Gli scenari della crisi

2.3 Gli scenari della crisi

  A Napoli si dice «a monnezza è ricchezza». Io l’ho capito a Korogocho, nella periferia di Nairobi, vivendo a fianco di una discarica, quella di Dandora. Ho capito come si può vivere su i rifiuti, come i poveri riciclano tutto.

  Quando sentiamo la parola rifiuti invece l’ultima cosa che il nostro immaginario ci propone è il termine «business». Ed è interessante che sia stata proprio la camorra a capire invece l’importanza di

  questo legame. 485

  Alex Zanotelli, missionario comboniano e attivista dei movimenti campani.

  E' uno dei soprannomi più recenti che si danno le stesse organizzazioni camorristiche in

  Campania.

  Zanotelli A. “Monnezza è ricchezza” in “Carta” n. 36 del 9 ottobre 2007.

  La crisi campana 486 della gestione dei rifiuti deriva da lontano, e si intreccia con la generale crisi politico-istituzionale della regione, basata sulle infiltrazioni della criminalità

  organizzata negli enti locali, sull'assenza dello Stato in molte aree e su di un sistema clientelare di lunga durata. Esso è fondato sulla fame di lavoro o di assistenza statale da un lato, e su un generale lassismo di una classe politica «tra il protervo e l´incapace, che non sa ascoltare né spiegare, né anteporre in modo trasparente e continuo l´interesse generale al suo “particolare”» 487 . Nonostante la presenza di minoranze “illuminate” che richiedono o provano a costruire nuova cultura, rimane sempre attiva «una coalizione d'interessi parassitari e illegittimi, che taglia diagonalmente molte componenti sociali e che impone in modo ricorrente la sua cortina d'ostacoli e le sue soluzioni d'emergenza» 488

  La crisi non riguarda solo il settore rifiuti, ma in generale il governo del territorio. Scendendo nello specifico della gestione dei rifiuti, tale crisi è per un verso duplice, poiché è fortemente sentita da entrambi i settori di gestione dei rifiuti urbani e di quelli speciali; ma è anche univoca perché i fallimenti nei due ambiti sono tra loro fortemente intrecciati e connessi anche alle altre criticità territoriali, che contraddistinguono la regione e gran parte del Mezzogiorno d'Italia. Sullo sfondo di entrambe le crisi c'è l'ingerenza della camorra, gestore diretto dei traffici illeciti soprattutto delle scorie più pericolose (industriali, sanitarie, residui da trattamento di acque reflue o rifiuti stessi ecc.). Il crimine organizzato non s'incunea solo nel mercato dello smaltimento, praticando prezzi senza eguali e scaricando i veri costi su ambiente e salute locali; esso sfrutta anche i vuoti di potere creati dentro la gestione dei rifiuti urbani. In questo ambito, però, non è la camorra

  a organizzare il servizio, ma i vari clan coinvolti sono bravi a infiltrarsi nei servizi connessi, quali il trasporto e la compravendita o l'affitto dei terreni e delle cave usate come siti di smaltimento o stoccaggio. Rabitti, riferendosi alla malagestione del ciclo integrato dei Ru campani nota che «la camorra non c'entra nulla. Ma non è certo così che si toglie l'acqua in cui nuota». 489

  Questo paragrafo è basato principalmente sulle fonti: Rabitti P., Ecoballe. Tutte le verità su

  discariche, inceneritori, smaltimento abusivo dei rifiuti. Testimonianza shock su Napoli e Campania , Reggio Emilia, Aliberti editore, 2008; Gribaudi G., Il ciclo vizioso dei rifiuti campani, anteprima di un articolo per Il Mulino, 2008; Gribaudi G., Il ciclo vizioso dei rifiuti campani, Bozza, anteprima di un articolo per Il Mulino, 2008; Pirone

  E. e Spadari M., La gestione dei rifiuti in Campania. Un caso eclatante di mancata governance locale, Fondazione Willy Brandt (2008); Iacuelli A, Le vie infinite dei rifiuti. Il sistema campano, Roma, Rinascita edizioni, 2008; Azzi A., Cundari G., I rifiuti in Campania: problema o risorsa?, in “Rivista Geografica Italiana”, n.111, 2004, pp. 285-316; Iovene B., Campania infelix, Rizzoli, 2008. Altre fonti (siti internet istituzionali e non, quotidiani ecc.) saranno segnalate nel corso del lavoro.

