Produzione e gestione dei rifiuti in Campania

2.2 Produzione e gestione dei rifiuti in Campania

  La gestione dei rifiuti in Campania è sfociata, dall'inizio degli anni novanta, in un lungo periodo di amministrazione in “emergenza” dovuto a ripetute crisi, in cui la geografia del potere è cambiata e si è trasferita nelle mani di enti sovraordinati a quelli locali, creati ad hoc.

  Per la trattazione dell'argomento ci si concentrerà prima sulla produzione di rifiuti urbani e industriali e poi sulla loro gestione negli ultimi anni, analizzando il periodo dell'emergenza e fornendo alcune indicazioni su quello precedente. In seguito saranno esaminate le criticità della gestione, strutturali o riguardanti le politiche messe in atto, e i problemi che rimangono da affrontare dopo l'”emergenza”.

2.2.1 Rifiuti urbani e rifiuti speciali: produzione

  Criticità nella raccolta dati Tra i dati utilizzati citiamo quelli delle agenzie per l'ambiente nazionale e regionale

  (Ispra – ex Apat e Arpac), contenenti anche utili cartografie regionali sul tema, e quelli degli osservatori rifiuti (nazionali, regionali, provinciali); altri dati si ricavano dal Commissariato all'emergenza, poi seguito dal Sottosegretariato dai consorzi, dai piani regionali , dalle aziende comunali, dai Comuni stessi e così via: un compito che richiede una non facile sintesi tra informazioni a volte non ben centralizzate.

  Gli stessi studi prodotti dall'Arpac, sviluppati negli ultimi due o tre anni anche sulla scorta dell'attuale interesse, sottolineano e confermano la scarsità e la cattiva organizzazione dei dati sul tema rifiuti e la scarsa attenzione che a lungo ha ricevuto.

  Tale Agenzia è anche finita varie volte sotto inchiesta negli ultimi anni per scandali legati a una presunta gestione clientelare che potrebbe averne inficiato la qualità del lavoro. 429 Questa questione è di non secondaria importanza per meglio comprendere i

  429 Nell'autunno 2009 la Procura di Napoli ha aperto un'inchiesta con al centro l'Arpac, «utilizzata, secondo l'accusa, come come serbatoio elettorale della famiglia Mastella attraverso un fitto sistema di 429 Nell'autunno 2009 la Procura di Napoli ha aperto un'inchiesta con al centro l'Arpac, «utilizzata, secondo l'accusa, come come serbatoio elettorale della famiglia Mastella attraverso un fitto sistema di

  tecnici forniti dalle istituzioni 431 . D'altro canto, sulla precisione dei dati è l'Arpac stessa a fare le dovute avvertenze per i lettori dei suoi rapporti: la precisione sui dati riguardanti i

  rifiuti urbani è inficiata da anni di emergenza e di confusione e sovrapposizione di competenze; la situazione dei dati che riguardano la produzione dei rifiuti speciali risulta ancor più complicata 432 . Nel dettaglio, la base informativa di riferimento si dipana in diversi flussi:

  • rifiuti urbani (Ru): il decreto Ronchi del 1997 ha conferito all'Apat e alle Arpa

  regionali il compito di gestire l'informazione in materia di rifiuti, in particolare con l'istituzione del Catasto Rifiuti, strumento conoscitivo finalizzato alla quantificazione dei flussi che ha basi comuni ai livelli comunitario, nazionale e regionale. In Regione, infatti, è istituita una sezione regionale del Catasto. Questa stessa sezione, però, a detta di ricercatori dell'Arpac, non ha il controllo totale dei dati dei flussi di rifiuti che passano nell'impiantistica regionale, poiché non c'è un censimento preciso degli impianti in Regione, ente titolare del potere di autorizzarne l'esercizio 433 . Nella gestione in emergenza, vigono ulteriori normative, quali il Regolamento per la contabilità dei dati di produzione e raccolta differenziata emanato con Ordinanza n. 1642006 del Commissariato di Governo per l'Emergenza Rifiuti (Cger);

  raccomandazioni. In un file sequestrato dalla Guardia di Finanza nella segreteria dell'ex direttore generale dell´Arpac, Luciano Capobianco, compaiono 655 nominativi e la maggior parte di essi sono accompagnati dalla segnalazione di un esponente politico, dell´Udeur ma non solo, che li avrebbe raccomandati» (Conchita Sannino, “Tangenti, bufera su Mastella. In un file la lista di raccomandati”, in “La Repubblica-Napoli” del 22102009).

  Dalle intercettazioni usate nella stessa inchiesta emergerebbe anche un clima di inefficienza interno all'Arpac, connesso alle scelte clientelari: «uno dei dirigenti Arpac al telefono si lamentava del fatto che in “ufficio c’è chi non viene mai o chi non sa far più nulla. Poi ce n’è uno che su dieci cose nove non le sa fare e chi risulta ammalato”. È il 30 luglio del 2007, quando uno dei dirigenti che aveva avallato scelte clientelari si lamenta di incapaci e fannulloni, quelli, per intenderci, che avrebbero dovuto aiutare a risolvere l’emergenza ambientale in Campania» (Leandro Del Gaudio, “Arpac, incarichi e appalti gonfiati. Affari d'oro con i rifiuti” da “Il Mattino” del 23102009) .

  430 La cui analisi si rimanda al prossimo capitolo. 431 Non è raro trovare conferme “informali” ad alcuni dei sospetti: alcuni impiegati stessi di agenzie

  come l'Arpac confermano, seppur in via non ufficiale, che alcuni rilevamenti (ad es. sulla diossina nei terreni o nel latte) sono fatti senza la dovuta perizia o addirittura in modo da sottostimare il danno ambientale. Ovviamente queste ipotesi sono da verificare, ma denotano un'atmosfera di sfiducia diffusa anche nelle istituzioni tecniche, che dovrebbero essere indipendenti dal potere politico.

  Cfr. Arpac, (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007,

  Arpac, Napoli, 2008, pp. 10-14.

  Appunti propri del convegno “Informazione ambientale” di Arpac e Università L'Orientale di

  Napoli, tenutosi a Napoli presso il rettorato dell'università il 10 novembre 2008. l'affermazione è del relatore

  G. Onorati, tecnico dell'Arpac.

  • rifiuti speciali (Rs): i dati sono ricavati dallo strumento del Modello Unico di

  Dichiarazione (Mud), sistema introdotto con la legge 701994, ed elaborati dalla Sezione Regionale del Catasto dei Rifiuti dell'Arpac, e da stime effettuate dalle agenzie per l'ambiente regionale e nazionale. Le criticità nel rilevamento dei dati sono nazionali: già il decreto 221997 prevedeva alcuni esoneri dall'obbligo di dichiarazione, che, sebbene non garantivano la completezza delle informazioni per l'intera produzione di rifiuti speciali, garantivano la disponibilità di dati per la maggior parte degli stessi. 434 Ma è con l'art. 189 del D.lgs 1522006 che, mentre il sistema stava avviandosi a funzionare a pieno regime, sono state apportate le maggiori modifiche alla normativa: esso ha reso non obbligatoria la compilazione del Mud per i soggetti produttori di rifiuti speciali non pericolosi. L'Arpac stessa sostiene che «ciò appare totalmente in contrasto con la necessità di garantire, come richiesto dallo stesso articolo 189, l'elaborazione e la divulgazione di tutte le informazioni relative al ciclo dei rifiuti» 435 . Dopo un parziale correttivo al Testo Unico Ambientale messo in atto con il D.lgs 42008, forse il flusso di dati potrà nuovamente tendere a una stabilizzazione. Nel frattempo, per questi motivi l'Arpac fornisce i dati sui rifiuti speciali solo fino al 2005 436 , mentre sopperisce alla carenza di dati attraverso studi di settore che stimano la produzione di rifiuti per unità di prodotto o per addetto in base alla categoria di attività considerata: necessariamente queste stime devono basarsi su tipologie di imprese definite a priorie e su livelli produttivi medi, dunque non possono essere precise, nonostante siano utili a indicare tendenze laddove c'è maggiore carenza di dati.

  Questa scarsa precisione nella contabilità degli Rs è ancor più grave considerando la situazione tradizionale di illegalità che si concretizza nello smaltimento abusivo di Rs e nella scomparsa di flussi notevoli di Rs dai dati. L'Arpac stessa riconosce che solo un'efficace e completa base conoscitiva permette di predisporre un adeguato sistema di controlli, in un settore che è a elevato rischio illeciti: è infatti «tristemente noto il fenomeno, più volte segnalato dall'Apat […] di “dispersione” e “dissolvimento” dei rifiuti

  434 Le norme discendenti dal decreto 221997 «non rendevano disponibili dati completi per alcune tipologie di rifiuti quali: rifiuti sanitari, rifiuti non pericolosi da attività di costruzione e demolizione, rifiuti

  di apparecchiature elettriche ed elettroniche, veicoli fuori uso. Era, inoltre, previsto l'esonero dall'obbligo di dichiarazione per le imprese artigiane con meno di tre dipendenti, relativamente ai rifiuti non pericolosi, e per le imprese agricole con un volume di affari anuo non superiore a 8.000 euro, sia per i rifiuti non pericolosi che per i rifiuti pericolosi». (Arpac (2008), op. cit, p. 118).

  435 Arpac (2008), op. cit, p. 118. 436 Cfr. Arpac (2008), op. cit. pp. 117-123 e Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009,

  Napoli, Arpac, 2009, pp. 367 e segg.

  da un impianto di messa in riserva a un altro per l'impossibilità di seguine i relativi flussi» 437 .

  Produzione di rifiuti urbani Dai dati di produzione di rifiuti urbani si notano alcune importanti tendenze che

  contraddistinguono la Campania e le Province e i Comuni all'interno della regione stessa. Come già esaminato nel capitolo precedente, si ricorda che la regioni del Mezzogiorno presentano quantitativi pro-capite inferiori alla media nazionale. In particolare, la media campana è di 491 kganno, leggermente inferiore a quella del Meridione (508 kganno), entrambe più basse rispetto a quella nazionale di 546 kganno (dati del 2007) 438 .

  Per quanto riguarda il trend storico di produzione, esso è in continuo aumento, sebbene la percentuale di incremento stia diminuendo negli ultimi anni. Al 2007 si attesta intorno ai 2,8 milioni di tonnellate, quota che era inferiore di circa 200.000 tonnellate nel 2002.

Tab. 9. Produzione di Ru in Campania e dato pro-capite 2002-2007

  Ru Campania

  Fonte: elaborazione propria da Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007 , Napoli, Arpac, 2008.

