Significato del Tantra

Significato del Tantra

Letteralmente Tantra significa "continuità", nel senso della continuità dell'individuo, non nel senso di identità immutabile nell'individuo; qui continuazione ', si riferisce alla condizione dell'energia dello stato primordiale, che si manifesta senza interruzione Tale "continuità" ha, quindi, la sua origine nella potenzialità di esser Buddha presente in ogni individuo, che, tramite il processo del suo "risveglio", conduce alla Buddhità.

Il Sentiero del Tantra viene anche chiamato Sentiero del Mantra segreto in cui il termine "man" sta per mente e "tra" significa proteggere; dunque il mantra è la protezione della mente dalle apparenze e dalle concezioni ordinarie.

Secondo un'altra interpretazione etimologica "man" significa comprensione della vacuità e "tra" compassione.

Specificatamente nel Mahànuttarayogatantra (la più alta delle quattro classi del Tantra, buddista), "mantra" assume il significato di consapevolezza primordiale della vacuità simultanea con la grande beatitudine.

La beatitudine nel Tantra, poiché costituisce un'aspetto molto potente della mente, viene utilizzata per comprendere la vacuità; per questo il Tantra è anche chiamato il Sentiero del desiderio. L'analogia che viene usata per descrivere ciò, è quella della larva che nasce dal legno e che poi lo divora. Il legno è allegorico del desiderio e la larva della beatitudine; il divorare il legno è allegorico dell'estinzione del desiderio. Dunque, sebbene il Tantra venga chiamato Sentiero del desiderio, non è il desiderio vero e proprio che viene utilizzato, ma la sensazione di piacere conseguente al desiderio. Lo stato mentale di beatitudine è diretto alla comprensione della mancanza di natura propria nei fenomeni dove il desiderio

Ci sono vari modi di classificare i tantra il più diffuso è quello delle quattro classi del Tantra sono:

1. il Tantra dell'azione (Kryatantra), 2. il Tantra della condotta(Caryatantra), 3. il Tantra dello yoga (Yogatantra)

4. il Tantra dello Yoga supremo (Anuttarayogatantra).

Tale suddivisione è stata fatta in base alle diverse capacità del discepolo di usare il desiderio che nasce guardare, sorridere, abbracciare, entrare in unione con la consorte, quale mezzo per comprendere la vacuità.

La via Tantrica è nota anche come via della trasformazione. Per comprendere il motivo della denominazione di «via della trasformazione», propria

del sentiero tantrico, potrebbe essere utile vedere come si sviluppa l'idea di «trasformazione» dal Hinayàna, dove, pur non essendo contemplata è potenzialmente presente, al Mahàyàna, fino al Tantrayàna.

Nell'HInayàna, come del resto in ogni aspetto del buddismo, il confronto con le emozioni, causa dell'«inautenticità dell'essere» e della sofferenza, svolge un ruolo centrale nella pratica del Dharma.

Le emozioni, quali l'attaccamento ai fenomeni piacevoli e l'aggressività, o repulsione verso ciò che risulta spiacevole, sono dovute anche a condizioni esterne; dunque, il praticante Hinayàna, evitando quelle condizioni che possono fungere da stimolo per il sorgere delle emozioni, riesce a farle diminuire.

La via dell'Hinayàna è quindi quella della disciplina nella rinuncia; non viene insegnato alcun metodo per l'utilizzo delle emozioni che devono essere in ogni caso sempre evitate, non vi è «via di trasformazione» vera e propria, tuttavia nella tecnica meditativa, caratteristica dell'Hinayàna, in cui si applica «la consapevolezza ai contenuti della coscienza», le emozioni vengono osservate con attenzione ed immobilità, non ci si fa coinvolgere da esse né si devono reprimere; le emozioni vengono fatte dissolvere nella sfera della mente, dunque, in qualche modo, la loro energia viene «trasformata» contribuendo allo sviluppo della consapevolezza. Solo nel sentiero Mahàyàna comincia a

delinearsi l'idea di «via di trasformazione» che trova la sua completa affermazione nel sentiero Vajarayàna. Nel «Grande Veicolo», il Bodhisattva, colui che agisce per il bene altrui, non è strettamente vincolato alla «disciplina nella rinuncia», ma l'altruismo può condurlo a compiere anche le azioni che vengono generalmente considerate negative, purché la motivazione sia rivolta al benessere degli altri; dunque per il Bodhisattva le

«emozioni negative» non sono più il principale ostacolo da abbandonare, anzi possono essergli utili nella sua opera per il beneficio altrui.

