Il caso Campania in chiave geografica

3.3 Il caso Campania in chiave geografica

  Un interessante esempio degli effetti territoriali dei vari approcci sociali ed economici allo sviluppo e alla gestione del territorio è rappresentato dal caso della crisi di gestione dei rifiuti in Campania, esplicativo di come in un contesto molto particolare emergano in modo evidente e immediato le contraddizioni dei modelli di sviluppo insostenibile.

  Nel progressivo succedersi degli eventi legati all’”emergenza rifiuti”, si è presentata una molteplicità di interessi, esplicitatisi in una gestione del territorio presa tra il saccheggio privato dell’ambiente e l’immobilismo degli enti preposti a gestirlo. Come già evidenziato nell'Introduzione, gli attori dell'”emergenza” campana e del conflitto ambientale e sociale che si è scatenato sono molteplici, e anche molto diversi rispetto ad altre regioni italiane o straniere: per prima cosa, i segni che la gestione dei rifiuti lascia sul territorio campano sono impressi con il marchio delle ecomafie, attore fondamentale sia nel campo dei rifiuti urbani, sia in quello degli speciali. Questo è uno dei motivi per cui un'analisi del caso campano non può prescindere dall'analizzare entrambi i campi (come invece fatto da Davies nell'analisi dei casi dell'Irlanda e della Nuova Zelanda, nei quali presenta solo la questione degli scarti urbani). In secondo luogo, i 15 anni di gestione in emergenza hanno totalmente cambiato la geografia del potere in regione, trasferendo la gran parte di esso nelle mani del Commissariato (oggi Sottosegretario) all'emergenza rifiuti in Campania, organo di diretta emanazione del governo centrale che poco spazio d'azione ha lasciato agli enti locali. Terzo, l'esasperazione del conflitto ha portato ad un'ampia mobilitazione popolare, che ha innescato conflitti ambientali rientranti in varie

  Due esempi lampanti italiani di quanto la scienza “normale” abbia fallito le sue valutazioni

  rispetto a non-scienziati sono quello della diga del Vajont (argomento trattato dall’opera teatrale di Marco Paolini), contestato dalle comunità locali che tradizionalmente ben conoscevano la franosità del monte Toc, e quello dell’utilizzo dell’amianto: in tal caso gruppi di operai, falcidiati dalle polveri del materiale trattato, organizzarono addirittura delle contro-inchieste di “epidemiologia popolare” per dimostrare il nesso tra uso dell’amianto e morbilità, clamorosamente negato fino a pochi anni fa, in base a metodi di ricerca scientifici, dalle industrie accusate di omicidio.

  modalità di azione, quali quelle della people's geography, dei movimenti per l'environmental justice, o ancora dell'ecologismo “dei poveri” o “popolare” (detto anche del livelihood, del sostentamento o della sopravvivenza umana) 164 .

  La cattiva gestione dei rifiuti in Campania ha causato un disastro ambientale, sociale

  e amministrativo notevole. E’ utile valutare, nella disamina del caso, quanto è responsabile del disastro l’attuale modello di sviluppo, e quanto lo siano invece i fattori di complessità presenti sul territorio campano. Questo lavoro intende mettere in evidenza che la complessità sociale campana è sicuramente un pesante fardello nella gestione territoriale, ma essa aggrava gli effetti di un modello di sviluppo già di per sé difficile da sostenere, almeno a lungo termine. Dunque, se in altre realtà territoriali più virtuose i modelli attuali di consumo e di produzione consumisti funzionano senza creare disordini sociali (ma magari attenuandoli), ciò è dovuto, probabilmente, al fatto che le conseguenze negative sull’ambiente locale sono meno gravose. Ma esse sono spesso soltanto rimandate nel tempo (alle generazioni future), o dislocate nello spazio (verso territori solitamente più deboli), eliminando in tal modo dalla vista (e quindi anche “dal cuore”, ovvero dall'interesse della popolazione ), l’oggetto del contendere. In Campania, invece, tutto il danno possibile dalla cattiva gestione è stato provocato relativamente più in fretta e più vicino alla popolazione locale.

  Secondo Hume, l’interesse dei gruppi sociali gente verso un determinato problema è inversamente proporzionale alla distanza da esso (distanza spaziale ma che possiamo pensare anche temporale, intendendo le generazioni future). Agnew nota però che, nel mondo globalizzato, parte del genere umano si è posto il problema di “prendersi cura di lontani sconosciuti” 165 . Nel mondo dei consumi elevati, invece, parte della società si sta prendendo cura di problemi ambientali che sembrano lontani nello spazio e nel tempo, ma che, nel caso campano come in altri, sono divenuti vicinissimi.

  Per finire, il caso Campania è un esempio altamente complesso di cattiva gestione del territorio. Ma, anche qui, è necessario trovarne il bandolo della matassa per ritrovare una maggiore coesione sociale in una gestione del territorio sostenibile, attraverso un nuovo ed efficace controllo del territorio e una partecipazione della società alla salvaguardia del proprio ambiente. L'approccio geografico può fornire mezzi per analizzare bene tutti gli aspetti del caso, e per cercare soluzioni a temi quali:

  - quello della gestione quotidiana dei rifiuti, che comprende il coordinamento

  delle amministrazioni che governano il territorio; - quello della pianificazione del servizio sul territorio;

  164 Per le definizioni si vedano ad es. Faggi P, Turco A. op. cit., p. 12, e Martinez Alier (2009), op. cit. 165 Cfr. Agnew J., Making political geography, New York, Oxford University Press, 2002, p. 171.

  - quello delle cause a monte del problema; - quello della ricerca della collaborazione partecipazione dei cittadini.

  Questi ultimi, infatti, e se fiduciosi verso istituzioni che riescano a mantenere il controllo del problema, possono essere una importante chiave di volta del problema. Una rinnovata, coscienziosa e informata reciproca fiducia potrebbe essere lo strumento per preservare l’ambiente regionale dal disastro. E per costruire, finalmente, un territorio condiviso.