  La distribuzione interna alla Campania della produzione, poi, è assai variegata, e ricalca le tradizionali disparità tra la forte urbanizzazione della provincia di Napoli, la cui produzione media pro-capite è vicina alla media nazionale, e l'interno. Come assodato a livello internazionale, le aree rurali generalmente presentano una quota pro-capite più bassa: ciò si concretizza nelle disparità tra province, dove quelle più interne e senza sbocchi sulla costa (Avellino e Benevento) presentano livelli pro-capite molto bassi relativamente alle altre. Se utilizziamo una cartografia del livello di produzione pro-capite per Comuni (fig. 51) ci si accorge come le vaste zone interne rurali, presenti in tutte le province meno che in quella del capoluogo, sono caratterizzate da una bassa produzione a differenza delle zone urbanizzate o a vocazione turistica della costa. In particolare si

  437 Ibidem, pp. 118-119. 438 Si vedano i dati del rapporto ApatIspra, Onr, Rapporto rifiuti 2008, Roma, Ispra, 2009. Si noti

  come i dati Apat non coincidano, seppur con uno scarto minimo con quelli dell'Arpac di seguito presentati.

  segnalano il Cilento e il Vallo di Diano (Sa), l'Irpinia e la Baronia (Av), l'Alto Casertano (Ce) e il Sannio (Bn), tutte sub-regioni in cui la produzione di Ru pro-capite è inferiore ai 360 kg per abitanteanno. E' dunque una ristretta fascia di Comuni, localizzati quasi tutti sulla fascia costiera o a ridosso di questi ultimi che producono il 65 dei Ru regionali. In essi si concentra il 59 circa della popolazione in un territorio che corrisponde solo all'11,8 della superficie regionale. Nella conurbazione quasi ininterrotta che si estende tra Caserta, Napoli e Salerno, infatti, la produzione pro-capite è mediamente superiore ai 480 kgabitanteanno; le aree costiere a vocazione turistica (Campi flegrei, Costiera Sorrentina e Amalfitana, zona costiera del Cilento e le isole) arrivano addirittura a picchi di 1.000 kgabitanteanno; per completare il quadro regionale, le aree della Piana del Sele, la Valle dell'Irno, la Valle Caudina e quella del Lauro presentano una produzione procapite media, tra i 360 e i 550 kgabitanteanno. 439

  I dati a scala provinciale (fig. 49) confrontati con quelli demografici mostrano come quanto più le province risultino urbanizzate e densamente popolate, tanto più è elevata la produzione pro-capite di Ru.

Fig. 49. Produzione di Rifiuti urbani per provincia in Campania, 2007

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008

  Nota: si riportano i dati (2008) sulla densità delle province: Avellino 157 abkmq Benevento 139 abkmq Caserta 340 abkmq Napoli 2.633 abkmq Salerno 224 abkmq

  Cfr. Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007,

  Napoli, Arpac, 2008, p. 32; cfr. Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009, Napoli, Arpac, 2009, p. 358-359.

Fig. 50. Distribuzione territoriale della produzione di Rifiuti urbani

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008

Fig. 51. Distribuzione territoriale della produzione pro-capite di Rifiuti urbani

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008

  Anche la taglia dei Comuni condiziona la produzione pro-capite di rifiuti: la quasi totalità dei Comuni sotto i 10.000 abitanti presenta valori inferiori alla media regionale: si tratta infatti quasi sempre di aree rurali, con le eccezioni di quelli che hanno particolari flussi turistici e possono superare anche i 1.000 kganno pro-capite 440 . Se osserviamo in tab. 10 i dati su base comunale, infatti, nei primi dieci Comuni per produzione pro-capite di Ru troviamo tutte località balneari o Comuni che hanno frazioni che convogliano turismo balneare (Cellole ha come frazione Baia Domizia, Centola ha come frazione Palinuro, mentre Lacco Ameno, Forio e Serrara Fontana sono tutti piccoli comuni dell'isola d'Ischia).

  440 Cfr. ibidem, p. 35.

Tab. 10. Primi dieci Comuni campani per produzione di rifiuti urbani pro-capite (dati

  di Rifiuti

  Consorzio di

  di Rifiuti

  Comune

  Abitanti

  urbani pro-

  2 LACCO AMENO

  9 SERRARA FONTANA

  Fonte: elaborazione propria di statistiche Arpac 2000-2005 (stime) Note: il dato di Castelvolturno, anomalo rispetto a tutti gli altri Comuni campani, potrebbe contenere

  errori di attribuzione nelle categorie di rifiuto urbano.

Tab. 11. Ultimi dieci Comuni campani per produzione di rifiuti urbani pro-capite (dati 2005)

  Produzione

  Produzione

  di Rifiuti

  Consorzio di

  di Rifiuti

  Comune

  Abitanti

  urbani pro-

  4 CASELLE IN PITTARI

  9 CUSANO MUTRI

  Fonte: elaborazione propria di statistiche Arpac 2000-2005 (stime)

  Sul fondo della classifica pro-capite troviamo invece comuni di piccola taglia interni

  e spesso collinari o montuosi (tab. 11).

  Nella classifica dei maggiori produttori totali di Ru (tab. 12) abbiamo ovviamente in testa il capoluogo a causa del numero di abitanti di gran lunga superiore a tutti gli altri comuni regionali. Napoli rappresenta di sicuro, come tutte le altre grandi città, il nodo problematico maggiore nell'organizzazione regionale – e non solo provinciale o di ambito Nella classifica dei maggiori produttori totali di Ru (tab. 12) abbiamo ovviamente in testa il capoluogo a causa del numero di abitanti di gran lunga superiore a tutti gli altri comuni regionali. Napoli rappresenta di sicuro, come tutte le altre grandi città, il nodo problematico maggiore nell'organizzazione regionale – e non solo provinciale o di ambito

Tab. 12. Primi comuni campani per produzione di rifiuti urbani pro-capite (dati 2005)

  Produzione

  Produzione

  di Rifiuti

  di Rifiuti

  Comune

  Abitanti

  urbani pro-

  3 GIUGLIANO IN CAMPANIA

  5 TORRE DEL GRECO

  8 CASTELLAMMARE DI STABIA

  14 MARANO DI NAPOLI

  Fonte: elaborazione propria di statistiche Arpac 2000-2005 (stime) Note: anche in questo caso si riscontra l'anomalia di Castelvolturno; per questa ragione si è estesa la

  tab. fino al comune successivo.

  Produzione di rifiuti speciali

  In base ai dati e alle stime Arpac del 2005 (l'agenzia non considera gli anni successivi a causa dei problemi di calcolo precedentemente esposti nella gestione dei dati)

  i rifiuti speciali prodotti in un anno in Campania, come in altre unità regionali europee, sono ben superiori a quelli urbani: ammontano a più di 4 milioni di tonnellate. Di queste, 2 milioni circa provengono da costruzioni e demolizioni, ai quali si aggiungono altre 1,8 t di rifiuti speciali non pericolosi e 190.000 t di speciali pericolosi.

Fig. 53. Produzione di rifiuti speciali in Campania (stime 2002-2005)

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008

  Note: sono esclusi dal calcolo i rifiuti da costruzione e demolizione

Fig. 54. Produzione di Rifiuti speciali per provincia in Campania (stime 2005)

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008

  Note: sono esclusi dal calcolo i rifiuti da costruzione e demolizione

  A dimostrazione della poca utilità nell'esame degli anni successivi al 2005, l'Arpac

  fa notare come i dati dell'anno 2006 mostrano una forte ma ingannevole flessione dovuta alle esenzioni dal Mud previste dal decreto legislativo 1522006: dai più di 2 milioni di t si scende a un sottostimato dato di 1.612.000 t.

  Esaminando la distribuzione geografica dei dati si può notare come, analogamente ai rifiuti urbani, la gran parte della produzione di rifiuti speciali (pericolosi e non) si concentra nelle province di Napoli, Caserta e Salerno, (con quote importanti anche nell'Avellinese). 441 Anche questa categoria di rifiuti denota la maggiore vitalità economica

  e densità di impresa (industriale, artigiana, o del comparto agro-alimentare) che si estende principalmente nelle aree di costa del capoluogo e delle province di Caserta e Salerno; vi sono però nelle zone interne varie eccezioni degne di nota, dovute alla presenza di distretti industriali o, soprattutto, degli impianti di trattamento dei rifiuti stessi e delle acque reflue, i cui sottoprodotti rientrano nel codice Cer 19.

  In particolare si nota la concentrazione delle produzioni nella piana Campana e nella piana del Sele, dove rilevanti sono le quote che concernono il la macrocategoria Cer

  02 (Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti); si evidenziano alcuni poli industriali come quello conciario di Solofra (con alta produzione di Rs del Cer 04) e come le aree Asi (Aree di Sviluppo Industriale istituite dalla Regione) di Napoli, Salerno, Giugliano in Campania, Marcianise, Pomigliano d'Arco, Caivano, Acerra, Battipaglia e Pignataro Maggiore.

  441 Si veda il cap. 3 “La produzione e la gestione dei rifiuti speciali in Campania dal 2002 al 2005” di Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008.

Fig. 55. Distribuzione territoriale della produzione di rifiuti speciali in Campania

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008, p. 137.

  Note: elaborato dall'Arpac su dati Mud; sono esclusi dal calcolo i rifiuti da costruzione e demolizione.

Fig. 56. Distribuzione territoriale della produzione di rifiuti speciali cod. Cer 19

  e impiantistica di trattamento dei rifiuti e delle acque

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008, p. 261.

  Per quanto riguarda la composizione dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti, escludendo per mancanza di dati a livello provinciale 442 la quantità notevole di rifiuti da

  costruzione e demolizione (CD) si osserva che delle 20 macro-categorie Cer, la Cer 19 (Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla sua separazione per uso industriale), seguita dalla Cer 02 (Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti) 443 , costituiscono da sole il 60 della categoria. In particolare, più della metà dei materiali calcolati sotto il Cer 19

  442 Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009, Napoli, Arpac, 2009, p. 368. 443 Cfr. Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit.

  sono costituiti da percolati di discariche, mentre una quota di quasi 15 deriva da fanghi di trattamento delle acque reflue urbane. Seguono le categorie 12 (Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica), 15 (Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti)) e 16 (Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco).

