I paradigmi teorici

2.2 I paradigmi teorici

  Nella progressiva trasformazione del pensiero umano da una visione moderna, universalista e positivista ad una concezione post-moderna, relativista e contingente (Varisco, 2002), è possibile individuare una sistematizzazione dei diversi paradigmi, espressione di altrettante diverse correnti di pensiero, defininendoli secondo le credenze in ambito ontologico, epistemologico e metodologico (Guba, 1990; Guba, Lincoln, 1989). Secondo Guba e Lincoln, riduzionismo e determinismo caratterizzano il positivismo, che quindi viene ontologicamente definito come un paradigma secondo il quale l’uomo crede di poter conoscere la “vera” natura della realtà e il suo funzionamento e che presuppone l'esistenza di leggi e meccanismi immutabili che prescindono dal tempo e dal contesto (Varisco, 2002). Dal punto di vista epistemologico, può essere considerato un paradigma dualista e oggettivista perché indagatore e indagato sono considerate entità indipendenti, non influenzabili tra loro, mentre metodologicamente è possibile definirlo

  sperimentale e manipolatorio in quanto utilizza esclusivamente metodi quantitativi per sottoporre a test empirici di verifica le ipotesi elaborate in partenza. Il postpositivismo viene ontologicamente definito come “realismo critico” in quanto, pur continuando ad assumere l'esistenza di una realtà, non la ritiene conoscibile in modo perfetto a causa dei limiti umani; dal punto di vista epistemologico possiamo definire questo paradigma come “oggettivista mitigato” (Varisco, 2002), i risultati degli studi sono replicabili e soggetti a falsificazionismo, per questo tale paradigma è definito, dal punto di vista metodologico, “sperimentalemanipolatorio mitigato”: si cercano setting più naturali, rispetto al classico laboratorio per esperimenti e vengono utilizzati anche metodi qualitativi. La teoria critica è un paradigma nel quale convivono correnti diverse ed ideologicamente orientate, come il neomarxismo, il materialismo e il femminismo, ed è stata definita ontologicamente come “realismo critico” (Guba, 1990). La realtà è considerata comprensibile e flessibile, forgiata da valori sociali, politici e culturali e cristallizzata nel tempo in una serie di strutture o processi. Epistemologicamente, la teoria critica è stata definita soggettivista, in quanto i valori propriamente umani mediano la ricerca e legano indagatore e indagato. Metodologicamente definiamo questo paradigma “logicodialettico” in quanto, a causa della sua natura, viene sollecitato il dialogo tra gli attori coinvolti nella ricerca; l’esigenza del massimo rigore spinge ad utilizzare sia metodi quantitativi che metodi qualitativi. Infine, l’ultimo paradigma preso in considerazione è il costruttivismo. Dal punto di vista ontologico, è definito “relativista”, in quanto le realtà sono costruzioni mentali molteplici, fondate socialmente e di natura locale e specifica (Varisco, 2002); epistemologicamente esso è considerato “transazionale e soggettivista” in quanto indagatore e indagato sono legati interattivamente e i risultati sono creati man mano che la ricerca procede; per questo, dal punto di vista metodologico, tale paradigma è considerato

  “ermeneuticodialettico”: le costruzioni hanno natura variabile e sono negoziate e costruite socialmente, dunque prevalgono nettamente i metodi qualitativi. Nella tabella che segue, un riassunto schematico dei paradigmi enunciati:

  Ontologia Epistemologia Metodologia

  Positivismo Metodo sperimentale –

  Realismo ingenuo – l’uomo

  Dualista e oggettivista –

  cerca di scoprire la vera natura

  indagato e indagatore sono

  utilizzo di variabili

  della realtà.

  separati.

  manipolate.

  Post- Sperimentalemanipolatorio

  Realismo critico – la realtà

  Dualista e oggettivista

  esiste ma a causa dei limiti

  mitigato – si utilizzano setting

  positivismo mitigato – l’accento è sul

  umani non la si può conoscere

  più naturali e anche metodi

  falsificazionismo delle ipotesi.

  perfettamente.

  qualitativi.

  Teoria critica Dialogicodialettica – viene

  Realismo storico – la realtà è

  Soggettivista – indagato e

  forgiata e diretta da valori

  sollecitato il dialogo tra

  indagatore sono legati

  sociali, politici, economici,

  ricercatori e ricercatori e

  interattivamente

  etnici e di genere.

  soggetti.

