L evoluzione del settore immobiliare se

Cafferata R., Mari M. (2015), “L’evoluzione del settore immobiliare secondo un approccio di
filiera”, in Cafferata R. (ed.), Real Estate. Tendenze Evolutive del Settore, Il Mulino, Bologna
(pp. 9-41).

1. Industria e servizi nel settore
Nel secolo XX il settore immobiliare (o del real estate) ha progressivamente assunto un considerevole
peso economico a livello globale. Ciò vale tutt’oggi, nonostante le forti difficoltà dovute alla
perdurante crisi economica internazionale, che stanno incontrando tutti i rami del settore, seppur con
diversa intensità. I dati vedono, infatti, a livello europeo, il settore immobiliare rappresentare circa il
10% del PIL (Eurostat, 2012), percentuale che aumenta se si guarda al solo contesto economico
italiano, in cui la produzione di real estate rappresenta quasi il 20% del prodotto interno lordo
nazionale (Banca d’Italia, 2013).
Il settore immobiliare è complesso. Sebbene esso sia a tutti gli effetti riconosciuto come motore di
sviluppo economico nello scenario internazionale (PricewaterhouseCoopers & Urban Land Institute,
2013) colpisce la sostanziale assenza di una puntuale ed omogenea demarcazione dei suoi confini. Il
settore è, peraltro, in continua evoluzione ed è sottoposto a forti dinamiche interne (Cafferata et al.,
2011; Satta et al., 2012; Abatecola et al., 2013). A livello terminologico, in particolare, l’immobiliare
viene alternativamente qualificato, da primarie fonti nazionali e internazionali, talvolta come un
“comparto” (e.g. Borsa Italiana, 2008), talvolta come un “mercato” (e.g. Agenzia del Territorio, 2010;
The Economist, 2010; Banca d’Italia, 2013), talvolta, infine, come un “settore” (e.g. Scenari Immobiliari,
2011). Possibili soluzioni per il superamento di tale eterogeneità terminologica sono state


recentemente proposte da Abatecola e Cafferata (2014); al riguardo, infatti, sebbene l’immobiliare
figuri come comparto all’interno del più ampio settore terziario (ISTAT, 2014), la sua complessità
interna, assieme all’approccio di filiera adottato nel presente contributo, ne suggeriscono la specifica
considerazione come un settore di attività economica a sé stante, in cui sono presenti sia l’industria,
che i servizi1.
I radicali cambiamenti intervenuti all’interno di tale settore hanno avuto quali drivers principali,
dal punto di vista dell’industria, importanti fenomeni di concentrazione/esternalizzazione di attività
edilizie e, dal punto di vista dei servizi, altrettanto significativi fenomeni di finanziarizzazione del
Nel presente lavoro i concetti di “settore”, “ambiente” e “mercato” seguono l’impostazione di Roberto Cafferata (2014,
pp. 196-197).
1

1

modo di far impresa. A quest’ultimo proposito, mutuate le logiche tipiche del mercato mobiliare, si è
andata sempre più enfatizzando la natura reddituale sia della costruzione, sia dell’investimento puro
e semplice in immobili (Roulac, 2003; Nappi-Choulet et al., 2009).
Una ulteriore leva del cambiamento è si è rivelato il crescente processo di terziarizzazione dei
sistemi economici avanzati, che ha contribuito alla nascita e allo sviluppo, all’interno del settore

immobiliare, di nuove sfere di attività e figure professionali prima quasi del tutto assenti nel mercato
di cui trattasi.
Tutto quanto sopra enunciato si è tradotto, nel corso degli anni, non solo in significativi
ripensamenti delle caratteristiche specifiche dei singoli manufatti edilizi, ma anche nel cambiamento
delle modalità di fruizione degli stessi (Manning e Roulac, 2001; Schmitz e Brett, 2001). Si è
modificata radicalmente l’intera organizzazione delle costruzioni edilizie -con ricorso sempre più
estensivo alle subforniture e a varie forme di subcontracting (Usdiken et al. 1988) - così come la
natura dei molteplici soggetti a vario titolo coinvolti nel processo di produzione e
commercializzazione dei beni e servizi che vengono offerti.
Produzione immobiliare evoluta, che garantisce al tempo stesso funzionalità ed economicità;
innovazione tecnologica e gestionale; domanda e offerta di servizi “dedicati” a specifica utenza o
proprietà edilizia sono solo alcuni degli elementi che segnalano l’ascesa nel settore immobiliare di
una sempre più diversificata struttura delle attività che vengono svolte (Parola et al., 2013)
Ne emerge un settore i cui contorni non sono tracciabili con semplicità (Abatecola e Mari, 2011).
Trattasi di settore nel quale – accanto agli operatori tradizionali – troviamo un numero sempre
maggiore di player specializzati, i quali impattano inevitabilmente sull’ordine delle relazioni che tra
essi si stabiliscono reciprocamente. Ci si trova oggi, pertanto, di fronte ad una realtà fatta di imprese
le cui catene del valore risultano sempre più interdipendenti le une con le altre, tanto da potersi parlare
dell’esistenza nel settore di una vera e propria relazione simbiotica tra organizzazioni di pari dignità
(Roulac, 1999).

Alla luce dei cennati cambiamenti intervenuti nel mondo del real estate, il nostro lavoro si pone
come obiettivo quello di formalizzare il modo in cui sono presenti nel settore sia attività dell’industria
e dei servizi, sia soggetti specializzati e relazioni tra loro interconnesse, fino ad arrivare a costruire
un modello rappresentativo della cosiddetta filiera immobiliare nel nostro tempo.

