Altri territori: un confronto internazionale in contesti “diversi”
3. Altri territori: un confronto internazionale in contesti “diversi”
Nel libro Struggles over geography 607 , Michael Watts riflette sui concetti di comunità, capitalismo e violenza. Presentando il caso della Nigeria, afferma che l'Africa post-
coloniale è un continente visto dai media occidentali, ma anche dalla letteratura scientifica, come anarchico e caotico, con una società civile non coesa. Questa considerazione è inserita in un più ampio ragionamento sulla geografia della violenza, che, secondo Watts,
607 Si veda il capitolo “Geographies of violence and the narcissism of minor difference” del libro Watts M., Struggles over geography. Violence, freedom and development at the millennium, Dep. Of Geography,
University of Heidelberg, 2000.
trae le sue basi da quella che Freud chiamava “il narcisismo delle differenze minime”, ovvero l'enfasi che le comunità pongono sulla propria identità auto-create, basate su poche reali differenze, annullate ancor più dalla globalizzazione dell'economia e dalle sue tendenze omogeneizzanti. Certo, i conflitti tra comunità o nazioni hanno quasi sempre motivazioni economico-politiche e geo-strategiche, ma spesso si enfatizzano le differenze vere o presunte per creare consenso attorno ad un gruppo ideale. Questa enfasi può creare, come Freud stesso, e poi Ignatieff, asseriscono, pericolose forme di nazionalismo, che generano conflitti tra diverse comunità. Le comunità possono essere nazioni o gruppi umani di vario tipo: nell'analisi di Ignatieff 608 , per esempio, si parla della questione della Ex-Jugoslavia. Serbi e Croati condividono, oggi soprattutto, uno stile di vita molto simile, e sarebbe più semplice marcare le loro similitudini che le loro differenze. Ma la ricerca dell'alterità, insieme al decadimento dei valori dell'etica, possono condurre a conflitti terribili, quali quello tra Ruanda e Burundi, o quello che ha disgregato lo stato Jugoslavo: in entrambi i casi si è parlato di conflitti etnici, pur se le profonde motivazioni erano altre.
Indagando sul caso della durissima repressione attuata dal governo centrale nigeriano a spese di due importanti movimenti dal basso, Watts conclude affermando che, in quei terribili conflitti, era stata messa in gioco l'identità stessa dello stato nigeriano. I movimenti in questione sono quello del Mosop (Movement of the Survival of Ogoni People) popolazione tribale del delta del Niger in lotta contro la devastazione ambientale provocata dallo sfruttamento petrolifero del loro territorio, e del Maitatsine, movimento islamico radicale per il rinnovamento dell'islam. Queste differenti istanze erano viste come minacce per l'identità stessa della Nigeria. Questi tristi avvenimenti nascondevano una verità che in Nigeria è come un segreto che tutti conoscono (un “segreto di Pulcinella”, come si direbbe a Napoli): l'identità dello stato nigeriano post-coloniale è molto debole, ed è ancora in costruzione. Attentare a quell'identità, mostrando che ne esistono altre molto forti all'interno della (presunta) nazione, è considerato un delitto da reprimere fortemente.
Mutatis mutandis,
e con un'ardua similitudine tra casi molto diversi, anche i
movimenti campani che operano per una diversa gestione dei rifiuti e del territorio sono visti come pericolosi, poiché mettono in crisi l'identità, o meglio la reputazione dell'élite governativa (e qui ci si riferisce alla governance piuttosto che al government). La posta in gioco, come asseriscono i movimenti stessi, sta nello svelare un altro “segreto di Pulcinella”, ovvero gli interessi economici e di potere che possono nascondersi dietro la scelta di un determinato tipo di gestione dei rifiuti, tanto da essere questione by-partisan di entrambe le coalizioni di partiti che si sono divise il potere politico nei lunghi anni dell'emergenza rifiuti, sia a livello statale che regionale.