L'immagine del pavone, che si nutre di erbe velenose senza morire, è un'allegoria ricorrente nei testi Mahàyàna per indicare il Bodhisattva che, grazie alla sua intelligenza, fa uso delle emozioni, quale l'attaccamento, senza essere macchiato dai loro difetti.

Tuttavia, nel Mahàyàna non tantrico, le «emozioni perturbatoci», pur perdendo, coll'altruismo, molte caratteristiche di nocività, rimangono negative in quanto emozioni

e non sono utilizzabili pienamente al fine di un arricchimento intcriore. Dunque nel Mahàyàna non si può ancora parlare di una vera e propria «via di trasformazione».

Nel Tantra invece la «via di trasformazione» trova il suo pieno sviluppo e va ad abbracciare tutta la sfera esistenziale: l'universo ambientale diviene il Mandala della divinità, gli altri esseri si trasformano in Buddha, il proprio corpo assume l'aspetto della divinità, le proprie azioni divengono «attività illuminata», la parola è il mantra, la propria mente è consapevolezza di simultanea vacuità e beatitudine e le emozioni divengono il gioco oHale consapevolezza.

L'odio viene trasformato in «collera Vajra» (indistruttibile), l'attaccamento nel «sentiero della beatitudine». Ogni esperienza ordinaria viene trasformata da «causa di

illusione» a «via per la liberazione». L'atteggiamento nei riguardi delle emozioni non è illusione» a «via per la liberazione». L'atteggiamento nei riguardi delle emozioni non è

Nel Tantra le emozioni vengono considerate energie, di cui sarebbe dannosa la repressione sia per la salute fisica che per quella psichica.

D'altro canto però sarebbe distruttivo lasciar campo libero alle emozioni senza averne consapevolezza. Dunque nel sentiero tantrico le emozioni e le energie psicofisiche ad esse collegate, vengono incanalate, tramite le tecniche meditative di trasformazione che mirano ad integrare i vari aspetti dell'essere.

La "trasformazione" è l'affrontare le situazioni, in particolare quelle emozionali, tramite metodi che ne utilizzano l'energia senza contrappore resistenza o forzature.

Questo non vuoi dire che il tantrika, trasformando la «realtà ordinaria», perde il contatto con essa o che "sfasando" l'ordinarietà, vive in un «suo mondo» di immagini tantoché, poiché lo scopo del praticante tantrico è quello di arrivare a percepire la realtà «così com'è».

La trasformazione ha l'effetto di rimuovere le «interpretazioni personali» e le «concettualizzazioni» circa la realtà e per realizzare questa trasformazione lo yoghi si applica in tecniche meditative specifiche che hanno lo scopo di manifestare la mente primordiale o la mente naturale che dimora nel suo stato immutabile. il Tathàgatagarbha..

Per praticare il Sentiero tantrico sono richiesti particolari requisiti. Il tantrika deve aspirare al supremo Stato di Buddha, deve aver fede nell'insegnamento del Tantra e nella comunità degli esseri che vivono e comunicano l'esperienza tantrica. Inoltre dovrebbe avere una formazione spirituale fondata sui metodi insegnati nel sentiero dei Sutra o raccolta dei discorsi di Buddha.

L'aspirante tantrico dev'essere motivato al superamento dell'esistenza ordinaria condizionata dalle emozioni perturbanti (Samsàra) e come base della sua pratica deve porre la motivazione altruistica di divenir Buddha per il beneficio degli esseri. Un altro fattore importante, per colui che s'appresta ad intraprendere in modo corretto il Sentiero del Tantra, è quello di avere una certa comprensione che ogni fenomeno esiste in virtù della struttura organizzante della mente che lo apprende e, che a parte questo modo d'essere, i fenomeni non esistono oggettivamente.

Questi sono due prerequisiti importanti per il Tantra ma ve né un terzo ed è il più importante. L’iniziazione