2

2. Professioni emergenti ai vari stadi della filiera immobiliare
La recente forte spinta all’innovazione che si è avuta nel real estate ha sortito, come principale
conseguenza, l’ingresso e il rapido sviluppo nella filiera immobiliare di ambiti di operatività e
professioni prima sconosciute o non espressamente formalizzate.
I confini della filiera immobiliare, nonché le dinamiche interne sono stati ridisegnati dall’ entrata
in gioco dei nuovi protagonisti del settore. Tra questi, un ruolo di primo piano deve necessariamente
essere attribuito ad asset management, property management e facility management.
Con asset management s’ intende l’insieme delle attività finalizzate a gestire strategicamente il
patrimonio immobiliare, attraverso la focalizzazione di precise scelte di investimento e delle relative
tempistiche in rapporto agli obiettivi ora di reddito -ad esempio quello dell’affitto- ora di utilizzo
degli immobili, ad esempio come asset strumentale alle operazioni aziendali (Tronconi et al., 2007;
Liow e Nappi-Choulet, 2008).
Il property management si riferisce, invece, a tutte le attività afferenti alla gestione tecnica ed

amministrativa degli immobili per conto della proprietà -ad esempio, la riscossione degli affitti, i
rapporti con gli inquilini, gli interventi per la valorizzazione dell’immobile- quando l’utilizzatore
degli spazi edificati non coincide con la proprietà degli stessi (Roulac, 2001; Tronconi et al., 2007;
Ciaramella, 2010).
Il facility management rappresenta il terzo ambito delle nuove professionalità che caratterizzano
l’attuale sviluppo della filiera immobiliare. Esso viene formalmente definito come «la disciplina
aziendale che coordina lo spazio fisico di lavoro con le risorse umane e l’attività propria dell’azienda,
integrando i principi della gestione economica e finanziaria d’azienda, dell’architettura e delle scienze
comportamentali e ingegneristiche» (International Facility Management Association, 2012). Trattasi,
pertanto, di un insieme di attività di gestione del complesso dei servizi da prestare all’utilizzatore
finale dell’immobile – sia esso soggetto pubblico o soggetto privato – che gli consentono il normale
svolgimento di attività privata o pubblica.
Tutte le nuove professionalità in filiera, sopra sinteticamente commentate, sono oggi indispensabili
soprattutto alle imprese di grandi dimensioni, ai fini di un efficace ed efficiente management del
proprio patrimonio immobiliare, generalmente caratterizzato da elevata varietà e complessità
(Bomba, 2001). Dello svolgimento delle nuove tipologie di supporto al settore si occupano liberi
professionisti (ad es. ingegneri o architetti) o, più spesso, imprese specializzate nell’erogazione di
servizi innovativi, in grado di rispondere alle esigenze di una clientela particolarmente qualificata.
3


3. Il ruolo di investitori e finanziatori

3.1. Gli investitori
In capo alla filiera immobiliare devono essere collocati gli investitori (a cominciare dai costruttori),
soggetti che possono essere definiti come i “protagonisti in assoluto” del settore immobiliare, dalle
cui scelte tutto dipende nel real estate management. Trattasi, in altre parole, di persone fisiche o
persone giuridiche cui si deve ascrivere l’interesse specifico verso la crescita del business
immobiliare; un interesse fattivo e pro-attivo che dà senso e vita a tutte le relazioni di filiera.
Guardando, in particolare, all’investimento immobiliare, occorre precisare che esso può articolarsi
in due distinte categorie: a) investimento strumentale e b) investimento a reddito, a seconda che la
funzione dell’investimento sia, rispettivamente, quella per la diretta utilizzazione degli asset
immobiliari -intesi come componenti essenziali dell’attività produttiva del soggetto che ne viene in
possesso- o quella, invece, per trarre un reddito dall’impiego dei beni medesimi (Biasin, 2005; Airoldi
et al., 2007; Tronconi et al., 2007).
I soggetti che possono dare spinta propulsiva alla filiera immobiliare, in qualità di investitori di
tipo a), sono le società industriali (comprese evidentemente quelle edili), estrattive, energetiche, di
trasporti, istituti di credito, nonché le aziende del grande dettaglio e le catene alberghiere.
Soggetti coinvolti, invece, in forme di investimento di tipo b) sono tipicamente le persone fisiche
dotate di elevati capitali, le persone giuridiche, nonché gli investitori istituzionali (ad es.
assicurazioni, enti territoriali, enti previdenziali, fondi immobiliari, merchant bank). Data la finalità

di questi ultimi investitori, è fondamentale che essi siano in grado di valutare con estrema precisione
non solo il valore intrinseco dell’immobile al momento dell’acquisto, ma anche la capacità di detto
bene di produrre reddito, nonché la sua eventuale tendenza a rivalutarsi/svalutarsi nel tempo.

3.2. I finanziatori
La realizzazione di progetti di investimento immobiliare richiede, non di rado, che “a monte” della
filiera vengano coinvolti anche finanziatori, ovvero soggetti che, mediante l’apporto di capitale,
possano favorire il concretizzarsi dell’idea di business degli investitori.
Le precitate tendenze al radicale cambiamento nelle dinamiche di settore sembrano in larga parte
4

dovute alla progressiva crescita di intensità e complessità dei rapporti con il mondo della finanza.
Nella strategia dell’investitore è, oggi, assolutamente rilevante avere perfetta conoscenza delle
modalità alternative di finanziamento della propria iniziativa immobiliare, per affrontare lo specifico
rischio e minimizzare il costo del capitale (Ferrero e Ilardo, 2001; Cacciamani, 2006; Formisano,
2011).
Al riguardo, molteplici sono gli strumenti finanziari disponibili sul mercato. Di questi strumenti, i
più tradizionali cui ricorrere sono il mutuo e il leasing.
Con riferimento al mutuo,2 le tipologie alle quali è possibile ricorrere variano a seconda della
progettata destinazione finale delle somme che farà il richiedente; si può difatti parlare, a seconda

