La Madhyamaka

La Madhyamaka

La Base o Visione del Màdhyamika consiste nell'unire le due verità o realtà: la realtà relativa o convenzionaleche riguarda l'ambito delle apparenze fenomeniche, e la realtà assoluta o ultima ,che è la vacuità dei fenomeni

Dapprima bisogna distinguere bene queste due realtà, che Candrakìrti definisce così: «Tutti i fenomeni hanno due nature: quella trovata percependo la loro realtà e quella trovata percependo il loro carattere ingannevole. L'oggetto della percezione corretta è la realtà assoluta, quello della percezione ingannevole è la realtà convenzionale»

Sul piano relativo, i fenomeni appaiono ai nostri sensi e sembrano esistere veramente, ma sul piano assoluto sono sprovvisti di un'esistenza intrinseca.

Prendiamo ad esempio una montagna ; vista dalla sua parte essa sembra possedere una massa e una sostanza proprie, indipendenti da qualsiasi condizione. Eccola ergersi davanti a noi: imponente, indipendente e concreta, ma se riflettiamo scopriremo gradualmente che essa deve la sua esistenza a una varietà di cause e condizioni e a innumerevoli particelle atomiche tanto piccole da non essere visibili. È solo l'unione di tutte queste parti, che a loro volta dipendono l'una dall'altra, a formare la montagna. Essa esiste solo in questo modo dipendente; non c'è un'entità 'montagna' esistente indipendentemente, un qualcosa separato dalle cause e dalle parti componenti che sono la base della sua esistenza.

Ciò è vero per tutti i fenomeni materiali, grandi o piccini che siano. Immaginate di avere un chicco d'uva in mano. Perfino prendendo in considerazione questo piccolo e relativamente insignificante oggetto, comincerete a notare il gran numero di svariate condizioni responsabili della sua attuale esistenza. Pensate per esempio al campo in cui

è cresciuto, alla vigna da cui proviene, agli sforzi del contadino, al sole e alla pioggia che lo hanno aiutato a svilupparsi. In questo modo possiamo capire come ogni fenomeno debba la sua esistenza a una miriade di fattori condizionanti.

Non si troverà niente che sia privo di esistenza dipendente. Anche le minuscole particelle atomiche che sono i costituenti di base della materia sono eventi dipendenti. Esse dipendono dalle loro parti direzionali così come dalle cause che le hanno prodotte e dagli effetti a cui a loro volta danno luogo.

Anche fenomeni meno concreti, come il tempo, sorgono in modo dipendente. Prendete per esempio l'anno 2008 . A prima vista esso appare come un solido pezzo di tempo dotato di una sua ben definita identità, mentre in realtà la sua esistenza dipende da periodi di tempo più brevi: mesi, settimane, giorni, che a loro volta dipendono da ore, minuti, secondi, millesimi di secondi e così via. Non c'è anno o altro periodo di tempo che esista indipendentemente da periodi di tempo più brevi e se si giungesse a togliere una qualsiasi parte componente l'insieme, l'insieme stesso non potrebbe più esistere.

Perfino la mente è priva di esistenza indipendente. Ogni stato mentale dipende da numerosi momenti di coscienza e da svariati fattori mentali. La mente che ha meditato per un'ora sembra avere una identità propria e indipendente, ma se la analizziamo troveremo che essa dipende totalmente da diversi singoli pensieri, percezioni e sentimenti sperimentati in quell'ora, oltre che dagli oggetti di meditazione. Anche particolari fattori mentali, come ad esempio le sensazioni di piacere e dolore, dipendono da svariate condizioni che, una volta riunite, provocano quella particolare impressione. Nemmeno il flusso ininterrotto della coscienza che migra da una vita all'altra fino a raggiungere la buddhità esiste in modo indipendente. Essa esiste in uno stato costante di cambiamenti momentanei e perciò dipende da un numero infinito di momenti che formano la sua continuità.

La persona è dipendente. La possiamo pensare composta di un corpo e una mente, ma non la possiamo identificare né con l'uno né con l'altra. Né possiamo pensare che qualcuno sia le proprie ossa o la propria carne o il proprio stato d'animo o la propria ricettività. In realtà, la persona esiste semplicemente in dipendenza dai costituenti fisici e mentali che la compongono. Essa non ha un'esistenza propria, indipendente

da questi fattori, né si identifica con essi. Anche fenomeni permanenti e incondizionati, come ad esempio lo spazio, sono

entità dipendenti. In una stanza lo spazio, cioè la semplice mancanza di contatto ostacolante, dipende dalle sue parti direzionali, cioè dall'assenza di ostacoli nelle varie parti della stanza. Oltre a dipendere da cause e parti componenti, i fenomeni dipendono anche dalla designazione della mente. Questo tipo di dipendenza è più sottile e difficile da capire dell'altro, ma è molto importante afferrarne il senso. Spesso si dice che tutti i fenomeni sono semplicemente designati dalla mente e che nulla può esistere indipendentemente da tale designazione. Ma cosa significa designare qualcosa con la mente? In realtà designare (btags. pa) non significa altro che apprendere ('dzin. pa). Pensiamo a una lampada nella nostra stanza. È proprio pensandola che la apprendiamo e così facendo la designiamo. Perciò la designazione è la qualità fondamentale della mente con la quale essa apprende gli oggetti.

