Discariche di RSU in esercizio negli anni 1999 e 2000 e altri siti contaminati
Fig. 89. Discariche di RSU in esercizio negli anni 1999 e 2000 e altri siti contaminati
in Campania
Fonte: Regione Campania - Ufficio dell'Autorità Ambientale, Integrazione della Valutazione Ambientale Ex Ante del POR Campania , Napoli, 2002.
Il Piano prevedeva 7 impianti Cdr per separare la parte da trasformare in combustibile, da bruciare in due inceneritori che avevano la capacità di bruciare tutta la spazzatura prodotta in Campania, non rispettando cosí le indicazioni della legge nazionale che prescriveva di privilegiare la riduzione dei rifiuti, la raccolta differenziata, il recupero, il riciclaggio, il compostaggio 498 ;
498 Cfr. Russo Krauss P., “Perché il problema rifiuti in Campania e cosa si dovrebbe fare per risolverlo”, in www.allarmerifiutitossici.org, e Rabitti P., op. cit.
L'ordinanza “Napolitano” 499 diede avvio al progetto di realizzare un ciclo dei rifiuti moderno, fissando gli obiettivi di Rd al 20 entro fine 1998 e 35 nei due anni successivi,
dispose che il Commissario delegato dal Governo dovesse stipulare, previa gara comunitaria, contratti di affidamento per un massimo di dieci anni per il conferimento dei Ru, a valle della Rd, e per la realizzazione di impianti di selezione di Cdr entro fine 1998 e impianti dedicati alla produzione di energia mediante l'impiego di Cdr entro fine 2000. Nei due anni di attesa, il combustibile da rifiuti doveva essere impiegato in impianti esistenti.
Il Commissario predispose bando di gara e capitolato d'oneri per la costruzione di: • tre impianti Cdr e un inceneritore nella provincia di Napoli; • quattro impianti Cdr e un inceneritore nel resto della regione.
L'impiantistica prevista dalla gara richiedeva però un dimensionamento degli impianti tale da poter smaltire l'intera produzione regionale di Ru, mettendo a rischio lo sviluppo della Rd: intervenne l'allora Ministro per l'Ambiente Edo Ronchi, estensore del decreto 2297, per criticare il dimensionamento dell'impiantistica, che si sarebbe dovuto coordinare con gli obiettivi di Rd. Le critiche del ministro erano concentrate anche sul fatto che non era considerato l'obbligo di realizzare interventi per la produzione di compost dalla Forsu ottenuta dalla Rd.
Il giorno successivo alla lettera di Ronchi, il 13 ottobre 1998, a gara in corso, ne giunse un'altra al Presidente della Giunta della Regione, nonché Commissario Rastrelli, di segno opposto e di dubbia regolarità agli occhi della magistratura: era del direttore generale Zadra dell'Abi (Associazione Bancaria Italiana), coinvolta nel finanziamento dei realizzandi impianti. Zadra chiese modifiche alla tariffa di smaltimento, ma soprattutto pressò per istituire una penale per quei Comuni che non avessero conferito la quantità totale di Ru agli impianti. Il progetto impiantistico della Fibe, infatti, doveva essere attuato con la modalità del project financing, finanziandosi dunque con gli utili ricavati in corso di servizio, e appoggiandosi alle banche per gli investimenti iniziali. Perciò l'Abi chiedeva, a garanzia degli investimenti fatti, fondi da ottenere con la formula deliver or pay: i Comuni che non inviassero tutti i rifiuti agli impianti, a causa della Rd, avrebbero dovuto pagare la tariffa di smaltimento anche per la quota di rifiuti non inviati perché differenziati. Questa richiesta contraria allo sviluppo della Rd si può meglio comprendere considerando anche che, probabilmente, gli imballaggi sono una frazione interessante degli Ru, poiché carta, cartone e plastiche sono tra gli scarti con maggior potere calorifico.
L'Abi chiese anche che il recupero energetico del Cdr potesse essere dilazionato a quando l'inceneritore sarebbe stato completato.