dei casi, di mutuo fondiario e mutuo edilizio. Nel primo caso si tratta di finanziamento a medio/lungo
termine, concesso per l’acquisto di un immobile, a cui è associata, a titolo di garanzia, un’ipoteca di
primo grado stipulata sull’immobile stesso. Si parla di mutuo edilizio, invece, quando il credito viene
richiesto per la costruzione di immobili o per operazioni di ristrutturazione. Differentemente dal
mutuo fondiario, inoltre, nel caso del mutuo edilizio le somme vengono corrisposte al mutuatario non
in un’unica soluzione, bensì sulla base dello stato di avanzamento dei lavori; e non esistendo ancora,
al momento della stipula del contratto, un edificio su cui poter far gravare l’ipoteca, nel caso del
mutuo edilizio ad essere ipotecato sarà generalmente il terreno su cui avverranno gli interventi di
costruzione/ristrutturazione.
È contemplata, inoltre, una terza tipologia di mutuo cui si ricorre generalmente per operazioni di
manutenzione straordinaria: il mutuo chirografario. Questa viene tipicamente utilizzata per richiedere
importi limitati e prevede non ipoteche, ma garanzie personali del richiedente o di terzi a sostegno.
Accanto al mutuo, come strumento di finanziamento tradizionale nel settore immobiliare si pone
il leasing (in particolare il leasing immobiliare), una forma contrattuale atipica attraverso la quale
viene concesso all’impresa un bene strumentale a fronte della corresponsione di un canone periodico.
Il locatore potrà, allo scadere del contratto, esercitare il diritto d’opzione e riscattare il bene.
Oltre alle forme di finanziamento tradizionali -appena sopra richiamate- il settore immobiliare ha
sperimentato, in epoca recente, lo sviluppo di strumenti innovativi a disposizione dei potenziali
investitori, frutto del precedentemente citato fenomeno di finanziarizzazione del real estate. Tra gli
strumenti innovativi più rilevanti per il settore si annoverano: 1) cartolarizzazioni; 2) fondi

immobiliari; 3) project financing; 4) società di investimento immobiliare quotate (SIIQ).
2

Il mutuo è uno degli strumenti di finanziamento ad oggi più diffusi in Italia tra privati ed imprese. È un contratto mediante
il quale il una parte (la Banca, o mutuante) consegna all’altra parte (il cliente, o mutuatario) una determinata quantità di
denaro o altre cose fungibili e l’altra parte si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità alla scadenza
del mutuo (art. 1813 c.c.).

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3.2.1. Cartolarizzazioni
La cartolarizzazione, anche nota con il termine securitization, è uno strumento finanziario nato nel
mercato statunitense negli anni ’70 e diffusosi in Europa solo in epoca più recente. Attraverso la
cartolarizzazione immobiliare è possibile convertire asset presenti in bilancio -a liquidità differita e
non negoziabili- in titoli immediatamente negoziabili e liquidabili sul mercato (Fabrizi et al., 2000;
Ferragina, 2006). Nello specifico, numerose sono le attività che possono essere oggetto di
cartolarizzazione: dai mutui ai crediti fiscali o commerciali per arrivare ai flussi di cassa, generati ad
esempio da contratti di affitto di immobili.
Nel corso degli anni l’applicazione di tale strumento è risultata particolarmente efficace in processi
di dismissione di asset immobiliari di proprietà di banche e grandi imprese pubbliche o private –

perché eccessivamente indebitate o perché desiderose di ri-focalizzarsi sul proprio core business –
nonché ai fini della dismissione di portafogli immobiliari di proprietà dello Stato.
Il ricorso allo strumento di cui trattasi prevede che vengano chiamati in causa molteplici soggetti.
Primo tra questi è l’originator o impresa cedente, il cui compito è quello di avviare il processo di
cartolarizzazione. I principali candidati al ruolo di originator, in un’operazione di securitization, sono
gli istituti di credito, le società di leasing, le società di factoring o gli istituti previdenziali, i quali si
pongono come cedenti di un portafoglio di asset da cartolarizzare, scelto sulla base di specifiche
caratteristiche di rilevanza, omogeneità, regolarità nella produzione dei flussi di cassa.
Il pool di asset in tal modo selezionati viene conferito a una società definita Special Purpose
Vehicle (SPV), costituita con lo scopo di emettere i titoli rappresentativi di tali crediti (Asset Backed
Securities, o ABS) e collocarli sul mercato.
L’effettivo collocamento di ABS sul mercato è, tuttavia, subordinato all’intervento di due ulteriori
soggetti: una società di credit enhancement e una società di rating. Il ruolo della prima è
fondamentalmente quello di rafforzare le garanzie sottostanti gli asset ceduti, nella prospettiva che la
società di rating emetta una soddisfacente valutazione in merito ai titoli emessi, il che rappresenta
una garanzia di fatto, per l’investitore, circa l’affidabilità della SPV.

3.2.2. Fondi immobiliari
I fondi immobiliari sono strumenti finanziari introdotti nell’ordinamento giuridico italiano dalla
Legge n. 86 del 25 gennaio 1994. Trattasi di fondi comuni di investimento attraverso i quali possibile

generare liquidità per mezzo della trasformazione degli investimenti immobiliari in quote di attività
6

finanziarie, senza la necessità di acquisire direttamente l’immobile da parte dell’investitore.
I fondi immobiliari sono fondi chiusi, prevedendo che le quote dei sottoscrittori vengano
rimborsate solamente a una predeterminata scadenza. Con riferimento al patrimonio del fondo
immobiliare, lo stesso deve essere investito esclusivamente o prevalentemente -ad ogni modo mai in
misura inferiore ai 2/3 del proprio valore- in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni
in società immobiliari (Giannotti, 2006; Hoesli e Morri, 2010).
La sottoscrizione delle quote, attraverso la quale si vuole raccogliere il denaro che sarà poi
utilizzato per la gestione del portafoglio da parte di una Società di Gestione del Risparmio, avviene
durante la fase costitutiva del fondo. Il denaro raccolto viene poi investito in immobili selezionati in
base alla politica di gestione del fondo stesso; in proposito, ci si riferisce a quelli che sono
tradizionalmente definiti fondi ordinari (o a raccolta). È possibile, tuttavia, che l’investimento in
quote del fondo avvenga attraverso il conferimento di beni immobili, diritti reali immobiliari o
partecipazioni in società immobiliari almeno per parte del patrimonio del fondo o per la sua interezza.
Si parla, in questi casi, di fondi ad apporto (Hoesli e Morri, 2010).
Con riferimento alla durata di tale strumento finanziario, la legislazione prevede che debba essere
coerente con la natura degli investimenti effettuati. In ogni caso è previsto che la durata massima non
possa andare oltre i 50 anni, più un’eventuale proroga (non superiore a tre anni, il cosiddetto periodo