608 Ignatieff M., Nationalism and the narcisism of minor differences, in Beiner R. (a cura di), Theorizing nationalism , Albany, State University of New York Press, 1999 (citato in Watts M, op. cit)
Ovviamente questa è solo una chiave di lettura del problema, ma in parte spiega la veemenza della repressione avvenuta, che si è caratterizzata fondamentalmente da tipi di azione:
• repressione violenta del movimento di piazza; • cancellazione mediatica del movimento stesso, considerato sempre come una
minoranza di esagitati; • cancellazione mediatica delle istanze del movimento, attraverso:
◦ la denigrazione delle sue tesi come antistoriche e contrarie al progresso
economico; ◦ l'accusa di egoismo, formulata in termini di “sindrome Nimby”;
Sempre ricordando che stiamo trattando di casi e condizioni ben diverse, anche il movimento degli Ogoni è stato stigmatizzato dal governo nigeriano come antistorico e contrario al progresso, perché ostacolava lo sfruttamento del petrolio (o meglio, metteva alcune condizioni al suo sfruttamento e chiedeva di limitare i danni ambientali e di partecipare agli utili).
Il caso campano ha numerosi aspetti in comune con i casi internazionali che rientrano nell'Ej:
• si svolge in numerose arene di contesa contemporaneamente; • sono censurate le voci critiche; • la scienza è al servizio del potere: opinioni scientifiche non comprovate passano per
scienza confermata 609 • la partecipazione degli abitanti è stata negata anche con la forza;
•
i responsabili dei disastri ambientali restano spesso impuniti. Presenta però anche diverse peculiarità:
• il territorio sacrificato è molto ampio, anche se al suo interno vi sono aree più
protette e aree del tutto sacrificate; • le minoranze non possono essere individuate (se non in casi sporadici) in base
all'etnia, ma al reddito o al loro peso politico; • gli attori dell'”oppressione” sono molti: grandi imprese, governo centrale, governo
locale, camorra; • spicca il ruolo del Commissariato (poi Sottosegretariato) all'emergenza e l'utilizzo
massiccio della deroga alla legislazione ordinaria.
609 Cfr. Shrader-Frechette K., Giustizia ambientale, etica e risoluzione dei conflitti, in Faggi P., Turco A., Conflitti ambientali. Genesi, sviluppo, gestione , Milano, Unicopli, 1999, p. 90.
Come nel caso di Yucca Mountain in Nevada, l'ingiustizia ambientale è stata giustificata spesso da «opinioni scientifiche non comprovate che passano per scienza confermata» 610 : la localizzazione delle discariche di rifiuti radioattivi e tossici era stata affidata a esperti, mentre le vittime potenziali erano state escluse dalla decisione secondo l'asserzione per cui non avevano la competenza necessaria per decidere in merito. Gli scienziati del Doe (Us Department of Energy) furono di certo forzati dal governo a dare un parere che non ammettesse incertezze – mentre a causa dei pochi dati a disposizione i dubbi sulla possibilità di provocare gravi incidenti erano molti. Le ragioni politiche di giungere a una decisione in fretta sono state addotte anche in Campania, con la scusa – o giustificazione dell'emergenza, benché un'emergenza lunga 15 anni diviene poco credibile. Lo stesso capo della Protezione Civile Bertolaso, chiamato due volte a presiedere il Commissariato prima e il Sottosegretariato poi, ha giustificato l'operato della sua struttura, le decisioni contestate e le accuse della magistratura. In un'intervista ha affermato: «Sono un medico, se vedo un moribondo non aspetto l'ambulanza. Lo carico a bordo, se passo con il rosso o supero il limite di velocità, pazienza. Pagherò la multa» 611 . Probabilmente i problemi di giustizia ambientale, però, non sono paragonabili al “passare con il rosso”. O forse sì: continuando la metafora, un intervento che non rispetta le normative può causare incidenti peggiori di quelli che si vorrebbero risolvere.