Il Cittamatra

Il Cittamatra

Partendo dall'affermazione del Buddha «O figli dei Vittoriosi, i tre regni non sono altro che mente», questa scuola è chiamata "idealista" perché dichiara che i fenomeni sono della stessa natura della mente e non sono altro che semplici apparenze per essa. Non accetta, dunque, l'esistenza reale di fenomeni esterni, ma afferma che, dal punto divista della verità ultima, esiste solo la coscienza.In essa e soltanto in essa, sotto l'influenza dell'ignoranza, nasce l'illusione di un soggetto prensore, "che coglie" (, TIB. 'dzin-pa)e di di oggetti coglibili, che "vengono colti" (. gzung-ba).

Il carattere illusorio degli oggetti esterni viene illustrato tramite otto metafore dell'illusione: si paragonano i fenomeni esterni a un'illusione creata dalla magia, a un'illusione ottica, a un miraggio, a un sogno, al riflesso della luna sull'acqua, a un'eco, a una città aerea, a un fantasma.

La vacuità nel Cittamtra è quindi l’inseparabilità dell’afferrato e dell’afferratore L'esempio del sogno è quello che colpisce di più. Il sognatore ne crede reale il contenuto

al punto di fuggire se si crede inseguito da una tigre affamata. E tuttavia chi corre e chi insegue sono entrambi il prodotto della sua mente. Le apparizioni oniriche sono inoltre irreali dal momento che al risveglio svaniscono.

Allo stesso modo, la comprensione della vacuità o talità fa svanire la dualità soggetto- oggetto, mera proiezione della mente in preda all'illusione. I fenomeni che appaiono alla coscienza sono il risultato del karma dell'individuo: nel passato, innumerevoli tracce karmiche o impronte, letteralmente dette "impregnazioni" (SANS. vasanà, TIB. bag- chags), sono state depositate nella coscienza; sono come semi (SANS. bìja, TIB. sa-bon) che daranno luogo, quando le condizioni permetteranno loro di maturare, a fenomeni psichici simili a quelli che li hanno originati.

Qual è dunque il supporto di questi semi? A parte "gli adepti della Madhyamaka asseriscono l'esistenza delle sei coscienze e considerano la coscienza mentale quale depositaria delle tracce karmiche, la maggior parte dei cittamatrin segue l'approccio di Asahga e di Vasubandhu e i sutra come il Lankàvatàrasutra; sono gli "adepti delle scritture", che accettano l'esistenza di otto coscienze (SANS. astavijnàna, TIB. rnam-shes tshogs-brgyad): sei coscienze dei sensi, una coscienza mentale contaminata (SANS. klistamanas, TIB. nyon-yid), tutte quante attive e volte verso i loro oggetti, e la coscienza base-di-tutto (SANS. àlayavijnàna, TIB. kun-gzhi rnam-shes).

L'alaya funge da ricettacolo delle impronte karmiche o semi. Coscienza fondamentale neutra, non fa altro che ricevere le impronte karmiche che risultano dalle attività karmiche anteriori prodotte dalla coscienza mentale contaminata. Quando, per la L'alaya funge da ricettacolo delle impronte karmiche o semi. Coscienza fondamentale neutra, non fa altro che ricevere le impronte karmiche che risultano dalle attività karmiche anteriori prodotte dalla coscienza mentale contaminata. Quando, per la

Finché ci saranno impronte, l'alayavijnàna continuerà a esistere. Di per sé essa non è né virtuosa né non virtuosa; è la continuità cosciente che collega tutti gli stati della coscienza: sonno profondo, svenimenti, coscienza allo stato di veglia, assorbimento meditativo. Alla morte, tutte le altre coscienze si riassorbono in essa; poiché è il supporto delle impronte karmiche, è alayavijnana che costituisce la coscienza che trasmigra di vita in vita. Nel Lankàvatàrasutra è detto: «La coscienza è insieme lo spettatore, il teatro e la danzatrice». Poiché, durante tutte le esperienze in stato di veglia, nel sogno o in altre occasioni, niente di quanto viene percepito proviene dall'esterno, ne consegue che ogni coscienza individuale è una serie psichica chiusa, mossa dalla propria causalità karmica.

Nel Cittamtra si parla di due aspetti della coscienza. Quando la coscienza percepisce un oggetto, ha due aspetti: si volge verso l'oggetto per coglierlo, e nello stesso tempo sperimenta all'interno la propria natura. Grazie a quest'ultimo aspetto, "la coscienza interna che conosce se stessa e si auto-illumina", ci possiamo ricordare di un'esperienza vissuta anche quando questa non è più presente.

La natura dei fenomeni è di tre tipi.

1. La natura completamente immaginaria è l'idea che ci si forma degli oggetti che si manifestano. Sotto l'influenza delle immaginazioni fittizzie o pensieri concettuali prodotti dalla coscienza mentale e dalla coscienza mentale contaminata, attribuiamo erroneamente agli oggetti una natura veramente esistente o un essere in sé. È così che si designano i cinque aggregati (SANS. skandha) come un "sé" della persona ecc. Questi concetti vengono chiamati immaginari o fittizi perché sono completamente inesistenti, essendo il prodotto dell'ignoranza e dell'illusione.

2. La natura dipendente che include tutti i fenomeni prodotti da cause ossia tutto ciò che è partecipe della produzione condizionata o interdipendenza

3. La natura perfettamente fondata, perfetta così com'è è la natura reale o assoluta dei fenomeni: è la natura dipendente colta però nella sua nudità, ossia una volta completamente libera da ciò che è interamente immaginario.

È, insomma, la realtà qual è, la talità la vacuità dei caratteri fenomenici di esistenza e inesistenza, e assenza di dualità soggetto-oggetto.

E sulla natura dipendente, contemporaneamente esistente per la sua efficienza causale e vuota di sovrapposizioni immaginarie, che sono imperniate le due verità o due realtà: la realtà convenzionale , ossia la natura dipendente contaminata da quanto è interamente immaginario, e la realtà ultima , ossia la natura dipendente avulsa da quanto è interamente immaginario.

Il cammino del bodhisattva versol'Illuminazione, ossia l'accesso alla tathatà, comprende l'accumulazione dei meriti o sviluppo delle azioni benefiche per mezzo della pratica delle prime cinque pàramità, e l'accumulazione della saggezza, detta anche sviluppo dell'intelligenza non-mediata per mezzo della pratica delle ultime due pàramità lungo il percorso dei cinque sentieri e delle dieci terre . Il bodhisattva elimina così gli oscuramenti passionali e i loro semi, ostacoli alla liberazione, nonché gli oscuramenti cognitivi ostacoli alla buddhità Dall'ottava all'ultima terra, il bodhisattva recide alla radice gli ultimi oscuramenti e consegue la "rivoluzione del supporto": svuotata di tutti i suoi semi, l'àlayavijnàna diventa la coscienza immacolata dei buddha, detta amalavijnàna o vimalavijnàna. Senza più oggetti, la coscienza mentale si volge verso la propria base non duale, la cui dimensione è il dharmadhàtu, lo spazio della realtà, e la conosce direttamente.Si ottiene, allora, la piena Illuminazione & bodhi, e il nirvana non statico Presente in ogni essere, in cui dimorava nascosto come un gioiello nella ganga, il tathàgatagarbha o essenza del tathàgata si manifesta infine nel dharmakàya o corpo, assoluto da cui procedono i due corpi formali, il sambhogakàya e il nirmànakàya, allo scopo di agire per il bene degli esseri immersi nel samsàra