di grazia) per consentire lo smobilizzo degli investimenti effettuati.
È, infine, possibile individuare un certo numero di vantaggi connessi all’utilizzo di siffatto
strumento finanziario, secondo che il ricorso al fondo immobiliare avvenga da parte di investitori a
reddito o di investitori istituzionali (Formisano, 2011). Per gli investitori a reddito questi vantaggi
sono individuabili prevalentemente in termini di: a) possibilità di investimento in beni immobili, pur
con ammontare di denaro contenuto; b) maggior facilità nella diversificazione del patrimonio in cui
si investe; c) gestione professionale dei beni del fondo; d) prodotto più facilmente liquidabile rispetto
ad un investimento immobiliare diretto.
Per gli investitori istituzionali, invece, ricorrere al fondo immobiliare può comportare vantaggi tra
cui: a’) riduzione dei costi fissi della gestione aziendale; b’) massimizzazione del ritorno economico
associato al portafoglio immobiliare, grazie ad una gestione altamente qualificata; c’) diversificazione
e liquidabilità del portafoglio.

3.2.3. Project financing
Il project financing è uno strumento di finanziamento nato negli Stati Uniti allo scopo di sostenere
la realizzazione di progetti da parte di imprese con disponibilità finanziarie limitate.
7

In Europa lo sviluppo di tale strumento, quale forma particolare di partnership pubblico-privato3,
deriva da una esplicita volontà di favorire la partecipazione di investitori privati alla realizzazione di
opere pubbliche.
Definito come “finanziamento concesso ad una particolare unità economica [...] nel quale il
finanziatore fa affidamento sui flussi di reddito di quell’unità come fonte di fondi per il rimborso di
un prestito e sul patrimonio dell’unità come garanzia per lo stesso” (Nevitt, 1983), il project financing
viene spesso utilizzato nel settore immobiliare allo scopo di finanziare la realizzazione di grandi opere
pubbliche a ingente fabbisogno di capitale (ad es. autostrade, infrastrutture sanitarie, impianti di
smaltimento rifiuti).
Aspetto innovativo del project financing è dato dal fatto che la copertura finanziaria di un
determinato progetto di investimento viene ancorata alla capacità del progetto stesso di generare flussi
di cassa positivi, piuttosto che alla capacità autonoma di indebitamento dei soggetti promotori
dell’iniziativa.
Un’operazione di project financing si articola in una serie di momenti chiave (Ferrante e Marasco,
2010). In primo luogo si ha una fase preventiva, nella quale il progetto viene valutato in base alla sue
capacità prospettiche di generare flussi di cassa; se tale valutazione ha esito positivo, si procede con
la fase di progettazione e realizzazione del progetto. Viene, pertanto, costituita una SPV (Special
Purpose Vehicle), nella quale i soggetti finanziatori fanno confluire le risorse finanziarie necessarie
alla realizzazione del progetto. Il momento successivo è denominato di start-up: in questa fase si deve
accertare che vi sia allineamento tra tempi e modalità di realizzazione dell’opera rispetto a quanto
definito in fase di progettazione. Si ha, infine, la fase di gestione operativa, nel momento in cui l’opera
è realizzata e inizia a generare flussi di cassa. È questa la fase nella quale potrà effettivamente essere
verificata la capacità del progetto di rimborsare i finanziamenti contratti per la sua realizzazione
attraverso i flussi di cassa generati.

3.2.4. Società di investimento immobiliare quotate (SIIQ)
Le società di investimento immobiliare quotate (SIIQ) sono state introdotte nell’ordinamento
giuridico italiano dalla Legge 296/2006 (Finanziaria 2007) e si ispirano alle modalità di
funzionamento dei Real Estate Investment Trusts (REITs) americani. Le SIIQ sono, in particolare,

3

Per un approfondimento sul tema del partenariato pubblico-privato si rinvia al contributo di Mari e Poggesi (2011).

8

società per azioni quotate in Borsa, alle quali la normativa vigente applica un regime fiscale
agevolato.
Affinché si possa applicare il regime di SIIQ ad una società, è necessario che la stessa sia residente
nel territorio dello Stato e svolga in via prevalente attività di locazione immobiliare. Si parla di
“attività prevalente” quando: a) gli immobili posseduti a titolo di proprietà o di altro diritto reale,
nonché gli immobili detenuti in locazione finanziaria, rappresentino almeno l’80% dell’attivo
patrimoniale societario; b) per ciascun esercizio i ricavi provenienti dall’attività di locazione
immobiliare devono rappresentare almeno l’80% dei componenti positivi del conto economico.
Inoltre, affinché le azioni della SIIQ possano trovare giusta diffusione tra il pubblico, è stabilito
che gli azionisti di controllo non possano avere una proprietà superiore al 51% del capitale sociale;
almeno il 35% delle azioni della SIIQ deve essere posseduto da singoli azionisti che abbiano non più
dell'1% del capitale in capo a ciascuno; infine, la società deve distribuire, in ogni esercizio, almeno
l'85% dell’utile netto (Il Sole 24 Ore, 2013).

4. I servizi negli stadi “a monte” nella filiera: l’asset manager e il real estate advisor
In stretta relazione con i predescritti investitori e finanziatori operano due figure che hanno
acquisito importanza cruciale all’interno del settore immobiliare: l’asset manager e il real estate
advisor.
Pur trovandosi coinvolto in modo trasversale nella filiera immobiliare, l’asset manager compare
idealmente “a monte” della stessa filiera, per il suo stretto interfacciarsi con la funzione della finanza
e per il rapporto dialettico che intrattiene con chi avvia il business immobiliare. Trattasi di soggetto
(persona fisica o giuridica) operante su incarico di investitori e/o finanziatori, che ha come fine
principale della propria attività quello di supportare gli uni e gli altri in scelte che possano consentire
il raggiungimento, allo stesso tempo, di obiettivi di minimizzazione del rischio e di ottimizzazione
dell’investimento immobiliare. È, quella dell’asset manager, un’attività di consulenza che ha come
fine ultimo quello di indirizzare appropriatamente le decisioni degli investitori, specialmente quelli
che sono orientati puramente al reddito.
Tale figura professionale partecipa al processo di acquisizione e alla definizione della struttura
finanziaria dell’intervento soprattutto attraverso studi di mercato, analisi delle caratteristiche degli
immobili che sono potenziali target d’intervento, consulenza nell’ istruttoria dell’investimento e
monitoraggio dei risultati, in maniera tale da assicurare che le desiderate caratteristiche in termini di
9

