Stabilitas nella tradizione manos cattolica

«Stabilitas» nella Tradizione Cattolica
Walter Vassallo ofm

Roma 2015

Indice
Abbreviazioni........................................................................................................................3
Prefazione..............................................................................................................................1
«Stabilitas» nella tradizione cattolica.................................................................................2
La Sacra Scrittura..............................................................................................................2
La Chiesa antica.................................................................................................................3
La svolta del monachesimo...............................................................................................4
Gli Ordini mendicanti........................................................................................................6
I Chierici Regolari.............................................................................................................7
Le Congregazioni moderne e l’epoca contemporanea.......................................................8
Il magistero ecclesiastico negli ultimi cinquanta anni.......................................................8
Conclusione.....................................................................................................................10
Bibliografia..........................................................................................................................11

2


Abbreviazioni
Adhort. ap.

Adhortatio apostolica

BF

Bullarium Franciscanum Romanorum Pontificum

CIC

Codex iuris canonici, auctoritate Ioannis Pauli Papae II promulgatus

CIVCSVA

Congragatio pro Institutis vitae consecratae et Societatibus vitae
apostolicae

Const. ap.


Constitutio apostolica

Const. dogm. Constitutio dogmatica
CpC

Congregatio pro Clericis

Decr.

Decretum

DIP

Dizionario degli Istituti di Perfezione

Ep.

Epistula

IVC


Istituti di vita consacrata

LG

Const. dogm. Lumen gentium

Litt. enc.

Litterae encyclicae

m. p.

Motu proprio

OT

Decretum: Optatam Totius

PC


Decretum: Perfectae Caritatis

PI

Normae Directivae: Potissimum institutioni

PL

Patrologiae cursus completus: series latina

RC

Istruzione: Renovationis Causam

RegBen

Regula Sancti Benedicti

RegBull


Regula Bullata

RFIS

SCEC, Ratio fundamentalis institutioni sacerdotalis (19 mar. 1985)

RipC

CIVCSVA, Istruzione: Ripartire da Cristo

RnB

Regula non Bullata

SCEC

Sacra Congregatio pro institutione Catholica

SVA


Società di vita apostolica

VC

Adhortatio apostolica Vita consecrata

VFC

CIVCSVA, La vita fraterna in comunità. «Congregavit nos in unum Christi
amor»

3

Prefazione
Vita consecrata per consiliorum evangelicorum professionem est stabilis
vivendi forma qua fideles, Christum sub actione Spiritus Sancti pressius
sequentes, Deo summe dilecto totaliter dedicantur, ut, in Eius honorem
atque Ecclesiae aedificationem mundique salutem novo et peculiari titulo
dediti, caritatis perfectionem in servitio Regni Dei consequantur et,

praeclarum in Ecclesia signum effecti, caelestem gloriam praenuntient1.
Il primo canone della sezione De institutis vitae consacratae dichiara che la vita
consacrata è una stabilis vivendi forma. Ciò implica che la dimensione di stabilità è
importante per la vita consacrata.
Poco si è scritto su questa dimensione negli ultimi decenni anche se alcuni aspetti
della stabilità, come la perseveranza e la fedeltà, sono tematiche molto pertinenti alla vita
consacrata2. In questo breve articolo si desidera fare luce su come la parola «stabilità» si è
usata nell’ambito della fede cattolica.

1

CIC, can. 573 §1.

2

Cfr. C. BROVETTO, Il problema della stabilità della vita religiosa, in: Vita Religiosa, an. 6
(1970), p. 203-214, uno dei pochi articoli che riguarda il tema della stabilità in modo diretto.

1


«Stabilitas» nella tradizione cattolica
«Stabilità» significa «essere stabile». L’aggettivo «stabile» denota diversi
significati come ben saldo, fisso o inamovibile. Usato in senso figurativo significa
durevole, costante, permanente, duraturo o non variabile3. Ci si chiede in quale senso la
parola «stabile» viene usata nell’ambito ecclesiastico.