Possiamo apprendere, o designare, sia entità esistenti che non-esi-stenti. Se ciò che apprendiamo è esistente, la mente che apprende è una mente valida (corretta), altrimenti, se ciò che designiamo non esiste, allora la mente che apprende è erronea.

Per esempio, potremmo trovarci a passeggiare in un giardino e notare un oggetto piuttosto lungo, avvolto a spirale, seminascosto dall'erba alta. A questo punto, indietreggiamo impauriti scambiandolo per un serpente, ma una volta avvicinatici cautamente per osservarlo - meglio ci rendiamo conto che non si tratta di un serpente ma della canna per innaffiare. La percezione iniziale ha designato un serpente ma, poiché il suo oggetto non era in realtà un serpente, quella percezione era errata. In un'altra circostanza potremmo. invece vedere un oggetto e riconoscerlo correttamente come serpente. In questo caso la designazione di serpente corrisponde alla realtà e perciò la mente che percepisce è corretta. Quindi, quando si afferma che tutti i fenomeni esistenti sono delle designazioni della mente, deve essere chiaro che in questo caso per 'mente' si intende una mente valida. Ciò non significa che un qualsiasi particolare stato mentale possa inventarsi l'esistenza di un fenomeno.

Tutti i fenomeni esistono in dipendenza da cause e condizioni (se si tratta di fenomeni condizionati), parti componenti e designazioni mentali. Ovvero, niente esiste in modo autonomo e indipendente da cause, parti e designazione. Ebbene, ciò che si vuole ora negare, vale a dire l'esistenza intrinseca e indipendente, è totalmente non- esistente; quello che esiste è la sua vacuità. La vacuità non è altro che l'assenza di ciò che si nega. Se ciò che si nega, cioè l'esistenza intrinseca, fosse esistente, allora la vacuità non dovrebbe esistere. Quando qualcosa comincia a esistere è, per sua stessa natura, qualcosa di designato dalla mente e quindi vuoto di esistenza indipendente. Perciò, quello che si intende con il termine 'vacuità' è la semplice assenza di qualsiasi tripo di esistenza intrinseca e indipendente dei fenomeni.

Prendiamo per esempio un rosario. Esso dipende dalla designazione mentale. Perciò, esso non esiste come un'entità autonoma, indipendente dalla designazione della mente. Questa mancanza di esistenza propria, indipendente, del rosario, è la vacuità del rosario. E questa vacuità è il moìdo di esistere ultimo e profondo del rosario. D'altra parte, il rosario che esiste in modo convenzionale non è altro che il rosario designato dalla mente. Vi sono perciò due aspetti nel modo di esistere del rosario: quello ultimo e quello convenzionale. E per quanto si possa pensare che questi due aspetti siano distinti, essi sono essenzialmente identici. In altre parole, possiamo pensare e descrivere questi due modi di esistere del rosario, cioè il suo essere solo una desi- gnazione mentale e il suo essere vuoto di esistenza indipendente dalla designazione della mente, come distinti, ma in realtà essi sono una unica cosa.

. Le due realtà sono, quindi:

1. opposte,poiché l'apparenza di un fenomeno non è la sua realtà assoluta;

2. inseparabili, perché i fenomeni appaiono benché siano vuoti d'esistenza in sé,

e nonostante appaiano ai nostri sensi, sono senza esistenza in sé;

3. della stessa essenza: la natura essenziale o ultima dei fenomeni relativi è la loro vacuità.

In conclusione, l'interdipendenza dei fenomeni implica la loro assenza d'essere in sé: essa ci allontana dall'eternalismo, poiché se i fenomeni esistessero in sé non potrebbero esistere dipendentemente da altri fenomeni e non vi sarebbe né produzione né distruzione possibile; ci allontana anche da conclusioni nichiliste, poiché i fenomeni appaiono ed esistono relativamente, per via della produzione interdipendente. I fenomeni sono dunque senza essere in sé, ma non sono nemmeno inesistenti: questa è la via di mezzo.

La Via che mena all’illuminazione per la madhyamaka. consiste nell'unire due accumulazioni o sviluppi:

1. L'accumulazione o sviluppo della saggezza, tramite il ragionamento e la meditazione, conduce alla penetrazione diretta della vacuità.

2. L'accumulazione o sviluppo dei meriti consiste nel praticare la compassione con l'aiuto delle sei pàramità.

Il bodhisattva, in questo modo, attraversa successivamente i cinque sentieri e le dieci terre della pratica, fino al Frutto dell'Illuminazione.

Il Frutto. Si tratta della piena Illumuiazione di un buddha ottenuta dopo il dissolvimento dei veli passionali e cognitivi lungo i sentieri e le terre. L'accesso alla vacuità del sé e dei fenomeni garantisce la distruzione dei veli cognitivi e permette di realizzare il dharmakaya o corpo assoluto per sé. L'accumulazione dei meriti permette Di realizzare i due corpi formali (SANS. rupakaya)per il bene altrui: il sambhogakàya o corpo di fruizione e il nirmànakàya o corpo d'apparizione.