rischio e potenziale reddituale dell’investimento vengano rispettate (Tronconi et al., 2002). In fase
operativa, allo scopo di assicurare la necessaria redditività dell’iniziativa, l’asset manager non si
astiene dal monitorare il modo in cui avviene la somministrazione di servizi da parte di terzi.
Connessa all’attività degli asset manager, troviamo nella filiera immobiliare -come accennato- la
figura del real estate advisor. L’intervento di tale figura professionale è richiesto, generalmente, allo
scopo di supportare gli investitori (in particolar modo, gli investitori istituzionali) nella ricerca delle
migliori soluzioni di investimento disponibili sul mercato, in relazione agli obiettivi cui ambiscono.
Il supporto dell’advisor immobiliare è richiesto, in particolare, in sede di definizione delle strategie
di investimento dei grandi operatori economici, grazie alla fornitura di utili proiezioni sul futuro dei
mercati, nonché all’elaborazione di progetti complessi e budget fortemente articolati.
Si richiede, infine, che l’advisor immobiliare intervenga di concerto con l’asset manager in fase di
periodico monitoraggio della performance delle iniziative fatte proprie dall’investitore.

5. Il real estate developer
Un soggetto il cui ruolo merita, a questo punto, di essere approfondito è quello conosciuto come
real estate developer (o promotore immobiliare). La sua attività è rivolta a catalizzare interessi privati
di investimento e finanziamento, ma ha un impatto latamente sociale, poiché coinvolge interessi
pubblici e, quasi sempre, decisioni dell’amministrazione statale e/o locale.
La figura professionale del developer è uno dei più dinamici attori sulla complessa scena della
filiera immobiliare. Sebbene a livello teorico è preferibile collocarla “a monte”, la sua attività può
effettivamente spingersi molto oltre, fino a coinvolgere i livelli più “a valle” della filiera, operando
con il preciso obiettivo di tenere sempre uniti gli interessi di investitori e finanziatori, proprietari di
aree edificabili e potenziali utilizzatori/acquirenti.
L’attività dello sviluppatore immobiliare può, nello specifico, essere definita come dedicata
«all’assemblaggio di più sinergie, con lo scopo di dare vita a un’operazione immobiliare con fini
speculativi» (Somasca, 2007). Obiettivo del promotore nel real estateè, in via prioritaria, quello di
suscitare interesse diffuso e attesa di reddito per interventi immobiliari in aree edificabili realmente
disponibili e/o terreni in disuso, cercando di rendere ad essi compatibili le esigenze e i desideri dei
potenziali utilizzatori finali dei beni che vengono realizzati.
È con questa finalità che prende avvio il processo vero e proprio di «sviluppo immobiliare»,
articolato tipicamente in una serie di fasi tra loro strettamente connesse, la cui sequenza non è
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standardizzabile, ma può modularsi a seconda delle specifiche esigenze della domanda con cui il real
estate developer è chiamato a confrontarsi.
Nel primo stadio della possibile iniziativa immobiliare viene chiesto al promotore di definire la
cosiddetta idea di sviluppo, finalizzata (generalmente) a incrementare il valore di un determinato sito.
È, questo, un lavoro la cui efficacia dipende dall’intuizione e creatività del professionista di cui
trattasi. L’accertamento delle possibilità di successo di tale idea è un percorso che richiede l’avvio di
molteplici contatti con più persone fisiche e giuridiche, quali i potenziali locatari, i proprietari di
capitali e terreni, investitori in immobili, nonché la Pubblica Amministrazione.
Una volta delineati i contorni della nuova business idea immobiliare è compito del promotore,
attraverso la raccolta di dati rivenienti da rigorose verifiche di mercato, costruire un piano dettagliato
della fattibilità della nuova iniziativa immobiliare, i cui elementi portanti sono rappresentati
dall’analisi economico-finanziaria dell’iniziativa e dall’analisi del potenziale di mercato di sbocco.
Sulla base di tali analisi è possibile razionalmente congetturare le differenziate possibilità di esito
positivo dell’intervento. Le capacità persuasive del professionista sono altresì importanti.
La disponibilità effettiva del suolo e/o dell’edificio, che il promotore può anche direttamente
assicurarsi grazie all’acquisto in prima persona dei beni o grazie alla stipula di accordi con i
proprietari, è condizione imprescindibile affinché l’attività di sviluppo possa avere luogo. Viene con
ciò legittimata la facoltà del real estate developer di operare a pieno titolo sui beni focalizzati; se
acquisisce anche la proprietà dei beni di cui trattasi, lo sviluppatore dell’idea diventa di fatto un
investitore, che generalmente va alla ricerca di altri operatori per condividere il rischio.
Si entra, quindi, in una fase particolarmente delicata nell’operazione di sviluppo, il buon fine della
quale è subordinato non solo alla concessione di tutte le autorizzazioni da parte della Pubblica
Amministrazione, ma anche all’evolvere del consenso sociale e all’inesistenza di conflitti che
possono interferire con i progetti del developer.
Non a caso, analizzando la figura del promotore immobiliare e l’attività dallo stesso posta in essere,
alcuni autori (Gehner et al., 2006) fanno espressamente riferimento ai seguenti rischi:


cambiamenti nello scenario politico;



resistenza/opposizione da parte della Pubblica Amministrazione;



opposizione al progetto da parte di gruppi di cittadini;



modifiche a livello di legislazione ambientale.
In tal fase di svolgimento della propria attività il promotore è chiamato ad una stretta