La Sacra Scrittura
Nei libri storici l’aggettivo stabilis, con tutte le possibili varianti, viene usato per
indicare la promessa che Dio fa a Davide: «stabiliam thronum regni eius usque in
sempiternum»4, un trono che sarà «firmissimus in perpetuum»5. L’azione è di Dio, è Lui
che renderà stabile il suo regno e la sua discendenza6. È qualcosa di duraturo e perpetuo,
ben saldo ma non fisso, permanente ma variabile — in quanto sia il re sia il territorio del
regno cambieranno.
La distruzione del tempio e l’esperienza dell’esilio in Babilonia minacciarono la
fede del popolo d’Israele in Dio e nelle sue promesse. In questo contesto il profeta Isaia
sollecita il popolo a pregare con insistenza finché Dio non abbia ristabilito Gerusalemme 7.
Allora il popolo gioirà nel vedere Gerusalemme riedificata 8 e tramite l’opera restauratrice
di Dio, le antiche promesse di un regno duraturo e permanente si riavverano.
Nei libri sapienziali stabilis è usato per qualificare l’azione creatrice di Dio. Dio ha
fondato la terra su una base stabile, che non potrà mai vacillare 9. Il senso che esprime è

quello di ben saldo, fisso.

3

Cfr. N. ZINGARELLI, Lo Zingarelli minore. Vocabolario della lingua Italiana, Bologna 121995.

4

2 Sam 7, 13; Cfr. 2 Sam 7, 16. 26; 1 Cr 17, 11. 16-17; 1 Re 2, 45; 11, 38, l’edizione usata è la
Nova Vulgata in virtù del carattere di autenticità e ufficialità datagli dal Supremo Legislatore
(Cfr. IOANNES PAULUS II, Nova «Vulgata»; BENEDICTUS XVI, Liturgiam authenticam, 24. 37).

5

Cfr. 1 Cr 17, 14.

6

Cfr. 2 Sam 7, 13-16.


7

Cfr. Is 62, 6-7, «Qui commonetis Dominum, ne taceatis et ne detis silentium ei, donec stabiliat
et donec ponat Ierusalem laudem in terra».

8

Cfr. Is 45, 13; 58, 12; 61, 4.

9

Cfr. S 140, 5; Pr 3, 13; Sir 42, 14.

2

In confronto con l’empietà, la sapienza è stabilis10. Il sapiente sarà saldo quando
confronta l’empio e avrà una base sicura nelle vie che percorre11. Il re saggio renderà il suo
popolo saldo nella sua terra e gli porterà la salvezza12.
Nel Nuovo Testamento, Pietro scrive alla Chiesa perseguitata di Roma: «resistite
fortes fide»13. Paolo esorta i Corinzi a rimanere saldi e irremovibili nella fede e nell’opera

del Signore, anche se è faticoso14. Esorta i Colossesi di rimanere «in fide fundati es stabiles
et immobiles a spe evangelii»15. La fermezza nella fede è resa possibile dalla morte di
Cristo in croce, la fede in Lui rappresenta la perla preziosa (Cfr. Mt 13, 45-46) per cui vale
la pena lottare al fine di custodirla. Era un periodo in cui i Cristiani erano una minoranza in
mezzo ad una cultura pagana o giudaica. In questo contesto «stabilis» si usa per indicare la
fermezza di fede, malgrado le altre culture e le altre religioni. Ciò comporta un sacrificio
da parte del credente ma la morte di Cristo sulla croce e la speranza data dal vangelo
rafforzano il fedele per perseverare.