  Box. 3 Codici Cer (Catalogo Europeo Rifiuti) per Capitolo

  1. Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava, nonché dal trattamento fisico o chimico di minerali

  2. Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti

  3. Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone 4. Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce, nonché dell'industria tessile 5. Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone 6. Rifiuti dei processi chimici inorganici 7. Rifiuti dei processi chimici organici 8. Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati),

  adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa

  9. Rifiuti dell'industria fotografica

  10. Rifiuti prodotti da processi termici 11. Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali;

  idrometallurgia non ferrosa

  12. Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica 13. Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli combustibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19) 14. Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne 07 e 08)

  15. Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti)

  1 6. Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco

  17. Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti contaminati)

  18. Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione non direttamente provenienti da trattamento terapeutico)

  19. Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla sua separazione per uso industriale

  20. Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata

Fig. 57. Rifiuti speciali in Campania per macrocategorie Cer

  Cer 19 5 Cer 02 Cer 12 Cer 15 7 Cer 20 Cer 16 Cer 10 Cer 3 8 Altro

  Elaborazione su dati Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009, Napoli, Arpac, 2009, p. 370.

Fig. 58. Produzione di rifiuti speciali non pericolosi in Campania per codice Cer

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008

  Nel calcolare invece i rifiuti speciali pericolosi, si nota un'elevata produzione di quelli catalogati nelle macro-categorie Cer 13 (Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli combustibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19)), e Cer 16 (rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco - tra i quali sono elencati i veicoli fuori uso, batterie e accumulatori, apparecchiature elettriche ed elettroniche); si registra inoltre un importantissimo aumento nell'anno 2005, anche tra i Rs pericolosi, della macro-categoria Cer 19 (Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla sua separazione per uso industriale), seguito dalla crescita notevole anche delle macro-categorie Cer 10 (Rifiuti prodotti da processi termici) e Cer 06 (Rifiuti dei processi chimici inorganici). Questi aumenti repentini fanno pensare a cambiamenti avvenuti nella gestione dei Rs o alle difficoltà di contabilizzazione già enunciate. 444

  In quanto a distribuzione geografica, anche questa categoria di Rs è concentrata soprattutto nelle tre province di Napoli, Caserta e Salerno, con particolari picchi nei Comuni con presenza di industrie chimiche (come a Paolisi, Bn) o di lavorazione di metalli (come a Pratola Serra, Vallata, Avellino e Roccabascerana – Av); si segnalano anche quantità non secondarie di scorie di fonderia per la presenza di due fonderie dell'alluminio in provincia di Benevento, e produzione di terre e rocce contenenti sostanze pericolose, tra cui amianto, in particolare nelle province di Napoli e Caserta.

  444 Ibidem.

Fig. 59. Produzione di rifiuti speciali pericolosi in Campania per codice Cer

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008

  A integrazione dell'attività di reporting ambientale istituzionale è utile prendere in

  considerazione anche quella effettuato annualmente in Italia da Legambiente, che è attiva in particolar modo sullo studio delle ecomafie e dunque tiene particolarmente sotto controllo i traffici illeciti di rifiuti. L'associazione fa emergere dai dati di Apat e Onr che ogni anno in Italia vanno dispersi diversi milioni di tonnellate di rifiuti speciali: il calcolo è effettuato facendo una semplice differenza tra i Rs prodotti e quelli gestiti negli impianti di recupero o smaltimento. In questo modo si può notare che nell'anno 2004, su un totale di circa 108,4 milioni di tonnellate di Rs (di cui 5,3 pericolosi) ne sono state gestite solo 82,4 milioni di tonnellate, mentre 26 milioni di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e non risultano “disperse”. A parziale giustificazione di questo “buco” nei dati, bisogna considerare le quantità avviate a impianti di stoccaggio e di messa in riserva. Nell'anno 2006, ad esempio, sulla considerevole quota di Rs prodotti di 134,7 milioni di tonnellate, 31 milioni non risultano recuperati o smaltiti; di questi, 13,3 milioni di tonnellate sono stati stoccati, mentre rimangono ancora 17,7 milioni di tonnellate di cui si sono perse le tracce. 445

  445 Cfr. Legambiente, Rapporto ecomafia 2007, Milano, Edizioni Ambiente, 2007, p. 14.

Fig. 60. Rifiuti speciali prodotti in Italia e quota di rifiuti “a rischio”

  RS “a rischio”

  tt

  (milioni di t)

  do ro

  RS prodotti (milioni

  Fonte: elaborazione propria su dati Legambiente, Ecomafia 2009. Le storie e i numeri della criminalità ambientale , Milano, Edizioni Ambiente, 2009 p. 56

  Oltre alle tonnellate disperse, bisogna aggiungere, come nota l'Arpac stessa, che ad oggi il dato relativo ai rifiuti speciali non pericolosi è formato da stime statistiche per oltre il 50: in tal modo risulta molto difficile attuare l'auspicata “tracciabilità dei rifiuti” che permetterebbe, almeno statisticamente, di tenerne sotto controllo i flussi 446

2.2.2 Gestione dei rifiuti urbani

  Si può affermare che le istituzioni che hanno preso in carico il problema della gestione dei rifiuti urbani in Campania non abbiano centrato né gli obiettivi della waste management hierarchy 447 , né quelli meno ambiziosi del ciclo integrato dei rifiuti.

  Le prime politiche di gestione dei rifiuti, come prescritto dalla normativa comunitaria, risiedono nella riduzione a monte. Questo tipo di politica in Campania (come del resto nella maggior parte della nazione) non c'è stata o è stata debole e inefficace, a giudicare dall'aumento della produzione pro-capite.

  446 Cfr. Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009, Napoli, Arpac, 2009, p. 369. 447 Ci si riferisce alla classificazione delle politiche per la gestione dei rifiuti adottata da Anna Davies

  e descritta nel par. “La gestione dei rifiuti a scala macroregionale: le nuove norme dell'Unione Europea”, cap. 2 di questa tesi.

Box 4. Esempi di azioni di prevenzione dei rifiuti

  – Incentivare produzione e consumo di beni e servizi “eco-sostenibili”; – disincentivare la produzione di imballaggi; – incentivare le produzioni locali per minimizzare l'uso dei trasporti; – incentivare iniziative di riuso, riutilizzo, riparazione, condivisione, manutenzione

  dei beni (es. vuoto a rendere del vetro, isole ecologiche di riparazione, scambio e vendita di beni usati, car-sharing e car-pooling ecc.);

  – disincentivare la creazione di rifiuti (es. passaggio dalla tassa Tarsu alla tariffa

  basata sui rifiuti indifferenziati prodotti, incentivo al compostaggio domestico dei rifiuti organici ecc.).

Box 5. Esempi di azioni di prevenzione dei rifiuti del Comune di Capannori

  (Lu)

  Il Comune di Capannori è il primo in Italia ad aderire alla Rete internazionale Rifiuti Zero. Ha messo in atto undici progetti per la riduzione dei rifiuti:

  • Acquisti Verdi (Green Public Procurement) • Compostaggio domestico • La via dell'Acqua (campagna per l'utilizzo dell'acqua del rubinetto) • Latte alla spina (Il mio latte appena munto) • Acqua buona nelle mense scolastiche • Detersivi alla spina • Eco-sagre • Pannolini ecologici • Assorbenti ecologici • Mercatino di scambio e riuso • Via la plastica da tutte le mense

  Fonte: sito internet del Comune di Capannori: www.comune.capannori.lu.it

  Anche il secondo obiettivo della waste management hierarchy europea, ovvero il riutilizzo e il riciclaggio, è attuato in regione con molti ritardi. La raccolta differenziata è quasi l'unico strumento a grande scala di cui si è dotata l'Italia, tralasciando iniziative di riutilizzo a singoli interventi di amministrazioni locali volenterose. L'organizzazione della raccolta differenziata in regione è in media carente, ma vi sono interessanti picchi di Anche il secondo obiettivo della waste management hierarchy europea, ovvero il riutilizzo e il riciclaggio, è attuato in regione con molti ritardi. La raccolta differenziata è quasi l'unico strumento a grande scala di cui si è dotata l'Italia, tralasciando iniziative di riutilizzo a singoli interventi di amministrazioni locali volenterose. L'organizzazione della raccolta differenziata in regione è in media carente, ma vi sono interessanti picchi di

  Le criticità della gestione in emergenza si affronteranno nel prossimo paragrafo, mentre nel successivo capitolo si analizzerà il conflitto territoriale a esse conseguente: di seguito invece si tenterà di fornire un quadro sintetico della complessa e a volte lacunosa architettura della gestione dei Ru in regione.

  E' obbligatorio premettere che, con l'istituzione dell'ente Commissariato di Governo per l'Emergenza Rifiuti nella Regione Campania (d'ora in poi Commissariato), seguito dall'istituzione del Sottosegretario di Stato per l'emergenza rifiuti in Campania (d'ora in poi Sottosegretariato), dipendente direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli enti locali sono stati esautorati dai loro poteri ordinari e, a detta di molti commentatori e per ammissione dei loro stessi rappresentanti politici, sono a tutt'oggi deresponsabilizzati rispetto alla gestione dei rifiuti. Di eguale gravità è la confusione amministrativa che dal 1994 a oggi si è venuta a creare, con sovrapposizioni di competenze e conseguente minor efficienza della macchina amministrativa. Ad oggi (2010), dopo 15 anni, lo stato di emergenza dovrebbe terminare definitivamente, ma a causa della situazione pregressa molte sono le difficoltà degli enti locali nel riprendere in mano la gestione.