collaborazione con una specifica figura professionale diffusamente presente nel settore immobiliare,
quella del project manager . A seconda dello specifico piano di sviluppo da porre in essere, il project
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manager può essere ora un architetto, ora un ingegnere o urbanista, cioè un professionista che affianca
il promotore non solo intervenendo nella progettazione dell’opera, ma anche fornendo sostegno nel
lavoro a monte dell’attività di sviluppo (dall’individuazione delle aree sulle quali realizzare il progetto
fino al supporto tecnico durante la richiesta delle autorizzazioni); o, più a valle, sostenendo il
promotore nel marketing delle operazioni edilizie previste (Haynes, 1992).
Una volta co-progettata la nuova iniziativa immobiliare, due sono le principali alternative a
disposizione del real estate developer (Gaeta, 2009): mantenere il controllo pieno del progetto da
realizzare o individuare investitori disposti a condividerlo o acquistarlo in toto. In ciascuno dei due
casi, è di estrema importanza instaurare uno stretto rapporto con il mercato di sbocco, al fine di
anticipare la presenza di tenant (locatari) effettivamente interessati, sia di acquirenti potenziali di lotti
o parti del bene realizzato. In tale circostanza, è opportuno l’aiuto di intermediari commerciali.
In questo stadio di attività emerge un rischio assai temuto dal real estate developer, che viene
definito rischio di mercato, non sempre controllabile ex ante. I principali fattori che possono
impattare negativamente sulla realizzazione e ultimazione dei lavori previsti dal progetto sono: la
riduzione imprevista dei prezzi di vendita/locazione, la riduzione della velocità delle vendite,
l’aumento del vacancy rate4, la riduzione del valore complessivo degli investimenti.
Con tutto quanto sopra esposto emerge il ruolo fondamentale del developer nell’ambito della
filiera immobiliare, espressione dell’esigenza di procurare una sorta di equilibrio tra risorse
finanziarie, idee di investimento e uso del territorio, nonché tra le competenze professionali dei
costruttori e le norme introdotte dalla Pubblica Amministrazione, tra ambizioni personali e barriere
legali.
Quanto finora detto consente, inoltre, di evidenziare le caratteristiche e delineare i confini di quello
che potrebbe essere definito il primo anello strategico della filiera immobiliare, illustrato dalla figura
1.

Il “vacancy rate” – anche detto “tasso di sfitto” – rappresenta la percentuale di spazi sfitti, relativamente ad un immobile
o ad un portafoglio di immobili, sul totale di spazi edificati disponibili (Nicholas e Scherbina, 2013;
www.ilsole24ore.com).
4

12

Figura 1 – L’anello strategico della filiera immobiliare

6. Mercato immobiliare primario e secondario
Prima di occuparci di altri fondamentali operatori, presenti a livello dei successivi anelli della
filiera, occorre introdurre una distinzione tra mercato primario e mercato secondario in ambito di
settore immobiliare (Griffini, 2010).
Tale distinzione si fonda sul ciclo di vita dell’immobile, graficamente rappresentato in figura 2.
Figura 2 – Il ciclo di vita dell’immobile

A tal scopo, occorre considerare se l’immobile sia o meno già presente nel mercato, ovvero sia
stato già realizzato o meno. Si parla, quindi, di mercato immobiliare primario con riferimento al
mercato delle nuove costruzioni e ristrutturazioni edilizie, nel quale sono operanti attori
profondamente differenti da quelli attivi nel mercato secondario, il quale si presenta in primis come
luogo d’incontro tra domanda ed offerta di immobili già costruiti, che vengono offerti al compratore
potenziale.
13

6.1. Il mercato immobiliare primario
Il mercato primario è essenzialmente caratterizzato da operazioni di offerta e domanda di nuove
costruzioni, cui prendono parte, direttamente o indirettamente, molteplici soggetti.
Dal lato dell’offerta, protagoniste sono le imprese edili. Lo sviluppo di tali imprese, operanti
principalmente su commessa e svolgenti un’attività di produzione difficilmente standardizzabile, ha
fatto sì che crescesse, nel tempo, l’esigenza di miglioramento delle attività di gestione e
coordinamento delle relative operazioni (Trio, 2014). Un apporto qualificato in proposito viene
fornito dal project manager.
Tre sono le macro fasi nelle quali si articola l’attività di tale professionista (Damiano, 1997): a)
l’ideazione delle modalità di edificazione (concept); b) la definizione dell’iter costruttivo
(development); c) l’implementazione dell’idea nell’esecuzione dei lavori (implementing & closing).
Il project manager garantisce che vi sia corrispondenza -in termini di tempi, costi, qualità e
modalità di realizzazione della commessa- tra disposizioni contrattuali ed effettiva messa in opera e
ultimazione dei lavori. Tale soggetto assume una funzione critica nella filiera assolvendo, di fatto, un
ruolo non solo concettuale, ma anche di guida nell’affrontare le complessità che possono emergere
durante lo svolgimento delle operazioni (Kerzner, 2005).
Affinché il progetto abbia successo è fondamentale che il project manager assimili pienamente,
fin dall’inizio della propria attività, le esigenze del cliente/utilizzatore finale, sulla base delle quali
poter definire gli specifici criteri e gli specifici contenuti del proprio lavoro. In quest’ottica, nello
svolgimento ulteriore delle operazioni in filiera, la predetta figura professionale deve collaborare con
il construction manager, quasi come naturale implicazione delle sue tipiche attività progettuali. Il
construction manager si occupa, in particolare, della pianificazione temporale dei lavori edili, del
controllo dello stato di avanzamento delle operazioni di cantiere, del rapporto coi principali fornitori,
dando un personale fattivo contributo all’ottimizzazione dell’uso delle risorse.
6.2. Il mercato immobiliare secondario
Le dinamiche di settore del real estate non possono essere comprese appieno se non si considerano
anche le specificità del mercato immobiliare secondario e dell’intervento ad hoc di interessanti figure
di supporto all’investitore.
Il mercato secondario è caratterizzato da attività di compravendita o locazione di immobili. Fanno
parte del mercato secondario l’acquirente/utente potenziale dell’immobile (o di un portafoglio di
14