La Chiesa antica
L’importanza di ‘stare fermi nella fede’ fu accentuata con le persecuzioni che
accompagnarono i primi tre secoli di Cristianesimo. San Cipriano, considera il mondo
come un campo di battaglia16 nel quale i soldati di Cristo devono rimanere «fortes et
stabiles»17 nella fede. La fede salda dei confessori e dei martiri rafforza i fedeli affinché
anche loro perseverino sino alla fine18: «ut incorruptam fidei firmitatem non blanditiae
decipiant, non minae terreant, non cruciatus ac tormenta devincant, ‘quia major est qui in
nobis est quam qui est in hoc mundo’»19. Le sofferenze e le torture subite non dovrebbero
condurre al rinnegamento della fede ma a procedere più speditamente verso Dio20.

10 Cfr. Sap 7, 23.
11 Cfr. Gb 11, 15; Pr 4, 26; Sap 4, 3.
12 Cfr. Sap 6, 24; Sir 10, 1.
13 1 Pt 5, 9.
14 Cfr. 1 Cor 15, 58, «Itaque, fratres mei dilecti, stabiles estote, immobiles, abundantes in opere
Domini semper, scientes quod labor vester non est inanis in Domino».
15 Col 1, 23.
16 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. VI, 2.
17 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. VIII.
18 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. III, 1; VIII.
19 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. VIII, “Che nessuna lusinga possa ingannare l’incorruttibile
fermezza della vostra fede, nessuna minaccia vi terrorizza, nessuna sofferenza o tortura vi
sopraffà, perché ‘più grande è colui che è in noi, che colui che sta nel mondo’ (1 Gv 4, 4)”.
20 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. VIII, «non ut stantem fidem dejiceret, sed ut homines Dei
ad Dominum velocius mitteret».

3

Cipriano esorta il suo gregge a seguire l’esempio dei martiri che si dimostrarono
«in fide stabiles, in dolore patientes, in quaestione victores»21. I martiri sono quelli che
hanno perseverato sino alla morte, mantenendo costante la loro fede 22. La lotta della fede,
preannunciata dai profeti, iniziata da Cristo, combattuta dagli apostoli, viene espressa
tramite le parole di Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa,
ho conservato la fede» (2 Tim 4, 7)23. I Cristiani che sono rimasti fedeli nella persecuzione
costituiscono il gruppo degli stantes, in opposizione ai lapsi24.
In un tempo di persecuzione, essere stabiles significa ‘rimanere forti in tempo di
avversità’. È sinonimo di costanza e perseveranza nella fede cattolica. Un perseverare,
dunque, in vista di un bene da custodire: la fede.
La persecuzione non è l’unica minaccia da cui i fedeli devono preservarsi. C’è il
rischio di eresia, di scisma e di cattiva condotta 25. Anche contro questi nemici dell’anima il
cristiano deve rimanere stabile. In un simile contesto, le parole stabilitas e stat acquistano
il significato di ‘rimanere nella Chiesa Cattolica’26, senza discedere o recedere27. Questo
uso viene accentuato da San Cipriano nel trattato De Unitate Ecclesiae28.
Secondo Cassiano l’instabilità di mente e cuore è conseguenza del vizio di
accidia . Il vizio non solo rende l’anima inquieta ma rende il monaco «instabile e
errabondo»30. Corrobora questo significato s. Benedetto nella Regola: «numquam stabiles,
et propriis voluntatibus et gulae illecebris servientes»31. In confronto, riferita alla vita
spirituale, stabilis delinea un senso di tranquillità d’animo32.
29

La svolta del monachesimo
Il monachesimo cambierà il significato di stabilis: «non si tratta più di essere
stabile moralmente nella fede e nella virtù, o nei propri pensieri o sentimenti, ma di
21 CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. VIII.
22 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. XXXVII, 1, «Usque ad mortem fidele et stabiles et
inexpugnabiles perseveraverunt».
23 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. VIII.
24 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. XXVII, X-XII.
25 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. XL, XLIV, XLVI, XLVII, LVI.
26 Cfr. CYPRIANUS CARTHAGINENSIS, Ep. LV.
27 Cfr. A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 107.
28 Cfr. A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 107.
29 A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 107-108.
30 A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 107.
31 BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, I, 11.
32 Cfr. A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 107.