  Raccolta Ru Come evidenziato dal piano del Commissariato di Governo del 2007, detto Piano

  Pansa dal nome dell'allora commissario,

  «il territorio campano è caratterizzato da forti peculiarità che determinano una organizzazione particolare per quanto concerne la raccolta dei rifiuti:

  • nel caso di area turisticamarittima l’incremento delle presenze stagionali ha effetto sulla produzione dei rifiuti e quindi sui relativi servizi da garantire, che devono essere ampliati ed integrati con circuiti dedicati alle utenze collegate ai flussi turistici;

  • nel caso di aree a bassa densità abitativa gli sforzi organizzativi sono di minore entità e il

  servizio di raccolta può essere diffuso sul territorio in maniera più capillare; • il caso dell’area metropolitana di Napoli presenta una maggiore massa critica insediativa,

  quindi maggiori sforzi di organizzazione; • l’emergenza rifiuti, determinata dalla mancanza di impianti di trattamentorecuperosmaltimento

  finale, ha causato l’accumulo dei rifiuti nelle strade rendendo maggiormente complessa e onerosa la loro raccolta. 448

  Attualmente, i Comuni, organizzano la raccolta dei rifiuti e la raccolta differenziata

  e riscuotono la Tarsu (Tassa sui rifiuti solidi urbani). Le prime due attività sono state attribuite a 18 Consorzi di bacino creati dalla L.R. 1093 449 (v. fig. 61), cui proprietari e soci

  sono i Comuni. Essi suddividono le province in sub-aree, dalle 2 di Avellino alle 5 di Napoli. In seguito l'Ordinanza Commissariale 3192002, per ottemperare al Decr. 221997 (Ronchi) ha istituito gli Ambiti Territoriali Ottimali (Ato), coincidenti con le Province, con l'eccezione del sub-Ato del Comune di Napoli (v. fig. 62). Ma questi enti, in attesa della fine del commissariamento e del definitivo passaggio di consegne della gestione alle Province, non sono entrati in funzione. Dopo la proposta del Commissariato di Adeguamento del Piano regionale dei rifiuti della Campania (decr.l. legge 2452005 convertito in Legge 2106), che ridefinisce territorialmente gli Ato, dividendo la provincia di Napoli in tre e assegnando ad ogni Ato un impianto Cdr di selezione della frazione indifferenziata (v. fig. 63-66), interviene il decreto legge 902008, convertito in legge 1232008, a riorganizzare i Consorzi di Bacino nelle more delle costituende società provinciali. L'ultima riorganizzazione scioglie i Consorzi delle province di Napoli e Caserta, istituendo un Consorzio Unico ripartito in articolazioni territoriali (v. tab. 13), mentre lascia per ora intatti gli altri Consorzi.

  Commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania, Piano regionale rifiuti

  urbani della Regione Campania ex legge 872007, p. 52 e segg.

  449 “Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania”.

Fig. 61. Consorzi di bacino di rifiuti in Campania ex L.R. 1093

  Fonte: Autorità Ambientale Regionale, SIVA (Sistema Informativo per la Valutazione Ambientale ex Ante del POR Campania), Napoli, dicembre 2002.

  Tab. 13. Riorganizzazione dei Consorzi di Bacino delle province di Napoli e Caserta

  in Consorzio Unico ex l. 1232008

  Consorzio Unico

  Corrispondenza con gli

  ex Consorzi di Bacino

  Articolazione territoriale Ce 1 e Ce 3 Articolazione territoriale Ce 2 Articolazione territoriale Ce 4 Articolazione territoriale Na 2 e Na 4 Articolazione territoriale Na 1 e Na 3 Articolazione territoriale Na 5

  Fonte: Cfr. Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., p.52.

Fig. 62. Divisione in Ato (Ambiti Territoriali Ottimali) e sub-ATO in Campania ex

  Ordinanza Commissario delegato emergenza rifiuti 3192002 (non attuata)

  Fonte: Autorità Ambientale Regionale, SIVA (Sistema Informativo per la Valutazione Ambientale ex Ante del POR Campania), Napoli, dicembre 2002.

  Nel frattempo varie ipotesi di ripartizioni territoriali e di ridefinizione dei bacini di utenza dell'impiantistica si sono succeduti. Nel 2005, ad esempio, con l'Adeguamento del 2005 al del Piano regionale dei rifiuti della Campania c'è stata una ridefinizione territoriale degli Ato, in base a nuove valutazioni del peso della popolazione e della produzione di Ru (v. figg. 63, 64, 65, 66), rimasta però inattuata.

Fig. 63. Ridefinizione degli Ato ex Adeguamento del Piano regionale dei rifiuti della

  Campania 2005 (non attuata)

  Fonte: Commissario di governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania, Adeguamento del Piano regionale dei rifiuti della Campania (articolo 1 comma 2 del decreto legge 2452005 convertito in Legge 2106)

Fig. 64. Popolazione residente negli Ato ridefiniti dall'Adeguamento del Piano

  regionale dei rifiuti della Campania 2005

  Fonte: Commissario di governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania, Adeguamento del Piano regionale dei rifiuti della Campania (articolo 1 comma 2 del decreto legge 2452005 convertito in Legge 2106)

Fig. 65. Assegnazione degli impianti “ex Cdr” per Ato secondo l'Adeguamento del

  Piano regionale dei rifiuti della Campania 2005

  Fonte: Commissario di governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania, Adeguamento del Piano regionale dei rifiuti della Campania (articolo 1 comma 2 del decreto legge 2452005 convertito in Legge 2106)

Fig. 66. Assegnazione degli impianti di incenerimento per Ato secondo

  l'Adeguamento del Piano regionale dei rifiuti della Campania 2005

  Fonte: Commissario di governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania, Adeguamento del Piano regionale dei rifiuti della Campania (articolo 1 comma 2 del decreto legge 2452005 convertito in Legge 2106)

  In conclusione, si deve tener conto che la gestione della raccolta «è la fase più complessa del ciclo: in Campania essa risulta frammentata, con il coinvolgimento di molte decine di aziende piccole e medie, non poche delle quali a rischio di condizionamento da parte dell'economia criminale. Le stesse strutture militari sin qui delegate dal Commissariato alla gestione della logistica hanno dovuto registrare difficoltà di governo del settore» 450 . In questa fase del ciclo, tra le altre difficoltà, si riscontra quella di dover gestire un numero di addetti enorme rispetto ad altre regioni: circa 2.400 personedei Consorzi di bacino che costano 4,5 milioni di euro al mese, ma molti di essi non operano: tanto che alcuni comuni, data la situazione di stallo, affidano la Rd a società private multiservizi. 451

  450 Regione Campania, Linee programmatiche 2008-2013 per la gestione dei rifiuti urbani, Deliberazione n. 215 del 10 febbraio 2009 (Assessore all'Ambiente: Walter Ganapini), p. 22.

  451 Si veda ad es. l'inchiesta giornalistica “Cara politica” di Bernardo Iovene, andata in onda su Rai 3 per la trasmissione Report del 19 novembre 2006.

  I cittadini dunque pagano due volte per un servizio non efficiente e spesso nemmeno efficace.

  Sempre in base alle intenzioni del nuovo assessorato all'ambiente, presieduto da Walter Ganapini, quando si passerà al regime ordinario «la logistica passerà in gestione, ai sensi della L. Reg. 42007, come modificata dalla L. Reg. 42008, alle Società Provinciali pubblico-private di servizi ambientali in via di costituzione» 452 .

  Impiantistica Per quanto concerne l'impiantistica regionale di smaltimento degli Ru, L'Ordinanza

  del 31 marzo 1998 n. 2774 dell'allora Ministro degli Interni Napolitano intendeva dotare la regione di un moderno sistema industriale di smaltimento basato, almeno in teoria, sulla raccolta differenziata (con obiettivi del 20 entro fine 1998 e 35 nei due anni successivi) e sul trattamento della frazione indifferenziata tramite 7 impianti “Cdr” di selezione, che dovevano separare la frazione secca da quella umida in modo da produrre Cdr (Combustibile da rifiuti) da inviare ai previsti impianti di incenerimento, e Fos (Frazione organica stabilizzata) e sovvalli, da smaltire in discarica o eventualmente da usare per bonifiche ambientali di cave e aree inquinate. Con la costruzione dell'inceneritore di Acerra e l'individuazione di nuove discariche di taglia grande il ciclo industriale dei rifiuti sarebbe stato completato, se non fosse che in tutti questi passaggi vi sono stati immunerevoli problemi, che hanno ritardato o reso inefficaci i piani.

  452 Ibidem.

Fig. 67. Schema del Piano regionale campano 1997 per il ciclo integrato dei rifiuti

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008, p. 102.

  Il completamento degli impianti “Cdr” è avvenuto solo nel 2003. Fino al 2001 lo smaltimento dei circa 2,5 milioni di t di rifiuti indifferenziati è avvenuto in gran parte nelle grandi discariche consortili (come Parapoti, Tufino, Polla, Masseria del Pozzo, Sardone ecc.) e nelle oltre 200 piccole discariche comunali. Nel 2001 le discariche consortili che servivano le province di Napoli e Salerno (in cui si concentra più del 70 della produzione regionale di Ru) chiusero gradualmente, mandando in crisi il sistema e costringendo i Comuni a realizzare oltre 180 siti di stoccaggio provvisorio comunale in base all'art. 13 del Decr. 221997 (“Ordinanze contingibili e urgenti”): a tutt'oggi molti di essi non sono stati liberati dai rifiuti stoccati provvisoriamente e versano in condizioni di sicurezza scadente.

  In un secondo momento parte della frazione indifferenziata è stata smaltita fuori regione previo trattamento di tritovagliatura effettuata con alcuni impianti mobili. Sempre nel 2001 alcuni Comuni, costretti dagli eventi a ricercare una soluzione alternativa allo smaltimento del tal quale, hanno avviato seriamente la raccolta differenziata, divenendo i primi “Comuni virtuosi” della regione e contribuendo significativamente a far innalzare la percentuale regionale di differenziazione dei rifiuti, triplicata rispetto all'anno precedente.

  Nella seconda metà del 2001 sono stati avviati i primi impianti “Cdr”: Caivano, Avellino, Santa Maria Capua Vetere, affiancati nel 2002 da quello di Giugliano e poi da quelli di Casalduni e Tufino; l'ultimo, a Battipaglia, è stato aperto solo nel maggio 2003. Il ciclo integrato, secondo la pianificazione, andava chiuso con la costruzione degli impianti di incenerimento e con le discariche adatte a smaltire scarti e Fos non utilizzabile per Nella seconda metà del 2001 sono stati avviati i primi impianti “Cdr”: Caivano, Avellino, Santa Maria Capua Vetere, affiancati nel 2002 da quello di Giugliano e poi da quelli di Casalduni e Tufino; l'ultimo, a Battipaglia, è stato aperto solo nel maggio 2003. Il ciclo integrato, secondo la pianificazione, andava chiuso con la costruzione degli impianti di incenerimento e con le discariche adatte a smaltire scarti e Fos non utilizzabile per

  Nel 2003 i sette impianti di selezione “Cdr”erano completi, ma la situazione dei flussi di rifiuti urbani misti o indifferenziati, per gli anni 2003-2007 esaminati dall'Arpac non migliora di molto. Sinteticamente, analizzando i dati delle tabelle seguenti, si può notare come:

  •

  i Ru indifferenziati prodotti non siano quasi mai trattati tutti negli impianti di “Cdr” (uniche eccezioni gli anni 2005 e 2007); • l'output degli impianti di “Cdr”, per gravi problemi di progettazione, realizzazione

  del progetto e manutenzione, non è a norma e viene declassato, nel 2006, in due categorie di rifiuto: frazione secca e frazione umida; vedremo come spesso l'output dei sette impianti era poco altro che immondizia tal quale triturata per entrambe le frazioni prodotte: infatti i Cdr sono stati declassati a “Stir”, ovvero Stabilimenti di tritovagliatura e imballaggio, poiché, come spiega Rabitti 454 , le loro caratteristiche tecniche sono diverse dai progetti iniziali, e sembravano fatte apposta per creare quantità il più grandi possibile di rifiuti da mandare all'inceneritore;

  • Il Cdr, o frazione secca o rifiuto triturato è stato impacchettato in balle e stoccato in

  siti teoricamente provvisori in attesa della costruzione degli inceneritori. Nel periodo considerato sono stati prodotte quasi 6 milioni di tonnellate di “ecoballe”, divenute col tempo un tipo di rifiuto totalmente nuovo, che necessita sempre di siti nuovi;

  453 Cfr. Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008, p. 102 e segg.; cfr. Rabitti P., Ecoballe. Tutte le verità su discariche, inceneritori, smaltimento abusivo dei rifiuti. Testimonianza shock su Napoli e Campania ,

  Reggio Emilia, Aliberti editore, 2008, pp. 15-30.