  Costruttivismo Ermeneuticodialettica – le

  Transazionalesoggettivista –

  costruzioni hanno natura

  Relativista – la realtà è una

  indagatore e indagato sono

  variabile e intermittente e

  costruzione mentale

  legati e i risultati sono creati

  vengono negoziate e condivise

  socialmente fondata.

  man mano che la ricerca

  socialmente, dunque

  procede.

  prevalogono i metodi qualitativi.

  Tabella 1 – I paradigmi teorici (Varisco, 2002).

  La prospettiva d’analisi ontologica, epistemologica e metodologica proposta

  da Guba e Lincoln è stata in parte ripresa da Bichelmeyer (2000) per analizzare le correnti filosofiche che hanno supportato la ricerca psico- pedagogica e didattica nel XX° secolo. I paradigmi considerati dall’autrice sono comportamentismo, cognitivismo e costruttivismo. Il comportamentismo considera la realtà come oggettiva ed esterna all’uomo, permanente e statica; la verità è concepita come esterna agli individui, immutabile e statica e sono un bene le azioni che ricevono ricompense esterne. Anche il cognitivismo definisce la realtà come stabile ed oggettiva ma essa viene “sperimentata soggettivamente” dagli individui; la verità viene conosciuta quando si confrontano gli schemi cognitivi interni dell’uomo con la

  realtà esterna e il bene è dato dallo sviluppo di rappresentazioni schematiche della realtà. Infine, per il costruttivismo la realtà è soggettiva e ciascun individuo si costruisce la propria (Goodman, 1960); la verità è un costrutto degli individui, basato su significati negoziati ed è un bene che si sviluppi l’accordo che tiene conto della verità “condivisa”. In particolare, il termine "costruttivismo" indica la posizione filosofica secondo la quale “la realtà conosciuta non precede la conoscenza, ma essa viene costruita e ri-costruita dal soggetto conoscente” (Castiglioni, 2004, p. XI). La realtà, quindi, non è un qualcosa di “dato” e non è pre-esistente al soggetto, ma al contrario, è strettamente legata a colui che conosce: nessuna conoscenza può dunque considerarsi “oggettiva”, nel senso di vincolata alle proprietà dell’oggetto conosciuto (Kelly, 2004). In altri termini, non esiste realtà che sia indipendente da un soggetto che la conosce: l’osservatore non è passivo e neutrale, ma al contrario costruisce attivamente la conoscenza. Il costruttivismo abbandona la tendenza a rendere qualsiasi processo scomponibile in unità più semplici e abbraccia un approccio olistico, studiando i processi cognitivi non più solo come prodotti di un sistema di elaborazione separato dal contesto, ma al contrario profondamente immerso e interagente con i contesti biologici, evolutivi, sociali, culturali e tecnologici nei quali vive e opera (Varisco, 2002). Inoltre, tale visione postmoderna, sostiene che parlando, pensando, agendo e interagendo noi costruiamo i nostri mondi, e che quindi non esiste una singola verità ma tutte le verità sono parzialmente vere. “Il costruttivismo non crea né spiega una qualche realtà esterna, ma mostra che non esistono un interno ed un esterno, che non esiste un mondo di oggetti che stanno di fronte ad un soggetto. Esso mostra piuttosto che la divisione oggetto-soggetto, sulla cui ipotesi si fondano miriadi di “realtà”, non esiste: che l’apparente divisione del mondo in coppie di opposti è costruita dal soggetto e che i paradossi aprono la strada all’autonomia” (Watzlawick, 1984, trad. it. p. 277).

  N. Goodman (1960, trad. it. pp. 911-2), sempre a questo proposito, scrive: “non è possibile scoprire quale sia il migliore o più fedele o più realistico modo di vedere il mondo e raffigurarlo, dal momento che vi sono innumerevoli e disparati modi di vederlo e raffigurarlo e nessuno di essi può rivendicare per sé il diritto di essere il modo di vedere o rappresentare il mondo così come esso è. Neanche la descrizione più vera arriva a riprodurre fedelmente il modo di essere del mondo. Né il modo in cui il mondo è dato né qualsiasi modo di vederlo o raffigurarlo o descriverlo ci restituisce il modo di essere del mondo”. In questa cornice, il rapporto tra soggetto e contesto diventa centro d’interesse

  e l’attribuzione di significati, da parte del soggetto, a cose ed eventi rappresenta l’atto conoscitivo, socialmente negoziato e condiviso. La “significazione” diventa quindi un momento fondamentale in quanto è proprio l’attribuzione di senso a formare l’azione che, a sua volta, produce conoscenza

  e sapere. La conoscenza è quindi un prodotto socialmente, storicamente, temporalmente, culturalmente e contestualmente costruito (Varisco, 1995) da parte di soggetti attivi.