499 Ordinanza n. 2774 del 1998, dell'allora presidente del Consiglio dei Ministri Giorgio Napolitano.
Il 23 dicembre 1998 l'Ati Fibe vinse la gara d'appalto per l'intera regione, gara di evidenza pubblica che si concluse nel 2000. L'Ati Fibe (Fisia, Impregilo, Babcock Envinronment GmbH, Evo Oberrhausen) aveva come capofila la Fisia Italimpianti, emanazione della potente multinazionale Impregilo dei fratelli Romiti, legati al gruppo Fiat.
con un progetto da più parti contestato e ritenuto impossibile da realizzare, tanto da essere uno dei capi d'imputazione principali del processo in corso alla Procura della Repubblica di Napoli. Tra le maggiori critiche mosse alla Fibe si può segnalare che il progetto:
• prevedeva di produrre più compost di quanto sia possibile in base al quantitativo
di frazione organica contenuta nei Ru; • si prospettava di produrre compost non dalla raccolta differenziata, ma dai rifiuti
indifferenziati (da cui si può ricavare al massimo Fos) • dato che il compost non è un rifiuto, non prevedeva discariche, neanche quelle per i
rifiuti speciali (come le ceneri) in uscita dai costruendi inceneritori; • l'offerta economica era molto bassa, ma era condizionata dagli errori tecnici di
calcolo delle frazioni da smaltire summenzionate, e soprattutto dall'assunto della positiva valutazione delle richieste contenute nella nota inviata dall'Abi;
• la qualità tecnica del progetto era stata valutata con un punteggio di 4,2 contro 8,6
della cordata di concorrenti facenti capo all'Enel: l'inceneritore previsto era tecnologicamente arretrato e non dava garanzie dal punto di vista ambientale, né
da quello energetico. Gli unici punti a favore del progetto Impregilo erano i costi per tonnellata di Ru
smaltita e i tempi di realizzazione previsti. «Come sottolinea la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta del 2007, l'emergenza fu interpretata nel senso solo del tentare di fare presto e non, più ragionevolmente, di fare presto e bene» 500 . La Fibe prometteva di consegnare un pacchetto di impianti completo di termovalorizzazione finale entro la fine del 2000, cosa che si rivelò impossibile da realizzare.
Nel luglio 1999 la Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale (Via) del Ministero per l'Ambiente, incaricata di fornire il proprio parere sul servizio di gestione Ru, evidenzia alcune carenze tecniche del progetto:
• manca una previsione dei siti di stoccaggio del Cdr; • manca una previsione dei siti di discarica;
500 Gribaudi, op. cit., p. 3.
• mancano gli impianti di trattamento e smaltimento degli scarti prodotti dai cicli di
selezione. Ciononostante, il nuovo presidente della Regione, e Commissario all'emergenza
Bassolino, eletto nel 2000 dopo la caduta della giunta Rastrelli e il breve intermezzo di quella Losco, firmò il contratto di affidamento alla Fibe dell'intero ciclo rifiuti per la Provincia di Napoli (giugno 2000) e poi per le altre province campane (settembre 2001). Nei contratti firmati, inoltre, «salta la clausola dell'ordinanza Napolitano n.277498 che stabiliva l'erogazione del Cip6 solo sul Cdr prodotto con al massimo la metà dei rifiuti urbani conferiti prima dell'inizio della raccolta differenziata» 501
e quella per cui Fisia
avrebbe dovuto smaltire negli impianti già esistenti il Cdr prodotto prima dell'entrata in funzione degli impianti dedicati al suo incenerimento e valorizzazione energetica. Intanto nel business degli stoccaggi temporanei di falso Cdr, che diventano illeciti dopo un anno, si è infiltrata la camorra, che farà lievitare di molto i prezzi degli affitti dei terreni. Prezzi inaspettati rispetto all'offerta di gara della Fibe, che vengono poi pagati dal Commissariato, ovvero con fondi pubblici 502
Clausole aggiunte successivamente al contratto avrebbero permesso all'Ati di beneficiare di proroghe senza pagare penali, di poter scegliere in autonomia la localizzazione degli impianti, senza un confronto con gli enti locali, e - grazie ai poteri del Commissariato per l'emergenza – fu concessa anche la deroga alla Via per l'inceneritore, convertita in una più blanda valutazione di compatibilità.
