
degli stucchi
L’attenta osservazione, confortata dalle risultanze
delle analisi chimico-fisiche, ha consentito di attingere preziose notizie relative alla tecnica dello stucco.
Partendo dalle tracce di preparazione ancora adesa
a frammenti di stucco appartenenti alla volta, è stato
possibile leggere la stratigrafia iniziando dall’opus coementicium, sul quale veniva steso l’arriccio. Su questo
era steso uno strato bianco costituito da calce e polvere di marmo di granulometria media. La malta sembra
essere di buona qualità, non sono presenti all’interno
inclusi vegetali, usati in genere per rallentarne la presa.
Sulla superficie ruvida di questa preparazione solamente
frattazzata, sono visibili le tracce lasciate dai chiodi, dalla
battitura dei fili e dal compasso per disegnare le partiture

geometriche del soffitto nonché le tracce dell’impronta
della mano dell’artigiano. E’ altresì evidente la sequenza
ulteriore della messa in opera di cornici, trecce e ovoli
composti da stucco di granulometria fine, eseguiti con
stampi e raffetti, sulle quali è stato dato un ulteriore strato di calce, quasi pura, a pennello. All’interno delle cornici dei lacunari e delle scene, sono state preparate con
malta sempre di granulometria fine di seguito levigata,
le superfici dove lo stuccatore-tector 47 con incisione diretta ha tracciato il segno per l’inserimento della rosetta
o disegnato le figure che avrebbe realizzato subito dopo
in stucco. Sullo strato di finitura sono stati stesi i colori,
tinte contrastanti e vivaci come il rosso, il blu e il giallo,
prima ancora di definire le masse in stucco48, come attestato nei lacunari, dove si alternano con una sequenza
diagonale azzurrite, ocra rossa e ocra gialla49 (come documentato dalle analisi del pigmento).
Le trecce in stucco eseguite a stampo, di colore
azzurro, spiccano su un fondo in terra rossa, che ne decora anche la parte centrale da cui emerge un bottone
in stucco. I fondi all’interno delle scene figurate, campiti da una preparazione molto leggera di colore grigio
azzurro a base di nero vegetale e calce carbonatata, fanno da base alla stesura dell’azzurrite o del cinabro 50 di
cui sono state trovate tracce in due diversi frammenti
di scena. Le figure in stucco bianco, che emergono da
questi fondi vivaci, hanno vesti colorate sempre con i
toni del giallo, dell’azzurro e del verde.
Per la realizzazione delle figure aggettanti, non
sembra essere stata creata una armatura, solo in alcuni
frammenti di teste è presente la parte superiore di un
chiodo al centro dell’amalgama (fig. 3.22). Per organizzare lo spazio da decorare lo stuccatore incise con
una punta lo strato di finitura ancora umido, di seguito tolse all’interno della sagoma parte dello strato
di intonaco e parte di arriccio per ricavarne un vuoto
dove alloggiare il primo strato di stucco di grossa granulometria e dalla forma non ben definita. Questa preparazione aveva la funzione di sostegno all’ultimo strato
di finitura che l’artista avrebbe modellato con le mani,
la stecca e il pennello, utile a rifinire la superficie. Nel
caso degli stucchi delle Terme del Nuotatore le figure
aggettanti si presentano come «gusci vuoti», mancando
del tutto il nucleo grossolano che le sosteneva (fig. 3.23)
e che probabilmente nello stacco non fu prelevato o si
frantumò nel crollo. Per questo non è stato possibile
verificare all’interno la presenza di chiodi in ferro messi
nell’intonaco a sostegno dell’insieme plastico.
La scialbatura di finitura che ancora si legge su
superfici limitate della decorazione geometrica era
l’operazione ultima per coprire i piccoli difetti della
lavorazione a stampo (fig. 3.24).

209

45
A seguito dello studio ricostruttivo
dello Studio dell’Arch. Mariateresa Serafini, ci si è resi conto che lo spazio occupato
da ogni scena corrisponde alla larghezza di
tre lacunari e di due per l’altezza.
46
Frammento in cui è stato individuato lo smalto insieme all฀’azzurrite. Lo
smalto è un colore di origine antica usato presso i greci e romani sotto il nome di
fritta di Alessandria. Si otteneva macinando rena con fior di nitro finissimo a volte
mescolato a raschiatura di rame. L’impasto

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