  487 Tratto dall'art. di Coppola P., “L´immondizia nel paese che s´è rotto”, in Repubblica – Napoli, 20 gennaio 2008.

  488 Coppola P., La dissipazione urbana. Note sull’«area metropolitana» di Napoli, in Viganoni L. (a cura di), Città e metropoli nell’evoluzione del Mezzogiorno, Milano, Angeli, 1991, p. 109

  489 Rabitti P., op. cit., p. 104.

  La lunga storia della crisi dei Ru

  Sin dal 1962 le istituzioni hanno provato a regolamentare la gestione dei “rifiuti solidi urbani” 490 con la “legge speciale per Napoli”, che prevedeva la costruzione di un

  grande inceneritore da 2.160 tanno nel quartiere di Napoli di Pianura, già occupato dalla storica discarica nella Contrada Pisani. A Milano all'epoca era attivo un inceneritore con una capacita di solo un sesto di quello in progetto. Nel 1970 il progetto cambiò e furono previsti due inceneritori, uno nella zona orientale e un altro in quella occidentale del capoluogo, con una potenzialità di utilizzo raddoppiata. Era un affare da 10 miliardi di lire dell'epoca, conosciuto attraverso i media come “scandalo degli inceneritori d'oro”, che portò alle dimissioni dell'assessore alla Nettezza urbana e che, come altri progetti più recenti, non portò a nessuna realizzazione. Nei venti anni successivi lo smaltimento dei Ru fu affidato alla grande discarica di Pianura (quartiere nord-occidentale di Napoli), che avrebbe dovuto già chiudere negli anni ottanta, e ad altre discariche di piccole e medie dimensioni, gestite da privati o dai Comuni in base ad autorizzazioni provvisorie rilasciate dalla Regione Campania (ex Dpr 9151982). A quell'epoca la camorra utilizzava queste discariche legali per smaltire ogni tipo di rifiuto proveniente dal Nord Italia, prima ancora di devastare ampi territori tra Napoli e Caserta e nel litorale Domizio. Le vecchie discariche consortili autorizzate, come quella storica di Contrada Pisani a Pianura, si saturarono di ogni tipo di veleni. Grazie alle inchieste della magistratura sappiamo che qui, vicino al cratere degli Astroni, riserva naturale dello Stato, furono sepolti con autorizzazioni della Provincia di Napoli, polveri di amianto bricchettate, fanghi a base inorganica, pezzame esausto e terre di fonderia, terre di bonifica inquinate da gasolio, fanghi filtropressati, residui ospedalieri, cosmetici scaduti eo triturati, scorie e ceneri di alluminio di fonderia, scarti di resina alle morchie e residui di cabina, tutti provenienti dal Nord Italia. 491 Per avere un'idea delle quantità, si calcola che siano giunti ad esempio nel cratere dell'ex vulcano Senga 800.000 tonnellate di scorie di produzione della famigerata Acna (Azienda Coloranti Nazionali e Affini) di Cengio (Sv) 492 . Paolo Russo (deputato di Forza Italia ed ex presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti) dice:

  «Tra il 1988 e il 1991, l'allora amministrazione della Provincia di Napoli autorizzò tutte le discariche del napoletano regolarmente censite ad accogliere rifiuti assimilati fuori regione. 1988-1991. Mi pare che con le date ci siamo. L'Acna è dell'88. La chiusura di Pianura è del 1996.

  E, dieci anni fa, quell'immenso cratere da 8 milioni di tonnellate di capienza, era evidentemente considerato un pozzo senza fondo in cui poter scaricare di tutto» 493 .

  490 E' la vecchia dizione normativa per “rifiuti urbani”. 491 Cfr. Del Gaudio L., “Rifiuti tossici a Pianura, ecco la lista nera” in “Il Mattino”, 7 giugno 2008. 492 Loris Rossi A., “Anatomia di un delitto” in “la Repubblica Napoli”, 16 ottobre 2008. 493 Bonini C., “Serve una pattumiera da un milione di tonnellate”, in “La Repubblica”, 22 gennaio

  Considerato che tutti questi rifiuti erano mescolati a grandi quantità di rifiuti urbani campani e italiani, in epoca in cui non erano nemmeno previste le misure di sicurezza quali l'impermeabilizzazione e la raccolta del percolato, si può immaginare l'enorme impatto ambientale provocato da tale ammasso indistinto di scarti tossici, organici e indifferenziati. Delle conseguenze vi è traccia in indagini fatte dal Cnr e dall'Istituto Superiore di Sanità:

  Il Cnr ha trovato concentrazioni di ossidi di azoto altamente tossici e indice di possibile presenza di diossine, oltre a sostanze pericolose come anidride solforosa e acido solfidrico. L'inquinamento delle falde acquifere potrebbe aver causato un impatto sulla popolazione che si concretizza nelle stime dell’Istituto Superiore di Sanità relative alla mortalità nella zona: + 9 per gli uomini e + 12 per le donne rispetto alla media nazionale. 494

  Come vedremo, nel 2007 il Commissariato proporrà di riaprire questa stessa discarica per affrontare la crisi temporanea a causa della cronica carenza di impianti di smaltimento.

  Tornando al principio della storia, nel 1993 viene emanata la legge regionale n. 10, del 10 febbraio, che:

  • propone di ridurre del 50 l'utilizzo delle discariche attraverso raccolta

  differenziata, riciclo e riuso; • prevede l'istituzione di consorzi di bacino; • esclude i soggetti privati dalle attività di smaltimento.

  Quest'ultima norma è utile a contrastare il controllo delle discariche da parte del clan dei Casalesi nella provincia di Caserta: come emerso nel 2007, infatti, essi erano il tramite tra i produttori di rifiuti del Nord Italia e i gestori delle numerose discariche. Questo costante traffico di rifiuti contribuì a far saturare le discariche all'inizio degli anni novanta.

  Il fallimento di questo primo piano di gestione dei rifiuti istituito dalla succitata legge regionale 101993 ha convinto il governo nazionale a dichiarare lo stato di emergenza in Campania e a istituire in breve due commissariati, uno nel febbraio 1994 per la gestione ordinaria, in attesa di un piano regionale di smaltimento, e un altro nel marzo 1996 per la predisposizione di un piano di interventi d'emergenza 495 .

  494 Cfr. “Napoli, anche rifiuti tossici a Pianura” in “Il Giornale”, 16 gennaio 2008.

  Assodato che la giunta regionale non era riuscita a far approvare il piano elaborato nel 1995 a

  causa della caduta della maggioranza di centro-destra guidata da Rastrelli. (Cfr. Savarese R., Galli sulla monnezza. Silenzi, grida e bugie sui rifiuti in Campania, Milano, FrancoAngeli, 2009, pp. 44 e segg.. e Iacuelli, Le vie infinite dei rifiuti . Il sistema campano, Roma, Rinascita edizioni, 2008, pp. 95 e segg.)

  Le discariche all'epoca attive in provincia di Napoli, in particolare nove impianti privati 496 , furono prorogate nonostante avessero già raggiunto la capienza limite, iniziando

  il regime di proroga che ha condotto verso numerose crisi di smaltimento, e che ha provocato disastri ambientali subiti in special modo dalle popolazioni prossime a quei siti. 497 Se col primo commissariamento (prefetto Improta) il compito era quello di occuparsi della gestione quotidiana del settore rifiuti, anche imponendo alla popolazione, in deroga alla legge ordinaria, discariche già esaurite, il secondo Commissario, affidato all'allora presidente regionale Rastrelli (Alleanza nazionale) doveva predisporre un piano definitivo per superare l'emergenza, piano pubblicato nel 1997, che prevedeva l'istituzione di un ciclo integrato basato su raccolta differenziata, impianti di selezione e produzione di Cdr, impianti di incenerimento e “termovalorizzazione”.

  496 Le discariche, situate in prov. di Napoli erano: località Scafarea, Giugliano (Re.Sit, ex Ci.Me.Vi.) e Pianura (Di.Fra.Bi), autorizzate per Ru e Rs - Loc. Novelle, Ercolano (Ammendola e Formsano); loc.

  Piazzola, Nola (Ardoino); loc. Lave del Mauro, Terzigno (S.a.r.i.); loc. Scalzapecora a Villaricca (Al.Ma.); loc. Balle a Palma Campania (Iovino); loc. Bosco, Somma Vesuviana (Fungaia Monte Somma); loc. Schiavi, Giugliano (Vassallo - poi Novambiente): autorizzate solo per Ru. Cfr. Savarese R., op. cit.

  Cfr. Savarese R., op. cit.; Cfr. Gribaudi G., Il ciclo vizioso dei rifiuti campani, (Bozza, anteprima di un

  articolo per Il Mulino) 2008, p. 2.