immobili), il venditore, nonché l’intermediario immobiliare.
La scelta di acquisire o meno un immobile è legata all’esistenza di una corrispondenza tra le
caratteristiche dell’immobile stesso e le attese del compratore. In caso di compravendita di immobili
è prassi che, prima della formalizzazione dell’atto, il soggetto venditore sia chiamato a fornire tutte
le

informazioni

richieste

dall’acquirente

(informazioni

sullo

stato

tecnico-manutentivo

dell’immobile, informazioni catastali, informazioni su eventuali contratti di locazione in essere ecc.).
Nel caso di utente/compratore istituzionale o aziendale, diversi soggetti intervengono a supporto
del positivo svolgimento delle relazioni intervenute tra le parti, a partire dai consulenti o dalle società
di servizi cui viene richiesto di elaborare il cosiddetto studio di fattibilità dell’affare5, avente come
obiettivo quello di individuare le potenzialità dell’immobile oggetto di transazione e congetturare il
verosimile grado di soddisfacimento delle aspettative dell’investitore, date le possibili differenziate
alternative che emergono nel mercato. A tali professionisti viene anche demandato il compito di
effettuare una circostanziata valutazione in termini finanziari dei benefici che possono derivare al
venditore e al compratore dalla realizzazione effettiva del contratto (v. figura 3).
Figura 3 – Lo svolgimento a “stadi” della filiera immobiliare

7. Il property manager e il facility manager
A questo punto della nostra trattazione si delinea la figura del property manager.
In particolare, l’attività di questo protagonista della filiera nasce, all’interno del settore e
nell’ambito dei grandi patrimoni immobiliari, per la diffusa necessità di una gestione professionale
quotidiana dei beni in portafoglio degli investitori, finalizzata a mantenerne il valore e, nel contempo,
cercando di massimizzarne la redditività.
Lo studio di fattibilità può genericamente essere definito come l’esame preliminare di ciò che si vuole o si può realizzare, delle
alternative che presenta, dei vincoli o delle limitazioni cui è soggetto l’investimento, dei costi e vantaggi, degli iter tecnici,
amministrativi, burocratici che dovranno essere seguiti e infine dei tempi necessari per la realizzazione dell’immobile (Wertenstein,
1997).
5

15

È compito del property manager di dedicarsi al coordinamento delle operazioni di natura tecnica
e amministrativa del patrimonio immobiliare affidatogli (gestione dei contratti di locazione, delle
spese delle attività manutentive, dei rapporti con le autorità/organi di vigilanza ecc.), con l’obiettivo
di dare continuità a siffatte operazioni ed elevarne l’efficienza tecnologica, nell’ottica prioritaria di
conservare il valore del patrimonio stesso.
In particolare, nel caso già citato di compravendita di asset immobiliari con clienti istituzionali/
aziendali, il property manager verrà coinvolto in attività di verifica della situazione tecnicoamministrativa, manutentiva, documentale, di conformità del bene oggetto di transazione. Sono,
queste, operazioni che assumono i tratti della due diligence immobiliare. Grazie a siffatta operazione
si deve giungere a ridurre significativamente le asimmetrie informative su tutti gli aspetti di natura
legale, economica e fiscale presenti al momento della compravendita. Nell’interesse di entrambe le
parti (in particolare dell’acquirente), s’effettua un’attività di verifica della redditività
dell’investimento e, sulla base dell’indagine svolta, viene accertata la possibilità di un price
adjustment, cioè di una rettifica del prezzo finale dell’asset immobiliare oggetto di compravendita
(Martinazzoli e Gagliardi, 2005).
Figura 4 – Attività di servizio “al cuore” della filiera

Strettamente legata alle operazioni svolte dal property manager, emerge nella filiera immobiliare
il ruolo del facility manager (v. figura 4).
Trattasi delle attività svolte da singoli prestatori di servizi o, più spesso, da società specializzate
che si offrono per «coordinare lo spazio fisico di lavoro con le risorse umane e l’attività propria
dell’azienda e/o integrare tra di loro i principi della gestione economica e finanziaria d’azienda,
dell’architettura e delle scienze comportamentali e ingegneristiche» (International Facility
Management Association, 2012).
In un’ottica di razionalizzazione dello svolgimento delle operazioni necessarie all’efficiente ed
efficace (cioè: economico) funzionamento degli asset di proprietà, l’offerta di facility management è
16

riconducibile a tre fondamentali aree di prestazioni d’opera: a) servizi all’edificio; b) servizi allo
spazio; c) servizi alle persone. Si devono, al riguardo, citare innanzitutto i servizi sub-a), che
comprendono la manutenzione edile e la manutenzione degli impianti idro-sanitari, elettrici, di
climatizzazione. Rientrano, invece, nei servizi sub-b) le attività di progettazione e gestione del verde
e dei sistemi d’arredo, l’attività di landscaping, le attività di trasloco, trasporto e facchinaggio
pertinenti a uno o più immobili. E’, infine, compreso sub-c) un insieme di attività diverse quali la
ristorazione, la vigilanza, la sicurezza, l’igiene ambientale, la reception e il portierato eventualmente
richieste nell’ambito dell’amministrazione integrata di uno o più immobili (Sciarelli, 2005; Tronconi
et al., 2007).
Allo scopo di consentire alla proprietà immobiliare l’ indispensabile focalizzazione su operazioni
di tipica pertinenza o core business, è largamente praticata -in caso di amministrazione di grandi
patrimoni- l’esternalizzazione di uno o più servizi di facility management sopra elencati(Mari e
Poggesi, 2014). Ciò avviene anche grazie a contratti di global service (Ciaramella, 2010): in tale
fattispecie, l’attività di facility management viene svolta non da distinti soggetti artigianali
specializzati da coordinare, bensì da un unico soggetto “terzo” rispetto sia al titolare del patrimonio
immobiliare interessato, sia rispetto a tutti gli altri soggetti in filiera. Finalità principale del ricorso
alla formula contrattuale del global service è quella di favorire il conseguimento di economie nell’
amministrazione degli immobili, sgravando da impegni di tipo organizzativo e gestionale il titolare
dei diritti di proprietà (soggetto privato o ente pubblico) e liberando tempo a favore di quest’ultimo,
che devolverà a strategie, cooperazioni e altri affari istituzionali.