4

esserlo anche materialmente, rimanendo nel monastero dove si è entrati»33. Il male contro
cui perseverare non è il persecutore della vita fisica ma quello dello spirito: il proprio
peccato e il diavolo. Il monaco è chiamato a perseverare in questo combattimento
spirituale. Come aiuto materiale egli sceglie di vivere stabilmente in un solo luogo fino alla
morte34. La stabilitas acquista una dimensione esterna35.
San Basilio stabilisce che i monaci devono impegnarsi a vivere nello stesso luogo;
al monaco non è consentito andarsene se non in casi speciali. I Concili di Calcedonia,
Nicea II e Costantinopoli I e II continuarono ad insistere sul fatto che il monaco doveva
rimanere nel monastero in cui era entrato 36. Anche le autorità civili intervennero per
regolare il movimento dei monaci; Giustiniano, nella quinta Novella, prende misure contro
il monaco che si trasferisce in un altro monastero, interpretato come segno di incostanza e
volontà malferma37.
In occidente la vita monastica venne plasmata dalla Regula Magistri e la Regula
Benedicti38. San Benedetto usa la parola stabilitas solo in riferimento a due situazioni
specifiche: quando parla di monaci girovaghi39 e dell’accoglienza dei nuovi aspiranti40.
L’operare verso Dio richiede costanza e perseveranza41, perciò il probando deve
dimostrare che vuole perseverare nella stabilità prima di essere accolto alla professione 42.
Nella Regola Benedettina l’impegno di stabilità non rimane un’esortazione ma viene
professata in modo solenne: «promittat de stabilitate»43. Diventa «un articolo formale del
patto concluso con Dio»44. Perseveranza nella vita monastica e permanenza in un
determinato monastero diventano due facce della stessa moneta: stabilità sia interiore sia
esteriore.

33 A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 108.
34 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, Prologus, n. 50, «in eius doctrinam usque ad mortem in
monasterio perseverantes».
35 Cfr. A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 108.
36 J. ŘEZÁČ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 106.
37 Cfr. IUSTINIANUS, Novellae Iustiniani, Nov. 5, cap. 7, p. 33, «Erronea namque talis est vita
monachica, nullatenus tolerantiae proxima, neque constantis et persistentis animae, sed
iudicium habens circumlatae et aliunde alia requirentis».
38 Cfr. A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 110.
39 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, I, 11; LXI, 5. 12.
40 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, IV, 78; LVIII, 9. 17; LX, 8.
41 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, Prologus, 4. 50.
42 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, LVIII.
43 BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, LVIII, 17-18.
44 A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 110.

5

L’instabilità di luogo dei monaci girovaghi indica un carattere dominato dai propri
desideri: «semper vagi et numquam stabiles, et propriis voluntatibus et gulae illecebris
servientes»45. Per questo li considera come la peggior categoria di monaci. Il rimedio per il
monaco girovago è la sua volontà di vivere stabilmente in un monastero 46. Pertanto, una
simile richiesta non deve essere rifiutata dall’abate a meno che il monaco non sia pieno di
pretese o difetti47.
La stabilitas loci ha come fine la salvaguardia del progresso spirituale del monaco:
la «conversione morum suorum»48. La stabilità di spazio in un solo monastero per tutta la
vita vuole rendere possibile la conversione continua 49 che lo dovrebbe portare all’apice
della perfezione50. Stabilità perciò non intesa come immobilità, visto che il monaco è
chiamato ad un vero combattimento spirituale 51, richiedente energia e coraggio52. La
stabilità, così espressa, vuole proteggere e custodire la vita spirituale del monaco.

