Le radici

2.1 Le radici

  Gli studiosi postmodernisti 9 rifiutano l'idea di una realtà unica e oggettiva. La prima spallata alla filosofia illuminista arriva agli inizi del XX° secolo, con

  il concetto di inderteminatezza, introdotto dallo scienziato tedesco W. Heisenberg (1927). Secondo tale principio il concetto di osservatore distaccato

  e imparziale, che osserva neutrale ciò che lo circonda, ed è fondamentale nella costruzione del metodo scientifico, è anacronistico, infatti, il sol fatto di compiere un'osservazione pone l'osservatore in rapporto diretto con l'oggetto della ricerca, distorcendo inevitabilmente il risultato. In questo modo, Heisenberg dimostra che tutto quello che facciamo - perfino osservare - condiziona il risultato finale. Ben lontano dall'essere distaccato, dunque, ogni essere umano è nello stesso tempo attore e comparsa, elemento condizionante e condizionato dal mondo che tenta di manipolare e influenzare. Con Heisenberg, dunque, diventa impossibile accettare la concezione baconiana di un universo formato soltanto

  da soggetti conoscenti che agiscono su oggetti passivi (Rifkin, 2001) ed inizia

  a farsi strada l’idea che non esiste una realtà unica e conoscibile, ma solo realtà individuali che creiamo attraverso la nostra partecipazione e la nostra esperienza. Il mondo, secondo i postmodernisti, è un costrutto umano: è determinato dalle storie che gli uomini concepiscono per spiegarlo e dal modo in cui scelgono di viverlo. Per dirla con Rifkin (2001, p.258), “questo nuovo mondo non è

  9 Il riferimento al post-modernismo non ha pretese di esaustività. Si è consapevoli che il termine post- modernismo fa riferimento ad un concetto ampio presente in arte, architettura, teatro, filosofia e nei

  movimenti sociali, che non ha un significato comune a tutti questi contesti (Lash, 1990; Smith-Allen, 1992). La maggior parte dei riferimenti sono stati ripresi dagli scritti di Bereiter e Scardamalia (Postmodernism, knowledge building, and elementary science, 2007), accogliendo dunque il loro punto di vista sull’argomento.

  oggettivo, ma contingente; non è fatto di verità, ma di opzioni e scenari. È un mondo creato dal linguaggio e tenuto insieme dalle metafore e dai significati condivisi, che cambiano di continuo nel tempo. La realtà, si direbbe, non è qualcosa che ci è dato, ma qualcosa che creiamo, tessiamo continuamente, nel comunicarla.” Il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset (1914) sostiene che esistono tante realtà quanti punti di vista. Questa sua affermazione ha messo in discussione il concetto moderno di realtà univoca, conoscibile ed oggettiva e le ha contrapposto l'idea di realtà molteplici, ciascuna delle quali rappresenta l'unica storia di vita di ogni essere umano che popola la terra. La sintesi di questo nuovo modo di pensare sta nella sua frase: “Io sono io e la mia circostanza” (1914). Nel campo delle scienze sociali, gli studiosi postmodernisti affermano che “lo sforzo di creare una visione unitaria del comportamento umano ha prodotto solo ideologie classiste, razziste e colonialiste” (Rifkin, 2001, p.260). Hampden-Turner (1970) sostiene che il punto di vista delle scienze sociali sull’essere umano è distorto, perché gli scienziati si concentrano sugli aspetti ripetitivi, predicibili e invarianti della persona, riducendo l’immagine dell’uomo a ciò che è visibile ed escludendo il mondo soggettivo. K. Popper (1962), uno dei più influenti filosofi che si oppongono al positivismo, dichiara che non è possibile sapere se ci si sta avvicinando alla Verità. La ragione sta nel fatto che prima di sapere se ci si sta avvicinando alla verità, è necessario sapere che cos’è la verità. Tuttavia, Popper, al contrario delle convinzioni postmoderniste, afferma che gli scienziati devono agire inseguendo la Verità, altrimenti non hanno motivo di scegliere una teoria piuttosto che un’altra o di continuare a fare quello che fanno. Dagli anni ’70 in poi, con i lavori di Khun (1970), di Thagard (1989) e di Dunbar (1993) emerge una nuova concezione di progresso scientifico: esso non è un modo per avvicinarsi alla realtà, è una questione che riguarda il miglioramento della conoscenza che già esiste; non riguarda la possibilità di giudicare se si sta restringendo lo spazio tra la conoscenza e la Verità ultima; il progresso è

  giudicato comparando la conoscenza di oggi con quella del passato, ovvero comparando quale teoria spiega meglio i fatti (Harman, 1986). In campo educativo, Bereiter e collaboratori (1997) sostengono che la scienza non dev’essere presentata come un cammino verso la Verità, ma come il continuo sforzo per migliorare la conoscenza esistente, uno sforzo a cui possono partecipare anche gli studenti. Guardare al progresso scientifico come un processo di miglioramento delle idee ha diverse importanti implicazioni in educazione: la conoscenza non è mai dichiarata vera o finale, ma non è nemmeno trattata come un’opinione personale; in questo modo si sfugge da un lato il pericolo dell’autoritarismo e dall’assolutismo e dall’altro quello del relativismo e del soggettivismo (Bereiter, Scardamalia, Cassels, Hewitt, 1997). Inoltre, il progresso scientifico ottenibile con il miglioramento delle idee può essere ottenuto direttamente dagli sforzi degli studenti per capire il mondo.