  454 Rabitti P., op. cit.

  • il trasferimento dei rifiuti fuori regione ha costituito un'importante valvola di sfogo,

  ma anche un notevole spreco di danaro pubblico. Le quantità che superavano la capacità autonoma di smaltimento sono stati inviati in più della metà delle regioni italiane e anche all'estero, in Germania;

  • nel 2007 l'impianto “Cdr” di Tufino viene posto sotto sequestro giudizioario per

  irregolarità, mentre gli altri sei versano in condizioni assai critiche; • la quota di rifiuti da inviare in discarica si mantiene quasi costante: i progressi fatti

  con la raccolta differenziata sono vanificati dall'aumento di produzione di Ru, mentre negli anni in cui essa diminuisce (2005-2006), la ragione è da ricercare nelle aumentate giacenze di rifiuti nei capannoni degli impianti e nei maggiori trasferimenti all'estero.

Tab. 13. Ciclo dei rifiuti urbani indifferenziati 2003-2007

  2007 Tot. 2003-2007

  Rifiuti urbani indifferenziati prodotti

  Rifiuti urbani indifferenziati trattati

  Fos e sovvalli ottenuti – declassati dal 2006 in Frazione umida

  Cdr ottenuto – declassato dal 2006 in Frazione secca – e stoccato “provvisoriamente” in attesa degli inceneritori

  Percolato, giacenze nei capannoni, perdite di stabilizzazione

  Metalli ferrosi recuperati

  Invio fuori regione

  Fonte: elaborazione propria dati Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008, pp. 102-114.

Tab. 14. Ciclo dei rifiuti urbani indifferenziati 2003-2007, percentuali e flussi fuori

  regione (tonnellate e percentuali sui tot.)

  Rifiuti urbani indifferenziati prodotti

  Rifiuti urbani indifferenziati trattati

  Fos e sovvalli ottenuti – declassati dal 2006 in Frazione umida ()

  Cdr ottenuto – declassato dal 2006 in Frazione secca – e stoccato “provvisoriamente” in attesa degli inceneritori ()

  Percolato, giacenze nei capannoni, perdite di stabilizzazione ()

  Metalli ferrosi recuperati ()

  Invio fuori regione ()

  Puglia; Umbria, Germania;

  Toscana, Emilia,

  Umbria, Calabria,

  Emilia Romagna, Puglia Emilia

  Lombardia,

  Puglia, Emilia

  Lombardia, Romagna,

  Calabria, Puglia,

  Romagna,

  Piemonte Lombardia,

  Principali destinazioni degli invii

  fuori regione Marche, Liguria, Marche, Liguria,

  Veneto,

  Calabria

  Basilicata, Molise, Abruzzo, Lombardia, Pimonte

  Fabbisogno di discariche sul tot degli Ru prodotti ()

  Fonte: elaborazione propria dati Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008, pp. 102-114.

Fig. 68. Ciclo di gestione dei Ru indifferenziati in Campania: es. anno 2005 con

  quote per impianto “Cdr”

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008 Acronimi: Rum = Rifiuti urbani misti; Tmb = Trattamento meccanico-biologico (separazione tra

  frazione secca e umida, stabilizzazione della frazione umida); S.M.C.V. = Santa Marua Capua Vetere

Fig. 69. Distribuzione degli impianti CDR nella Regione Campania ex Ordinanza

  Ministero Interni 27741998 (realizzati dal 2001 al 2003)

  Fonte: Autorità Ambientale Regionale, SIVA (Sistema Informativo per la Valutazione Ambientale ex Ante del POR Campania), Napoli, dicembre 2002.

  Anche le commissioni d'inchiesta parlamentari sul ciclo dei rifiuti hanno evidenziato i gravi problemi dell'impiantistica campana. Sui Cdr, nel 2007 la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse 455 nota che

  le analisi eseguite a partire dal 2004 hanno evidenziato una carenza di potere calorifico (che è risultato pari mediamente a 13.200 kJkg) [contro un potere calorifico inferiore (PCI) minimo di

  455 Nella Relazione territoriale stralcio sulla Campania, relatori: sen. Roberto Barbieri e sen. Donato Piglionica approvata nella seduta del 13 giugno 2007.

  15.000 kJkg] e un eccesso di umidità (mediamente superiore al 32 per cento) rispetto ai corrispondenti previsti dai contratti sottoscritti da FIBE e FIBE Campania [quest'ultima gestisce

  i Cdr della Provincia di Napoli]. Un’altra criticità è rappresentata dalla inutilizzabilità della FOS per i fini previsti, come conseguenza della sua non adeguata stabilizzazione e non sufficiente pulizia. Ne consegue che il fabbisogno di volumetrie di smaltimento finale (in discarica) risulta raddoppiato. Tali difformità, rilevate dalla magistratura inquirente a partire dal 2004 attraverso il sequestro degli impianti di CDR, hanno imposto la revisione dei codici CER dei sette impianti della Campania.

  Svariati sono stati i siti usati per accogliere l'ingente quantitativo di rifiuti prodotti in quantità maggiore al previsto dagli impianti “Cdr”. Molte volte sono state riaperte vecchie discariche usando volumetrie residue, non senza generare problemi.

  Si pensi al caso della discarica di Lo Uttaro (Ce), caso limite – ma non unico – di disastro ambientale creato in nome dell'emergenza. Nel 2007 il Commissariato Bertolaso

  ha riaperto il sito, che era già una vecchia discarica abusiva chiusa e da bonificare. Inchieste giornalistiche, di ambientalisti e denunce alle autorità giudiziarie mettono in luce che l'azienda chiamata a costruire un impianto di discarica sopra a quello vecchio non ha avuto il compito di bonificare quanto c'era in precedenza.

  «Il capocantiere della discarica commissariale, in costruzione nella cava Mastropietro, incautamente dichiara:

  – giornalista:- Voi come ditta siete al corrente ovviamente del tipo di terreno sul quale andate

  ad agire? – capocantiere:- Certo. – G.:- E siete al corrente che sotto questo terreno c'era un'altra discarica, una discarica abusiva? – C.:- Certo. – G.:- Questo ha creato qualche particolare problema? – C.:- Questo no, perché noi siamo venuti a intervenire ricostruendo daccapo il “pacchetto”

  discarica.

  – G.:- Però senza toccare quello che c'è sotto? – C.:- Senza toccare quello che c'è sotto. – G.:- Cioè, non vi è stata chiesta una bonifica? – C.:- No, no. – G.:- Quindi quello che c'è sotto continua a fare percolato? – C.:- Quello che c'è sotto....Si! 456

  Intervista di Giulio Finotti al capocantiere della discarica commissariale di Lo Uttaro, riportata

  nell'inchiesta di Manuela Lasagna “L'emergenza che non c'era”, Rai news 24.

  Nel 2007 erano in funzione nove discariche, tra cui le più grandi, usate massicciamente, erano quelle di Serre, Villaricca e Caserta, che hanno accolto più di 150.000 t per quell'anno; 10 erano i siti di stoccaggio per il Cdr declassato, ma la quasi totalità dei flussi è concentrata a Giugliano nel sito di Taverna del re, che in un solo anno

  ha accolto 990.000 t di rifiuti imballati.

Fig. 70. Sito di stoccaggio ecoballe di Giugliano Taverna del re – immagine

  satellitare 2009

  Fonte: GoogleMap

Fig. 71. Sito di stoccaggio ecoballe di Giugliano Taverna del re – immagine

  satellitare (2004-2005?)

  Fonte: GoogleMap ripresa dal blog www.blogeko.it nel gennaio 2008 Note: l'immagine dovrebbe risalire agli anni 2004-2005, cioè a pochi anni dopo l'entrata in funziona degli impianti di Cdr.

  Le “ecoballe” campane lasciate tuttora nei siti di stoccaggio provvisorio ben oltre i limiti di legge (solitamente ammontanti a un anno) rappresentano una quota notevole dei rifiuti urbani in Italia: tanto importante e allo stesso tempo nuova da dover essere inserita nelle statistiche IspraApat sulle modalità di gestione dei Ru come modalità a sé stante. Una quota intorno al 2,5 annuo di tutti gli Ru italiani è stata stoccata in siti come quello di Taverna del Re a Giugliano (Na).

Fig. 72. Gestione dei rifiuti in Italia 2003-2007

  Fonte: ApatIspra, Rapporto rifiuti 2008, p. 44.