8. L’intermediario immobiliare tra acquirenti e/o utenti finali
8.1. L’intermediario immobiliare
Ai fini di una esauriente rappresentazione delle dinamiche del settore immobiliare occorre dar
spazio ad una figura professionale che, nel tempo, ha subito profondi cambiamenti, ma che resta uno
dei fondamentali protagonisti del settore: l’intermediario immobiliare.
L’intermediario immobiliare è una figura professionale specializzata nella conclusione di affari
aventi per oggetto lo scambio in compravendita o in locazione di abitazioni, locali commerciali e
industriali, nonché la cessione o l’affitto di aziende presenti nella real estate industry.
La storia di questa figura professionale è antica. Affonda le sue radici nel latino censualèm o
ufficiale del censo (sensale), probabilmente in virtù dell’ufficio assolto dal soggetto, che partecipava
17

attivamente – in qualità di mediatore – a vendite di bestiame, terreni, grano, non solo case.
È stato principalmente il boom edilizio della ricostruzione post-bellica a favorire, in Italia, la
specializzazione delle competenze dell’intermediario immobiliare in funzione dell’allargamento del
mercato e delle esigenze del cliente potenziale (Toscano 2013). Bisogna, tuttavia, aspettare la legge
n. 39 del 3 febbraio 1989 per vedere ufficialmente riconosciuto il ruolo di mediatore immobiliare
quale professionista del settore. Rispetto ad altre categorie di intermediazione (ad es.
l’intermediazione creditizia), quella immobiliare ha come tratto distintivo l’essere in massima parte
rivolta ad una clientela privata non professionale.
Il fine principale dell’intermediario immobiliare è quello dell’individuazione dei progetti di
compravendita/locazione di immobili adeguati alle specifiche esigenze dell’offerta e della domanda
di immobili, cioè degli «opposti» (Dicerto, 2007). Il fabbisogno di professionalità è accompagnato
dalla esigenza di sviluppare una dotazione di strutture organizzative idonee a presidiare i mercati.
A quest’ultimo proposito, occorre sottolineare che l’accresciuta competitività nei vari segmenti
dell’intermediazione immobiliare ha portato i principali operatori nazionali a creare reti di
collaborazioni in franchising, che consentono la diffusione capillare dei servizi sul territorio e
facilitano l’orientamento strategico al consumatore (Delbufalo, 2008).
8.2. L’acquirente e gli altri utenti finali dell’immobile
E’ d’obbligo far cenno che, nel suo finale articolarsi, la filiera immobiliare segnala la presenza di
due distinti soggetti: a) l’acquirente; b) l’utente, senza di cui la costruzione di beni immobili e
infrastrutture edili non avrebbe senso, almeno dal punto di vista economico-sociale.
Nella fattispecie sub-a), la persona fisica o giuridica che, nell’ambito di una transazione
immobiliare, contrae la proprietà di un singolo immobile o di un portafoglio di immobili viene
generalmente supportata, nelle sue scelte dalle competenze dell’intermediario immobiliare. Le
competenze del professionista integrano l’intuito personale e le preferenze del compratore.
Del pari, le competenze medesime sono offerte a chi vuole usare il bene senza esserne o diventarne
il proprietario. Si parla di utente dell’immobile con riferimento alla persona fisica o giuridica che
usufruisce degli spazi, delle attrezzature e delle prestazioni di uno specifico edificio o altro elemento
infrastrutturale (oppure di parte di esso) come locatario. Si noti, in proposito, che il proprietario degli
spazi può qualificarsi anche come utente, nella misura che dell’immobile e delle pertinenze di
quest’ultimo effettivamente si avvalga per sue attività, facendo rientrare l’uso di detti beni nell’ambito
della propria economia aziendale o famigliare.

18

9. Conclusioni
Il peso economico assunto dal settore immobiliare nelle moderne economie e, all’opposto, la
scarsa attenzione che ad esso si rivolge a livello scientifico sono le ragioni che hanno portato alla
realizzazione del presente contributo. Obiettivo primario del lavoro è stato quello di delineare i
confini del settore, fino ad arrivare a definire un possibile modello di filiera immobiliare,
sperabilmente a utile supporto descrittivo tanto per gli operatori del settore, quanto per gli studiosi
delle tematiche di cui trattasi.
È emerso un quadro estremamente articolato della real estate industry (v. figura 5), in cui -accanto
a figure tradizionali, quali investitori, finanziatori, imprese edili, intermediari immobiliari, nonché
utenti e acquirenti finali- si fanno spazio ambiti professionali qualificati, che contribuiscono
attraverso nuove professionalità e competenze a dar linfa vitale e forza creativa al settore. È questo il
caso ad esempio dell’asset, property e facility management, professioni che rivestono un ruolo
strategico nella filiera, in particolare nella gestione di patrimoni immobiliari complessi. Non meno
che nel caso ora citato, anche nei segmenti dell’intermediazione immobiliare emergono da tempo
significativi spunti di creatività imprenditoriale.
Figura 5 – La filiera immobiliare nella sua complessità

In sintesi: quanto più l’operazione immobiliare è complessa, tanto più articolata è la filiera
immobiliare. Sempre più quest’ultima coinvolge una molteplicità di lavori, a partire dai più
tradizionali, fino a quelli emergenti, non solo nell’industria delle costruzioni, ma anche e soprattutto
nell’offerta di servizi.

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Riferimenti bibliografici
Aa.Vv. (2013), Società di investimento immobiliare quotate, Milano, Ed. Il Sole-24 Ore.
Abatecola G. e Cafferata R. (2014), “Real estate management. What boundaries? A European
approach”, International Journal of Globalisation and Small Business, Vol. 6, n. 3/4, pp. 163-176.
Abatecola G., Caputo A., Mari M. e Poggesi S. (2013), “Real Estate Management: Past, Present, and
Future Research Directions”, International Journal of Globalisation and Small Business, vol. 5,
n. ½, pp. 98-113.
Abatecola G. e Mari M. (2011), “Il panorama immobiliare europeo: lo scenario attuale”, in Cafferata
R.,

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