Ulteriori questioni aperte (e al vaglio della magistratura) sono state le modifiche, in corso d'opera, ha subito il piano impiantistico, da molti considerate gravemente peggiorative. L'inceneritore, ad esempio, è stato costruito con una griglia rotante, modalità utilizzata per bruciare soprattutto rifiuti indifferenziati piuttosto che Cdr, mentre i componenti degli impianti Cdr sono stati istallati contravvenendo al progetto iniziale: al posto del previsto rompisacco per aprire i sacchi di immondizia domestica è stato istallato un tritarifiuti, un al posto di un separatore aeraulico, che avrebbe più facilmente separato la frazione organica, ne è stato montato uno balistico, mentre sono stati usati vagli di diametro più piccolo che aumentano la percentuale di rifiuto considerato Cdr. Senza scendere ulteriormente in dettagli tecnico-impiantistici, potremmo dire che in tal modo l'immondizia si tritura tutta, mescolando le diverse frazioni, e la frazioni secca e umida sono separate solo grossolanamente, aumentando la quantità di materiale da bruciare. Naturalmente, il sospetto è quello di un tentativo di aumentare a dismisura il possibile
Rabitti P., op. cit., p. 29. 502 Cfr. Rabitti P., op. cit.,; cfr. Viale g., “L’emergenza rifiuti in cinque violazioni” in “Il Manifesto” del
12 luglio 2008.
guadagno ricavabile degli incentivi Cip6 503 . D'altronde, come emerge dalle intercettazioni degli inquirenti di conversazioni fra commissari o membri del commissariato
all'emergenza, l'output degli impianti, che sia Cdr o Fos, è talmente scadente che viene paragonato a rifiuti indifferenziati in putrefazione.
«- Marta Di Gennaro: «Senti, il Compost fuori specifica è quello che viene dal Cdr degli altri paesi, non dal nostro...». - Michele Greco: «No, no... il nostro è monnezza, punto e basta» (telefonata tra la vice- commissario e Greco). - Marta Di Gennaro: «Guido basta, così non va. Centinaia di sindaci cafoni che rivendicano diritti, tutti che pretendono e se la prendono con noi... ammucchiamo balle e facciamo mucchi di merdaccia... Chi ci ha portato in questa storia merita la morte... »(«Telefonata del 20 giugno 2007 tra la vice commissario Di Gennaro e il commissario Bertolaso) 504
In queste condizioni è facile avanzare l'ipotesi secondo cui la Campania è un territorio sacrificato a logiche che poco hanno a che vedere con la tutela della salute dei cittadini e si avvicinano piuttosto alla difesa del treadmill of the production a tutti i costi, se non anche al profitto basato sulla depredazione dell'ambiente.
Intanto, a progetti peggiorati e a realizzazioni e attività ancor peggiori si tenta di rimediare per decreto, in deroga alle leggi vigenti e in nome dell'emergenza 505 : per decreto
si aumenta la percentuale di umidità che può avere il Cdr. La Fos, poi, non è stata mai prodotta: sia il Cdr prodotto che la Fos sono carichi di umido, mentre alcune analisi confermano che vi sono anche sostanze tossiche. Il falso Cdr, stoccato nei siti temporanei, e la falsa Fos, usata per riempimento di cave o come inerte in discarica, si comportano da rifiuti indifferenziati veri e propri, producendo percolato e gas.
Neanche l'inceneritore sembra essere tecnicamente in regola, con l'autorizzazione a smaltire rifiuti in precedenza non previsti e con i numerosi superamenti dei limiti di emissioni inquinanti in atmosfera, che già in fase di collaudo sono ampiamente andati oltre quanto previsto dalla legge, nonostante l'impianto sia stato presentato come uno dei più moderni mai realizzati, dopo le numerose modifiche effettuate in questi anni di attesa. L'impianto di Acerra, inoltre, nasce in un'area scelta dalla stessa azienda vincitrice della gara, che lo ha localizzato senza un confronto con gli enti locali e meno ancora con le popolazioni (tanto da giungere a durissimi scontri, come vedremo). Acerra, infatti, è una delle zone più inquinate della regione, sia a causa di impianti preesistenti come la
503 Come sottolineato anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, XIV legislatura, Relazione territoriale sulla Campania del 2612006.
504 Stralci dalle 643 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare contro i 25 imprenditori e funzionari dello Stato indagati della procura napoletana, cfr. “Bertolaso: voglio sputtanare i tecnici di Pecoraro Scanio”
in “La Stampa” del 28 maggio 2008.