Fig. 73. Siti di stoccaggio delle “ecoballe”, 2007 – Piano Pansa

  Fonte: Piano Pansa, p. 105

Fig. 74. Carta dei siti di stoccaggio delle “ecoballe”

  Fonte: Piano Pansa, p. 106

  Nel rapporto Apat del 2006, come segnalato da Sciaudone 457 , il calcolo degli stoccaggi non c'era: di conseguenza la Campania risultava erroneamente come una delle

  Sciaudone M. C., Il rapporto rifiuti 2006: alcune considerazioni sula situazione dei rifiuti urbani in

  Campania , in “Bollettino delle Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia” del 20052007, anno I, n. 2.

  regioni che aveva fatto un minor ricorso alle discariche per gli anni precedenti, e come una di quelle che avevano raggiunto l'obiettivo di riduzione dello smaltimento della frazione biodegradabile. Tanto è vero che lo stesso rapporto Apat del 2008 afferma che, nel caso campano, dato il protrarsi nel tempo delle forme di stoccaggio provvisorio, esse «non possono non essere ritenute vere e proprie forme di smaltimento in discarica». Le norme europee, infatti, stabiliscono che «i rifiuti sottoposti a forme di stoccaggiotemporaneo debbano essere avviati alla successiva forma di gestione, al massimo, entro un anno, in caso di operazioni di smaltimento» 458

  Dato che la quota di rifiuti inviata in discarica è ancora alta, e non sono stati raggiunti obiettivi europei della riduzione dei rifiuti o del recupero di materia, il Governo

  ha individuato altri siti – alcuni nuovi, altri con discariche già presenti - dove localizzare impianti di smaltimento. Col decr. 902008, convertito poi in legge 1232008, sono state aperte – o stanno per essere aperte – nuove grandi discariche: non una, ormai, senza vibranti proteste della popolazione coinvolta e dei movimenti ambientalisti. Infatti, come recita l'art. 2 della l. 12308, il Sottosegretario di Stato può attivare i siti da destinare a discarica «anche in deroga a specifiche disposizioni legislative e regolamentari in materia ambientale, paesaggistico-territoriale, di pianificazione del territorio e della difesa del suolo, nonche' igienico-sanitaria, [...] fatto salvo l'obbligo di assicurare le misure indispensabili alla tutela della salute e dell'ambiente previste dal diritto comunitario».

  458 ApatIspra, Onr, Rapporto rifiuti 2008, Roma, Ispra, 2009

Fig. 75. Discariche attivate in Campania ex l.1232008

  • Savignano Irpino (AV), località Postarza; • Sant'Arcangelo Trimonte (BN), località Nocecchie; • Serre (SA), località Macchia Soprana; • Napoli, località Chiaiano (Cava del Poligono - Cupa del cane); • Andretta (AV), località Pero Spaccone (Formicoso); • Terzigno (NA), località Pozzelle e località Cava Vitiello; • Caserta, località Torrione (Cava Mastroianni); • Santa Maria La Fossa (CE), località Ferrandelle; • Serre (SA), località Valle della Masseria.

  Fonte: elaborazione propria in Gis su dati dal sito del Sottosegretario.

  La raccolta differenziata Il principale strumento utilizzato dunque per ridurre i rifiuti da smaltire in

  discarica, come nel resto del Paese, è l'attuazione di programmi di raccolta differenziata, che però non hanno portato agli obiettivi, peraltro diversificati, individuati a più riprese dalla normativa nazionale e regionale: la quota che l'Italia avrebbe dovuto raggiungere nel 2009 è del 50 (l.2962006), mentre l'obiettivo ridotto per la Campania è del 25. Tuttavia, nessuno di questi due obiettivi è stato raggiunto, tranne se si guarda a singole province o singoli comuni per la Campania, e alle regioni del Nord per l'Italia.

Fig. 76. Obiettivi di raccolta differenziata secondo le diverse norme in vigore

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008, p. 38.

  Il fallimento avviene nonostante i dati dell'Agenzia regionale per l'ambiente della Campania siano leggermente più ottimistici di quelli dell'Agenzia nazionale, poiché con l'Ord. Commissariale 1642006 sono stati individuati criteri di calcolo e di stima lievemente diversi.

  Le province più virtuose come quantitativi pro-capite di rifiuti raccolti in modo differenziato sono Avellino (29,6) e Salerno (28,7), seguite da Benevento (18,5); tutte e tre superano la media regionale, ferma al 15,5 nel 2007 (due punti percentuale più dell'anno precedente). Seguono le province di Napoli (11,9), che nonostante la bassa quota pro-capite è quella che in termini assoluti differenzia più rifiuti di tutte (183.000 t), e di Caserta, che detiene il peggior risultato (7,7) ed è anche l'unica a presentare un decremento rispetto al 2006 (-3,6).

Fig. 77. Raccolta differenziata: percentuali per Comune 2002-2007

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008, p. 50

  Dai dati a scala comunale emerge un buon numero di Comuni virtuosi (152), che, sempre nel 2007 supera il 35 di Rd. Questo dato ha però scarsa incidenza sulla media regionale, poiché, come si può notare dalla cartografia, i Comuni più attenti non fanno parte delle aree regionali maggiormente abitate: essi infatti accolgono solo il 16 della popolazione campana. Dalle cartografie sopra esposte si può notare anche una sorta di “contagio di prossimità”, per cui le buone pratiche di Rd adottate da alcuni comuni sono poi prese ad esempio dalle amministrazioni comunali confinanti e si diffondono quindi a macchia d'olio sul territorio.

  Pur non disponendo dei dati completi a livello comunale per il 2009 459 , bisogna sottolineare i grossi sforzi di alcuni comuni di media taglia, come Salerno, che ha adottato

  il sistema di raccolta porta a porta su larga scala, tanto da diventare il primo capoluogo per provincia per percentuale di Rd, che supera oggi il 70 460 .

  Il sistema di Rd porta a porta è quello che, in tutt'Europa e nel resto dei paesi industializzati ha portato a raggiungere obiettivi di questo genere. Anche Piano Pansa per la Campania enfatizzava che:

  «in Campania, analogamente a quanto avviene in altre regioni, si è verificato che i migliori risultati sono stati raggiunti dai comuni che hanno adottato il servizio di raccolta porta a porta, eliminando del tutto i cassonetti stradali. Tale trasformazione ha interessato diversi comuni a partire dal 2001. Questo sistema, che ha trovato più facile applicazione nei piccoli centri, non

  ha trovato una piena applicazione nei centri più popolosi, nei quali la raccolta differenziata

  stenta ancora a decollare». 461

  Bisogna però dire che si sono ottenuti risultati molto significativi anche nei quartieri di Napoli dove l'Asìa ha fatto partire la sperimentazione della raccolta porta a porta, giungendo anche qui a quote di Rd intorno al 70 di media in pochi mesi. Il servizio è partito nei quartieri dei Colli Aminei Bagnoli, Chiaiano, Ponticelli, e Rione Alto, dove le percentuali di Rd vanno dal 65 di Rione Alto all'87 di Bagnoli, 462 dimostrando ancora una volta l'efficacia di questo metodo di raccolta. Resta ancora grave, però, il problema dell'impiantistica adatta a recuperare i materiali differenziati, in primis quella per la frazione organica, prima tra le frazioni più raccolte in Campania. Scarti organici e verde (sfalci di potature, scarti di giardinaggio e simili) rappresentano il 32 della Rd, seguiti da carta (27), ingombranti (14), vetro e multimateriale (plastiche e metalli), entrambi al

  L'Osservatorio Regionale Rifiuti presenta sul sito web solo i dati della provincia di Benevento.

  Quello della provincia di Salerno non è attivo.

  460 Dati raccolti dai siti web del Comune di Salerno e di Legambiente.

  Commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania, Piano regionale rifiuti

  urbani della Regione Campania ex legge 872007, 2007, p. 52.

  462 Cfr. sito web di Asìa Napoli.

Fig. 78. Composizione merceologica della raccolta differenziata in Campania 2007

  Cfr. Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009, Napoli, Arpac, 2009, p. 361.

  Passando ad analizzare l'organizzazione del recupero e al riciclaggio derivante

  dalla Rd, come nota l'Arpac 464 , rappresenta anch'essa una pressione sull'ambiente cui bisogna dare una risposta. In tal senso, il ciclo integrato dei rifiuti che comprenda la Rd

  necessita dell'impiantistica adatta, che in Campania, per quanto riguarda le frazioni organico e vetro è molto carente.

  La frazione organica selezionata dai Ru tramite Rd (Forsu), che ammonta a 130.000 tanno nel 2007 e proviene soprattutto dalle province di Salerno e Avellino, dev'essere trasportata fuori regione, con un pesante aggravio di costi (economici ma anche ambientali) che punisce i comuni più virtuosi. Confrontando i dati Apat del 2007 dell'impiantistica per la Forsu campana con quella italiana si nota che, se il Sud è il fanalino di coda sia in quanto a Forsu trattata, nonostante le potenzialità autorizzate e non sfruttate (se ne usa solo il 25), la Campania, secondo i dati, è ancor peggio posizionata: solo il 18 della potenzialità dei 10 impianti di compostaggio è stata sfruttata nel 2007: a fronte delle attuali 130.000 t raccolte di Forsu, solo 29.000 t circa sono state trattate nel 2007. Se si analizzano i dati dei rapporti Apat precedenti 465 , si nota come questa quota è in costante diminuzione, a causa di continui problemi che colpiscono l'impiantistica riducendone la loro capacità. Dai dati Apat si evince che nel 2005 la capacità degli impianti era di 271.000 tonnellate l'anno, mentre venivano trattati 74.052 tonnellate di rifiuti, di cui

  463 Cfr Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009, Napoli, Arpac, 2009 464 In base al modello DPSIR (Determinanti-Pressioni-Stato-Impatto-Risposte) usato oggi nel

  reporting ambientale.

  465 Come fa il documento “Una soluzione per l’emergenza rifiuti in Campania: gli impianti per il trattamento della frazione organica” del 2009, del Coordinamento Regionale Rifiuti della Campania, una rete

  di comitati e associazioni. Il documento può essere visionato nell'Appendice.

  appena 16.565 tonnellate di frazione organica da raccolta differenziata. 466 Su 9 impianti solo 6 erano considerati funzionanti: quelli di «Trentola- Ducenta e di Villa Literno, i più

  grandi per capacità di trattamento rifiuti, venivano considerati “cessati”. Ma se quello di Trentola-Ducenta è stato oggetto di indagine giudiziaria perché sarebbe stato una copertura per lo smaltimento illegale di rifiuti, nulla è dato sapere sul perché un impianto

  da 91.250 tonnellate annue (in grado quindi di soddisfare teoricamente la domanda di trattamento dell’intera quantità di frazione organica da rifiuti prodotta nella provincia di Caserta) venga dismesso in piena emergenza» 467 . Nel 2006 gli impianti operativi si riducono a sette, con 107.000 tonnellate annue di capacità: sono fuori uso quelli di Pomigliano, di Trentola-Ducenta e di Villa Literno. L'operato di quello di Calstelvolturno, poi, viene contestato dai gruppi ambientalisti, che affermano: «in realtà, più che un impianto di compostaggio è una vera e propria discarica visto che in un anno aveva ricevuto, secondo i dati Apat, appena 10 tonnellate di frazione organica e ben 7.451 tonnellate di fanghi e 18.558 tonnellate di altro materiale non meglio specificato» 468 .