Gli Ordini mendicanti
Nel XII secolo avviene un forte cambiamento sociale e di conseguenza anche il
modo di intendere e vivere la stabilitas muta. Gli Ordini mendicanti aboliscono la
stabilitas loci ma collocano la stabilitas nell’obbedienza ai superiori e nella perseveranza
della vita religiosa:
Frater Franciscus promittit obedientiam et reverentiam Domino Papae
Honorio; ac successoribus ejus canonice intrantibus, et Ecclesiae
Romanae. Et alii Fratres teneantur Fratri Francisco, et eius successoribus
obedire53.
Frate Francesco colloca la stabilità del frate Minore nell’obbedienza che è duplice:
verso la Chiesa Cattolica e verso i frati designati come ministri54.

45 BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, I, 11.
46 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, LXI, 5, «postea voluerit stabilitatem suam firmare».
47 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, LXI, 5-7, «superfluus aut vitiosus inventus fuerit».
48 BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, LVIII, 17.
49 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, LVIII, 17.
50 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, LXXIII, 2.
51 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, I, 5.
52 Cfr. BENEDICTUS NURSIAE, RegBen, XLVIII; XLIX; A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p.
108.
53 FRANCISCUS ASSISIENSIS, RegBull, I, 2-3.
54 Cfr. FRANCISCUS ASSISIENSIS, RegBull, I, 2-3; XII, 4, «ut semper subditi et subiecti pedibus
eiusdem sanctae Ecclesiae». Il discorso sull’obbedienza è un’inclusio per tutta la Regola.

6

Francesco esorta i frati a perseverare sino alla fine nella scelta di vita fatta e li
ricorda che non gli è lecito uscire una volta entrati nell’Ordine55. Onorio III, con la Cum
secundum del 1220, dichiara che a chi fa la professione nell’Ordine dei frati Minori non è
lecito uscire56. Questo precetto viene consolidato nella Regula Bullata del 29 novembre
1223:
Finito vero anno probationis, recipiantur ad obedientiam promittentes vitam
istam semper et regulam observare. Et nullo modo licebit eis de ista
religione exire iuxta mandatum domini papae57.
La disposizione viene rafforzata due settimane dopo con la Fratrum Minorum (13
dic. 1223) che sancisce la pena di scomunica58, così che la perseveranza nella fede cattolica
diviene una condizione senza la quale la vita dei frati Minori non può sussistere59.
Gli Ordini mendicanti recuperano, così, il senso antico di vita stabilis come
perseveranza nella fede, intesa come permanenza nell’Ordine.

I Chierici Regolari
Dopo il Concilio di Trento sorsero degli Istituti di vita consacrata che
intenzionalmente volevano evitare di essere considerati come religiones. Scelsero di
emettere soltanto una professione semplice, senza mai emettere la professione solenne dei
voti. In questo modo erano più liberi per dedicarsi ad una vita apostolica senza i vincoli dei
religiosi. L’Istituto rischiava di sciogliersi man mano che i candidati si ritiravano. La
soluzione adottata fu quella di aggiungere, ai voti semplici, il voto di stabilità. «Con queste
caratteristiche il voto di stabilità o di perseveranza entrò in parecchi Istituti»60.
Negli Istituti di voti semplici la stabilità non veniva intesa in senso spaziale ma in
termini di appartenenza all’Istituto, richiamando la nozione di stabilità come intesa da san
Cipriano e la perseveranza nella vita monastica di san Benedetto.

55 Cfr. FRANCISCUS ASSISIENSIS, RegBull, II, 7-10; X, 10-12; RnB, II, 9-10; XVI, 10-19; THOMAS
CELANO, Memoriale, 216.

DE

56 Cfr. HONORIUS III, Cum secundum, in: BF, tom. I, p. 6.
57 Cfr. FRANCISCUS ASSISIENSIS, RegBull, II, 11-12.
58 Cfr. HONORIUS III, Fratrum Minorum, in: BF, Tom. I, p. 19.
59 Cfr. FRANCISCUS ASSISIENSIS, RegBull, XII, 4, «ut semper subditi et subiecti pedibus eiusdem
sanctae Ecclesiae stabiles in fide catholica paupertatem et humilitatem et sanctum evangelium
Domini nostri Jesu Christi, quod firmiter promisimus, observemus».
60 A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 116.