505 Rabitti ironizza dedicando alla vicenda un cap. dal titolo «Trovato l'inganno, fatta la legge».
Montefibre, sia per via degli scarichi di rifiuti tossici nelle zone rurali. Il caso delle elevate quantità di diossina rilevate nel latte degli ovini e bovini qui allevati, e confermati da indagini Arpac sul territorio, rende ancor più complicato il rapporto tra la presenza dell'inceneritore e la popolazione. Ad un primo periodo di lotta dura ne è seguito uno di rassegnazione, in cui, tra le conseguenze, vi è un generale abbassamento dei prezzi degli immobili, segno che evidentemente essi risultano sempre meno appetibili. L'inceneritore, infatti, benchè moderno, è criticato anche a causa della sua grande capienza. Si teme che, nonostante i filtri a valle, la grande quantità di rifiuti – ormai non differenziati, possa compromettere ancor più quel territorio martoriato. Calcoli propagandistici sulle sue emissioni sono stati smentiti facilmente 506 , mentre si teme per l'altro impianto previsto a S. Maria la Fossa (Ce), qui in progetto perchè l'iniziale sito di Battipaglia fu fermato da un ricorso al Tar del Comune, e si preferì realizzare lì solo un impianto “Cdr” 507 . S. Maria la Fossa dista poco più di 15 km dal sito di Acerra, il che moltiplicherebbe gli effetti di ricaduta degli inquinanti sul territorio creando un caso a sé stante, non presente in letteratura scientifica.
I problemi generati dalla gara d'appalto sembrano dunque non avere mai fine.
Tutt'ora, a inceneritore completato, se ne subiscono le conseguenze, con quasi 9 milioni di t di ecoballe non a norma da smaltire, siti di stoccaggio provvisori da svuotare, impianti di Cdr malcostruiti e non manutenuti, e declassati a semplici tritovagliatori 508 , impianti di compostaggio costruiti e abbandonati, o peggio usati per smaltire o stoccare rifiuti indifferenziati, cronica abbondanza di rifiuto “tal quale” da smaltire a causa delle modifiche ai Cdr, alle carenze di organizzazione della Rd, discariche aperte o riaperte quasi sempre in emergenza e presto chiuse per irregolarità o per saturazione
La stessa imperizia, fatta di scelte localizzative dettate da emergenze ripetute e di impiantistica il più delle volte inefficiente, è stata usata nella costruzione delle discariche. Questo argomento poi s'intreccia gravemente con lo smaltimento abusivo di rifiuti tossici e nocivi, benchè in Campania non esistano attualmente discariche per rifiuti speciali.
Nei vari periodi di emergenza sono state aperte alcune discariche già chiuse e ormai sature. Su alcune di esse, P. Rabitti 509 afferma: “Ho visitato per il mio lavoro le discariche
506 Il presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, poco dopo i primi collaudi dell'impianto, ha dichiarato che esso inquina come tre autovetture di media cilindrata. Da uno studio di Pio Russo Krauss,
della Asl Na 1, basato semplicemente su dati Apat però, emerge che l'inceneritore potrebbe inquinare approssimativamente come 115.702 auto per CO2, come 99.864 auto per gli ossidi di azoto (Nox); poi, se avesse i valori di inquinanti pari al livello massimo ammesso dalla legge inquinerebbe per quanto riguarda le poveri sottili come 9.000 auto, per quanto riguarda gli ossidi di azoto (NOx) come 144.000 auto (calcolato su auto euro 3 di cilindrata 1.400 che percorrano 20.000 Kmanno in ambito urbano). Cfr. la pag. web http:www.allarmerifiutitossici.orgrifiutitossiciarticlesart_2728.html
507 Cfr. Piano Pansa, p. 98 508 Oggi sono Stir (Stabilimenti di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti). 509 Consulente della procura di Napoli. Tratto dal suo libro (op. cit.) e dalla presentazione del libro del
16.1.09, a Napoli.