  Ad oggi la situazione pare essere addirittura peggiorata: in attesa di ampliamenti, dissequestri, manutenzione o svuotamento dei piazzali, sembra che tutti gli impianti siano attualmente fermi.

  466 Cfr. i rapporti Apat, Onr, Rapporto rifiuti riguardanti i dati dal 2005 al 2007 e il documento citato nella nota precedente.

  Coordinamento Regionale Rifiuti, “Una soluzione per l’emergenza rifiuti in Campania: gli

  impianti per il trattamento della frazione organica”, documento del 2009, p. 7-8.

  468 Ibidem.

Fig. 79. Impianti di compostaggio della Forsu in Italia, 2007

  Fonte: ApatIspra, Onr, Rapporto rifiuti 2008, Roma, Ispra, 2009, cap. 2.

Tab. 80. Impianti di compostaggio della Forsu: confronto tra Campania e resto

  Fanghi Altro

  N. impianti

  trattati

  Trattati su organica

  verde

  aut. tanno

  tanno tanno

  Tot. Sud

  Tot. Centro

  Tot. Nord

  Tot. Italia

  Fonte: elaborazione propria su dati ApatIspra, Onr, Rapporto rifiuti 2008, Roma, Ispra, 2009, cap.2.

Tab. 81. Gli impianti di compostaggio in Campania al 2007

  Rifiuto Potenzialità

  trattato

  Stato operativo

  aut. tanno tanno

  7.659 inattivo da giugno

  Orta di Atella Ce

  3.242 operativo

  Villa Literno Ce

  Fonte: elaborazione propria su dati ApatIspra, Onr, Rapporto rifiuti 2008, Roma, Ispra, 2009, cap.2.

Fig. 82. Impianti di compostaggio individuati dal Piano Pansa 2007

  Fonte: Commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania, Piano regionale rifiuti urbani della Regione Campania ex legge 872007, 2007, pp. 108-109.

  Lo stato di abbandono si riscontrano anche nelle indagini sul campo. In uno di questi, a S.Tammaro (Ce), era ben visibile l'impianto fermo a causa di uno stoccaggio di 18.000 ecoballe che occupano i capannoni.

Fig. 83. Impianto di compostaggio di S.Tammaro (Ce) occupato da ecoballe

  Fonte: foto propria, “Spazzatour” nel Casertano, 26 giugno 2009.

  Sullo stesso impianto il nuovo assessore all'ambiente della Regione Campania ha dichiarato nel 2008 che l'impianto «è pronto, ma mancano le soffianti per insufflare l'aria nei cumuli» 469 . Lo stesso Ganapini dichiara che a S. Maria Capua Vetere e a Polla ci sono due impianti di compostaggio perfetti, ma abbandonati dal 1994.

  Il Piano Pansa stesso affermava al 2007: «riguardo a queste dotazioni impiantistiche minori si è riscontrata una forte dispersione e frammentarietà» 470 . Il Piano si riferiva

  non solo agli impianti di compostaggio, ma a tutta la serie di «dotazioni impiantistiche “minori” per lo più articolate a scala comunale o di consorzio; tra queste rientrano:

  • il sistema delle aree di trasferenza; •

  i siti di stoccaggio comunali e intercomunali (spesso connessi alle trasferenze stesse);

  •

  i vari “stoccaggi provvisori” che negli anni sono stati autorizzati dalla struttura commissariale per consentire il superamento di fasi critiche (quasi tutti svuotati o in fase di svuotamento);

  • gli impianti connessi alla raccolta differenziata (isole ecologiche, impianti di

  selezione [...]) finanziati con fondi POR 471 . Come si dirà più approfonditamente nel successivo cap., alcuni considerano questi

  accadimenti non dovuti solo all'emergenza, ma a una volontà di sabotare tutte le possibilità di uscire dal regime emergenziale, come d'altronde è stato supposto anche dalla pubblica accusa di delicate inchieste della magistratura, come il processo “Rompiballe”, in

  469 Intervista di Matteo Incerti all'Assessore Ganapini, alla p. web www.youtube.comwatch?v=syJzVR9uzzU

  470 Piano Pansa, p. 100 471 Ibidem.

  cui sono coinvolti, tra gli altri, il presidente della Regione Campania come ex Commissario all'emergenza rifiuti e la Fibe.

  Frattanto, altri programmi regionali si susseguono in attesa della fine del regime emergenziale e della ripresa della gestione ordinaria: nel marzo 2008 l'assessore all'ambiente Ganapini ha previsto e finanziato la realizzazione di vari impianti di compostaggio e di altro tipo, come si può osservare nella carta della seguente fig. 84.

Fig. 84. Impianti di compostaggio, selezione multimateriale, Raee, digestori

  anaerobici da realizzare, finanziati dalla Regione Campania nel marzo 2008 su proposta dei Comuni

  Fonte: Sito internet Regione Campania

  Ad oggi, di questi impianti risulta inaugurato solo quello di Molinara a fine 2008, precedentemente sequestrato poiché vi veniva riversata immondizia comune. Pare che ancor oggi l'impianto contenga rifiuti comuni in putrefazione, e dunque non produca quanto dovuto 472

  Cfr. “Il WWF denuncia: ‘L’impianto di compostaggio di Molinara contiene rifiuti in

  putrefazione”, in Il Sannita del 31 agosto 2009, sito web: http:www.ilsannita.it20093108-9576-il-wwf- denuncia-E28098lE28099impianto-di-compostaggio-di-molinara-contiene-rifiuti-in-putrefazione E28099

  Anche per le altre frazioni recuperate ci sono alcuni punti critici, come ad esempio per il vetro: la dotazione impiantistica risulta sottodimensionata 473 – c'è un solo impianto a

  Ottaviano (Na) 474 . Nel caso delle plastiche raccolte, invece, la situazione è inversa: l'unica azienda di riciclaggio di imballaggi in plastiche in regione (Erreplast a Gricignano

  d'Aversa, Ce) è costretta a importare da varie altre regioni di tutta Italia quantitativi atti a sfruttare al meglio i propri impianti. Ciò non avverrebbe, naturalmente, se gli obiettivi di Rd fossero stati raggiunti. 475

  In base ad analisi della frazione indifferenziata effettuate dall'Arpac (v. fig. seguente) si stima che la raccolta differenziata può avere grandi potenzialità di sviluppo. Naturalmente è necessaria un'organizzazione a valle della Rd che la renda conveniente anche sotto il profilo economico, altrimenti c'è il rischio di non trovare mercato per i materiali differenziati. In realtà, come già accennato, le politiche adottabili variano dalle misure di sostegno della Rd, attuabili ad esempio obbligando i soggetti pubblici all'utilizzo di una quota di prodotti riciclati o a incentividisincentivi che favoriscano, sul mercato, gli stessi prodotti, fino a quelle che agiscono sulle modalità di produzione, al fine di progettare oggetti (ad es. imballaggi) pronti per un facile futuro riciclaggio. Un'altro importante obiettivo sarebbe quello di separare la frazione umida dai Ru, che ammonta in Italia a circa un terzo degli scarti domestici e assimilati: essa è responsabile di fenomeni che complicano la gestione dei Ru, generando percolato e gas che, ad esempio in discarica, rendono non biologicamente inerti anche gli altri materiali. Tenuto conto di studi quali quelli della Scuola agraria del Parco di Monza 476 , poi, c'è da considerare il possibile riutilizzo di questa frazione al fine di arginare fenomeni di desertificazione cui sono suscettibili alcune aree del Mezzogiorno e l'utilità dell'ammendante prodotto sia per le bonifiche ambientali (nota dolente della Campania), sia – nel caso di compostaggio di qualità – per ridare sostanza organica ai terreni ipersfruttati dall'agricoltura intensiva utilizzata nelle pianure campane. 477

  473 Cfr. Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009, Napoli, Arpac, 2009, p. 360. 474 Cfr. Apat, Rapporto rifiuti 2008, capp. 2 e 3. 475 Si veda ad es. l'intervista video a un responsabile dell'azienda alla p. web

  http:www.youtube.comwatch?v=ciAnWqGZDHofeature=player_embedded

  Si vedano ad es. Favoino E., Ricci M., Tornavacca A., Centemero M. Morabito S., Le raccolte

  differenziate degli scarti compostabili in Italia in confronto all'Europa: specificità, risultati, costi dei sistemi e Montanarella L., Il problema della desertificazione: il caso Italia, in Morselli L. (a cura di). Ricicla 2000. Atti dei seminari , Rimini, Maggioli Editore, 2000.

  477 Cfr. Messina G., Indicatori per una pianificazione territoriale ecosostenibile. Il caso Campania, Napoli, La scuola di Pitagora editrice, 2009

Fig. 85. Stima dei quantitativi di rifiuti ulteriormente intercettabili per mezzo della

  raccolta differenziata in Campaniada analisi della frazione indifferenziata

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008

  Probabilmente però, ancor più grave dei casi di carenza di impianti e della disorganizzazione della raccolta dei rifiuti è la concorrenza che la Rd subisce da parte del ricorso all'incenerimento, secondo accuse dettagliate sostenute da magistratura, cittadini e associazioni nei confronti dell'impresa appaltante la gara di gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti in Campania e del sistema politico regionale e d'emergenza: come vedremo analizzando il conflitto, le modifiche fatte in corso d'opera alla gara d'appalto, agli impianti di Cdr e perfino alle leggi nazionali che hanno esteso gli incentivi economici per fonti energetiche rinnovabili anche ad altre fonti “assimilate” (ordinanza 6 del Comitato Interministeriale Prezzi, detta Cip 6), individuate, tra l'altro, nei rifiuti urbani. Nella Legge Finanziaria del 2009 gli incentivi sono garantiti agli impianti autorizzati, come quello di Acerra. Queste norme rendono economicamente conveniente alle aziende che gestiscano lo smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento, che ricevono incentivi statali, i cui costi ricadono sulle bollette per l'energia elettrica, in modo proporzionale alle quantità di rifiuti bruciate; tant'è vero che le “ecoballe” stoccate illegalmente in Campania sono state date dalla Fibe in garanzia alle banche. 478