7

Le Congregazioni moderne e l’epoca contemporanea
La prassi di emettere il voto di stabilità negli Istituti non religiosi rimase fino alla
fine del XIX secolo quando la Sacra Congregazione di Vescovi e Regolari precisò che,
emettendo voti perpetui, non era più necessario quello di stabilità61. La stabilità del
candidato è compresa implicitamente nei voti emessi in seno all’Istituto, che per loro stessa
natura, legano la persona all’Istituto stesso. Di conseguenza, il voto formale di stabilità o
perseveranza perse la sua importanza.

Il magistero ecclesiastico negli ultimi cinquanta anni
Il Magistero della Chiesa degli ultimi cinquanta anni riflette in modo unico le
diverse connotazioni date alla parola «stabilis».
Nella costituzione dogmatica Lumen Gentium (1964) la parola «stabilis» non viene
usata in senso univoco. Nel suo primo uso, l’aggettivo «stabilis» indica la permanenza del
gruppo degli apostoli, come categoria di seguaci distinti dal cerchio più ampio dei
discepoli62. Un secondo significato è quello istituzionale: la Chiesa istituisce forme stabili
di vita e istituisce organi tramite cui i fedeli possono far conoscere i loro pensieri ai
pastori63. Il suo terzo uso indica la fissità dei consigli evangelici, accennando che, più
stabile è il vincolo, più perfettamente mostra il legame indissolubile di Cristo alla sua
Chiesa64. Quest’ultimo significato viene ripreso dall’Istruzione Renovationis Causam.
Nella Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (1985) la parola «stabilis»
viene usata per lo più in un significato istituzionale: il ConcilioVaticano II stabilisce delle
linee guida, la Conferenza Episcopale deve stabilire la Ratio Fundamentalis Institutionis
Sacerdotalis, la costituzione apostolica Sapientia Cristiana stabilisce le norme sullo studio,
la Santa Sede stabilisce le giornate mondiali di preghiera per le vocazioni, ecc65. Indica
un’azione dell’autorità della Chiesa che crea o dichiara una realtà.
Il Decreto sulla formazione dei sacerdoti, Optatam Totius (1965), la usa una sola
volta per indicare che la maturità umana si riconosce da una certa fortezza d’animo (animi
stabilitate)66. È l’unico documento che si rifà alla nozione di stabilità come qualità
dell’anima.

61 G. ROCCA, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 116.
62 Cfr. LG, 19, Gesù istituì gli apostoli come gruppo stabile.
63 Cfr. LG, 37. 43.
64 Cfr. LG, 44.
65 Cfr. RFIS, 1. 2. 4. 9. 14. 17. 26. 28. 63. 70. 79. 84.
66 Cfr. OT, 11.