di Villaricca (Na), Montesarchio (Bn) e Macchia Soprana (Serre ). Sono tutte fuori norma”. Per essere a norma di legge, spiega, non basta un telo di copertura del fondo, ma è previsto uno strato di ghiaia coperto da un telo, un altro strato di materiali che contiene tubi forati atti a raccogliere il percolato. Poi, bisogna rispettare le profondità previste dalla normativa rispetto alla falda acquifera, e le profondità massime di scavo e interramento di rifiuti, altra cosa non fatta: ciò ha provocato uno schiacciamento dei rifiuti con una conseguente grossa emissione di percolato. Nell'ex discarica di Cava Riconta a Villaricca (Na), ad esempio, si sono prodotte 65.000 t di percolato, contro le 20.000 t previste. Tali discariche sono state progettate per contenere solo percolato risultante dallo scorrimento di acqua derivante da pioggia, non per quello prodotto dagli stessi rifiuti, che, non differenziati, contengono grande quantità di Forsu. Le discariche, così realizzate, derogano alla procedura di Via: l’Italia è in procedura d’ammenda della Comunità Europea anche per questi motivi. Cava Riconta, recentemente riaperta era indicata in un’intercettazione telefonica come «a rischio Vajont» 510 , vista la pericolosa abbondanza di percolato: «una piscina di percolato» che rischiava di tracimare da un momento all'altro smaltendo altri rifiuti nell'invaso. 511 E' la discarica che si può vedere nel film-documentario Biùtiful cauntri, in cui compare una delegazione di attivisti che riesce, non senza difficoltà, a visionare la discarica di Villaricca (Na) con il Commissario Bertolaso e ne denuncia il mancato funzionamento dell'impianto 512 , oltre a mettere in luce i tipici sversatoi abusivi di rifiuti tossici disseminati tutt'intorno. La stessa vecchia discarica di Villaricca era stata usata dai clan per scaricare rifiuti speciali
Nel corso degli anni di emergenza, infatti, più volte ci si è trovati con la necessità di riaprire vecchi siti già utilizzati. È il caso della discarica situata nel quartiere periferico di Pianura, Napoli, la cui lunga storia è stata già accennata in precedenza. Chiusa da undici anni e mai bonificata, è stata poi riproposta dal Commissario Pansa alla fine del 2007 per far fronte alle emergenze di smaltimento, scatenando polemiche fortissime, episodi di guerriglia urbana e coinvolgimento di politici 513 . E' un caso emblematico, l'unico in cui è stata usata una violentissima resistenza di piazza, col probabile coinvolgimento della camorra: è l'unico caso in cui alle istanze nimby i poteri pubblici hanno ceduto, decidendo di non riaprire quel contestatissimo sito.
510 Ne parlano al telefono nel 2007 due dirigenti della Fibe, poi arrestati. Cfr. Del Porto D., “La discarica è piena di liquido. Se sale sarà come un Vajont”, “La Repubblica” del 29 maggio 2008.
Cfr. Del Gaudio L., “Rifiuti tossici a Pianura, ecco la lista nera” in “Il Mattino”, 7 giugno 2008.
Raffaele Del Giudice, membro di Legambiente, denuncia nel film le irregolarità della gestione
commissariale. Nel video, grida a Bertolaso: «Questa è una discarica fatta a norma? [E vi getta una pietra dentro, smuovendo un enorme lago di percolato]. Fatta a norma! Fatta a norma... Questa discarica va chiusa perchè non ci sono i pozzi di emungimento del percolato!»
513 Nugnes, assessore del Comune di Napoli del centro-sinistra e originario del quartiere, indagato con l'accusa di essere coinvolto nell'organizzazione degli scontri insieme a un consigliere di centro-destra
anch'egli di Pianura, si è addirittura suicidato.