  Per un'analisi approfondita delle inchieste cui sono sottoposte la Fibe del gruppo Impregilo,

  assegnataria della gara per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti in Campania, e la classe politica che ha gestito gara d'appalto e emergenza rifiuti, si rimanda ad es. a Rabitti P., Ecoballe. Tutte le verità su discariche, inceneritori, smaltimento abusivo dei rifiuti. Testimonianza shock su Napoli e Campania , Reggio Emilia, Aliberti

  Dopo un'attesa di più di dieci anni, infine, è stato completato l'impianto di incenerimento 479 di Acerra, che avrebbe dovuto chiudere il ciclo integrato previsto

  bruciando solo Cdr e ottenendo anche una piccola quota di energia. E' stato inaugurato in pompa magna a marzo del 2008 con una cerimonia che ha visto presenti i vertici del Governo e degli enti locali, il Sottosegretario all'emergenza e l'azienda gestore. I quantitativi di rifiuto combusto previsti ammontano a 200-300 t al giorno per i primi tempi, fino a 2.000 t al giorno previste a pieno regime (730.000 tanno) con tutte le tre linee di incenerimento in funzione: quasi un terzo dei rifiuti prodotti in regione. 480

  L'impianto brucerà dunque rifiuti che non sono “combustibile da rifiuti”, dato che le balle prodotte dagli ex Cdr, oggi Stir, sono state più volte poste sotto sequestro perché non a norma di legge; addirittura in alcuni casi si è riscontrata all'interno delle “ecoballe” la presenza di rifiuti ingombranti o tossici: evidentemente gli impianti ex-Cdr erano un altro sbocco dei traffici illeciti per le organizzazioni illegali, nel vuoto di potere e di controlli creatosi durante la gestione emergenziale. D'altronde, dalle accuse che la magistratura muove verso la Fibe, si deduce che l'intenzione dell'Ati era molto probabilmente quella di bruciare tutti i rifiuti prodotti in Campania con gli inceneritori, lasciando alla Rd e alla riduzione un ruolo irrilevante. Questa potrebbe essere la spiegazione dell'impiego della tecnologia a griglia mobile, adatta a bruciare il rifiuto “tal quale”, e dell'enorme accumulo di ecoballe, che sarebbero dovute essere smaltite in altri impianti già esistenti (cementifici, centrali termoelettriche ecc.) o in impianti fuori regione, secondo quanto previsto inizialmente dalla gara d'appalto, stilata in base all'Ordinanza Napolitano del 1998. L'allora ministro dell'interno aveva anche stabilito che il Cip 6 incentivasse l'incenerimento di una quota massima del 50 delle immondizie, ovvero solo del Cdr al netto della Rd. Così non è stato, e, dopo gare andate deserte, il Cip 6 è stato esteso a tutti i rifiuti.

  Per la questione delle emissioni inquinanti, bisogna dire che l'impianto viene dichiarato sicuro e all'avanguardia, ma i limiti delle emissioni in atmosfera sono stati ampiamente superati già nel periodo di collaudo. Pendono su di esso ancora accuse per non aver rispettato le 27 prescrizioni del Ministero dell'Ambiente (emanate in mancanza di una vera Valutazione di Impatto Ambientale): a causa dell'esercizio provvisorio, in deroga alle norme nazionali l'impianto può bruciare anche il Cdr non a norma stoccato in Campania in grandi quantitativi.

  editore, 2008 .

  479 Con una dizione usata solo in Italia, l'impianto viene chiamato da esponenti del Governo, della Regione e delle società coinvolte “termovalorizzatore”, per sottolineare la produzione di energia. In realtà la

  funzione primaria è dichiaratamente quella di ridurre il volume dei rifiuti. Anche sui termini da usare si concentra il conflitto in atto, come vedremo.

  480 Dati estrapolati dal sito del Sottosegretariato www.emergenzarifiuticampania.it.

  Riguardo alle altre emissioni quali le ceneri di scarto (circa il 30 in peso dell'output) e le polveri filtrate (tossiche, rappresentano circa il 4 dell'output), non è ancora noto dove saranno allocate. In base al comma 2, art. 9 della legge 12308, si prevede però che le discariche istituite potranno, in deroga alle norme vigenti, accettare anche rifiuti speciali (contrassegnati nel codice Cer da un asterisco):

  2. Gli impianti di cui al comma 1 sono autorizzati allo smaltimento dei rifiuti contraddistinti dai seguenti codici CER: 19.12.12; 19.05.01; 19.05.03; 20.03.01; 19.01.12; 19.01.14; 19.02.06; 20.03.99, fermo restando quanto previsto dal comma 3; presso i suddetti impianti e' inoltre autorizzato, nel rispetto della distinzione tra categorie di discariche di cui alla normativa comunitaria tecnica di settore,»; lo smaltimento dei rifiuti contraddistinti dai seguenti codici CER: 19.01.11 [ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose]; 19.01.13 [ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose]; 19.02.05 [fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, contenenti sostanze pericolose], nonché 19.12.11 [altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose] per il solo parametro «idrocarburi totali», provenienti dagli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti urbani, alla stregua delle previsioni derogatorie di cui all'articolo 18.

  In effetti si parla delle discariche di Chiaiano o di Terzigno (Na), che sarebbero quelle più prossime all'impianto, benché non siano discariche speciali.

  In un tale clima avvelenato, dove ad esempio l'ingegnere direttore dei lavori 481 è stato arrestato con l'accusa di falso ideologico nel collaudo degli impianti di Cdr, è

  naturale che i cittadini non abbiano fiducia nelle istituzioni. Ancor più, come vedremo, a causa del processo di decisione del sito dell'impianto

  Per quanto riguarda gli altri impianti di incenerimento previsti in regione, non sono ancora certi né il numero, né la localizzazione, né la capacità: sebbene la legge 12308 preveda altri tre inceneritori a Napoli, Salerno, e Santa Maria La Fossa (Ce), di diverso avviso sarebbe la Regione Campania, che, attraverso le Linee programmatiche 2008-2013 per la gestione dei rifiuti urbani 482 , reputa che «l'inceneritore a gara in Salerno, 23 della capacità di progetto dell'inceneritore di Acerra, soddisfa il fabbisogno di incenerimento eo gassificazione prevedibile già con una RD al 20», ma riconosce tuttavia che

  Giuseppe Vacca ingegnere e direttore termovalorizzatore di Acerra è arrestato nel giugno 2009

  insieme ad altri illustri esponenti del Commissariato e del mondo universitario per presunte irregolarità nel collaudo degli impianti di Cdr in Campania: Oreste Greco, professore universitario; Giuseppe Sica, architetto; Claudio De Biasio, ex sub-commissario di Bertolaso ; Vincenzo Naso, docente di ingegneria alla Federico II; Vittorio Vacca,; Vittorio Colavita; Alfredo Nappo; Vitale Cardamone, ingegnere; Rita Mastrullo, docente di fisica alla Federico II; Filippo De Rossi, ordinario di fisica; Luigi Travaglione ufficio tecnico Benevento; Mario Cini e Francesco Scalingia. Secondo quanto verificato nel corso dell’inchiesta gli arrestatati avrebbero certificato l’idoneità di impianti sotto sequestro o la conformità del Cdr. (fonte: Il Giornale, 3 giugno 2009).

  Deliberazione n. 215 del 10 febbraio 2009, in “Bollettino Ufficiale della Regione Campania”

  n.312009 n.312009

2.2.3 Gestione dei rifiuti speciali

  Non si è lontani dal vero se si afferma che in Campania esistono due modelli di gestione dei rifiuti speciali: quello legale e quello illegale; e, dalla lettura delle numerose indagini della magistratura, da testimonianze di magistrati e forze dell'ordine, dalle inchieste giornalistiche e dalle relazioni delle commissioni parlamentari d'inchiesta sui rifiuti, pare non essere lontani dalla realtà nemmeno se si affermasse che la gestione illegale ha forse meccanismi più precisi e centri di potere e di controllo più potenti di quella delle amministrazioni pubbliche.

  L'Arpac ammette che l'unica fonte dei dati è rappresentata, ove disponibile, dalle dichiarazioni Mud: questi dati al momento «non consentono di effettuare verifiche sulla tracciabilità dei flussi» 483 . I Rs non hanno l'obbligo di essere smaltiti negli Ato, poiché la loro gestione è affidata al mercato e alle norme nazionali ed europee. La Regione è competente al rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di trattamento (d.lgs 1522006), mentre altri centri di competenza sono nuovamente le Province (dopo il d.lgs. 42008), che possono concedere autorizzazioni con procedura semplificata – in precedenza era competente l'Albo dei Gestori Ambientali presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Napoli. A rendere più complesso il quadro, si è aggiunta la competenza del Commissariato, che può concedere autorizzazioni con procedura straordinaria. E' ancora l'Arpac a evidenziare disomogeneità a livello nazionale nella categorizzazione delle operazioni di recupero e smaltimento, che variano da ente locale a ente locale.

  483 Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), Rifiuti. Produzione e gestione in Campania 2002-2007, Napoli, Arpac, 2008, p. 250.

Fig. 86. Impianti di gestione Rifiuti speciali

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008, p. 257 – Dati del Catasto georeferenziato degli impianti di gestione rifiuti

Fig. 87. Impianti di gestione Rs per tipologia

  Fonte: Arpac (a cura di Grosso A., Vito M.), op. cit., 2008, p. 258 – Dati del Catasto georeferenziato degli impianti di gestione rifiuti

Fig. 88. Bilancio dei dati di produzione e gestione di Rs in Campania in base alle

  dichiarazioni Mud

  Fonte: Arpac, Relazione sullo stato dell'ambiente in Campania 2009, Napoli, Arpac, 2009, p. 374.

  In base ai Mud, la Campania produce circa 4 milioni di t di Rs e ne gestisce 3,4 milioni di t più altre 260.000 t all'anno provenienti da fuori regione. Questi dati non considerano, naturalmente, il calcolo degli ingenti quantitativi smaltiti illegalmente e provenienti sia da fuori regione che dalle aziende locali. A parziale copertura di queste quantità, l'Arpac si limita a stimare che il fenomeno è in crescita, usando come indicatore il numero di siti di abbandono incontrollato censiti, aumentati dai 766 del 2005 ai 1.548 del 2008.

  La storia del degrado del territorio campano forse non è scritta nelle statistiche ufficiali, ma è sotto gli occhi di tutti. Le inchieste sulle ecomafie della magistratura e di Legambiente ci mostrano una situazione ben più grave nella gestione dei Rs, che però non entra nei dati ufficiali essendo parallela a quella statale: un vero e proprio altro sistema di gestione, non a caso detto 'o sistema. 484