8

Nell’Istruzione Renovationis Causam (1969) «stabilem» è una condizione interiore,
appartenente alla persona consacrata, che viene espressa tramite la professione dei consigli
evangelici. La consacrazione è più perfetta quando il consacrato, o la consacrata, emette la
professione perpetua, con cui si impegna definitivamente nella vita religiosa. «Stabilem»,
quindi, è legata alla professione dei voti e all’unione con Dio a cui essi vogliono
condurre67.
L’Istruzione Potissimum Institutioni (1990), invece, fatta eccezione di quando cita
altri documenti68, usa il termine «stabilis» solo in riferimento ad una costanza di vita: il
noviziato richiede condizioni di stabilità; la prima professione inaugura una certa stabilità
nella vita del neo-professo e la stabilità di vita nel monastero 69. Rievoca la stabilità di vita
promossa da san Benedetto.
Il significato usato nell’esortazione apostolica Vita Consecrata (1996) riferisce
univocamente alla forma di vita professata dalla persona consacrata 70. È il medesimo
significato usato nel can. 573 §1.
L’Istruzione sul rinnovato impegno della vita consacrata, Ripartire da Cristo
(2002), usa il verbo «stabilire» due volte, entrambi per indicare attività che si devono
iniziare e continuare: stabilire tratti programmatici per l’evangelizzazione e stabilire un
dialogo con il mondo71.
L’Istruzione Faciem Tuam (2008), sul servizio dell’autorità e l’obbedienza, usa il
verbo «stabilire» per indicare ciò che il diritto proprio deve fissare: le competenze della
comunità, dei diversi Consigli, dei responsabili e del superiore72.
Il Decreto Perfectae Caritatis (1965) e l’esortazione apostolica Redemptionis
Donum (1984) non usano mai la parola «stabilis» o le sue desinenza.
Nel magistero degli ultimi cinquanta anni emergono tre significati d’uso frequente
per la parola «stabilis»:
1. L’azione dell’autorità ecclesiastica che crea una realtà o un’istituzione permanente
(istituti, istituzioni, leggi, normative, linee guida, ecc.)73;
67 Cfr. RC, 2. 6. 31. 35.
68 Cfr. PI, 7. 10, cita il can. 573 §1 e LG, 43 rispettivamente.
69 PI, 50. 59. 75.
70 VC, 6. 9. 53, una forma stabile di vita.
71 RipC, 7. 26.
72 CIVCSVA, Faciem Tuam, 20.
73 Cfr. LG , RFIS, RipC.

9

2. Le leggi ecclesiastiche che dichiarano una realtà o un modo di procedere74;
3. Una costanza di vita, connessa particolarmente alla professione dei consigli
evangelici75.

Conclusione
È chiaro che la parola «stabilis» è polisemantica e che il contesto storico incide
fortemente sulle connotazioni usate, tuttavia, è pur vero che indica una realtà costante e
duratura. La stabilità delle istituzioni o del diritto creato dalla Chiesa Cattolica vuole
tutelare la fede in Cristo, l’unità della Chiesa e la salvezza delle anime 76. Anche la stabilità
giuridica è determinata da motivazioni spirituali77. La fortezza d’animo esortata da Pietro e
da Cipriano abbraccia la perseveranza richiamata da Pietro, Benedetto e Francesco. La
stabilità di vita del monaco e la promessa di stabilità dei chierici regolari vuole tutelare la
perseveranza della scelta fatta. «Stabilità» è legata a «perseveranza»78.
In conclusione, si può asserire che, applicata alla vita interiore, nella tradizione
Cattolica stabilis significa ‘perseverare nell’intento originale in vista di un bene da
conservare’. La permanenza può essere di diverso genere: di luogo, di appartenenza ad un
Istituto, di appartenenza alla Chiesa Cattolica, permanenza nella fede durante la
persecuzione, ecc.; ma il suo fine ultimo rimane lo stesso: aiutare la persona a custodire un
bene — la fede, la propria consacrazione, la parola data a Dio tramite i voti, l’unità della
Chiesa, ecc. — che con il tempo verrà minacciata.
Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi
sempre nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel
Signore79.

74 Cfr. RFIS, Faciem Tuam.
75 Cfr. OT, RC, PI, VC.
76 Cfr. CIC, can. 392; 1752; LG, 43.
77 Cfr. A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 114.
78 Cfr. A. DE VOGÜÉ, Stabilità, in: DIP, vol. IX, p. 114.
79 Cfr. 1 Cor 15, 57-58.

10

Bibliografia
BENEDICTUS NURSIAE, Regula Sancti Benedicti, 26 dic. 1997, in: Internet (9 mar. 2015):
http://ora-et-labora.net/RSB_itlat.html.
BENEDICTUS XVI, Instructio: Liturgiam authenticam, 28 mar. 2001, Romae, apud S. Petrum,
ad exsecutionem Constitutionis Concilii Vaticani Secundi de Sacra Liturgia recte
ordinandam, in: AAS, an. 93 (2001), p. 685-726.
BROVETTO C., Il problema della stabilità della vita religiosa, in: Vita Religiosa80, an. 6
(1970), p. 203-214.
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