Anche la cava Mastroianni, scelta tra i siti da riaprire in base alla legge 12308 dal Sottosegretario d’intesa con gli enti locali (Provincia e Comune di Caserta), non è un sito nuovo, ma è solo il prosieguo della cava Mastropietro, meglio conosciuta come discarica di Lo Uttaro, una degli impianti di smaltimento sequestrati e chiusi dalla magistratura per gravi inadempienze procedurali. Anche in questo caso non sono stati rispettati i limiti di smaltimento, la profondità di scavo e le caratteristiche dei rifiuti smaltiti. Originariamente aveva una profondità di 15 metri, poi, come ha spiegato l'attuale assessore regionale all'ambiente Ganapini, è stata abusivamente portata a 30 metri, addirittura penetrando di
3 metri la falda idrica, inquinandola con rifiuti della cui composizione si sa poco. Dovrebbe contenere circa due milioni di t di rifiuti 514 , per un volume di «circa 6 milioni di
metri cubi di rifiuti, anche se qualcuno teme siano molti di più, vista l'incertezza su alcuni vecchi siti utilizzati in passato» 515 . E' un sito già destinato alla bonifica 15 anni prima della
riapertura attuata dal Commissariato. Oggi la bonifica è ancor più urgente anche secondo l'Assessorato all'ambiente, che a dicembre del 2009 ha stanziato appositamente dei fondi. Il disastro ambientale di Lo Uttaro è stato ribadito anche dal senatore Roberto Barbieri, presidente della Commissine parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, che ha pubblicamente lanciato gravi accuse: i dati su Lo Uttaro, sostiene, sono stati falsificati apposta per consentire di aprire la nuova discarica, ma tutti sanno che essa è “una bomba chimica”. 516 In un'intervista a un tecnico della società che ha gestito la discarica di Lo Uttaro per conto del Commissariato, poi, emergono altre gravi irregolarità che hanno portato alla chiusura della stessa. Il capo-cantiere, intervistato, ha affermato “incautamente” che il lavoro affidatogli consisteva nel costruire un nuovo impianto di discarica sopra il vecchio sito, mai messo in sicurezza nè bonificato, che continuava a inquinare l'area con produzione di percolato. 517 Intanto nel quartiere Acquaviva di Caserta, in prossimità della discarica, i dati dei medici di base denunciano un aumento di tumori e leucemie, specie a livello infantile, che potrebbero avere una causa nell'inquinamento delle falde acquifere. 518
Si può affermare che nessuna delle discariche attualmente in funzione o in procinto di essere aperte sono sicure, mentre questo clima di incertezza e gli scontri istituzionali tra
514 Cfr. “Caserta, allarme tumori dalla discarica”, in “La Repubblica” del 24 dicembre 2009. 515 http:www.finotti.infoarticoliambiente201001lo-uttaro-30-anni-il-crocevia-dei-rifiuti 516 Rai Due, Anno Zero, puntata del 21 febbraio 2008. 517 Cfr. Lasagna M., “L'emergenza che non c'era”, inchiesta di Rai News 24, 2008, dove all'interno vi
è un'intervista di Giulio Finotti del marzo 2008 a Michele Zanfanti, capo cantiere dell'invaso di Lo Uttaro.
518 Cfr. “Caserta, allarme tumori dalla discarica” in “La Repubblica” del 24 dicembre 2009.
magistratura e commissari (come nel caso di Lo Uttaro), oppure tra sindaci e commissari (come a Chiaiano) non pacificano la situazione, che rimane quasi ovunque tesa.
Il “piano regolatore ombra” di Villaricca 519
“Franco, quando camminava, non osservava il paesaggio, ma pensava a come poterci ficcare qualcosa dentro. Come vedere tutto l’esistente a mo’ di grande tappeto e cercare nelle montagne, ai lati delle campagne, il lembo da sollevare per spazzarci sotto tutto quanto è possibile”.
Roberto Saviano 520
La descrizione che fa Saviano di uno stakeholder, ovvero di uno dei colletti bianchi a servizio della camorra e delle imprese nell’affare dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici è evocativa del caso limite campano. Spiegarsi come mai in un paese economicamente avanzato si possa essere arrivati a nascondere sotto il tappeto gli scarti della nostra produzione e dei nostri consumi è apparentemente difficile, ma può rientrare nell'ipotesi di “ecologia politica” secondo cui alcuni territori subiscono maggiormente i carichi ambientali dello sviluppo: territori che, essi stessi, vivono nella società dei consumi
e che probabilmente rinuncerebbero difficilmente ai loro stili di vita.
In Campania però non si parla solo di carichi ambientali distribuiti in modo diseguale sul territorio regionale, quanto di veri disastri ambientali di livello nazionale, funzionali al modello di sviluppo industriale italiano. Le inchieste della magistratura sul disastro ambientale dei traffici illeciti di rifiuti tossici in Campania sono partite da singoli casi, come quello dell'autotrasportatore Mario Tamburrino, finito in ospedale nel 1991 con gravi ustioni e accecato da un carico di 571 fusti pieni di sostanze velenose che trasportava
da un'azienda di smaltimento rifiuti pericolosi di Cuneo verso il Vesuviano. 521 Altre operazioni, come quella denominata Adelphi del 1993, misero a nudo la situazione
allarmante: centinaia di discariche abusive furono scoperte sugli appezzamenti agricoli e nelle montagne sventrate dalle attività estrattive illegali.
La tecnica usata dalla camorra, accertata ormai da numerose inchieste della magistratura, è quella del “giro bolla”, o della falsificazione dei documenti di accompagnamento dei rifiuti speciali che, dopo essere giunti in Campania, ricevono un falso trattamento – consistente semplicemente nel cambiare la categoria di rifiuto nei documenti – in aziende compiacenti o controllate. In tal modo i rifiuti possono anche
Nella stesura del paragrafo si farà riferimento in special modo agli ultimi rapporti di
Legambiente, al lavoro sul campo e alle relative testimonianze di “testimoni privilegiati” quali magistrati, attivisti locali ecc.
520 Saviano R., Gomorra. Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra, Milano, Mondadori, 2006
521 Cfr. Iacuelli A, Le vie infinite dei rifiuti. Il sistema campano, Roma, Rinascita edizioni, 2008 521 Cfr. Iacuelli A, Le vie infinite dei rifiuti. Il sistema campano, Roma, Rinascita edizioni, 2008
Tra gli anni ottanta e novanta, come svela l'inchiesta Adelphi, si creò un vero e proprio sistema politico, affaristico e criminale che ancor oggi trae vantaggio dallo smaltimento illecito di rifiuti speciali. Nel 1989, mentre si definivano i rapporti tra clan camorristici, mafia e politica, questo sistema organizzò «scientificamente di destinare la Campania al deposito fuorilegge delle scorie tossiche d'Italia» 522 . Una fondamentale riunione cui parteciparono clan di camorra (quelli di Pianura e i Casalesi), esponenti della massoneria (connessa a politici locali e nazionali), imprenditori dello smaltimento e dei trasporti di rifiuti, esponenti della loggia P2 (che fornivano i contatti con l'industria del nord Italia), politici locali (come Gaetano Vassallo, che allora era assessore del Comune di Cesa e gestore di una discarica). L'accordo raggiunto presupponeva che la camorra avesse pieno controllo del territorio tra Caserta e Napoli in cambio di tangenti versate ai partiti, in particolare al partito Liberale di De Lorenzo, che aveva all'epoca cercato consensi elettorali in ambienti camorristici.
In tal modo le aree intorno ai comuni di Villaricca, Giugliano e Qualiano, zona soprannominata poi “Terra dei fuochi”, divennero la destinazione principale dei treffici illeciti, secondo il “piano regolatore” della camorra. Queste aree si sono estese anche alla zona tra Acerra, Nola e Marigliano, a nord-est di Napoli, e in altre zone quali le cave del Casertano e nel Litorale Domizio.
In Campania esistono oltre 1.500 cave spesso coltivate in modo irregolare. Come per le fonti d'acqua affidate alle acque minerali, le regioni sono competenti su questa risorsa demaniale ma spesso la svendono e soprattutto – come avviene nella stragrande maggioranza dei casi in provincia di Caserta – non controllano che l'uso in concessione non pregiudichi il territorio. In questo modo, cavare materiale per l'edilizia costa molto meno che riciclare i rifiuti inerti del settore costruzioni e demolizioni 523 . la camorra però
ha imparato a riutilizzare in modo economico le cave stesse. Esse sono il punto d'incontro tra le ecomafie del ciclo del calcestruzzo e quelle dei rifiuti: una volta dismesse diventano enormi voragini pronte ad essere riempite di immondizie: a volte gli stessi camion che trasportano i materiali edili, rientrano nelle cave con carichi di rifiuti ordinari o speciali. Ci sono stati casi in cui, una volta concluso il processo di riempimento, si è ancora riutilizzata l'area, stavolta per effettuare speculazioni edilizie recuperando ancora una volta grossi profitti economici: un ciclo perfettamente efficiente di uso e abuso del territirio.
522 Iacuelli A., op. cit., p. 32. 523 Martinelli L., “L'anarchia delle cave”, in “Altraeconomia”, n.97, 2008.
Nonostante tutte le evidenze, l'emergenza è stata dichiarata dallo Stato esclusivamente nel campo della gestione dei rifiuti urbani. In realtà, in Campania, come denunciato dalle numerose inchieste della magistratura e dai rapporti di Legambiente sin dai primi anni novanta, di estrema gravità è stata la crescita del controllo del territorio da parte delle ecomafie, che hanno creato un sistema parallelo di gestione abusiva e illegale dei rifiuti provenienti dalle attività produttive. E' il famoso caso dei rifiuti industriali abbandonati sul terreno, sepolti o bruciati senza nessun rispetto delle norme e con gravi pregiudizi per la salute. Tuttora non è del tutto ben accertata l'estensione del fenomeno e l'entità del danno, anche se di sicuro è sottostimata. Tali illeciti sono avvenuti in special modo nelle campagne tra Napoli e Caserta, ma anche nelle altre provincie, specie nelle zone industriali o passaggio e snodo dei trasporti su gomma. Anche nelle altre regioni del Sud, quali Basilicata, Puglia (ad es. nella Murgia barese, nel foggiano ecc.) i traffici sono consistenti. In Abruzzo, ad esempio, è stata recentemente identificata la più grande discarica abusiva di sostanze tossiche, calcolate in circa 185 mila metri cubi (240 mila
tonnellate) nei pressi del polo chimico di Bussi (Pe) e del fiume Pescara. 524 Il malaffare dei
traffici illegali dei rifiuti è però diffuso in tutt'Italia: in tutte le regioni, tranne la Valle D'Aosta, le forze dell'ordine hanno accertato illeciti sul tema.
In Campania, però, questo fenomeno si è trasformato in un vero e proprio sistema e
ha coinvolto gruppi camorristici come il clan dei Casalesi, movimentando risorse umane
ed economiche davvero notevoli e generando ingenti danni a vaste porzioni di territorio. Proprio da pentiti di questo clan si sono avute molte notizie di reato e si è ricostruita la forte organizzazione che la camorra ha creato: “la monnezza è oro”, ha dichiarato agli inquirenti il pentito Gaetano Vassallo. In effetti i clan hanno potuto ottenere guadagni facili attraverso lo smaltimento illegale, soprattutto considerando che le pene previste per questi reati erano – prima del decreto Ronchi – risibili, e ancor oggi sono inferiori rispetto
a quelle comminate per traffico di stupefacenti o per altri reati tipici della camorra. Il controllo del territorio rurale è stata la chiave del successo dei clan delle province di Caserta e Napoli. Essi hanno agito non solo intimidendo o cercando connivenze con le aziende agricole dell'area, ma anche infiltrandosi nei gangli amministrativi dei Comuni coinvolti – spesso indagati e sciolti per mafia – e ottenendo una diffusa carenza di controlli statali sul territorio mista a un lassismo istituzionale e soprattutto a un senso diffuso di rassegnazione nella popolazione. E', evidentemente, una vittoria culturale dell'accaparramento sul senso della gestione delle risorse naturali volta al bene comune.
524 Fra le sostanze individuate nel corso delle analisi di laboratorio ci sono cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, tricloroetilene, triclorobenzeni e metalli pesanti. Il costo per bonificare l'area è
stimato in circa 58 milioni di euro (cfr. Corriere della sera, 13 marzo 2007).
L'organizzazione messa in atto per il governo dell'emergenza rifiuti non si è mai occupata a tempo pieno di questi gravi problemi ambientali, sanitari e criminali. Con il decr.l. 17208, prevede l'arresto in flagranza per chi deposita al suolo rifiuti abusivamente: poco però se considera che si rischia di colpire solo i piccoli criminali e non le grandi organizzazioni, dati gli scarsi mezzi a disposizione delle forze dell'ordine. 525
Sebbene il Governo abbia commissariato anche il settore delle bonifiche ambientali, poi, pochissimo è stato fatto in questo campo: non ci sono operai specializzati, ditte adatte, ma, soprattutto, senza un controllo costante ed efficace del territorio effettuare bonifiche sarebbe un favore ulteriore per le ecomafie, sempre in cerca di spazi vuoti e fuori controllo
da riempire 526 .
525 Sulla questione dei mezzi scarsi si veda la nota successiva. Si aggiunge, inoltre, che da esperienze di campo personali e dei comitati locali, e da esperienze simili riportate per esempio dal video-denunce del
sito www.laterradeifuochi.it, si può concludere che nella zone periferiche tra Napoli e Caserta è molto difficile l'intervento delle forze dell'ordine, seppur contattate per telefono e sollecitate innumerevoli volte: le risposte fornite da pompieri e forze dell'ordine si possono sintetizzare in un generico “sappiamo dei roghi dei rifiuti, ma nona abbiamo mezzi per intervenire”. Da indagare resta la scala di priorità data a questo tipo di reati, e la scelta di fornire più mezzi, esercito compreso, ai “siti di interesse strategico militare” creati dalla legge 12308.